Si parla di minacce ''reali e specifiche''. Incriminato per tentato omicidio Trump attentatore di Palm Beach, rischia ergastolo
Ci sono ''grandi minacce alla mia vita da parte dell'Iran''. Lo ha scritto su Truth social l'ex presidente americano Donald Trump affermando che ''l'intero esercito americano sta osservando e aspettando. L'Iran ha già fatto delle mosse che non hanno funzionato, ma ci riproveranno. Non è una bella situazione per nessuno''.
Facendo riferimento alla decisione di aumentare la sua sicurezza dopo gli attentati sventati subiti, Trump ha aggiunto che ''sono circondato da più uomini, pistole e armi di quante ne abbia mai viste prima. Grazie al Congresso per aver approvato all'unanimità molti più soldi per il Secret Service'' con ''Zero voti "No", rigorosamente bipartisan. E' bello vedere repubblicani e democratici unirsi su qualcosa''.
A lanciare l'allarme per un piano elaborato dall'Iran per assassinare l'ex presidente era stata poco prima la campagna del candidato repubblicano alle elezioni americane di novembre spiegando di aver avuto informazioni di intelligence in merito e parlando di minacce ''reali e specifiche''.
"Il presidente Trump è stato informato dall'Office of the Director of National Intelligence in merito a minacce reali e specifiche da parte dell'Iran di assassinarlo nel tentativo di destabilizzare e seminare il caos negli Stati Uniti", si legge in una nota diffusa dalla campagna di Trump.
A luglio scorso la Cnn aveva parlato dì un presunto complotto dell'Iran per assassinare Donald Trump. Da qui la decisione dei Servizi Segreti Usa di aumentare la sicurezza intorno all'ex presidente. Le news erano state diffuse pochi giorni dopo l'attentato che Trump ha subìto sabato 13 luglio, quando è stato ferito a un orecchio da Thomas Matthew Crooks. L'Iran aveva respinto le accuse con forza definendole "infondate".
Incriminato per tentato omicidio Trump attentatore di Palm Beach, rischia ergastolo
Intanto è stato formalmente incriminato per il tentato omicidio di Trump l'uomo che, lo scorso 15 settembre, si era nascosto con un fucile tra i cespugli del golf club a Palm Beach in Florida dove l'ex presidente stava giocando. Se riconosciuto colpevole di voler uccidere un candidato alla presidente degli Stati Uniti, rischia l'ergastolo. Lo hanno annunciato le autorità americane, spiegando che l'incriminazione è stata formulata dal gran giurì federale di Miami. In precedenza Ryan Wesley Routh, 58 anni, era stato incriminato per possesso illegale di arma da fuoco. Lunedì era stata resa nota una lettera scritta da Routh a un amico in cui annunciava la sua intenzione di uccidere Trump.
Esteri
Eseguita condanna a morte in Missouri, anche senza prove di...
Si era sempre dichiarato innocente. La condanna si è basata sulle parole di due testimoni che, secondo i legali del 55enne, hanno ricevuto ricompense in denaro
E' stata eseguita, tramite iniezione letale, la condanna a morte di Marcellus 'Khaliifah' Williams, il 55enne afroamericano che è stato condannato per un omicidio commesso nel 1998 e per il quale si era sempre dichiarato innocente. L'esecuzione è avvenuta al Potosi Correctional Center di Mineral Point dopo che sono falliti i tentativi legali di scagionarlo.
Anche i procuratori della contea di St. Louis avevano mostrato dubbi sulla sua condanna. Secondo i legali di Williams, "hanno ammesso di aver sbagliato e hanno combattuto con zelo per annullare la condanna e salvare la vita del signor Williams". Diverse organizzazioni e persino la famiglia della vittima dell'omicidio hanno cercato di fermare l'esecuzione, ma il 24 settembre solo 3 giudici su 9 della Corte Suprema si sono espressi a favore dello stop. L'esecuzione di Williams in passato è stata sospesa per 2 volte nel 2015 e nel 2017. E' stato il procuratore generale del Missouri, il repubblicano Andrew Bailey, a battersi perché l'esecuzione procedesse come stabilito.
Condannato nonostante il suo Dna non corrispondesse
Williams è stato condannato nel 2001 per l'omicidio di Felicia Gayle, ex cronista del St. Louis Post-Dispatch, trovata morta l'11 agosto 1998 dopo essere stata accoltellata nella sua casa alla periferia di St. Louis. Le prove raccolte sulla scena del crimine comprendevano impronte digitali, di scarpe, capelli e dna sul coltello da cucina usato per l'omicidio. Williams, che ha sempre negato di aver ucciso Gayle, è stato condannato per l'omicidio nonostante il suo Dna non corrispondesse a quello trovato sulla scena del crimine. La condanna si è basata sulle parole di due testimoni che, secondo i legali di Williams, hanno ricevuto ricompense in denaro e hanno raggiunto un accordo per ottenere pene più brevi nei rispettivi casi penali.
Williams, che è diventato l'imam della sua prigione, si è sempre dichiarato innocente.
Esteri
Meloni all’Onu: “Destino ci sfida, Italia...
La presidente del Consiglio all'Assemblea generale delle Nazioni Unite: "Un domino dopo aggressione russa"
Il “domino” prodotto dall’aggressione russa all’Ucraina, con “effetti destabilizzanti” che vanno ben “oltre i confini nella quale si consuma”. Muove da qui, dalla guerra a Kiev, l’intervento della premier Giorgia Meloni all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Tredici minuti e una manciata di secondi per far sentire la voce dell’Italia sulle sfide “dell’epoca molto complessa” che ci troviamo a vivere -non ultima l’Intelligenza artificiale- e che ci “impone di ragionare in un modo completamente nuovo”, ovvero “fuori dagli schemi che abbiamo conosciuto nel passato”.
Il mondo è cambiato, il messaggio della leader italiana, e non si può più dividerlo in “blocchi omogenei”, la sfida che ci attende “è un cambio deciso di paradigma nei rapporti tra le Nazioni e nel funzionamento degli organismi multilaterali, l'obiettivo – indica la presidente del Consiglio - è costruire un modello di cooperazione completamente nuovo”. Che muova, però, da quegli stessi principi e valori messi nero su bianco nella Carta delle Nazioni Unite, al giro di boa degli 80 anni nel 2025, e “che in questo tempo sono stati messi in discussione addirittura da un membro permanente del Consiglio di sicurezza”, scandisce Meloni, chiamando ancora una volta in causa Mosca. Sulla difesa di quei valori “l’Italia non intende arretrare. Perché sono principi e valori posti a garanzia di tutti, soprattutto delle Nazioni che hanno meno strumenti per difendersi”.
Per questo, “non possiamo voltarci dall’altra parte di fronte al diritto dell’Ucraina a difendere le sue frontiere, la sua sovranità, la sua libertà. Così come affermiamo il diritto dello Stato di Israele di difendersi da attacchi esterni, come quello orribile del 7 ottobre scorso, ma allo stesso tempo -rimarca la premier, con quella che suona come una ‘bacchettata’ - chiediamo ad Israele di rispettare il diritto internazionale, tutelando la popolazione civile, anch’essa vittima in gran parte di Hamas e delle sue scelte distruttive”.
Israele
L’Italia sostiene, “ovviamente, anche il diritto del popolo palestinese ad avere un proprio Stato. Ma affinché questo possa vedere presto la luce è necessario che i palestinesi lo affidino a una leadership ispirata al dialogo, alla stabilizzazione del Medio Oriente e all’autonomia”. In quella terra martoriata, “l’imperativo è raggiungere, senza ulteriori ritardi, un cessate il fuoco a Gaza e l’immediato rilascio degli ostaggi israeliani. Non possiamo più assistere – scandisce Meloni - a tragedie come quelle di questi giorni nel Sud e nell’Est del Libano, con il coinvolgimento di civili inermi, tra cui numerosi bambini”.
E’ necessario un cambio di passo, sulle guerre e negli scenari di crisi che infiammano il pianeta. Meloni ‘chiama’ alla solidarietà per il popolo venezuelano: “è nostro dovere alzare la voce”, dice, ed è la mossa che non ti aspetti. Quindi rivendica, quanto a cambi di passo, la “svolta che l’Italia ha impresso ai propri rapporti con l’Africa” attraverso il Piano Mattei, portato avanti “senza mai smettere di coinvolgere e confrontarci con i nostri interlocutori africani. Perché il nostro intento non è imporre, ma condividere”.
Migranti
Dunque Meloni affronta il capitolo dell’emergenza migranti, focus del suo intervento dello scorso anno, quando esordì per la prima volta all’Unga puntando il dito contro ‘lo scempio’ che si consumava nei nostri mari in un silenzio complice, esortando l’Onu a dichiarare una guerra globale ai trafficanti di esseri umani. “Sono felice che quell’appello non sia caduto nel vuoto”, riconosce Meloni, “ma bisogna fare di più. Le Nazioni Unite devono fare di più”. Perché, “che, piaccia o no, i problemi di oggi ci coinvolgono e riguardano tutti” e “dobbiamo saperci mettere in discussione, con umiltà e consapevolezza”.
Governance Nazioni Unite
Da qui la riflessione della premier sul multilateralismo, che chiama in causa anche la governance delle Nazioni Unite, a partire dalla riforma del Consiglio di sicurezza motivo di frizioni e malcontento, anche per l’Italia. Meloni torna a ribadire che un ‘restyling’ non può “prescindere dai principi di eguaglianza, democraticità e rappresentatività. Sarebbe un errore creare nuove gerarchie, con nuovi seggi permanenti. Siamo aperti a discutere la riforma senza alcun pregiudizio, ma vogliamo una riforma che serva a rappresentare meglio tutti, non a rappresentare meglio alcuni”, mette in chiaro con voce severa. Bastone e carota. Perché la chiusa del suo intervento è un invito ad andare avanti uniti che suona come una carezza.
“Il destino ci sfida, ma in fondo lo fa per metterci alla prova. Nella tempesta, possiamo dimostrare di essere all’altezza del compito che la storia ci ha dato. Dimostrarlo ai cittadini che governiamo, dimostrarlo ai nostri figli. Dimostrarlo a noi stessi, forse soprattutto a noi stessi, perché come diceva un grande patriota italiano, Carlo Pisacane, protagonista di quel Risorgimento che fece dell’Italia una Nazione unita, “ogni ricompensa la troverò nel fondo della mia coscienza”. Affrontare i problemi piuttosto che rinviarli, avanzare piuttosto che indietreggiare, preferire ciò che è giusto a ciò che è utile, questo è il nostro compito, difficile ma necessario. L’Italia, come sempre, è pronta a fare la sua parte”, assicura Meloni. (dall'inviata Ileana Sciarra)
Esteri
Giustiziato Marcellus Williams, condannato per omicidio...
Il 55enne condannato a morte si è sempre proclamato innocente
Marcellus Williams è stato giustiziato con iniezione letale in Missouri, dopo oltre 20 anni di reclusione nel braccio della morte. Il 55enne è morto al Potosi Correctional Center di Mineral Point: l'uomo si era sempre proclamato innocente dopo la condanna per un omicidio commesso nel 1998. I tentativi legali di scagionarlo, sulla base di risultati dei test del Dna, non hanno prodotto risultati.
Non ha inciso la posizione assunta dai procuratori della contea di St. Louis che, secondo i legali del condannato, "hanno ammesso di aver sbagliato e hanno combattuto con zelo per annullare la condanna e salvare la vita del signor Williams". Diverse organizzazioni e persino la famiglia della vittima dell'omicidio hanno cercato di fermare l'esecuzione: nel tardo pomeriggio del 24 settembre, è svanita l'ultima speranza di bloccare l'iter con la decisione della Corte Suprema. Solo 3 giudici su 9 si sono espressi a favore dello stop. L'esecuzione di Williams in passato è stata sospesa per 2 volte nel 2015 e nel 2017.
Il caso
Williams è stato condannato nel 2001 per l'omicidio di Felicia Gayle, ex cronista del St. Louis Post-Dispatch, trovata morta l'11 agosto 1998: la donna è stata accoltellata nella sua casa alla periferia di St. Louis. Le prove raccolte sulla scena del crimine comprendevano impronte digitali, imponte di scarpe, capelli e dna sul coltello da cucina usato per l'omicidio.
Nonostante tutti gli elementi, nessun arresto è stato eseguito per oltre un anno. Williams, che ha sempre negato di aver ucciso Gayle, è stato condannato per l'omicidio nonostante il suo Dna non corrispondesse a quello trovato sulla scena del crimine. La condanna si è basata sulle parole di due testimoni che, secondo i legali di Williams, hanno ricevuto ricompense in denaro e hanno raggiunto un accordo per ottenere per pene più brevi nei rispettivi casi penali.