Iniziata incursione di terra di Israele in Libano, colpi d’artiglieria al confine e raid su Beirut
Luce verde del gabinetto di guerra di Tel Aviv all'operazione di terra. Colpito sobborgo roccaforte di Hezbollah nella capitale libanese. Crosetto: "Militari italiani nei bunker"
Niente carri armati israeliani al confine con il Libano, ma incursioni 'limitate' contro obiettivi di Hezbollah. Ad assicurarlo sono fonti della sicurezza di Beirut alla Dpa, secondo cui per ora i tank con la stella di David non si sarebbero ancora avvicinati alla Blue line, la linea di demarcazione tra i due Paesi. Ci sono invece stati, hanno riferito le stesse fonti, massicci raid aerei nei pressi del fiume Litani, una trentina di chilometri a nord del confine.
Hezbollah ha intanto fatto sapere di aver aperto il fuoco contro truppe israeliane che conducevano "movimenti" al confine con il Libano, riferiscono i media di Beirut.
In precedenza Haaretz riferiva di spari di tank e fuoco di artiglieria israeliano nel sud del territorio del Paese dei Cedri, mentre media libanesi parlavano di un pesante bombardamento di artiglieria verso il villaggio di confine di Wazzani, vicino a Ghajar.
Doppio raid su Beirut, colpito sobborgo roccaforte Hezbollah
L'esercito israeliano, intanto, dopo aver ordinato ai residenti di tre quartieri della periferia sud di Beirut di andare via dalle proprie case per ragioni di sicurezza, ha condotto due raid su Dahieh, il sobborgo roccaforte di Hezbollah, hanno riferito i media libanesi.
“Vi trovate nelle vicinanze di interessi e installazioni appartenenti al gruppo terroristico Hezbollah e, di conseguenza, (l'esercito) agirà con forza contro di loro. Per la vostra sicurezza e quella dei vostri familiari, dovete immediatamente evacuare gli edifici e allontanarvi di almeno 500 metri”, il messaggio del portavoce delle Idf Avichay Adraee in un video pubblicato sui social network appena trenta minuti prima dell'attacco.
L'esercito libanese avrebbe intanto evacuato i posti di osservazione al confine meridionale con Israele e trasferito il personale in caserme nei villaggi di frontiera, ha detto alla Cnn una fonte della sicurezza di Beirut.
Via libera a operazione di terra, sì Israele a nuova fase
Il gabinetto di sicurezza israeliano ha intanto dato il via libera alla nuova fase della guerra in Libano, riferiscono i media locali, sottolineando che si tratterebbe dell'operazione di terra.
Usa: "Informati di operazioni, anche di terra"
Il governo israeliano aveva informato in serata gli Stati Uniti su "alcune operazioni", anche di terra, nel Paese dei Cedri, aveva reso noto il portavoce del dipartimento di Stato americano Matthew Miller: "Al momento ci hanno detto che si tratta di operazioni limitate alle infrastrutture di Hezbollah vicino al confine, ma siamo in continuo dialogo con loro”. Alla domanda su cosa gli Stati Uniti intendano per “operazione limitata”, il portavoce ha risposto che si tratta della definizione di Israele.
Miller non ha condannato l'escalation in corso da parte del governo israeliano, ma ha affermato che gli Stati Uniti hanno discusso “tutti i fattori” che una cosiddetta campagna 'escalation to de-escalate' comporta. "La pressione militare può a volte consentire la diplomazia - ha affermato Miller -. Naturalmente, la pressione militare può anche portare a errori di calcolo. Può portare a conseguenze non volute. Stiamo discutendo con Israele di tutti questi fattori”.
Idf chiedono di non diffondere "voci irresponsabili"
“Nelle ultime ore ci sono stati molte notizie e voci sull'attività delle Idf al confine libanese. Chiediamo che non vengano diffuse notizie sulle attività delle forze. Attenetevi solo ai resoconti ufficiali e non diffondete voci irresponsabili”, il messaggio diffuso intanto su X dal portavoce delle Forze di difesa israeliane Daniel Hagari, mentre ci sarebbero indicazioni crescenti di un'imminente operazione di terra in Libano.
Crosetto: "Militari italiani nei bunker"
"Il personale militare italiano ha raggiunto le posizioni protette e al momento si trova precauzionalmente nei bunker. Unifil non è un obiettivo diretto degli attacchi, ma non bisogna sottacere che l'aumento del livello e dell'intensità degli scontri rende la situazione delicata. Ho tenuto informati e terrò informati degli ulteriori sviluppi la presidenza della Repubblica, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ed il collega Tajani", quanto fa sapere il ministro della Difesa Guido Crosetto in una nota.
Tajani: "Italiani abbandonino il Paese"
"Abbiamo avuto notizie soltanto di incursioni in territorio libanese da parte delle truppe israeliane, stiamo seguendo minuto per minuto, sono entrate e tornano indietro, entrano e riescono". Così il ministro degli Esteri Antonio Tajani al Tg2 post, rispondendo a una domanda sull'ingresso di truppe israeliane in Libano in vista di un'operazione di terra. "L'obiettivo - ha spiegato - è quello di ricacciare gli Hezbollah dietro al fiume che rappresenta il limite del confine della zona blu tra Israele e Libano, di respingere gli Hezbollah e far sì che si allontanino dal confine per garantire la sicurezza della popolazione civile che vive nel nord di Israele".
Il ministro degli Esteri rinnova quindi l'invito agli italiani a lasciare il Libano, sottolineando che "la situazione è complicata, ci sono combattimenti in corso, assolutamente invito tutti i cittadini italiani a lasciare il Libano usando voli commerciali che partono da Beirut: in questo momento è bene abbandonare il Paese".
Esteri
Elezioni Usa, Trump ‘doppia’ Harris sui social
Analisi di Social Data su circa 1 miliardo di citazioni e più di 6 miliardi di interazioni online
Donald Trump sarebbe senza dubbio il favorito alle elezioni (PDF) se i social media rispecchiassero fedelmente la realtà. E' quanto emerge da un'analisi di Social Data su circa 1 miliardo di citazioni e più di 6 miliardi di interazioni online.
Sui social il candidato repubblicano ottiene risultati doppi rispetto alla sua rivale democratica
In particolare, nei quattro mesi trascorsi dalla candidatura di Kamala Harris a luglio fino al giorno del voto imminente, l'analisi di 962 milioni di citazioni e 6,5 miliardi di interazioni online parla chiaro: anche osservando semplicemente le metriche di base, come il numero di citazioni sul web e su Twitter, le interazioni generate e la visibilità dei messaggi, il candidato repubblicano ottiene risultati doppi rispetto alla sua rivale democratica.
Trump in vantaggio per citazioni positive sia sul web che su X
Tuttavia, è riduttivo interpretare una citazione come un endorsement, specialmente per una figura controversa come Trump, come dimostrato dall'analisi del sentiment nelle citazioni in cui l’incidenza dei post negativi è più alta per il tycoon.
Se però consideriamo il numero assoluto di citazioni positive il vantaggio di Trump persiste sia sul web che su X, ex Twitter, mantenendo sempre una proporzione vicina a 2 a 1. Un confronto tra i vari Stati basato sull'engagement positivo, scelto come metrica più rappresentativa e qualitativa, mostra Harris in vantaggio solo in 10 Stati su 50, e non tra i più influenti: New York, Delaware, Minnesota, North Carolina, New Jersey, Massachusetts, Washington, Oregon, Wyoming e New Hampshire.
Nell'ultima settimana panorama leggermente più favorevole a Harris
Analizzando l'ultima settimana di monitoraggio (28 ottobre-4 novembre), il panorama appare leggermente più favorevole a Harris, che conquista Alabama, Nevada, Vermont, Maryland, Louisiana, Kansas, Missouri, Connecticut e Iowa. Tuttavia, perde il supporto in North Carolina, New Jersey, Washington e Oregon, portando il totale degli stati favorevoli a 15, troppo pochi rispetto ai 50 complessivi.
Sentiment su Fb è nettamente a favore di Trump
Guardando la performance su Facebook e Instagram nell'ultimo mese, la situazione migliora leggermente per Kamala Harris. Del resto è noto che Meta sia più vicina al mondo democratico, mentre Twitter abbia un'affinità maggiore con quello repubblicano. La differenza di follower su Facebook e Instagram si spiega con la presenza storica del candidato repubblicano. Nonostante ciò, i livelli di engagement ottenuti da Harris risultano validi se confrontati con la disparità nella fan base, mentre il sentiment su Facebook è nettamente a favore di Trump.
Harris ha più seguito femminile e pubblico più giovane
L'analisi demografica mostra che Harris ha un seguito femminile più pronunciato e un pubblico giovane nelle fasce di età inferiori, mentre Trump è più popolare tra gli uomini e nella fascia dai 35 ai 44 anni. Sopra i 45 anni, il coinvolgimento diminuisce per entrambi i candidati. Gli interessi degli elettori riflettono pubblici differenti: Harris è sostenuta da amanti della musica, letteratura, della legge e degli animali, mentre Trump trova sostegno tra chi è più orientato verso la famiglia e i social media.
Scrittori e prof con Harris, imprenditori e militari con Trump
A livello professionale, gli scrittori, insegnanti e artisti appoggiano Harris, mentre manager, militari, imprenditori e politici sono più vicini a Trump, con un orientamento più forte verso l'economia e il potere.
Infine, i temi ricorrenti nelle discussioni evidenziano un approccio più astratto e orientato al futuro per Harris, eccetto il valore simbolico della possibilità di diventare la prima presidente donna. Trump, al contrario, costruisce una narrativa basata sull'identità americana, la collaborazione con Elon Musk, e eventi come l'attentato in Pennsylvania, temi che colpiscono maggiormente l'immaginario collettivo.
Social, realtà e il ruolo degli indecisi
Tra i sostenitori che generano più engagement per Trump spiccano figure di forte richiamo legate all'identità americana, mentre per Harris emergono celebrità internazionali come Beyoncé e Taylor Swift, oltre a ex presidenti come Biden, Obama e Carter. Tutto sembra indicare un'ampia vittoria di Trump, ma i social media non rappresentano una copia fedele della realtà, bensì un piano parallelo che può influenzare la percezione pubblica e, di conseguenza, spostare gli indecisi. Resta da vedere come si tradurrà questo panorama nel voto effettivo.
Esteri
Elezioni Usa, Trump e Harris nelle conversazioni online:...
La sola keyword Trump negli ultimi 13 mesi è stata menzionata in oltre un miliardo di contenuti; oltre 37 mln di contenuti postati da Harris dopo il 22 luglio
Come si sono comportati Kamala Harris e Donald Trump nella loro interazione sui social media? Come e quanto potrà impattare sul risultato delle elezioni americane? Mimesi, leader nel settore del monitoraggio dei media, ha utilizzato la piattaforma di Social Media Listening Mimesi360 per analizzare le conversazioni online legate ai due candidati. La dimensione globale di questo evento è ben sintetizzata dalla quantità di contenuti postati dagli utenti sui due candidati, la sola keyword Trump negli ultimi 13 mesi è stata menzionata in oltre un miliardo di contenuti in tutto il mondo sui diversi canali social. Kamala Harris naturalmente era rimasta ai margini delle conversazioni fino al giorno della sua nomina in sostituzione a Joe Biden, i contenuti esplodono il 22 luglio con oltre 37 milioni di contenuti postati in una sola giornata.
Trend dei post che citano Kamala Harris. Periodo di analisi: ultimi 13 mesi. Fonte: Mimesi360
È indubbio che la capacità di Trump di alimentare la discussione, nel bene o nel male, sia complessivamente superiore; solo osservando gli ultimi 30 giorni di avvicinamento all’election day, la keyword “Trump” ha generato il 50% di contenuti in più rispetto alla candidata democratica. Non stupisce che, anche in virtù dell’approccio e delle storie dei candidati, sia molto diversa la composizione di genere che caratterizza le loro audience di riferimento: chi ha menzionato Trump nel corso degli ultimi 30 giorni è nel 67% dei casi di genere maschile mentre la percentuale di autori femminili si alza notevolmente quando ad essere citata è Kamala (45% dei suoi contenuti sono postati dalle donne).
È fondamentale interpretare anche le audience di riferimento e il contenuto dei post per qualificare che tipo di informazione venga veicolata e Mimesi360, piattaforme avanzata di analisi dei social media, ci ha consentito di estrapolare informazioni qualitative fondamentali per comprendere la narrazione che accompagna i due candidati. Per farlo Mimesi si è concentrata sulla comunicazione veicolata dai canali proprietari di Trump e Harris, analizzandone i post degli ultimi 30 giorni.
Il primo dato sorprendente è la diversa scelta di interazione scelta dai due candidati nel relazionarsi con i loro elettori. Mentre Kamala utilizza un tradizionale approccio “one to many”, Trump grazie sicuramente anche all’utilizzo di tecnologie di automazione e di auto-reply ha utilizzato un approccio quasi “one to one”, entrando in contatto con i singoli elettori e inviando loro personalmente inviti al voto o al supporto delle proprie campagne. In questo senso le numeriche rilevate sul solo X (che grazie anche all’apporto di Musk alla campagna elettorale di Trump si evidenzia sicuramente come un canale a trazione trumpiana) sono sorprendenti con il canale proprietario del candidato repubblicano che ha pubblicato oltre 842 mila tweet negli ultimi 30 giorni, il 99% dei quali sono messaggi diretti ai singoli account dei potenziali elettori.
Esempio di post “auto-reply” proveniente dall’account ufficiale di Donald Trump. Periodo di analisi: ultimi 30 giorni. Fonte: Mimesi360
Anche il contenuto dei post pubblicati sui propri account proprietari riflette le diverse strategie comunicative con l’obiettivo strategico di suscitare emozioni diverse sulla audience degli elettori USA con linguaggi molto diversi come si evince dall’analisi delle wordcloud. Il linguaggio di Kamala molto concentrato sulla figura di Donald Trump e il suo potenziale “unchecked power”, sul suo proporsi come Presidente meno divisivo (“President of all Americans”) e utilizzando keyword come: “middle class”, “health care”, “reproductive freedom”. Il linguaggio di Trump invece rivolto ad amplificare il suo claim Make America Great Again, ironico nel rivolgersi alla rivale come “Comrade”, e utilizzando un linguaggio molto forte con termini come: “destruction”, “fight”, “election of our lifetime”, “save america”.
Secondo poi gli algoritmi di analisi dei testi ed estrapolazione delle “emotions” per Kamala Harris gli algoritmi rilevano una maggiore presenza di “gioia” (34% vs 26% nei post di Trump) e “disgusto” (10% vs 2%) mentre per Trump rilevano una maggiore presenza di “tristezza” (15% vs 9% nei post di Kamala) e “paura” (14% vs 11%).
Emotions rilevate dall’analisi dei post pubblicate dal profilo ufficiale di Donald Trump. Periodo di analisi: ultimi 30 giorni. Fonte: Mimesi360
Le elezioni americane dimostrano come il rapporto tra politica e social media sia in continua evoluzione, spingendo candidati, elettori e piattaforme a confrontarsi con un ecosistema comunicativo complesso e in rapida trasformazione. Guardando al futuro risulta chiaro che la capacità di adattarsi a queste dinamiche sarà cruciale per qualsiasi leader politico, e che un uso consapevole e trasparente dei social media potrà rappresentare un vantaggio competitivo decisivo, non solo per raggiungere gli elettori, ma per costruire una connessione autentica e duratura con loro. Domani scopriremo chi sarà diventato il 47° Presidente della Storia degli USA e sarà interessante comprendere quale approccio alla comunicazione dei social media sarà risultato vincente.
Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
Esteri
Elezioni Usa, il ‘rebus’ di Putin: meglio Trump...
L'analisi di Politico: "Se il Cremlino dovesse esprimere un voto, non c'è dubbio che sceglierebbe il caos"
Per chi tifa Vladimir Putin? Gli Stati Uniti votano per eleggere il nuovo presidente, si va alle urne per scegliere tra Donald Trump e Kamala Harris. Se Putin potesse entrare in un seggio americano, a chi darebbe il suo voto nell'election day? "Se il Cremlino dovesse esprimere un voto, non c'è dubbio che sceglierebbe il caos, la polarizzazione e la disillusione nei confronti della democrazia americana. Ad oggi, sembra avere buone possibilità di vincere", scrive l'edizione europea di Politico in un'analisi in cui si evidenziano i motivi per i quali il presidente russo, Vladimir Putin, non avrebbe motivi di preferire Donald Trump a Kamala Harris o viceversa come nuovo inquilino della Casa Bianca.
Quando il tycoon vinse le elezioni nel 2016, a Mosca saltarono i tappi di champagne, ricorda Politico Europe, secondo cui, tuttavia, otto anni, due elezioni e un'invasione dell'Ucraina dopo, questo scenario difficilmente si ripeterà. E questo nonostante molti osservatori ritengano che la scelta del Cremlino ricada anche oggi sul candidato repubblicano.
"Putin è un uomo basso e vanitoso" e "al Cremlino piace il fatto che l'alto e ricco Trump sia in sua assoluta soggezione", ha premesso Nina Khrushcheva, professoressa alla New School di New York e pronipote dell'ex leader sovietico Nikita Khrushchev.
Perché Putin preferisce Trump
Certamente l'elemento che in teoria dovrebbe spingere il governo russo verso Trump è la sua posizione sull'Ucraina. Il candidato repubblicano ha promesso di mettere fine alla guerra in un giorno, presumibilmente costringendo Kiev a fare concessioni territoriali e "Putin ha disperatamente bisogno di una vittoria - ha affermato il suo ex speechwriter Abbas Gallyamov - Un conflitto prolungato che non è in grado di vincere non aiuta la sua legittimità".
Perché a Putin non piace Trump
Trump, tuttavia, ha un lato negativo. Come Mosca ha imparato a sue spese durante il suo primo mandato, scrive Politico, non sempre mantiene le sue promesse. In particolare, non ha mantenuto quella di riparare le relazioni con la Russia e di revocare le sanzioni occidentali per la sua invasione della Crimea e dell'Ucraina orientale. Tutto questo spinge Mosca a dubitare del fatto che l'ostilità di Washington di colpo sparisca se venisse eletto il tycoon.
"Le elezioni non cambieranno nulla per la Russia, perché i candidati riflettono pienamente il consenso bipartisan secondo cui il nostro Paese deve essere sconfitto", ha affermato su Telegram il vice presidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, che ha definito "banalità" le parole di Trump sulla fine della guerra e i suoi buoni rapporti con la Russia.
"Non può fermare la guerra. Non in un giorno, non in tre giorni, non in tre mesi. E se ci provasse davvero, potrebbe essere il nuovo Jfk", ha aggiunto Medvedev, mentre il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, ha evidenziato che "chiunque vinca le elezioni, non vediamo alcuna prospettiva che l'America cambi il suo corso russofobo".
Se vince Harris...
Le prospettive di una vittoria di Harris, invece, malgrado la sua ostilità aperta potrebbero non essere così negative per il Cremlino come si penserebbe. Lo scorso settembre la candidata dem ricevette un apparentemente sarcastico 'endorsement' da Putin. Il presidente Joe Biden era "il nostro preferito", disse a Vladivostok e, dopo il ritiro del presidente, Putin precisò che la Russia avrebbe fatto ciò che Biden aveva chiesto ai suoi sostenitori di fare cioè "sostenere" Harris. "Ha una risata così espressiva e contagiosa, dimostra che sta facendo bene", affermò suscitando risate nel suo pubblico.
Secondo Krushcheva, tuttavia, quelle parole potrebbero avere un fondo di verità. La promessa di Trump di una fine della guerra rapida in Ucraina, anche se assicurasse territorio a Mosca, potrebbe non essere l'esito preferito da Putin. "Ha fatto della guerra il fulcro della sua eredità, e quindi la combatterà finché ne avrà bisogno, vorrà e potrà", ha rimarcato Krushcheva, secondo cui Harris potrebbe aiutare il presidente russo in questo prolungando uno status quo che Mosca ritiene stia giocando a suo favore.
Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.