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Referendum, Borghi: “Presenterò proposta di legge per cancellare raccolta firme online”

Il leghista: "Non ci vuole un genio per capire che se la Costituzione prevedeva 500mila firme per i referendum è perché pensava a una soglia alta per evitare consultazioni inutili"

Claudio Borghi (Fotogramma)

Il leghista Claudio Borghi presenterà una proposta di legge per cancellare la raccolta di firme online per i referendum. Ad annunciarlo è lo stesso Borghi sui social. "Non ci vuole un genio per capire che se la Costituzione prevedeva 500mila firme per i referendum è perché pensava a una soglia alta per evitare consultazioni inutili. Solo questioni potenzialmente maggioritarie dovevano meritare un referendum nazionale", scrive il leghista.

"Se si mette la firma digitale allora anche uno che vuol abolire il cappuccino se ha abbastanza followers si può svegliare e con quattro click ci arriva. O si alza il numero delle firme (ma allora si deve cambiare la Costituzione) o si cancella la raccolta firme con un click. Credo sia meglio questa seconda ipotesi. Depositerò proposta di legge in proposito e credo che la maggioranza dovrebbe prenderla in attenta considerazione".

Le reazioni

Immediate le reazioni. “La Lega annuncia che presenterà una proposta di legge per abolire le firme on line: hanno paura della democrazia, hanno paura del voto popolare, hanno paura di chi chiede più diritti. Ma capisco la frustrazione del povero Claudio Borghi: da paladino no euro, ora vede Draghi varcare la soglia di palazzo Chigi e consigliare Giorgia Meloni. Chissà perché la sua premier non chiama lui come consigliere economico. Ah saperlo…”, afferma il segretario di +Europa Riccardo Magi.

"Il numero di firme non fu previsto per avere ‘una soglia alta per evitare consultazioni inutili’ ma perché una richiesta di 500000 elettori ne garantisce la serietà. Questo risulta dai dibattiti alla costituente. E naturalmente una richiesta di 500000 elettori ha lo stesso peso sia che questi abbiano firmato in un luogo fisico che su piattaforma. La firma digitale vale per gli atti giudiziari, per quelli fiscali e non si capisce perché non dovrebbe valere per firmare una richiesta di referendum. Borghi lasci decidere agli italiani se bere o no il cappuccino e se firmare o meno con Spid i referendum che vogliono”, conclude Magi.

“L'idea del senatore salviniano Borghi di presentare un disegno di legge per cancellare la raccolta firme digitale a supporto di una richiesta di referendum è grave in quanto esprime un modo di concepire la partecipazione popolare alle scelte politiche schiettamente illiberale e antidemocratico - afferma il senatore del Pd Dario Parrini, vice presidente della commissione Affari costituzionali a Palazzo Madama - Che la Lega fosse ormai un partito di populismo senza popolo, e anzi impaurito dal popolo, lo sapevamo. Ma non potevamo immaginare che si arrivasse a tanto".

"Invece di interrogarsi su come mai centinaia di migliaia di cittadini si sono mobilitati contro i tentativi della destra di governo di fare a pezzi l'unità nazionale e di impedire l'adozione di norme di civiltà sulla cittadinanza, Borghi, come quei malati che se hanno la febbre se la prendono col termometro, delegittima lo strumento che ha consentito a così tante persone di far sentire la propria voce su questioni di cruciale interesse collettivo".

"Altra cosa sarebbe avviare una riflessione condivisa e ponderata, e soprattutto non strumentale, su una proposta che da anni gode di largo seguito nel mondo accademico: quella di prevedere con riforma costituzionale un innalzamento del numero di sottoscrizioni necessarie a promuovere un referendum, ovviamente alla tassativa condizione che tale modifica sia bilanciata da una riduzione del quorum per la validità dello stesso. Questa sarebbe una discussione seria e moderna, e slegata da calcoli di bottega. Ma alla maggioranza questo tipo di discussioni non sembra interessare”.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Politica

Rai, via libera Camere ai nuovi vertici: palla alla...

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Sede Rai (Fotogramma/Ipa)

Primo passo per la nuova governance della Rai. Il Parlamento ha designato i consiglieri di sua competenza: Antonio Marano e Alessandro Di Majo per il Senato, Federica Frangi e Roberto Natale per la Camera. Il ministero dell'Economia, intanto, ha indicato i 'suoi' consiglieri: Simona Agnes e Giampaolo Rossi. A questo punto il 'board' della Tv pubblica è sostanzialmente al completo, in attesa dell'indicazione del consigliere espressione dei dipendenti. Manca, per voltare pagina a viale Mazzini, il passaggio più delicato: il via libera, obbligatorio, della commissione di Vigilanza sul nuovo presidente.

L'iter del voto parlamentare lascia già intendere che al traguardo della Vigilanza si rischia di arrivare dopo una infinità di polemiche politiche. Il voto sui consiglieri ha spaccato il campo largo, mentre ha registrato la compattezza della maggioranza. Anche se i numeri di Camera e Senato non tornano alla perfezione. Basso il numero dei votanti, anche considerando l'Aventino di parte dell'opposizione: 131 al Senato e 231 alla Camera. "Era un voto dall'esito scontato", viene sottolineato dalla maggioranza. Alla quale forse mancano dei voti, considerando i 97 di Marano e i 174 di Frangi, sotto la somma dei voti dei Gruppi di riferimento.

Ma è l'opposizione ad uscire con le ossa rotte dal passaggio parlamentare. Pd, con Iv e Azione, ha tenuto sulla linea dell'Aventino. M5s, con Avs, ha partecipato al voto. Ed eletto i relativi consiglieri (Di Majo e Natale), lasciando il solo Pd senza rappresentanti al settimo piano di viale Mazzini. "Noi siamo stato coerenti. Chiedete agli altri", ha commentato Elly Schlein puntando il dito verso Giuseppe Conte. "Noi siamo stati sempre coerenti. E' la soluzione più giusta", è stata la replica del leader 5 stelle. Ma in casa dem ci sono stati molti mal di pancia per le scelte di Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni: "Il voto di oggi non interrompe il percorso per la costruzione dell’alleanza di centrosinistra", ha assicurato il leader dei Verdi.

"Si sono scoperti dorotei. E hanno legittimato, per qualche poltrona, Telemeloni", è la valutazione di fonti parlamentari del Pd sulle decisioni delle altre opposizioni. In Parlamento, le voci sulle prime nomine dei nuovi vertici Rai si rincorrono, parlando di una ricambio al vertice di Rainews24 a favore di un nome vicino al M5s (Giuseppe Carboni o Senio Bonini, tra quelli che circolano). Ma prima, però, il nuovo Cda Rai dovrà passare il vaglio della Vigilanza. Mentre dal 1 ottobre al Senato partirà l'iter della riforma del servizio pubblico, messa in campo dalla maggioranza come gesto di disponibilità verso le opposizioni.

Al centrodestra mancano due voti in Vigilanza per il via libera al presidente (Agnes il nome designato). Il sì di Maria Stella Gelmini, dopo il suo addio ad Azione, viene dato per scontato. "Il patto sui consiglieri non reggerà sino ad allora. La Agnes non avrà i voti", sottolineano fonti parlamentari di opposizione che hanno seguito da vicino il dossier Rai. L'ipotesi, quindi, potrebbe essere quella di un campo largo di nuovo compatto sulla linea Schlein e sull'Aventino. Non sarebbe un inedito. Per Marcello Foa fu necessario un doppio passaggio in Vigilanza dopo una prima bocciatura. Altrimenti, a guidare la Rai sarebbe il consigliere più anziano: Marano, quota Lega.

Su questa ipotesi le valutazioni dell'opposizione sono al veleno: "Tutto torna. Meloni ha stoppato le velleità di Forza Italia e dei Berlusconi. Tanto il vero timoniere è il suo uomo, Rossi, il Dg". In ogni caso, una qualche alchimia dovrà venire fuori da palazzo San Macuto. Per questo il dossier Rai potrebbe anche decantare. Ci sono dei passaggi obbligati da osservare prima che la Vigilanza fissi la data del voto sul presidente. Un tempo che potrebbe dilatarsi di qualche settimana, forse anche un mese. Per avere tutto il tempo per cercare una intesa.

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Politica

Telefonata Meloni-Scholz, focus su Ucraina e migranti

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I due leader hanno concordato di mantenere uno stretto raccordo su questioni migratorie anche in vista dei prossimi consigli Ue

Giorgia Meloni e Olaf Scholz (Fotogramma/Ipa)

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha avuto oggi pomeriggio una conversazione telefonica con il cancelliere della Repubblica federale di Germania, Olaf Scholz. I due capi di governo hanno discusso delle principali questioni bilaterali e internazionali, a partire dall'Ucraina. E' quanto si legge in una nota di Palazzo Chigi.

In ambito europeo si sono soffermati in particolare sulle questioni migratorie. Il cancelliere Scholz ha illustrato le ragioni alla base della recente decisione tedesca di reintrodurre i controlli di frontiera con gli Stati membri confinanti e le ulteriori iniziative introdotte dalla Germania per contrastare gli arrivi irregolari.

E' stato concordato di mantenere uno stretto raccordo sul tema anche in vista dei prossimi Consigli Europei, con l'obiettivo di consolidare il nesso tra dimensione interna ed esterna della politica migratoria Ue, rafforzando in particolare le politiche in tema di partenariati con i Paesi di origine e transito dei migranti, ritorni, lotta ai trafficanti di esseri umani e migrazione legale.

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Politica

Open Arms, Salvini: “Rimarrò in carica qualunque sia...

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Il vicepremier: "Ritengo che sia un processo politico. Una eventuale condanna non sarebbe un problema per me, sarebbe un enorme problema per l'Italia"

Matteo Salvini - (Fotogramma)

"Una eventuale condanna non sarebbe un problema per me o preoccupante per me, sarebbe un enorme problema per l'Italia, per lo Stato di diritto, per il contrasto all'immigrazione clandestina, a livello internazionale sarebbe un precedente pericoloso. Sono convinto che la giustizia si pronuncerà in maniera sensata e serena, rimarrò in carica qualunque sia la sentenza che mi auguro di assoluzione". Lo ha affermato il vicepremier Matteo Salvini, in un incontro con l'Associazione stampa estera.

"Ritengo che sia un processo politico, istruito dalle parti politiche della sinistra - ha proseguito il leader della Lega - e conto che un giudice indipendente arrivi a conseguenze che a me appaiono ovvie. Se non fosse così in primo grado, fortunatamente in Italia ci sono altri due gradi di giudizio. Il giorno dopo la sentenza, se sarà di assoluzione sarò in ufficio a lavorare sull'alta velocità tranquillo, fosse di condanna sarò altrettanto in ufficio a lavorare sull'alta velocità tranquillo, un po' più incazzato però in ogni caso in ufficio".

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