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Piazza Affari si tinge di rosa: nei board delle società quotate più di un membro su due è donna

Il report di Heidrick & Struggles. L'imprenditore di Montelupo Fiorentino che assunse la donna incinta: "Dato positivo ma il divario è ancora lontano da essere colmato, soprattutto nelle piccole e medie imprese"

(Fotogramma/Ipa)

Nei consigli di amministrazione delle aziende quotate a Piazza Affari c’è più diversità che altrove. Anche per effetto della Legge Golfo Mosca nel 2023 più di un seggio su due è stato affidato ad una donna, in percentuale più della media europea, il 51% contro una media del 47%. Sebbene molte di loro siano alla prima esperienza in un consiglio, e abbiano maturato esperienza in un settore diverso rispetto a quello in cui opera l’azienda per cui lavorano.

Si tratta di un elemento essenziale per navigare questi tempi d’incertezza, evidenziano gli esperti di Heidrick & Struggles - società di head hunting leader globale nella ricerca di executive - nella ricerca Board Monitor sulle tendenze emergenti nei consigli di amministrazione nei Paesi di tutto il mondo. Nel 2023 in Italia il 43% delle quotate ha inserito nuovi membri nei consigli di amministrazione, il 51% di loro è una donna con un’età media di 57 anni che - in generale - ha un'educazione superiore rispetto agli uomini nella stessa posizione: la maggior parte ha un dottorato rispetto alla controparte maschile, in molti casi semplicemente laureata. Inoltre, come detto sopra la maggior parte di loro ha esperienze cross settoriali: si prediligono figure con esperienza internazionale e nel campo della sostenibilità, meno invece in quello della cybersicurezza - nonostante le crescenti preoccupazioni legate alle nuove tecnologie. Inoltre, il 51% dei nuovi membri è alla prima esperienza.

Ciò indica che i consigli di amministrazione sono alla ricerca di un flusso costante di nuove prospettive. Come dimostrano bene i dati: tre quarti dei posti a livello mondiale sono andati a persone con esperienza in settori diversi da quello in cui opera la loro azienda. Questo dipende dal fatto che servono nuove prospettive ai consigli per gestire nuovi problemi, quello geopolitico in primis, ma non solo. Ci si aspetta di più dagli amministratori, devono avere competenze inedite ed essere in grado di comprendere e gestire anche rischi informatici, oltre alle crescenti preoccupazioni e normative ambientali e sociali. "Il ruolo del consiglio sta cambiando in modo significativo, molto più di quanto probabilmente ci rendiamo conto", ha dichiarato Niccolo Calabresi, Managing Partner Southern Europe Heidrick & Struggles. "Come evidenziano i dati: nuove competenze e nuovo peso del consiglio d’amministrazione all’interno delle aziende stanno ridisegnando non solo la gestione di crisi complesse ma la stessa organizzazione aziendale. Dopo il Covid gli amministratori stanno mettendo alla prova i confini tradizionali per rispondere alle richieste di un insieme di stakeholder sempre più ampio e influente".

L'imprenditore che assunse la donna incinta: "Dato positivo ma il divario è ancora lontano da essere colmato, soprattutto nelle piccole e medie imprese"

"Il dato è un segnale positivo per il mondo del lavoro ma il divario è ancora lontano da essere colmato, specialmente se facciamo riferimento alle micro e piccole-medie imprese (Pmi)". Così l'imprenditore Simone Terreni, a capo dell’azienda VoipVoice di Montelupo Fiorentino, balzato agli onori della cronaca per aver assunto una donna di 27 anni ‘nonostante’, durante il colloquio, lei avesse rivelato di essere incinta, commenta all'Adnkronos il report di Heidrick & Struggles.

"Il gender gap - continua l'imprenditore - rappresenta un danno per la nostra società e come tale dovrebbe essere trattato, sia da un punto di vista etico che di crescita economica. Se da un lato ci devono essere politiche a supporto delle famiglie, dall’altro il mio auspicio è che sempre più imprese applichino la parità di genere. Una parità che nel mondo del lavoro si delinea sotto vari elementi, inclusa non solo l’equa retribuzione degli stipendi tra uomini e donne, ma anche dalle uguali possibilità di carriera e di accesso alle posizioni manageriali", afferma.

"Sicuramente il dato di un board delle società quotate di Piazza Affari dove più di un membro su due è donna è un segnale positivo per il mondo del lavoro - dice - ma il divario è ancora lontano da essere colmato, specialmente se facciamo riferimento alle Micro e Pmi, la maggioranza imprenditoriale del nostro contesto economico italiano. Ciascuna azienda - conclude - dovrebbe favorire l’accessibilità, la remunerazione e l’occupazione di ruoli apicali a prescindere dal genere".

Le voci dall'Università

Maria Pia Abbracchio, vice-rettrice e pro-rettrice a Ricerca e Innovazione dell'Università statale di Milano si è detta molto felice: "L'economia - spiega all'Adnkronos - non è un ambito che in genere viene associato con la professionalità femminile: si tratta di un dato che rassicura sulla possibilità delle donne di dare un contributo a tutti i rami della società e a tutti i settori della conoscenza e del lavoro". La vice-rettrice è convinta che le donne possano esercitare il ruolo con modalità diverse dagli uomini: "Non è detto che le donne che raggiungono altri livelli di carriera debbano utilizzare modelli maschili nella gestione di questi ruoli, ma sono anche convinta che ciascuna di noi, se preparata, può farlo in una maniera molto buona e collaborando con i colleghi maschi".

Antonella Stirati, professoressa ordinaria di Economia politica all'Università Roma Tre, parla all'Adnkronos di "dato positivo: quando non ci sono discriminazioni e pregiudizi, i talenti naturalmente presenti nella società possono emergere al meglio", dice. "Si tratta di un segnale positivo - continua la professoressa - perché mostra come il percorso delle donne verso il riconoscimento delle proprie capacità in tutti gli ambiti sta andando avanti, anche nelle posizioni apicali. Questo naturalmente è un bene - sottolinea Stirati - però non credo che la presenza femminile nell'economia, nel management così come anche in politica sia di per sé portatrice di cambiamento dei contenuti, però togliendo una barriera alla discriminazione - conclude - si possono far valere meglio le competenze esistenti".

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Finanza

UniCredit sottoscrive strumento su azioni Commerzbank,...

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Presentata istanza regolamentare per l'acquisizione di una partecipazione superiore al 10% e fino al 29,9% in Commerzbank

Unicredit e Commerzbank (Fotogramma)

UniCredit ha presentato istanza regolamentare per l’acquisizione di una partecipazione superiore al 10% e fino al 29,9% in Commerzbank. Nel frattempo, UniCredit ha sottoscritto in data odierna strumenti finanziari aventi ad oggetto una partecipazione pari a circa l’11,5% del capitale sociale di Commerzbank. Lo annuncia lo stesso istituto in una nota.

''Il relativo regolamento in azioni (physical settlement) - si sottolinea in una nota - può avvenire solo subordinatamente all’ottenimento delle relative autorizzazioni. La posizione complessiva di UniCredit, unitamente alla partecipazione del 9% circa comunicata in precedenza, pertanto ha raggiunto circa il 21%. La maggior parte dell’esposizione economica di UniCredit è oggetto di copertura, al fine di assicurare piena flessibilità di rimanere a questo livello, cedere la partecipazione, con una copertura in caso di ribassi, o incrementarla ulteriormente, in funzione dell’esito delle interlocuzioni con Commerzbank, i suoi consigli di gestione e di sorveglianza e, più in generale, tutti i suoi stakeholder in Germania''.

UniCredit ritiene che ''ci sia un significativo potenziale di creazione di valore che possa essere estratto in Commerzbank, sia in uno scenario standalone che in UniCredit, a beneficio dell’intera Germania e di tutti i suoi stakeholders. Ciononostante, come avvenuto per UniCredit stessa, lo sviluppo di tale potenziale richiede l’adozione di azioni concrete. In linea con quanto evidenziato nel recente rapporto della Commissione Europea, UniCredit condivide la convinzione che una forte unione bancaria in Europa possa svolgere un ruolo cruciale per il successo economico dell’intero continente e, attraverso quest’ultimo, di ciascun paese''.

Inoltre, la crescita e la competitività del sistema bancario tedesco ''sono fondamentali sia per l’economia tedesca che per l’Europa nel suo complesso. In ciascuno dei 12 mercati in cui è presente in Europa, UniCredit ha dimostrato di essere un operatore di mercato responsabile, impegnato e serio. Con riferimento in particolare alla Germania, il Gruppo è presente nel paese da quasi 20 anni, fornendo supporto ai propri dipendenti e servendo i propri clienti con una gamma di prodotti completa e competitiva. Sebbene questa transazione e le sue possibili evoluzioni richiedano un'attenta valutazione, l'attenzione principale del management team di UniCredit rimane costantemente rivolta all’esecuzione di UniCredit Unlocked e agli obiettivi di una crescita sostenibile e redditizia e di distribuzioni agli azionisti. È da questo che UniCredit continua a credere di poter estrarre il massimo valore per tutti i suoi stakeholder''.

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Finanza

Unicredit: Messori, ‘con Commerzbank può nascere...

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Unicredit: Messori, 'con Commerzbank può nascere colosso bancario tra primi cinque Ue'

Unicredit tenta la scalata a Commerzbank, ma in Germania si alzano le barricate: i sindacati temono per i posti di lavoro, i politici difendono l’identità nazionale della banca, e i gruppi bancari tedeschi mostrano reticenze. Tra i piccoli e medi imprenditori emerge qualche segnale di apertura, con l’idea che una fusione possa agevolare l’economia reale. Sullo sfondo si profila Deutsche Bank, che potrebbe muoversi in ottica di strategia difensiva, pur essendo ancora gravata da problemi interni. A segnalare all’Adnkronos queste dinamiche è Marcello Messori, ex presidente delle Ferrovie dello Stato ed economista dell’Istituto Universitario Europeo di Firenze: "Superare le barriere nazionali nel mercato bancario è essenziale per il progresso dell'Unione europea". Se l’operazione di Unicredit andasse a buon fine, nascerebbe un colosso bancario europeo "tra i primi cinque-sei del continente per dimensione dell'attivo - spiega il professore - in grado di oltrepassare definitivamente i vecchi confini nazionali. Sarebbe perfettamente in linea con la strada indicata anche da Draghi, e sebbene i timori sindacali per eventuali riduzioni di personale siano legittimi, opporsi alla fusione in nome della 'germanicità' di una banca è inaccettabile".

La strada è complessa ma l'operazione non è priva di sostegno: "Ci sono stati dei segnali da parte di istituzioni europee importanti - dice - la Banca Centrale europea e la stessa Banca Centrale tedesca si sono espresse favorevolmente: ovviamente non rispetto a quest'operazione nello specifico, ma rispetto ad aggregazioni transfrontaliere". Quali i prossimi passi di Unicredit? "L'amministratore delegato, Andrea Orcel, ha sottolineato in alcune occasioni che la prima mossa a questo punto non spetta a Unicredit, ma agli azionisti e, diciamo così, agli stakeholder di Commerzbank". Approccio amichevole nella scalata, ha ribadito Orcel: "Anche perché - spiega Messori - ci sono dei passaggi istituzionali comunque complicati: Unicredit attualmente ha raggiunto ufficialmente il 9% di quota proprietaria, per superare la barriera del 10% deve fare una comunicazione alla banca centrale europea e questo lo dovrà fare per i multipli del 10% fino a che poi, secondo la legge tedesca, superata la soglia del 30% dovrebbe lanciare un'offerta pubblica di acquisto. Prima di arrivare a questo punto - spiega ancora l'economista - è evidente che Unicredit voglia attendere le reazioni effettive da parte degli azionisti e degli stakeholder di Commerzbank".

I sindacati sono sul piede di guerra: "È comprensibile - continua l'economista - che vogliano vederci chiaro sull'operazione. Un'acquisizione di questa portata solleva questioni delicate. Unicredit ha già una presenza significativa sul mercato tedesco, e una fusione di tale entità comporterebbe inevitabilmente riorganizzazioni e possibili impatti occupazionali. Le preoccupazioni per i posti di lavoro sono, dunque, più che legittime". Gli imprenditori tedeschi, però, sembrano aprire: "C’è un forte interesse, da parte del settore economico reale tedesco, nel garantire che le proprie banche siano efficienti - dice Messori - non possiamo dimenticare che Commerzbank ha attraversato momenti estremamente difficili durante le crisi finanziarie, al punto che lo Stato tedesco è dovuto intervenire come azionista di maggioranza relativa. Da subito, però, il governo aveva chiarito che la sua partecipazione sarebbe stata temporanea, e infatti ha mantenuto l’impegno mettendo in vendita una quota significativa, circa un quarto, della sua partecipazione. Quota che è stata poi acquisita da Unicredit". Questo, continua, fa parte di un più ampio processo di rafforzamento e riorganizzazione di Commerzbank, che non può che portare benefici all’economia reale e al tessuto imprenditoriale tedesco. "Non sorprende quindi che molti imprenditori vedano di buon occhio l’operazione". Chi si oppone allora? "Un intreccio complesso - dice Messori - che vede, da un lato, politici che difendono l’identità nazionale delle banche, dall’altro gruppi bancari, preoccupati che l’operazione possa abbattere le storiche barriere del mercato. Il settore bancario tedesco, non dimentichiamolo, gode di protezioni molto forti rispetto alla concorrenza".

Ci si chiede se Deutsche Bank abbia le munizioni per opporsi a questa operazione: "Innanzitutto - dice l'economista - bisogna verificare che ci sia un effettivo interesse di Deutsche Bank. Qualora ci fosse - continua- mi sembra che la logica non sarebbe tanto di razionalizzazione del settore bancario tedesco, ma piuttosto una logica difensiva posta in essere per evitare l'apertura al mercato. Deutsche Bank, spiega il professore, è in una fase di riorganizzazione che dura da molti anni, ha compiuto passi avanti in termini di superamento delle inefficienze, però ha ancora vulnerabilità. "Quella banca - dice - ha avuto problemi molto gravi anche di capitalizzazione, quindi va verificato con attenzione se abbia le risorse compatibili con la sua riorganizzazione per un'operazione così impegnativa".

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Finanza

Del Vecchio e Wertheimer, una nuova partnership...

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LMDV Capital, il Family Office di Leonardo Maria Del Vecchio, investe in 1686 Partners, il fondo lanciato da David Wertheimer dedicato a lifestyle e hospitality

Del Vecchio e Wertheimer, una nuova partnership internazionale

“Una partnership che amplia l’orizzonte dei nostri investimenti in Europa, rafforza il posizionamento internazionale di LMDV Capital e certifica, da parte di un attore di assoluto prestigio nell’orizzonte finanziario, la premialità e la bontà dei nostri investimenti nel mondo hospitality”.

Così Leonardo Maria Del Vecchio annuncia la firma di un accordo che vede il suo family office LMDV Capital entrare come limited partner in ‘1686 Partners’, società di private equity dedicata all’innovazione nei settori lifestyle e hospitality e attiva sia in Europa che in Asia ed America. Il modus operandi di 1686 Partners è affiancare i player più promettenti del mercato e portarli a divenire leader dei loro settori soddisfacendo le aspettative delle nuove generazioni che cercano brand purpose-driven capaci di combinare innovazioni dirompenti e pratiche sostenibili all’interno di esperienze uniche ed esclusive.

“Un obiettivo che si sposa in maniera perfettamente complementare con quello di LMDV Capital – continua Del Vecchio -: portare innovazione nei settori consolidati, contribuendo alla crescita del Mmade in Italy e creando un ritorno benefico per la società a partire dai nostri investimenti, per esempio nel rinnovamento urbano o , più in generale, nella sostenibilità”.

Si aggiunga che 1686 Partners è stata fondata da David Wertheimer: ad avvicinare i due imprenditori, oltre ad una sensibilità e visione strategica comune c’è, perciò, anche la tradizione di una lunga amicizia.

“Sono particolarmente felice di questa nuova partnership che mi permette di rafforzare e internazionalizzare la nostra presenza nel mercato dell’hospitality con un solido attore del lifestyle” ha sottolineato Leonardo Maria Del Vecchio.

LMDV Capital, infatti, investe già nel settore attraverso la partecipata al 78% Triple Sea Food Holding detentrice dei tre brand della ristorazione VESTA, CASA Fiori Chiari e Trattoria del Ciumbia. L’attività di TSF è iniziata a fine 2022, quando ha avviato tre ristoranti a pochi passi di distanza l’uno dall’altro a Milano. VESTA, CASA Fiori Chiari e Trattoria del Ciumbia hanno riportato i milanesi a cenare nella zona di Brera, solitamente considerata esclusivamente turistica, offrendo tre stili culinari genuini e originali, insieme a diverse innovazioni nei menù, nella gestione e negli orari di apertura. Nel 2024 il brand VESTA cresce a Portofino e Marina di Pietrasanta con due nuovi ristoranti che seguono la filosofia della ‘cucina di mare direttamente dentro il mare’ e con accesso diretto all’acqua dalla spiaggia. Il primo aprirà nella bellissima Baia di Paraggi, all’interno del resort Le Carillon Dolce&Gabbana, un punto di riferimento sulla costa ligure da più di 130 anni. Il secondo si troverà all’interno dello storico e architettonicamente eccezionale stabilimento Franco Mare.

Parallelamente all'investimento di LMDV Capital in 1686 Partners, anche il fondo lussemburghese di David Wertheimer entrerà, come socio di minoranza, in TSF Holding. “Una conferma importante – conclude Del Vecchio – della lungimiranza e bontà dei nostri asset e della loro capacità di interpretare correttamente i trend di mercato e posizionarsi in anticipo per intercettarli”. Con i due nuovi VESTA inaugurati nel 2024, TSF Holding raggiunge le cinque aperture in meno di due anni di attività e supera la soglia di 250 dipendenti con un fatturato complessivo di oltre 20 milioni.

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