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Strage di Marzabotto, Mattarella: “Qui per dire mai più”

Il presidente della Repubblica alla commemorazione dell'eccidio insieme all'omologo tedesco Steinmeier, che chiede perdono: "Provo dolore e vergogna"

Steinmeier e Mattarella - Afp

"Siamo qui per dire mai più". Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, oggi a Marzabotto in occasione della commemorazione dell'80esimo anniversario delle'eccidio di Monte Sole, insieme all'omologo tedesco Frank-Walter Steinmeier.

"Siamo qui per chinare insieme il capo davanti a tante vite crudelmente spezzate, per riempire con i sentimenti più intensi di solidarietà quelle voragini che la disumana ferocia nazifascista ha aperto in queste terre, in queste comunità. Siamo qui per ricordare, perché la memoria richiama responsabilità. Nella Seconda guerra mondiale si toccò il fondo dell’abisso. La barbarie, la cancellazione di ogni dignità umana. Italia, Germania ed Europa sono state capaci di risorgere da quell’inferno, costruendo libertà, pace, democrazia, diritti, comunità, una nuova sicurezza", ha detto Mattarella.

"I nostri genitori, i nostri nonni non si abbandonarono alla rassegnazione. Furono capaci - ha ricordato il Capo dello Stato - di trasformare il dolore più indicibile e inspiegabile in una forza generatrice. In una nuova epoca. In un sistema che, benché imperfetto, intendeva guardare al rispetto della dignità di ogni persona. Non è stato facile ricostruire un continente dalle macerie materiali e morali cui nazismo e fascismo l’avevano condannato".

"Perché? Perché tutto questo? Si può, si deve dimenticare? Continuiamo a chiedercelo percorrendo questi luoghi, sostando dinanzi ai memoriali. Le domande penetrano le nostre coscienze, senza riuscire a fornire una risposta esaustiva, definitiva, segnalando, piuttosto, una irrisolta inquietudine", le parole del presidente.

“'E’ accaduto, quindi può di nuovo accadere', ci ammonì Primo Levi. Può accadere - ha proseguito il Capo dello Stato - se dimentichiamo. Ma, oggi, i conflitti in atto, i luoghi della sofferenza dove il diritto umanitario internazionale non trova applicazione, ci richiamano bruscamente alla responsabilità di non essere né ciechi, né addormentati, né immemori. Non dobbiamo mai dimenticare, anche se fatichiamo a comprendere. O forse, per citare ancora Levi 'quanto è avvenuto non si può comprendere, anzi, non si deve comprendere, perché comprendere è quasi giustificare'".

"Sbagliamo se pensiamo che il razzismo, l’antisemitismo, il nazionalismo aggressivo, la volontà di supremazia, siano di un passato che non ci appartiene. Quanto accade ai confini della nostra Unione europea suona monito severo. I fantasmi dell’orrore non hanno lasciato la storia. Ecco - ha continuato Mattarella - la ragione del pellegrinaggio laico a questi luoghi, fonti della nostra odierna convivenza civile, perenne richiamo alle follie degli uomini".

"Ecco le ragioni -ha ricordato il Capo dello Stato- per cui i Presidenti Einaudi, Pertini, Scalfaro nel cinquantesimo anniversario della strage, Ciampi insieme al presidente tedesco Rau, vollero salire quassù. Per ribadire solennemente 'mai più'. Oggi, la sua presenza, caro presidente Steinmeier, è una ulteriore spinta ad andare avanti insieme nel costruire il futuro".

"Quasi ottocento le vittime, uccise tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944 nei Comuni di Marzabotto, Monzuno e Grizzane Morandi. Quasi duecento i bambini. Marzabotto e Monte Sole sono simbolo tra i più sconvolgenti della strategia di annientamento che accompagnò la volontà di dominio, il mito razziale, la sopraffazione nazionalista, insomma quell’impasto ideologico che sospinse il nazismo -e i loro complici, tra cui il regime fascista- a perseguire il catastrofico progetto di conquistare l’Europa e svuotarla della sua storia", ha detto ancora il presidente Mattarella.

"In queste terre, tra i fiumi Setta e Reno, si compì l’eccidio di civili più grande e spietato tra quelli perpetrati nel nostro Paese durante la guerra. Queste terre - ha ricordato il Capo dello Stato - hanno conosciuto il terrorismo delle SS e dei brigatisti neri fascisti. Non c’erano ragioni militari che potessero giustificare tanta crudeltà. Sui pendii di Monte Sole vennero uccisi anche sacerdoti. Don Ubaldo Marchioni era all’altare di Casaglia di Caprara".

"Non si trattava soltanto di disprezzo verso la religione. Era 'la negazione radicale di ogni umanità', come scrisse Giuseppe Dossetti, capo partigiano, Costituente, dirigente politico di primo piano, che lasciò la politica attiva per fondare, proprio a Casaglia, la sua comunità di monaci, per riposare poi, a pochi passi dalla chiesa distrutta, in quel piccolo cimitero -ha concluso Mattarella- divenuto anch’esso teatro di sterminio".

Steinmeier: "Mi inchino davanti ai morti e chiedo perdono"

"Oggi sono qui davanti a voi come Presidente Federale tedesco e provo solo dolore e vergogna. Mi inchino dinnanzi ai morti. A nome del mio Paese oggi Vi chiedo perdono", ha poi detto Steinmeier, parlando a Marzabotto.

"Le vittime e voi, i discendenti e i familiari, avete diritto alla memoria. Nelle vostre famiglie - ha detto ancora il Capo dello Stato tedesco - continuano a vivere il ricordo, il dolore, l’orrore. Tutta questa zona intorno a Monte Sole è segnata ancora oggi da profonde e visibili cicatrici. E io so che il dolore è ancora più grande perché la maggior parte dei crimini è rimasta impunita. Questa è la seconda colpa di cui noi tedeschi ci siamo macchiati. Che io possa parlare qui oggi è possibile solo perché voi tutti avete concesso a noi tedeschi la riconciliazione. Che preziosissimo dono! Questa riconciliazione la vivete molto concretamente qui a Marzabotto e nei comuni limitrofi".

"Ed è particolarmente importante -ha detto Steinmeier- il fatto che voi la tramandiate ai giovani, e di questo vi ringrazio. Ed è ancora più importante che i giovani conoscano il passato, poiché sono solo pochi i testimoni rimasti".

"I nostri due Paesi - ha detto ancora - sanno che la democrazia, anche dopo essere stata conquistata, non è mai scontata. Sappiamo che la libertà e la democrazia vanno protette e difese, che un nazionalismo eccessivo porta alla guerra. Dobbiamo, quindi, andare avanti sulla nostra strada della riconciliazione e dell’amicizia, verso un buon futuro per i nostri figli e nipoti in un’Europa forte, unita e democratica".

"'Sono i bambini che sono stati capaci di sperare in un mondo migliore e di lottare, quotidianamente, per la sua realizzazione'. Così scrisse Anna Rosa Nannetti, anche lei sopravvissuta all’eccidio, riferendosi ai bambini di Marzabotto. A cui ha dedicato un toccante monumento scritto. Ai bambini sopravvissuti. Questa frase - ha spiegato il Capo dello Stato tedesco- è per noi una missione. Dobbiamo credere in un mondo migliore. Lottare ogni giorno insieme per la sua realizzazione!"

"Ricordare perché quanto accaduto non ritorni –questo è il lascito di Primo Levi. Questa è la responsabilità dinnanzi alla nostra storia –soprattutto per noi tedeschi. E questa responsabilità non può essere archiviata. In questa giornata di commemorazione vorrei rammentarlo molto consapevolmente a tutti i tedeschi", le parole di Steinmeier.

"Vorrei rammentarlo molto consapevolmente -ha proseguito il Capo dello Stato tedesco- anche perché viviamo un momento in cui anche nel mio Paese assistiamo a una recrudescenza delle forze nazionaliste e di estrema destra. Forze che intendono indebolire o minare la democrazia –proprio nel mio Paese. Questo mi preoccupa. Ma mi dà anche determinazione. La nostra responsabilità oggi è di nuovo maggiore rispetto a molti anni fa: impegnarsi e lottare per i valori alla base della nostra Europa unita, delle nostre democrazie. L’Europa ha un futuro di pace solo se noi tedeschi non dimenticheremo mai questa responsabilità dinnanzi alla storia e la difenderemo".

"Mai più, questo è l’imperativo morale che deve guidarci ora e per sempre in futuro! È allo stesso tempo monito e missione. Come Presidente federale tedesco -ha concluso Steinmeier- vi prometto: farò di tutto affinché noi tedeschi onoriamo questa responsabilità e il dono della riconciliazione. Per questo lotterò ogni singolo giorno".

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Politica

Berlusconi, un francobollo in ricordo del Cav: ritratto e...

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Il ministero delle Imprese e del Made in Italy ha emesso un francobollo commemorativo con una tiratura di 530.010 esemplari

Il francobollo commemorativo di Silvio Berlusconi

Il ministero delle Imprese e del Made in Italy ha emesso un francobollo commemorativo di Silvio Berlusconi, relativo al valore della tariffa B pari a 1,25 euro, con una tiratura di 530.010 esemplari. Lo comunica in una nota Poste Italiane. Il francobollo è stampato dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, in rotocalcografia, su carta bianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente. Il bozzetto è a cura del Centro Filatelico dell’Officina Carte Valori e Produzioni Tradizionali dell’Ipzs. Sullo sfondo della bandiera dell’Italia e dell’Unione Europea, è raffigurato un ritratto di Silvio Berlusconi, imprenditore, uomo di Stato, quattro volte presidente del Consiglio dei Ministri.

Completano il francobollo le legende 'Silvio Berlusconi', le date '1936 - 2023', la scritta 'Italia' e l’indicazione tariffaria 'B'. L’annullo primo giorno di emissione sarà disponibile presso lo Spazio Filatelia Roma. Il francobollo e i prodotti filatelici correlati, cartoline, tessere e bollettini illustrativi saranno disponibili presso gli Uffici Postali con sportello filatelico, gli “Spazio Filatelia” di Firenze, Genova, Milano, Napoli, Roma, Roma 1, Torino, Trieste, Venezia, Verona e sul sito filatelia.poste.it.

Per l’occasione, ricorda infine Poste, è stata realizzata anche una cartella filatelica in formato A4 a tre ante, contenente una quartina di francobolli, un francobollo singolo, una cartolina annullata ed affrancata, una busta primo giorno di emissione e il bollettino illustrativo, al prezzo di 20 euro.

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Politica

Berlusconi, un francobollo in ricordo del Cav: ritratto tra...

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Il ministero delle Imprese e del Made in Italy ha emesso un francobollo commemorativo con una tiratura di 530.010 esemplari

Il francobollo commemorativo di Silvio Berlusconi

Il ministero delle Imprese e del Made in Italy ha emesso un francobollo commemorativo di Silvio Berlusconi, relativo al valore della tariffa B pari a 1,25 euro, con una tiratura di 530.010 esemplari. Lo comunica in una nota Poste Italiane. Il francobollo è stampato dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, in rotocalcografia, su carta bianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente. Il bozzetto è a cura del Centro Filatelico dell’Officina Carte Valori e Produzioni Tradizionali dell’Ipzs. Sullo sfondo della bandiera dell’Italia e dell’Unione Europea, è raffigurato un ritratto di Silvio Berlusconi, imprenditore, uomo di Stato, quattro volte presidente del Consiglio dei Ministri.

Completano il francobollo le legende 'Silvio Berlusconi', le date '1936 - 2023', la scritta 'Italia' e l’indicazione tariffaria 'B'. L’annullo primo giorno di emissione sarà disponibile presso lo Spazio Filatelia Roma. Il francobollo e i prodotti filatelici correlati, cartoline, tessere e bollettini illustrativi saranno disponibili presso gli Uffici Postali con sportello filatelico, gli “Spazio Filatelia” di Firenze, Genova, Milano, Napoli, Roma, Roma 1, Torino, Trieste, Venezia, Verona e sul sito filatelia.poste.it.

Per l’occasione, ricorda infine Poste, è stata realizzata anche una cartella filatelica in formato A4 a tre ante, contenente una quartina di francobolli, un francobollo singolo, una cartolina annullata ed affrancata, una busta primo giorno di emissione e il bollettino illustrativo, al prezzo di 20 euro.

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Politica

Follini: “Centro guardi oltre, se tramonta la colpa...

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Il punto di vista di Marco Follini per Adnkronos

Renzi e Calenda - Fotogramma

"Si ha quasi pudore a parlare un’altra volta del 'centro', delle sue virtù perdute, delle sue occasioni mancate, delle vane speranze di un suo ritorno in forze. L’argomento appare stantio e superato dagli eventi. E le cronache non proprio esaltanti delle vicissitudini del fu terzo polo sembrano suggellare una volta per tutte il definitivo tramonto di ogni illusione che sia stata coltivata da quelle parti o nelle sue vicinanze.

Del resto, è tutto il mondo che va così. Quasi ovunque la radicalizzazione degli estremi appare la nota dominante. Si pensi agli Stati Uniti, drammaticamente divisi in due e solcati dall’incomunicabilità tra Trump e Harris. O alla Francia dove Macron fa sempre più fatica a evitare che la sua successione finisca per giocarsi tra Le Pen e Melanchon, senza nulla in mezzo. O più in generale alla crescita in tutta Europa di suggestioni estremiste che rendono ancora più improbabile e quasi surreale ogni appello a quella che una volta si sarebbe detta la politica 'moderata'. In questo contesto cercare la via di mezzo appare come un sicuro vaticinio di disfatta. E infatti solo in pochi ormai si cimentano in questo esercizio decisamente fuori moda.

Anche per questo appare ingeneroso il continuo dar la croce addosso a Calenda e a Renzi. I quali, per l’amor del cielo, di errori ne fatti tanti, e anche gravi. A cominciare da quella loro reciproca, vistosa, esagerata insofferenza. Ma non è detto che condottieri più pazienti e misurati avrebbero prodotto risultati più brillanti. Almeno, non in questo contesto.

Le intemperanze caratteriali, infatti, sono quasi sempre la conseguenza e non la causa delle difficoltà politiche. E del resto, la buona qualità degli ultimi capi democristiani, oggi riconosciuta perfino dagli avversari storici più tenaci, non impedì all’epoca la dissoluzione di quel partito. A conferma del fatto che le curve della storia non sempre seguono pedissequamente la traiettoria dei personalissimi meriti e difetti di coloro che cercano di interpretarle.

Semmai si dovrebbe dedicare una maggiore attenzione proprio ai saliscendi della storia. Perché è lì che si annida il destino altrimenti imperscrutabile dei centristi di nuova generazione. E’ la storia, infatti, che racchiude il vero enigma di cui stiamo parlando. Non tanto la storia del domani, troppo esposta ai desideri di ciascuno di noi. Ma semmai la storia di ieri e dell’altro ieri, messa a disposizione in ugual misura dei tifosi del centrismo e dei suoi detrattori.

Quella storia ci ricorda che la politica italiana è sempre stata centrista e anti-centrista a fasi alterne. Essa segnala periodi nei quali il sistema è stato largamente baricentrico (Cavour, Giolitti, la Dc) e periodi nei quali invece è stato caratterizzato dal prevalere, volta a volta, di alternative ben più estreme. A voler dare un colore a tutte queste fasi si potrebbe evocare da una parte il grigio delle mediazioni e dall’altra il rosso-e-nero dei conflitti più accesi. Un’altalena che dura dai tempi dell’unità italiana, che ha attraversato il secolo delle ideologie e che in qualche modo continua a imperversare anche in tempi di populismo post-politico.

Questi colori infatti si alternano da decenni in modi apparentemente capricciosi, eppure tutt’altro che inspiegabili. Quando uno dei colori ammaina le sue bandiere, l’altro prende il sopravvento. Così, quando il rosso e il nero, ora combattendosi e ora alternandosi, sprigionano le loro esagerazioni, il grigio torna ad essere un conforto. E quando invece il grigio appare come un colore quasi spento, il rosso e il nero fanno balenare suggestioni (che poi quasi sempre si rivelano assai deludenti e qualche volta anche tragiche).

S’intende che questo andirivieni di colori è sempre stato assai più serio e più complicato di così. Ma qui si voleva solo dare l’idea. E cioè ricordare che il centro potrà tornare a macinare consenso solo se riuscirà a rimettersi su di una lunghezza d’onda più ampia del suo orticello. Tanto più che gli orti degli altri non sembrano poi troppo floridi neppure loro". (di Marco Follini)

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