Hezbollah decapitato da Israele come nel 1992, cosa è successo e cosa succede ora
Non è del tutto scontato che corrisponda necessariamente alla fine del Partito di Dio
I sraele ha ucciso Hassan Nasrallah e ha inflitto colpi durissimi a Hezbollah. Sbaglia, o almeno corre troppo, chi pensa che le operazioni israeliane abbiano già portato alla fine del Partito di Dio. Il quadro è ancora fluido e per un panorama più stabile e completo bisognerà aspettare probabilmente diversi mesi.
A fotografare la situazione, mentre Israele si avvia a completare il mosaico strategico per un'operazione in Libano, è il Guardian, che abbina le informazioni e le news a elementi già visti in passato: il riferimento è in particolare a un'altra celebre uccisione avvenuta nel 1992, quella di Abbas al-Musawi, l'allora segretario generale di Hezbollah, il cui convoglio fu colpito dagli elicotteri israeliani.
Omicidi mirati, politica efficace?
Come oggi, anche allora gli analisti e i media ebraici ipotizzarono che la morte di Musawi potesse preannunciare la fine di Hezbollah, fondato 10 anni prima dopo l'invasione israeliana del Libano.
Invece, successe esattamente il contrario: il posto di Musawi nell'organizzazione libanese fu preso dal suo protetto, il trentunenne Hassan Nasrallah, che ha continuato a guidare e a costruire Hezbollah per tre decenni, fino a venerdì scorso, quando è stato colpito nel quartier generale sotterraneo di Hezbollah in un sobborgo meridionale di Beirut. La sua uccisione ha inevitabilmente focalizzato l'attenzione su due questioni: se la politica di omicidi di Israele sia efficace a lungo termine e cosa significhi per il gruppo l'l'eliminazione di Nasrallah e di altri alti comandanti di Hezbollah.
La questione dell'efficacia degli omicidi è un punto controverso - spiega il giornale britannico - anche all'interno dell'establishment politico e di sicurezza israeliano, che ne discute da tempo, compresi alcuni attuali ministri che si sarebbero opposti all'uccisione di Nasrallah. In passato Israele ha anche ucciso importanti membri di Hamas, tra cui i fondatori chiave Sheikh Ahmed Yassin e Abdel Aziz al-Rantisi, entrambi nel 2004. E nessuna di queste uccisioni gli ha conferito alcun vantaggio strategico a lungo termine per quanto riguarda Gaza.
Ecco quanto può volerci per capire gli effetti
La realtà è che potrebbero volerci mesi per capire quale impatto significativo, se presente, la campagna di uccisioni dei leader di Hezbollah avrà sul gruppo: le ripercussioni saranno condizionate anche dagli sforzi decennali di Nasrallah per radicare il Partito di Dio nella società libanese-sciita come fornitore di servizi sociali e come forza armata. Mentre gli esperti ritengono che Hezbollah abbia subito danni significativi dai recenti eventi, molti non sono certi se si tratti di un colpo mortale o se la possibilità di un vantaggio per Israele possa rivelarsi esagerato, sia sul campo che in termini di ricadute diplomatiche.
Sanam Vakil, responsabile del programma per il Medio Oriente e il Nord Africa del think tank Chatham House, ha analizzato alcune di queste contraddizioni. "Hezbollah è degradato militarmente e operativamente", ha scritto su X , "e sa che qualsiasi escalation porterà a un conflitto che non può vincere. Ma se non risponde, il suo morale e la sua legittimità saranno ulteriormente indeboliti. Ciò che si dovrebbe tenere a mente è che sia Hezbollah che Hamas, sebbene siano a terra, non sono certamente fuori. La continuazione dei combattimenti senza dubbio mobiliterà se non radicalizzerà un'altra generazione di combattenti".
Anche il quotidiano israeliano Haaretz si è chiesto se gli ultimi assassinii gioveranno a Israele. "Questo non è il primo omicidio mirato di un leader di Hezbollah che Israele ha eseguito... si è scoperto rapidamente che i loro sostituti non hanno mostrato un atteggiamento più moderato o meno militante". Nell'immediato, è anche chiaro che l'assassinio di Nasrallah e i pesanti attacchi degli ultimi giorni non hanno fermato il lancio di razzi verso Israele, anche se per ora è un po' diminuito. La realtà - rileva il Guardian - è che l'impatto di Hezbollah su Israele, dall'inizio della guerra - l'8 ottobre, con decine di migliaia di israeliani sfollati dal nord - è stato in gran parte ottenuto con un intervento su scala relativamente ridotta, non con l'impiego del pesante arsenale di razzi di Hezbollah.
In effetti, la maggior parte degli spostamenti iniziali è avvenuta in seguito ad attacchi sporadici, più leggeri e di piccole dimensioni, con armi anticarro oltre confine, prima dell'uso di armi più sofisticate, come i droni kamikaze, uno schema, quest'ultimo, che Israele ha faticato a contrastare. E mentre una generazione anziana dei massimi dirigenti di Hezbollah, molti dei quali erano personalmente legati a Nasrallah, è stata rimossa, non è chiaro se coloro che li sostituiranno condivideranno lo stesso approccio nel tentativo di gestire il conflitto al di sotto della soglia della guerra totale. Sebbene Nasrallah alla fine abbia fallito in questa ambizione, non da ultimo sottovalutando irrimediabilmente i calcoli di Israele, non è ancora chiaro se la decisione di Israele di ucciderlo, a lungo termine, sia necessariamente più sensata.
Il ruolo dell'Iran
In tutta questa serie di speculazioni, entra poi in gioco anche l'Iran, essendo già chiaro che una parte della risposta di Teheran è quella di rafforzare rapidamente l’idea di Nasrallah come un "martire" indispensabile e "maestro della resistenza" che può rimanere una figura di riferimento del movimento. Altri esperti ritengono che Hezbollah sia più resiliente di quanto le recenti perdite potrebbero suggerire. "Hezbollah è un’istituzione solida con una forte catena di comando che dovrebbe garantire continuità a livello di leadership", ha scritto l'esperto mediorientale Nicholas Blanford per il think tank Atlantic Council.
"Un fattore sconosciuto, tuttavia, è quello di chi, tra i ranghi più alti di Hezbollah, è morto insieme a Nasrallah - sostiene inoltre Blanford -. Se altri leader significativi fossero stati uccisi, ciò potrebbe complicare, e forse ritardare per un po', il processo di ricostituzione del comando e del controllo sull'intera organizzazione, lasciando potenzialmente il partito vulnerabile alle prossime mosse di Israele. Un’altra domanda urgente è se la morte di Nasrallah costringerà l’Iran e Hezbollah a iniziare a impiegare sistemi missilistici a guida di precisione più avanzati, che potrebbero potenzialmente infliggere danni e vittime molto maggiori in Israele rispetto ai vecchi razzi non guidati che il gruppo ha utilizzato fino ad ora".
"Oppure - prosegue - continuerà a prevalere la fredda logica razionale, con Teheran che si assicura che un Hezbollah vendicativo e arrabbiato non cada nella trappola di una risposta a tutta forza contro Israele? Una risposta di questo tipo potrebbe portare a una guerra importante, che potrebbe erodere le capacità di Hezbollah e quindi ridurre il suo effetto deterrente per l'Iran. I prossimi giorni lo diranno". E anche quotidiano libanese L'Orient-Le Jour subito dopo l'assassinio di Nasrallah ha messo in guardia dal sottovalutare il gruppo. "Non sappiamo nulla di ciò che sta accadendo all'interno del partito, né delle intenzioni degli iraniani", ha scritto. "Israele ha effettuato migliaia di attacchi in una settimana, che hanno probabilmente distrutto parte dell'arsenale di Hezbollah. Ma né i 150.000 missili e razzi che detiene, né le decine di migliaia di uomini armati che formano la milizia, sono scomparsi in uno schiocco di dita".
"Anche se sembra ogni giorno più complicato - conclude il giornale libanese - non possiamo escludere che Hezbollah abbia ancora i mezzi per rispondere al suo avversario e scatenare una guerra totale e più duratura. Il partito è sotto shock, ma tutti gli scenari sono sul tavolo. Quello di una guerra totale, di una sconfitta che il partito sciita farà pagare al Libano, e dell’opportunità più fragile, quella di imparare finalmente le lezioni di tutto ciò che ha portato il Libano, oltre a Hezbollah, a ritrovarsi in questa situazione".
Cronaca
Welfair 2024, territorio ospedali e cronicità i temi del...
Annunciata anche l’apertura imminente di 5 nuovi ospedali in Lazio
La connessione fondamentale tra sanità e territorio, due concetti legati indissolubilmente dal Pnrr e l’apertura imminente di 5 nuovi ospedali nel Lazio sono tra i temi affrontati oggi nel corso della prima giornata di Welfair, la Fiera del fare Sanità, organizzata da Fiera Roma ed Experience - Fare Sanità in collaborazione con Ltm&Partners e IdeaGroup che, nel corso dei 3 giorni di manifestazione che raggruppa i più importanti protagonisti della sanità dando loro la possibilità di confrontarsi, ampliare i loro orizzonti, conoscere e indirizzare le prospettive del Servizio sanitario nazionale.
Dopo i saluti istituzionali di Fabio Casasoli, amministratore unico Fiera Roma - si legge in una nota - ha preso la parola Pietro Piccinetti, vice presidente di Aefi, l’Associazione esposizioni e fiere italiane, il quale ha sottolineato quanto sia strategico per le aziende partecipare alle fiere ricordando come, secondo il rapporto Prometeia-Aefi, la crescita generata negli ultimi 10 anni dalle imprese che hanno partecipato alle manifestazioni fieristiche internazionali sia stata quasi doppia rispetto al trend generale dei comparti di riferimento. Per la Regione Lazio, Fabio De Lillo, direttore generale della Direzione regionale ‘Coordinamento delle attività strategiche delle spese farmaceutiche’, ha annunciato l’apertura imminente di 5 nuovi ospedali - il nuovo Umberto Primo, Tiburtina, Latina, Rieti Acquapendente e l’Ospedale del Golfo - ma anche il progetto di Roma Cardio Protetta con 350 nuove apparecchiature come defibrillatori di ultima generazione in grado di geolocalizzare all’istante un paziente in difficoltà. Obiettivo della Regione Lazio è quello di incentivare i medici a restare, in primis tramite un piano assunzionale da 665 milioni di euro che porterà in media un 17% in più di presenze nella sanità, con 14 mila persone da qui al prossimo anno in tutti i settori sanitari, dagli operativi agli amministrativi, passando per medici, infermieri e tutte le professioni sanitarie.
Come ha ricordato Enzo Chilelli Coordinatore del Comitato Scientifico di Welfair: “L’obiettivo della manifestazione è proprio questo, ovvero far diventare le buone pratiche esistenti delle prassi consolidate, ma non solo, l’altro obiettivo principale è dimostrare che il nostro tessuto industriale nazionale può diventare in qualche modo un volano di sviluppo. I governi regionali si trovano di fronte a sfide molto impegnative, dal nuovo piano sanitario internazionale al riordino della sanità integrativa, passando per l’accesso alla medicina di base, il Dm, il Pnrr e la sua applicazione. Di questo discutiamo a Welfair 2024, sperando, senza presunzioni, di trovare delle soluzioni”. Sulla prevenzione è intervenuto Giovanni Scapagnini, Neuroscienziato e Coordinatore scientifico di Welfair: “La prevenzione non ha mai generato un vero mercato e come tale non è mai stata venduta in maniera adeguata. Il problema oggi è quello di comunicare la buona scienza e le buone pratiche alla gente, perché la vera missione è colpire la coscienza di ognuno di noi. In una società che invecchia è la cultura dell’invecchiamento che deve cambiare”.
Con i cambiamenti nella funzione e il ruolo del direttore generale - Dlgs 502/92 e al Dlgs 229/99 - si è aperto un ambito dove non solo possono mantenere, ma addirittura espandere la loro autonomia di scelta: l’ambito dell’innovazione organizzativa soprattutto per quanto attiene l’assistenza territoriale e l’integrazione ospedale-territorio. Tra i numerosi direttori generali presenti al dibattito, è intervenuto anche Marco Mattei, capo di gabinetto del Ministero della Salute che ha affrontato il tema della funzione organizzativa delle aziende e il ruolo delle direzioni generali, esprimendo la volontà del ministero di valorizzare il ruolo e le funzioni del direttore generale ritenute strategiche per garantire la trasformazione organizzativa richiesta alle aziende del pnrr e dal dm 77.
Al vertice della Sanità del Comparto Difesa e sicurezza, protagonisti sono stati i medici affrontando tematiche come formazione, scuole di specializzazione, corsi di medicina generale e di previdenza. La sanità militare e il comparto difesa e sicurezza rappresentano un’eccellenza della nostra sanità non solo come sostegno nella quotidianità, ma in prima linea negli scenari di crisi internazionale, al fianco delle persone in quanto individui al di là della loro appartenenza.
Sul panorama della gestione delle malattie croniche in Italia, la recente bozza del Piano nazionale della cronicità 2022 - si è ricordato - rappresenta un passo significativo verso un approccio più integrato ed efficace promuovendo la prevenzione, la diagnosi precoce, la continuità delle cure e l’adozione di tecnologie innovative come la sanità digitale e la telemedicina. Solo per citare alcuni dati: su circa 4 milioni di non autosufficienti, 1 milione conta sulla badante, 300.000 sono nelle Rsa, 1 milione e mezzo ha l’indennità di accompagnamento (senza che si sappia come viene realmente spesa), mentre 2 milioni e mezzo di soggetti non ricevono servizi perché non appartengono a nessun flusso. L’obiettivo deve essere quello di raggiungere anche loro, in primis servendosi del territorio, del contributo fondamentale che può arrivare dai comuni. Un filo conduttore che lega il centro alla periferia mediante l’educazione terapeutica, partendo dagli studi nella pratica, dalle esperienze del medico, ai bisogni del paziente. Nel tavolo ‘Update on scientific approach to Healthy aging’, coordinato dal professor Salvatore Di Somma, docente di Medicina interna e direttore della Scuola di Specializzazione in Medicina d’Emergenza dell’Università Sapienza di Roma, si è discusso del ‘segreto’ della longevità del Cilento, regione dove gli anziani sono biologicamente molto più giovani che altrove. Malattie frequenti nell’anziano come l’infarto miocardico o il tumore sono rarissimi, la demenza senile, in particolare l’Alzheimer, è praticamente sconosciuta e nessuno ha mai avuto un problema di depressione o di ansia.
Sulla questione indaga lo studio “Ciao” (C.ilento I.nitiative on A.ging O.utcomes), un progetto che coinvolge le Università di San Diego California Usa, Sapienza di Roma, Lund di Malmoe Svezia, Waltraut Bergmann Stiftung di Berlino e il Great Italy (Global Research on Acute Conditions team). La ricerca per identificare il ‘fattore X’ (in particolare gli elementi nutrizionali) che rende questa longevità in salute possibile è ancora in corso, ma il candidato numero uno sembrerebbe essere l’olio extravergine di oliva del Cilento. E ancora, in un paese come l’Italia in cui i 2/3 degli ospedali sono stati costruiti intorno agli anni ’40 ha senso domandarsi come sarà l’ospedale del futuro, che dovrà anche contribuire a ridisegnare il Ssn nel suo complesso. Per questo sarà smart – con interconnessione dei dati, telemedicina, assistenza da remoto, robotica, automazione, come l’Humanitas di Rozzano – e green. Gli ospedali saranno cioè poco energivori e poco inquinanti: si pensi a questo proposito che le strutture sanitarie sono responsabili del 5% delle emissioni di CO2 nell’atmosfera. Come fa già oggi il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico occorre pensare all’analisi dei consumi, a come migliorare il ciclo dei rifiuti, il 50% dei quali viene dalle sale operatorie. In prospettiva sarà addirittura un ospedale ‘senza mura’, perché gran parte delle prestazioni si svolgeranno a domicilio, mentre la struttura sanitaria sarà destinata solo all’acuzie. Sarà costruito con materiali innovativi, ad esempio antibatterici o antivirali per ridurre le infezioni.
Uno spazio particolare è stato dedicato al Fse, strumento potentissimo che permette di snellire innumerevoli processi burocratici e garantire una maggiore qualità delle prestazioni mediche fornite. Per l'applicazione concreta nell'attuare il Fse ci sono due sfide. La prima è la protezione della privacy relativa ai dati che vengono raccolti e la seconda è relativa al consenso che le persone devono rilasciare per consultare il fascicolo. Allo stato attuale, la percentuale di chi consulta il Fse è bassissima e c'è pochissima informazione anche da parte degli operatori medici. Attualmente la compilazione del Fse da parte dei medici è obbligatoria, ma non è prevista alcuna sanzione nel caso in cui la compilazione non venga effettuata. Ciò a cui bisogna arrivare è una vera e propria digitalizzazione, di cui il primo promotore sarà Agenas. Il secondo, e non meno importante, passo sarà avviare un processo di formazione per preparare medici e popolazione.
Oggi si è svolta anche la cerimonia di consegna della prima edizione del Premio Michele Leonardo Lo Tufo, un prestigioso riconoscimento intitolato a una figura di rilievo nella pubblica amministrazione e nell’innovazione sanitaria. I riconoscimenti sono stati assegnati all’Ospedale Niguarda, a Daniela Donetti, Direttrice Generale dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea di Roma, e Giuseppe Quintavalle, Commissario Straordinario della ASL Roma 1, a Soresa per il progetto Sinfonia e alla ricercatrice e immunologa Chiara Agrati.
Cronaca
Abodi: “San Siro? L’interesse di Milan e Inter...
Passione per lo sport, con un occhio di riguardo per i valori olimpici e tante aspettative per Milano-Cortina 2026. È stata inaugurata oggi, al Palazzo della Regione Lombardia a Milano, la 42esima Milano international ficts fest sport movies & tv 2024. Una rassegna dedicata alle pellicole sportive e alla celebrazione dei protagonisti dello sport.
Tra i rappresentanti delle istituzioni, il ministro per lo Sport e i giovani Andrea Abodi, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana e l’Assessore allo Sport del Comune di Milano Martina Riva. E poi campioni come Alice Bellandi (oro olimpico nel judo a Parigi), Marta Maggetti (oro nella vela), Giacomo Gentili e Andrea Panizza (argento nel canottaggio) e l’atleta paralimpica Giusy Versace.
Proprio il ministro Abodi, a margine dell’evento, ha toccato diversi temi ai microfoni dell’Adnkronos. Tra questi, l’avvicinamento alle Olimpiadi invernali del 2026: “I 458 giorni che mancano a Milano-Cortina sembrano tanti, ma sono pochissimi. È un‘impresa complessa, affascinante, emozionante e ci stanno lavorando due squadre. Una è la Fondazione, l’altra è la Società Infrastrutture Milano-Cortina per tutte le opere olimpiche, le opere pubbliche. Si tratta di investimenti rilevanti, che resteranno come eredità positiva per la comunità interessata dai Giochi. La più estesa area di sempre per Olimpiadi e Paralimpiadi”. Abodi ha poi aggiunto: “Stiamo lavorando bene, stiamo lavorando insieme. Siamo orientati verso lo stesso obiettivo, si vince insieme e non pensiamo ad altro. Anche se il calcio ci insegna ogni giorno che esistono il pareggio e la sconfitta, qua dobbiamo vincere. Vuol dire presentarci nel modo giusto, accoglienti, organizzati e competitivi. È un modo per presentare la nazione al mondo, più di quanto già facciano le sue eccellenze ogni giorno”.
Il ministro ha poi virato su altri temi di stringente attualità, come la questione stadio per Inter e Milan: “I club hanno avviato la manifestazione di interesse per San Siro? Penso che sia un segnale di concretezza, serietà e coerenza rispetto alle cose che sono state dette. Ci siamo incontrati pochi giorni fa con il ministro Giuli, il sindaco Sala e i massimi rappresentanti dei due club e delle rispettive proprietà e questo è un passaggio naturale. Credo che quel progetto finalmente possa andare avanti. Così come credo che andrà avanti il progetto della vendita di San Siro. È arrivata la valutazione dell’Agenzia delle Entrate e con la manifestazione di interesse il percorso è segnato. Speriamo ora che sia accelerato”.
Un pensiero è andato anche al recente dramma di Matilde Lorenzi e alla questione sicurezza sugli impianti sciistici: “Doveva uscire un decreto in questi giorni, ho ritenuto opportuno attendere e riparlarne per rispetto di ciò che mi sono detto con il papà di Matilde. Perché questo momento di dolore immenso abbia un momento di riflessione ulteriore per capire come migliorare la sicurezza. È già a un ottimo livello, però questi casi ci dicono che c’è sempre qualcosa di più da organizzare. Chiederò al papà e alla mamma di Matilde di incontrarci nelle prossime settimane, per chiudere il decreto entro l’anno”. (di Michele Antonelli)
Ultima ora
Rai, Floridia: “Stati Generali cosa distinta da...
La presidente della Vigilanza all'Adnkronos: "Il nostro faro è la riforma nel solco del Media freedom Act. L'obiettivo? Innalzare il dibattito e abbassare toni dello scontro"
"Come ho già avuto modo di dire, gli Stati generali che si celebrano da domani sono una cosa assolutamente distinta dalla nomina del nuovo presidente Rai. L'obiettivo primario è quello di gettare le basi di una riforma della governance Rai condivisa, ma anche innalzare il livello del dibattito e abbassare i toni dello scontro. E' chiaro che portare questo dibattito fuori dalle quattro mura della commissione può favorire un clima di rinnovato dialogo tra tutte le forze politiche su questi temi, anche quello della presidenza". A parlare è la presidente della commissione Vigilanza Rai Barbara Floridia, interpellata dall'Adnkronos alla vigilia degli Stati Generali del Servizio Pubblico fortemente voluti dalla presidente che si terranno a Palazzo Giustiniani a partire da domani fino a giovedì 7 novembre.
Una due giorni che vede al centro la riforma del servizio pubblico radiotelevisivo -'Le sfide del servizio pubblico' è il titolo della manifestazione- e che vedrà protagonisti, oltre a personalità ed esperti del mondo della politica, del giornalismo, della tv, della comunicazione e della cultura, anche i leader di tutti i partiti, che si confronteranno in un dibattito in cui verranno presentate otto proposte di riforma, alcune già presentate in Parlamento. L'obiettivo principale dell'evento è arrivare ad una soluzione che riesca a svincolare la tv pubblica dalla morsa della politica, modificando in sostanza la legge Renzi del 2015 (che, lasciando al Governo la scelta diretta dell’amministratore delegato ha di fatto sottoposto il massimo vertice della Rai al governo in carica), e tornare a rimettere al centro la volontà del Parlamento.
Questo anche per poter rientrare nei parametri del Media Freedom Act europeo, che chiede appunto una tv libera da ingerenze politiche ed è in procinto di entrare in vigore il prossimo agosto, momento in cui diventerà illegale la procedura attuale col rischio di una procedura d’infrazione che potrebbe costare cara alla Rai. "Lo ribadisco - scandisce la Floridia all'Adnkronos- il nostro faro è una riforma nel solco del Media freedom Act". Una riforma alla quale Floridia non ha mai nascosto di tenere sopra ogni altra cosa. Inutile però nascondere che la speranza di tutti, ma soprattutto della maggioranza di governo sia, anche, che gli Stati Generali possano dissolvere i veleni tra maggioranza e opposizione, per poter trovare una quadra su quello che tiene ancora in sospeso Viale Mazzini, ovvero la nomina del presidente del Cda. Non resta che attendere.