Hezbollah decapitato da Israele, il destino del Partito di Dio tra armi e politica
L'organizzazione sciita al centro della peggiore escalation dalla guerra dei 33 giorni. E un altro conflitto rischia di costare caro
Sciita, sostenuto dall'Iran, "creatura" della Repubblica Islamica, Hezbollah nasce all'inizio degli anni Ottanta, nel pieno della guerra civile in Libano (1975-90). Risale al 1985 il primo manifesto. Dal 1992 e fino alle ultime ore, il Partito di Dio - ministri alleati nel governo di Beirut e deputati in Parlamento - è stato guidato da Hasan Nasrallah. I militari israeliani ne hanno annunciato l'uccisione in un raid a Beirut e ore dopo la sua morte è stata confermata da Hezbollah. "Nasrallah non sarà più in grado di terrorizzare il mondo", hanno scritto le forze israeliane (Idf) in un post su X mentre prosegue e si intensifica un'escalation che è la peggiore dalla devastante guerra dei 33 giorni del 2006.
Hezbollah, che si è trasformato da fazione a forza armata con un'influenza notevole sullo Stato libanese, è l'unico gruppo ad aver mantenuto le armi dalla guerra civile. Ha stretti legami con Hamas, responsabile dell'attacco del 7 ottobre dello scorso anno in Israele e contro cui da quel giorno Israele porta avanti una campagna militare nella Striscia di Gaza.
L'8 ottobre Hezbollah è intervenuto con attacchi oltreconfine contro il territorio israeliano in "solidarietà" con Hamas. Ostilità che sono proseguite per mesi fino all'escalation degli ultimi giorni, a cominciare da quando il 17 settembre sono esplosi centinaia di cercapersone di componenti o affiliati del gruppo. Il Partito di Dio, che Israele afferma di aver 'decapitato', è anche un alleato del leader siriano Bashar al-Assad, che a sua volta è uno stretto alleato militare e politico di Teheran, e miliziani di Hezbollah sono stati dispiegati nel Paese arabo a sostegno delle truppe fedeli ad Assad nella guerra contro i ribelli, per lo più sunniti, esplosa nel 2011 sulla scia di proteste antigovernative.
Il destino del Partito di Dio: "La jihad continua". Il soccorso dell'Iran
Ma cosa succederà ora? Quale sarà il destino del Partito di Dio e su chi può contare? Stando intanto a quanto riportato da media israeliani, oltre alla morte del leader e all'uccisione di diversi 'big' e comandanti, i raid degli ultimi giorni in Libano avrebbero intaccato in modo significativo l'arsenale di razzi di Hezbollah e dimezzato il numero di missili con capacità di attacco di precisione, mentre sarebbe stato ridotto a un quarto il numero di razzi con una gittata fino a 40 chilometri. In Libano, in aggiunta al prezzo in termini di vite umane, una guerra rischia comunque di costare cara a Hezbollah, oltre che ai libanesi, con il rischio di perdere influenza politica nel Paese dei Cedri. "La leadership di Hezbollah è impegnata a continuare la jihad contro il nemico, a sostegno di Gaza e della Palestina e in difesa del Libano", assicura però l'organizzazione sciita alleata nella nota in cui ha confermato la morte del suo leader.
Intanto, mentre il Paese e l'organizzazione raccolgono le forze e decidono sul da farsi nel post-Nasrallah, a correre in soccorso dell'organizzazione - almeno a parole - arriva l'Iran. Un esponente della Repubblica islamica dell'Iran, l'ayatollah Mohammad Hassan Akhtari, ha infatti annunciato che nei prossimi giorni Teheran inizierà la registrazione per l'invio di truppe in Libano e sul versante siriano delle Alture del Golan. "Possiamo inviare truppe in Libano per combattere contro Israele, proprio come abbiamo fatto nel 1981", ha dichiarato all'emittente Nbc Akhtari, capo del Comitato per il sostegno dell'Iran al popolo palestinese, affiliato all'ufficio della presidenza iraniana.
E con l'annuncio arriva anche l'avvertimento della Guida Suprema dell'Iran, Ali Khamenei, secondo cui i "criminali sionisti dovrebbero sapere che sono troppo piccoli per causare danni significativi alla forte struttura di Hezbollah in Libano" ed "il destino di questa regione sarà deciso dalle forze di resistenza, guidate da Hezbollah".
Secondo l'ayatollah, che non ha mai fatto riferimenti espliciti alla morte di Nasrallah nel suo comunicato, "con la grazia di Dio, il Libano farà pentire l'aggressore malvagio della sua azione". Khamenei ha concluso evidenziando che "è obbligatorio per tutti i musulmani schierarsi con orgoglio al fianco del popolo libanese e di Hezbollah con le loro risorse e aiutarlo ad affrontare il regime usurpatore, crudele e malvagio".
Cosa resta dell'arsenale di Hezbollah, le stime
Fino a 50mila combattenti. Oltre ai 'riservisti'. Fino a 150mila razzi e missili. Queste le stime sull'arsenale e sulla forza degli Hezbollah libanesi, rilanciate dal Washington Post. I razzi di Hezbollah sono in grado di colpire fino a Tel Aviv, ma il gruppo finora è parso preferire la strada della 'cautela', rimarca Orna Mizrahi dell'Institute for National Security Studies, convinta comunque che "siamo solo all'inizio di qualcosa di nuovo".
Hezbollah può contare su missili con una gittata fino a 500 chilometri (gli Scud), sottolinea la Cnn: ha un arsenale con munizioni di vario raggio fatto da 120-200mila razzi e missili (da razzi Katyusha a missili Scud), oltre ai droni, quasi tutti forniti dall'Iran. Tra questi, gli Shahed-129 hanno un raggio d'azione che in teoria può arrivare a 2mila km, ma che in realtà, dipendendo dal comando di una stazione a terra, è molto più limitato (le stime degli esperti variano da meno di 200 km a 400). Simili ai Predator americani, possono essere usati per missioni di ricognizione e di attacco.
Il leader Hassan Nasrallah aveva parlato a inizio anno di una forza di oltre 100mila miliziani e 'riservisti', nonostante gli analisti militari ritengano che Hezbollah abbia tra i 30mila e i 50mila combattenti.
Hezbollah, scrive il Post, per Tel Aviv è un "nemico più grande, più strategico e meglio armato" e ci sono timori su "risorse ed energie" a disposizione di Israele per affrontare un'altra offensiva su vasta scala. L'arsenale di Hezbollah è in effetti più "sofisticato" e "distruttivo" di quello di Hamas. Resta, comunque, la superiorità militare e d'intelligence israeliana. Secondo la Cnn, il Partito di Dio ha perso da ottobre almeno 500 combattenti, tra cui capi come Fouad Shukr e Ibrahim Aqil, quest'ultimo ucciso in un altro raid che ha decapitato la leadership.
Esteri
Ucraina, centinaia di yemeniti reclutati dalla Russia:...
La mossa di una misteriosa compagnia legata ai ribelli dello Yemen per mandarli con l'inganno al fronte: la rivelazione del Financial Times
Reclutati con l'inganno, mandati con la forza a combattere in Ucraina. La Russia starebbe reclutando centinaia di yemeniti per combattere contro le truppe di Kiev, in una mossa che evidenzia i crescenti legami tra Mosca ed i ribelli Houthi, movimento filo-iraniano di fede zaydita che controlla ampie zone dello Yemen tra cui la capitale Sana'a. A rivelarlo è il Financial Times, secondo cui gli yemeniti verrebbero arruolati con la forza e quindi inviati in prima linea.
La promessa: stipendio alto e cittadinanza russa
Le reclute hanno raccontato al giornale della City di essere arrivate in Russia tramite una misteriosa società collegata agli Houthi, con la promessa di un impiego con stipendi elevati e persino della cittadinanza russa. La notizia, evidenzia il Ft, mostra il sempre maggiore allargamento del conflitto, mentre aumenta il numero delle vittime e il Cremlino cerca di evitare una mobilitazione generale. Tra le file russe ci sono già mercenari provenienti da Nepal e India e circa 12mila soldati dell'esercito regolare nordcoreano di stanza nella provincia russa di Kursk.
Il legame Russia-Houthi
L'inviato speciale degli Stati Uniti per lo Yemen, Tim Lenderking, ha spiegato che la Russia sta lavorando per aumentare i legami con gli Houthi e che tra le parti ci sono colloqui sui trasferimenti di armi. "Sappiamo che c'è personale russo a Sana'a che aiuta ad approfondire questo dialogo - ha precisato - I tipi di armi di cui si sta discutendo sono molto allarmanti e consentirebbero agli Houthi di colpire meglio le navi nel Mar Rosso e forse oltre".
Il mese scorso è emersa la notizia che la Russia ha fornito dati satellitari per aiutare gli Houthi ad attaccare le navi nel Mar Rosso. I ribelli da tempo prendono di mira le navi commerciali in questo tratto di mira in quella che definiscono un'azione solidale con i palestinesi nella Striscia di Gaza.
Esteri
Trovato corpo del rabbino scomparso negli Emirati, ira...
Rav Zvi Kogan, scomparso giovedì scorso, è stato trovato morto. Netanyahu: "Atto abominevole". Spari nei pressi dell'ambasciata israeliana ad Amman, Giordania: "Attacco terroristico"
E' stato ritrovato il corpo del rabbino Zvi Kogan, scomparso giovedì negli Emirati Arabi Uniti e la cui auto era stata individuata ieri abbandonata ad Al-Ain, a circa 90 minuti da Dubai. Ad annunciarlo l'ufficio del primo ministro emiratino ed il ministero degli Esteri in una nota congiunta.
Nel comunicato, riporta il Times of Israel, si precisa che l'ambasciata di Israele nel Paese del Golfo è in contatto con la famiglia del rabbino Chabad, che è cittadino israeliano e moldavo. Secondo Channel 12, Kogan è imparentato con il rabbino Gavriel Holtzberg, assassinato insieme alla moglie in un attacco terroristico alla Nariman Chabad House di Mumbai nel 2008.
I media israeliani ieri evidenziavano i timori dei servizi di intelligence e sicurezza, i quali sospettavano che Kogan fosse stato rapito da tre cittadini uzbeki - presumibilmente incaricati dall'Iran e poi fuggiti in Turchia - e assassinato.
L'omicidio del rabbino Zvi Kogan negli Emirati è un "crimine terroristico antisemita codardo e spregevole", il commento del ministro israeliano della Difesa, Israel Katz, sul social X. "Lo Stato di Israele non si fermerà né rimarrà in silenzio finché i responsabili di questo atto criminale non pagheranno per le loro azioni", ha aggiunto.
"L'omicidio di Zvi Kogan, sia benedetta la sua memoria, è un atto abominevole di terrorismo antisemita. Lo Stato di Israele userà tutti i mezzi e tratterà i criminali responsabili della sua morte con il massimo rigore della legge". Così l'ufficio del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha commentato la notizia del ritrovamento.
"Questo vile attacco antisemita è un promemoria della barbarie dei nemici del popolo ebraico", le parole su X del presidente israeliano, Isaac Herzog, esprimendo "dolore e indignazione" per la morte del rabbino. Quanto accaduto "non ci impedirà di continuare a far crescere comunità fiorenti negli Emirati Arabi Uniti o altrove, specialmente con l'aiuto dell'impegno e del lavoro degli emissari Chabad in tutto il mondo", ha aggiunto Herzog, il quale ha quindi ringraziato gli Emirati per la loro "rapida azione", confidando che faranno tutto il possibile per assicurare alla giustizia i responsabili.
Il Consiglio di sicurezza nazionale israeliano ha intanto ribadito l'invito ai suoi connazionali ad evitare i viaggi non essenziali negli Emirati. Il Consiglio, riporta il Times of Israel, attribuisce agli Emirati un livello di allerta 3 in quanto persiste una minaccia per gli israeliani e gli ebrei che si trovano nel Paese.
"Evitate di visitare attività commerciali, luoghi di ritrovo e luoghi di intrattenimento identificati con la popolazione israeliana ed ebraica", si sottolinea nel 'warning' in cui si chiede anche di "mantenere una maggiore vigilanza nei luoghi pubblici (inclusi ristoranti, hotel, bar, ecc.) ed evitare di esporre simboli israeliani". I viaggiatori sono inoltre invitati ad evitare di pubblicare sui social media e a bloccare i loro profili online.
Spari vicino ambasciata israeliana ad Amman: "E' terrorismo"
La sparatoria avvenuta nei pressi dell'ambasciata israeliana ad Amman, in Giordania, è stata un "attacco terroristico" che ha preso di mira le forze di sicurezza del Paese arabo, ha dichiarato il ministro delle Comunicazioni del governo giordano, Mohamed Momani, precisando in una nota che sono in corso indagini sull'attacco.
Secondo l'agenzia di stampa ufficiale Petra, nelle scorse ore la polizia ha sparato e ucciso un uomo armato che aveva aperto il fuoco contro una pattuglia nel quartiere Rabiah. Tre agenti sono rimasti feriti.
Esteri
Cop29 raggiunge accordo sul clima, Biden: “Nessuno...
L'intesa: 300 miliardi di dollari all'anno entro il 2035 alle nazioni più povere, chiamate a contrastare fenomeni sempre più gravi in relazione alla crisi climatica, Pichetto: "Italia ha portato spirito del Piano Mattei"
Accordo raggiunto sul clima alla Cop29 di Baku, in Azerbaigian, e il presidente degli Stati Uniti uscente, Joe Biden, esulta parlando di "risultato storico" e "rivoluzione verde" che "nessuno può impedire".
"Oggi alla Cop29, grazie in parte agli instancabili sforzi di una forte delegazione statunitense, il mondo ha raggiunto un accordo su un altro risultato storico. A Baku, gli Stati Uniti hanno sfidato i Paesi a fare una scelta urgente: consegnare le comunità vulnerabili a disastri climatici sempre più catastrofici o farsi avanti e mettere tutti noi su un percorso più sicuro verso un futuro migliore", ha dichiarato il presidente degli Stati Uniti commentando l'accordo raggiunto.
"Insieme, i Paesi hanno fissato un ambizioso obiettivo di finanziamento internazionale per il clima entro il 2035. Aiuterà a mobilitare il livello di finanziamento, da tutte le fonti, di cui i Paesi in via di sviluppo hanno bisogno per accelerare la transizione verso economie pulite e sostenibili, aprendo al contempo nuovi mercati per veicoli elettrici, batterie e altri prodotti di fabbricazione americana", ha proseguito Biden in una nota.
Il presidente americano si è quindi detto fiducioso che "negli anni a venire" gli Stati Uniti continueranno questo lavoro "attraverso i nostri Stati e le nostre città, le nostre aziende e i nostri cittadini, sostenuti da una legge duratura come l'Inflation Reduction Act, il più grande investimento nel clima e nell'energia pulita della storia". Biden ha poi lanciato indirettamente una stoccata alla futura Amministrazione Trump, che secondo diversi media come il New York Times avrebbe già pronto l'ordine esecutivo per abbandonare l'Accordo di Parigi. "Mentre alcuni potrebbero cercare di negare o ritardare la rivoluzione dell'energia pulita in corso in America e nel mondo, nessuno può invertirla, nessuno", ha scandito il presidente.
"Mi congratulo con le parti e la presidenza della Cop29 per aver raggiunto questo risultato. Sebbene ci sia ancora molto lavoro da fare per raggiungere i nostri obiettivi sul clima, il risultato di oggi ci avvicina significativamente - ha concluso Biden - A nome del popolo americano e delle generazioni future, dobbiamo continuare ad accelerare il nostro lavoro per mantenere un pianeta più pulito, più sicuro e più sano alla nostra portata".
Ue: "Nuova era per finanza climatica"
Anche l'Unione Europea ha accolto con favore l'accordo raggiunto al vertice Cop 29 definendolo l'inizio di una "nuova era" nella finanza "climatica" per i Paesi più poveri per combattere il riscaldamento globale. "La Cop29 sarà ricordata come l'inizio di una nuova era per la finanza climatica", ha affermato il commissario europeo per l'Azione per il clima, Wopke Hoekstra, dopo l'intesa che aumenta l'assistenza finanziaria alle nazioni povere a circa 300 miliardi di dollari all'anno nel prossimo decennio
"L'Unione Europea e i suoi Stati membri continueranno a svolgere un ruolo di primo piano in questo processo. Abbiamo lavorato attivamente con tutti i partecipanti per aumentare significativamente il volume dei finanziamenti. Abbiamo triplicato l'obiettivo di 100 miliardi di dollari e consideriamo questo obiettivo ambizioso, necessario, realistico e realizzabile", ha osservato.
Guterres: "Accordo è base, ora onorare impegni"
Non nasconde invece di avere sperato in un accordo più ambizioso il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres commentando sui social l'intesa, definendola una "base" per il futuro e aggiungendo che i 300 miliardi di dollari promessi dai paesi più ricchi per aiutare quelli più poveri dovrebbero essere erogati al più presto. L'accordo - sottolinea - "deve essere onorato per intero e in tempo. Faccio appello ai governi affinché lo facciano con urgenza". "Avevo sperato in un risultato più ambizioso, sia in termini finanziari che di mitigazione, per soddisfare la portata della grande sfida che ci troviamo ad affrontare, ma l'accordo raggiunto fornisce una base su cui costruire", ha affermato il capo delle Nazioni Unite sottolineando come la fine dell'era dei combustibili fossili è inevitabile, mentre il Gruppo dei 20, ovvero i paesi con le maggiori emissioni climalteranti, devono guidare la strada verso un futuro più sostenibile.
Pichetto: "Portato spirito del Piano Mattei nel dibattito"
"Con una semplificazione potremmo dire che abbiamo portato lo spirito del Piano Mattei nel dibattito della Cop29", sottolinea quindi il ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, commentando l'accordo finale raggiunto a Baku.
"Il significato e la rilevanza del numero finale - osserva - vanno analizzati rispetto al risultato raggiunto nell'allargare la platea di attori che partecipano a questo processo e soprattutto al modo in cui vi partecipano, utilizzando ad esempio meccanismi di finanziamento pubblico-privato che noi già stiamo sperimentando nei nostri progetti dedicati all'Africa, non solo nel settore climatico, attraverso partenariati paritari e non predatori"
"Nel negoziato condotto dall'Unione europea a nome dei 27 - ricorda - l'Italia ha portato la sua strategia per una finanza climatica più efficace che rifletta i nuovi equilibri globali con alcuni obiettivi specifici: allargare la base dei contributori con un ruolo maggiore dei paesi sin qui non considerati donatori; contabilizzare i contributi delle banche multilaterali di sviluppo; incoraggiare le iniziative filantropiche; favorire meccanismi che, partendo dai contributi degli stati, spingano i grandi investitori a finanziare progetti per una decarbonizzazione come motore di sviluppo nei paesi più vulnerabili". Parlando a Rainews 24 il ministro definisce "importante" l'indicazione "di allargare la base dei contributori".
Cop29, cosa prevede l'accordo
Nel cuore della notte, è stata raggiunta l'intesa secondo cui i paesi più ricchi e avanzati garantiranno 300 miliardi di dollari all'anno entro il 2035 alle nazioni più povere, chiamate a contrastare fenomeni sempre più gravi in relazione alla crisi climatica. "Le persone dubitavano che l'Azerbaigian potesse mantenere le promesse e che tutti potessero essere d'accordo. Si sbagliavano su entrambi i fronti", ha detto Mukhtar Babayev, , presidente della Cop29. L'accordo, che coinvolge circa 200 paesi, è stato raggiunto dopo complesse trattative che sono state sul punto di naufragare. Molte, tra le nazioni più povere, hanno considerato la cifra di 300 miliardi largamente insufficiente.