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In un docufilm il coraggio di chi ‘balla con Friedreich’

In occasione della Giornata mondiale delle atassie la prima campagna su una malattia rara che 'spezza' le gambe, ma non i sogni

In un docufilm il coraggio di chi 'balla con Friedreich'

L'atassia di Friedreich condanna alla sedia a rotelle nel giro di massimo 20 anni giovani che alla diagnosi, in quasi 8 casi su 10, sono bambini o adolescenti. Una malattia che 'spezza' le gambe, ma non i sogni. Loro, i pazienti, continuano a sfidare i limiti e a guardare al futuro. 'Rassegnati tu! Io ballo con Friedreich' è la prima campagna che in Italia ne racconta il coraggio. Lo fa con un docufilm che dà voce ai malati, con uno spot radiofonico e con un percorso di storie online. L'attrice Vittoria Belvedere partecipa al documentario, perché chi 'balla con Friedreich' è "un esempio straordinario per tutti noi", dice anche da mamma.

L'iniziativa è stata lanciata da Biogen in occasione della Giornata mondiale delle atassie che si celebra il 25 settembre, con il patrocinio di Aisa Odv, l'Associazione italiana per la lotta alle sindromi atassiche. L'obiettivo è "alzare il sipario sui bisogni di una comunità di pazienti e famiglie che finora sono rimasti in silenzio". Sono circa 15mila nel mondo le persone con atassia di Friedreich o Fa, una malattia neurodegenerativa rara ed ereditaria causata da varianti del gene della fratassina, che nel 75% dei casi viene diagnosticata tra i 5 e i 18 anni e comporta un'aspettativa media di vita di circa 37 anni. In Italia, in base al più recente studio epidemiologico condotto nel Lazio, si stima una prevalenza pari a 1,07 casi su 100mila abitanti.

"I sintomi iniziali dell'atassia di Friedreich - spiega Caterina Mariotti dell'Irccs Istituto neurologico Besta di Milano - compaiono per lo più durante l'adolescenza e sono caratterizzati da debolezza, perdita di coordinazione, affaticamento e difficoltà di equilibrio. Le manifestazioni iniziali non sempre orientano in maniera diretta e specifica alla malattia e per questo il percorso diagnostico è a volte particolarmente lungo e difficile. Una caratteristica che può aiutare nell'orientamento diagnostico è la presenza di un interessamento cardiaco che si associa ai sintomi neurologici. Il decorso è debilitante e in 10-20 anni, nella maggior parte dei casi, è necessario il ricorso alla sedia a rotelle. Con la progressione della malattia si manifestano altri sintomi quali disturbi della vista, perdita dell'udito, difficoltà nel parlare, scoliosi, diabete mellito. A oggi non esistono terapie in grado di bloccare la malattia, ma sono in fase di sviluppo e di valutazione molecole in grado di attenuare e ritardare i sintomi, che potrebbero rappresentare un'importante opportunità per i pazienti e le loro famiglie".

Il docufilm fulcro della campagna vede protagonisti 4 pazienti. Accanto alle loro voci c'è quella di Vittoria Belvedere, che da mamma di 3 figli adolescenti ha voluto dare il suo contributo per fare luce sulla vita dei ragazzi con atassia di Friedreich e delle loro famiglie. Il documentario sarà disponibile a partire dal 19 ottobre sui canali sociale di Aisa e Biogen. "Come associazione ci auguriamo che questa campagna sia il primo passo per alzare il sipario su una malattia rara che stravolge la vita di giovani e adolescenti e che fino a oggi è rimasta pressoché inascoltata - afferma Maria Litani, presidente nazionale Aisa - Chi vive con la Fa non si rassegna di fronte ai limiti della malattia. Il corpo disimpara progressivamente, ma la mente continua ad avanzare e con lei avanza la determinazione a guardare al futuro con intensità. Da qui nasce la metafora al centro della campagna: 'ballare con Friedreich' è il simbolo della leggerezza e della pienezza del vivere, che la malattia non riesce a cancellare".

"Dare voce alle storie di questi giovani è stata un'esperienza emozionante e straordinaria - commenta Vittoria Belvedere - perché le loro parole trasmettono passione, voglia di non fermarsi di fronte ai muri che la vita ti mette davanti e appunto ballare con la vita. Sono un esempio straordinario per tutti noi e per me che sono mamma sono anche la testimonianza di come i giovani abbiano risorse e potenzialità infinite, che noi genitori dobbiamo accompagnare per aiutarli a volare con le loro forze, come hanno fatto i protagonisti di 'Io ballo con Friedreich'".

"In Biogen - dichiara Giuseppe Banfi, amministratore delegato dell'azienda americana in Italia - siamo impegnati sul fronte della ricerca medico-scientifica per dare risposte terapeutiche a chi affronta l'atassia di Friedreich, ma siamo convinti che il nostro impegno debba andare oltre, per favorire una piena comprensione dei molteplici bisogni di vita dei pazienti e delle loro famiglie. Da qui l'idea di questa campagna, il cui titolo nasce dall'ascolto delle testimonianze di pazienti e familiari, che è un inno alla voglia di vivere che va ben oltre la malattia. Ci auguriamo che questo progetto possa contribuire a dare voce a una comunità ancora purtroppo nascosta e per questo inascoltata".

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Salute e Benessere

Staminali, trapianto in 25enne ‘azzera’ diabete...

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E' la prima volta al mondo. La donna cinese: "Ora posso mangiare lo zucchero"

Laboratorio di ricerca su staminali (Fotogramma)

Per la prima volta al mondo un trapianto di cellule staminali riprogrammate ha 'azzerato' il diabete di tipo 1 in una donna di 25 anni di Tianjing che ha iniziato a produrre autonomamente l'insulina meno di 3 mesi dopo l'intervento. Sono i risultati dello studio cinese del Research Institute of Transplant Medicine, Organ Transplant Center del Tianjin First Central Hospital pubblicato su 'Cell'. Finalmente "ora posso mangiare lo zucchero", ha raccontato la donna in una intervista a 'Nature'. Lo studio clinico ha riportato i risultati preliminari a un anno dal trapianto autologo di staminali, prelevate dall'addome. Le cellule sono state riprogrammate chimicamente e sono state fatte crescere come delle cellule 'Beta' del pancreas. Una volta mature sono state inserite nel fegato della ragazza e hanno iniziato a rispondere ai segnali fisiologici, come la glicemia.

James Shapiro, chirurgo specializzato in trapianti e ricercatore all'Università di Alberta a Edmonton, ha spiegato a 'Nature' che i "risultati dell'intervento sono sorprendenti" e i ricercatori "hanno completamente invertito il diabete nel paziente, che prima necessitava di notevoli quantità di insulina". Lo studio, pubblicato oggi su 'Cell', segue i risultati di un altro gruppo di ricercatori, che a Shanghai - in aprile - ha riferito di aver trapiantato con successo isole produttrici di insulina nel fegato di un uomo di 59 anni con diabete di tipo 2. Grande fermento quindi su questa frontiera delle cellule staminali.

"Nel diabete di tipo 1, il sistema immunitario attacca le cellule delle isole pancreatiche - evidenzia lo studio -. I trapianti di isole pancreatiche possono curare la malattia, ma non ci sono abbastanza donatori per soddisfare la crescente domanda e i riceventi devono usare farmaci immunosoppressori per impedire al corpo di rigettare il tessuto del donatore. Come noto, invece, le cellule staminali possono essere utilizzate per far crescere qualsiasi tessuto nel corpo e possono essere coltivate indefinitamente in laboratorio, il che significa che potenzialmente offrono una fonte illimitata di tessuto pancreatico. Utilizzando tessuto ricavato dalle cellule di una persona, i ricercatori sperano anche di evitare la necessità di immunosoppressori".

Nello studio pubblicato su 'Cell', "la paziente ha raggiunto un'indipendenza prolungata dall'insulina a partire da 75 giorni dopo il trapianto", evidenziano i ricercatori del Tianjin First Central Hospital. L'intervallo glicemico target del paziente "è aumentato da un valore basale del 43,18% al 96,21% entro il quarto mese dal trapianto, accompagnato da una diminuzione dell'emoglobina glicata".

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Salute e Benessere

Tumore seno, l’oncologo: “Con terapie innovative...

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Su 'è tempo di vita': "Farmaci a bersaglio molecolare meno tossici allungano tempi per recidive cambiando storia della malattia"

Tumore seno, l’oncologo:

“Tornare al lavoro, per le donne con tumore al seno metastatico, è possibile e notevolmente auspicato. L'obiettivo delle cure infatti è migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita delle pazienti rendendola il più possibile normale anche dal punto di vista relazionale. Il rientro al lavoro, ha un impatto psicologico estremamente forte e importante, e oggi è possibile grazie a terapie innovative, spesso orali, da assumere a casa, e che permettono di cronicizzare la malattia tumorale con un prolungamento significativo della sopravvivenza e quindi, con evidenti effetti positivi anche sulla qualità di vita e sul benessere della paziente”. Così Carmelo Bengala, direttore Uoc Oncologia medica 1, Azienda ospedaliera universitaria Pisana, descrive la prospettiva di un ritorno completo alla normalità, per una malattia che è diventata curabile con meno effetti collaterali e tempi di efficacia più rapidi e prolungati.

“La storia naturale della malattia è cambiata in questi anni - continua Bengala - Dai dati della letteratura sappiamo che, in Italia, il 66% delle donne con tumore mammario può guarire: sono quasi 2 donne su 3. Il carcinoma mammario metastatico è una patologia complessa, con caratteristiche biologiche differenti in termini di aggressività e di curabilità. Ci sono inoltre delle forme con un interessamento diffuso degli organi e forme, invece, molto più frequenti, che si limitano a livello di singoli organi e tessuti. L'innovazione diagnostica e successivamente terapeutica, ha portato allo sviluppo di farmaci specifici per i tumori ormonosensibili, per quelli cosiddetti triplo negativi e per i tumori che iperesprimono una proteina, la Her2, inclusi i tumori a bassa espressione di Her2”.

Questi trattamenti innovativi “permettono una terapia a bersaglio molecolare - precisa l’oncologo - con farmaci che si legano a molecole e recettori specifici delle cellule del tumore mammario, incrementando notevolmente l'indice terapeutico, quindi incrementando l’efficacia e riducendo la tossicità e con riduzione del rischio di progressione di malattia”. A tale proposito, “un altro aspetto di particolare impatto è la capacità dei nuovi trattamenti di ridurre il rischio di recidiva anche nelle donne a cui è stata diagnosticata la malattia in una fase iniziale”. All’ultimo congresso della Società americana di oncologia (Asco), “sono stati presentati i risultati di farmaci veicolati attraverso anticorpi monoclonali che riconoscono il recettore della cellula tumorale, si legano al recettore cellulare e rilasciano il farmaco. Questo meccanismo d’azione - chiarisce - ha aumentato notevolmente l'efficacia riducendone appunto la tossicità, cambiando di fatto la storia della malattia. Tutti questo è a vantaggio della qualità di vita delle pazienti: poter cronicizzare la malattia, con il mantenimento prolungato di una risposta al trattamento, per anni, le donne, spesso giovani, quindi molto attive, possono mantenere una vita il più possibile normale”, compreso il ritorno al lavoro.

Le nuove terapie pongono una nuova sfida per l’oncologo: “riuscire a trasmettere alla paziente questa consapevolezza perché diventi anche sua”. Serve un cambio di mentalità. A a volte si fa fatica a prospettare il “ritorno al lavoro”, ma “anche il ritorno a un'alimentazione normale, senza particolari restrizioni” anche grazie agli “effetti collaterali ridotti dei farmaci. Si tratta di cercare di far sentire la paziente meno ammalata di quanto lei sostanzialmente percepisca - sottolinea l’esperto - e questo passa attraverso la comunicazione. Al di là delle nozioni scientifiche sull'efficacia dei farmaci, è importante parlare alle pazienti anche di questo aspetto relativo al benessere, al ritorno alla vita, alla normalità relazionale, affettiva e lavorativa. Tutto questo deve entrare nella nostra pratica clinica”.

La stessa recidiva di un carcinoma della mammario metastatico, “che può presentarsi dopo alcuni anni dall'intervento chirurgico in una singola sede, molto limitata, o in più sedi - spiega Bengala - con le nuove terapie può essere affrontata, in entrambe i casi, con risposte rapide, e quindi una regressione della malattia. Nel caso di interessamento dello scheletro potrebbe essere necessaria una terapia del dolore di supporto, ma sin dai primi mesi di trattamento, la donna può riprendere una vita normale, anche lavorativa. Certo non si evitano possibili evoluzioni successive della malattia, ma la sopravvivenza in assenza di progressione della malattia è estremamente prolungata, con tempi più che raddoppiati con i nuovi trattamenti, rispetto ai vecchi. Questo tempo di vita in più è particolarmente prezioso perché, grazie alla velocità della ricerca, apre alla prospettiva dell’arrivo di nuove opportunità terapeutiche”.

La ricerca, inoltre, “è importante perché dà la possibilità alle pazienti, in caso di tumore resistente alle terapie, di entrare negli studi clinici e accedere così già a terapie che sono in sperimentazione - evidenzia l’esperto - Chiaramente questa opportunità si ha solo nei centri di alto livello specialistico, nelle Breast unit dove c’è una presa in carico del percorso terapeutico multidisciplinare, sia per gli aspetti prettamente oncologici che psicologici - sembra un paradosso, ma le donne a volte hanno paura di rientrare al lavoro - che nell’essere coinvolte in studi clinici e anticipare l’accesso a nuovi trattamenti. Non vogliamo dare false speranze, ci sono comunque degli effetti collaterali, degli esami a cui sottoporsi - conclude Bengala - ma è possibile il recupero di una certa normalità, specie se le pazienti sono motivate. In questo, un ruolo importante è riservato all’oncologo, lo psiconcologo, ma anche ai familiari: sostenere la donna nella motivazione a curarsi è fondamentale”. Approfondimenti sul tema sono disponibili nel sito ‘E’ tempo di Vita’, etempodivita.it

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Salute e Benessere

Giornata del cuore, a Roma ‘Liberiamo la circolazione...

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Domenica screening cardiologici gratuiti e un flash mob in piazza

Giornata del cuore, a Roma 'Liberiamo la circolazione dal colesterolo'

In occasione della Giornata mondiale del cuore, il 29 settembre, a largo dei Longobardi nel cuore di Roma, dalle 11 alle 15 si potranno effettuare screening cardiologici gratuiti messi a disposizione da Federlazio con controllo pressorio, frequenza cardiaca, ecocardiogramma a una derivazione, misurazione della frequenza respiratoria. L'iniziativa 'Liberiamo la circolazione dal colesterolo', che si aprirà con un simpatico flash-mob, è organizzata da Daiichi Sankyo Italia, con il patrocinio dell'Associazione per la lotta all'ictus cerebrale (Alice Italia Odv), Coordinamento nazionale Associazioni del cuore (Conacuore Odv), Fondazione italiana per il cuore (Fipc), Società italiana per lo studio dell'aterosclerosi (Sisa), e il sostegno di Roma Capitale.

Nello stand dedicato alle associazioni patrocinanti - informa una nota - sarà distribuito anche il 'Diario della salute cardiovascolare' e dell'utile materiale informativo per aiutare a riconoscere i primi sintomi dell'ictus, per capire quali sono i livelli ottimali di colesterolo Ldl, a seconda del rischio cardiovascolare, utili consigli per la correzione dello stile di vita, primo fra i fattori modificabili del rischio cerebro-cardiovascolare.

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