Ecuador nel caos, 10 morti. Polizia: “Due agenti assassinati da criminali armati”
La tensione è salita nel Paese soprattutto dopo l'evasione di José Adolfo Macias Villamar, sopranominato 'Fito'
L'Ecuador sprofonda nel caos. Almeno dieci persone sono morte, tra cui due agenti della polizia nazionale ecuadoriana, e tre sono rimaste ferite, negli scontri scoppiati nel quadro del "conflitto armato interno" dichiarato da Quito a causa della spirale di violenza scatenata da gruppi "narcoterroristici". La polizia ha denunciato la morte di due agenti "vilmente assassinati da criminali armati" nella località di Nobol, nella regione di Guayas. Gli agenti sono riusciti ad arrestare 14 persone sospettate di aver partecipato agli scontri scoppiati con l'irruzione in cinque ospedali e nella sede della TC Televisión da parte di un gruppo di uomini armati incappucciati.
Ascesa di gruppi criminali
L'Ecuador si trova ad affrontare l'inarrestabile ascesa di gruppi criminali che hanno esteso il loro potere e la loro presenza e hanno costretto ieri il neo presidente Daniel Noboa, 36 anni e il più giovane presidente della storia del Paese, a decretare "il conflitto armato interno" ad integrazione dello Stato di emergenza per 60 giorni annunciato nei giorni scorsi. Il presidente, per far fronte ai circa 21 gruppi del crimine organizzato presenti nel Paese, ha disposto l'immediata mobilitazione delle forze dell'ordine e delle forze armate per garantire l'integrità dello Stato.
Violenze e criminalità
L’instabilità politica ed economica degli ultimi anni ha finito per trasformare l’Ecuador, un tempo considerato un diamante grezzo dell’America Latina, nel Paese più violento dell’intera regione. Il 2023 si è chiuso con circa 7.600 morti violente, che equivalgono a un tasso di oltre 40 omicidi ogni 100.000 abitanti. Il tasso sale alle stelle in alcune province: nel quartiere Nueva Prosperina, a Guayaquil, il tasso di omicidi sale addirittura a 114 morti ogni 100.000 abitanti, secondo fonti ufficiali citate dal quotidiano 'El Universo'. Diversi Paesi come la Spagna hanno consigliato ai loro cittadini di evitare viaggi nelle regioni di Guayas ed Esmeraldas, considerate l'epicentro della criminalità. La Francia ha chiesto ai suoi cittadini che dovevano recarsi in Ecuador di cambiare i loro piani mentre l'Italia raccomanda agli italiani presenti nel Paese di evitare ogni spostamento e di tenersi aggiornati sulle indicazioni delle Autorità locali.
L'ex presidente dell'Ecuador Guillermo Lasso, che ha lasciato il suo incarico lo scorso 23 novembre, ha decretato più di una dozzina di stati di emergenza durante il suo breve mandato di 2 anni e mezzo. Durante la sua presidenza ha lanciato operazioni di polizia e militari in diverse carceri del Paese, teatro di massacri e rimasti praticamente fuori dal controllo dello Stato. L’Ecuador è un Paese chiave sulla rotta del traffico di droga negli Stati Uniti e negli ultimi anni gruppi locali hanno rafforzato i legami con i cartelli di Paesi come Messico e Colombia, senza che le forze di sicurezza ecuadoriane siano riuscite a trovare la formula per contenerne la continua espansione.
I gruppi criminali tra i quali Aguilas, Los Choneros, Covicheros, Cuartel de las Feas, Cubanos, Latin Kings, Lobos, Mafia 18 o Tiguerones erano ancora qualche anno fa solo delle gang ma a poco a poco si sono trasformate e sono diventate sempre più legate al narcotraffico dal momento in cui l'Ecuador è diventato uno dei principali luoghi di esportazione della cocaina prodotta in Perù e in Colombia.
L'evasione di 'Fito'
La tensione è salita in Ecuador soprattutto dopo l'evasione di José Adolfo Macias Villamar, sopranominato 'Fito', 44 anni, il capo dei Los Choneros, un gruppo che conterebbe circa 8mila uomini. Spesso considerato come il 'nemico pubblico numero uno', Macias era stato condannato nel 2011 a una pena di 34 anni ed era già scappato dal carcere nel 2013 prima di essere ripreso tre mesi dopo. E' sospettato di essere il mandate dell'omicidio di uno dei principali candidati alle presidenziali del 2023, Fernando Villavivencio. La fuga di quello che è considerato come l’uomo più pericoloso del Paese ha rivelato ancora una volta le crepe nel sistema. "È finito il tempo in cui i condannati per traffico di droga, sicari e la criminalità organizzata dettavano la legge al governo", ha affermato Noboa che attribuisce i disordini nelle carceri alla sua decisione di riportare l'ordine.
Ieri è fuggito dal carcere anche Fabricio Colón Pico, alias 'Capitano Pico', arrestato alla fine della scorsa settimana dopo aver minacciato di assassinare il procuratore generale del Paese, Diana Salazar. In questo scenario di caos, alcune attività commerciali hanno scelto di chiudere i battenti e anche il ministero dell’Istruzione ha invitato le scuole situate nelle vicinanze delle carceri a insegnare online. Martedì il governo ha ordinato l'evacuazione degli edifici pubblici come misura precauzionale.
"Sventati tre attacchi con autobomba, restate a casa"
Il sindaco di Quito, Pabel Munoz, ha spiegato che sono stati sventati tre attentati con altrettante autobomba nella capitale dell'Ecuador. Intervistato da radio Pichincha, Munoz ha invitato la popolazione a restare in casa e, per chi può, di lavorare in smartworking. ''Nessuna delle tre autobombe individuate è esplosa'', ha spiegato, aggiungendo che ''i 20 allarmi segnalati nella metropolitana di Quito sono risultati tutti falsi, ma usati per alimentare il caos''. ''Organizziamo il nostro lavoro su tre fronti: sicurezza, in coordinamento con la Polizia Nazionale e le Forze armate, servizi come aiuto alla produzione e alla commercializzazione e amministrativo'', ha detto Munoz. ''Sappiamo che il traffico è stato caotico, ma la città deve comprendere tutte le emergenze a cui stiamo assistendo'', ha aggiunto.
Vescovo di Esmeraldas: "Si è scatenato l'inferno"
“La situazione è complicatissima”. Lo sottolinea mons. Antonio Crameri, presidente di Caritas Ecuador, vescovo del vicariato apostolico di Esmeraldas, città sul Pacifico, da mesi epicentro della violenza in Ecuador sull’orlo della guerra civile. “In questi giorni mi trovo a Guayaquil, dove si è scatenato l’inferno. Da Esmeraldas - racconta al Sir - mi raccontano di auto bruciate, negozi saccheggiati, persone sequestrate. Mi dicono che sono stati uccisi due agenti che facevano da scorta al procuratore della Repubblica. Quattro capi sono evasi dal carcere. Di fatto, non c’è legge, ora negozi e scuole sono chiusi, io stesso ho chiesto la sospensione delle messe in presenza, come si è fatto durante la pandemia. Io dovrei tornare a Esmeraldas, ma non so se sarà possibile. Iniziano anche a scarseggiare gli alimenti”.
Farnesina e ambasciata italiana seguono sviluppi
La Farnesina e l'ambasciata italiana in Ecuador monitorano l'evoluzione degli eventi nel Paese. Il ministro degli Esteri e vice premier Antonio Tajani sta seguendo gli sviluppi. Lo si legge sull'account ufficiale della Farnesina, dove vengono forniti i numeri dell'Unità di crisi da contattare per qualsiasi esigenza o segnalazione, e si consiglia di visitare il sito Viaggiare Sicuri.
Perù annuncia stato di emergenza lungo la frontiera a nord
Il governo del Perù ha annunciato lo stato di emergenza lungo tutta la frontiera settentrionale del Paese, che confina con l'Ecuador. Lima rafforzerà quindi la presenza di forze di polizia, è stato annunciato.
Il primo ministro peruviano, Alberto Otárola, ha spiegato che la dichiarazione di stato di emergenza è frutto di una decisione della presidente, Dina Boluarte, ed è dovuta agli eventi registrati nella città ecuadoriana di Guayaquil.
"Il ministro degli Interni, Víctor Torres Falcón, ha ordinato l'invio immediato di un contingente della Direzione delle Operazioni Speciali (Diroes) della Polizia Nazionale del Perù per rafforzare la sicurezza alla frontiera con l'Ecuador", si legge in un comunicato che il ministero dell'Interno ha pubblicato sul proprio sito.
Il ministro della Difesa del Perù, Jorge Chávez, ha annunciato mercoledì che il Governo effettuerà un indagine per verificare se le munizioni e gli ordigni esplosivi di alcuni gruppi criminali dell'Ecuador provenissero dagli arsenali delle Forze Armate peruviane. "È stato accertato che esiste la presunta possibilità che alcune di queste munizioni, esplosivi o granate abbiano lasciato in passato i magazzini delle Forze Armate", ha ammesso Chávez. Secondo quanto riferito dal responsabile della Difesa all'emittente radiofonica Rpp, parte delle munizioni utilizzate dagli uomini armati incappucciati che martedì hanno attaccato le strutture del canale ecuadoriano Tc Televisión a Guayaquil, potrebbero provenire dal Perù. Chávez ha spiegato che ogni munizione e lotto ha un numero di serie. Una granata sequestrata ai criminali, coincideva con un arsenale ottenuto dal Perù nel 2016, motivo per cui è necessaria un'indagine per chiarire i fatti.
"Ciò che dobbiamo fare è garantire che gli eventi accaduti negli anni precedenti non si ripetano, pertanto tutte le azioni vengono intraprese per evitare proprio questo. L'arsenale di guerra deve essere adeguatamente custodito", ha affermato. Nonostante la gravità di questa possibile situazione, Chávez ha sottolineato che non si tratta in nessun caso di armi, ma piuttosto di munizioni ed esplosivi, e ha assicurato che le autorità andine "stanno prendendo tutte le misure necessarie".
Martedì un gruppo di uomini armati e incappucciati ha attaccato gli impianti della rete Tc Televisión, che è stata subito circondata da agenti di polizia che alla fine sono riusciti a evacuare i dipendenti e ad arrestare i criminali. Nelle ultime settimane, l’Ecuador ha assistito a un aumento dell’insicurezza e della violenza per mano di bande criminali che hanno portato il presidente Daniel Noboa a decretare il coprifuoco notturno e uno stato di emergenza che riconosce un "conflitto armato interno".
L'espulsione di 1.500 detenuti stranieri
Il presidente dell'Ecuador Daniel Noboa ha annunciato che questa settimana verranno espulsi 1.500 detenuti stranieri, che verranno inviati nei loro Paesi d'origine. Lo riporta il quotidiano El Universo. Il presidente ha annunciato che si comincerà dai cittadini di Colombia, Venezuela e Perù, ovvero i Paesi più vicini, per poi proseguire con quelli più lontani. La misura mira a ridurre il sovraffollamento nelle carceri oltre che i costi per la loro gestione dato che, ha sottolineato Noboa, il Paese spende più per fornire i pasti ai detenuti che per le mense scolastiche.
Usa pronti a fornire aiuti
Gli Stati Uniti sono pronti a fornire sostegno all'Ecuador sull'orlo della guerra civile. Lo ha dichiarato in un tweet Brian A. Nichols, Segretario di Stato per gli affari dell'emisfero occidentale, affermando che come Stati Uniti ''siamo al fianco degli ecuadoriani, pronti a fornire aiuto al governo e a restare in stretto contatto con il Presidente Daniel Noboa e la sua squadra''.
La preoccupazione dell'Europa
L'Unione europea è "profondamente preoccupata" per "l'aumento della violenza in Ecuador, orchestrato da gruppi criminali". "E' un attacco diretto alla democrazia e allo Stato di diritto" dice l'Alto Rappresentante dell'Ue Josep Borrell. L'Unione "sta con il popolo ecuadoregno e con le istituzioni democratiche ed esprime solidarietà con le vittime" delle gang, aggiunge. Poco prima delle vacanze natalizie, Borrell, spagnolo attento all'America Latina, aveva parlato proprio della situazione in Ecuador, durante un convegno con le Ong a Bruxelles: "I trafficanti di droga - aveva detto - sono molto potenti. Ho fatto una telefonata al nuovo presidente, recentemente eletto, dell'Ecuador (Daniel Noboa, ndr.). Mi ha detto 'sai quante tonnellate di droga vengono esportate dall'Ecuador?'. E' una stima, perché non ci sono registri ovviamente. 'Duemila tonnellate'".
"Sapete quanto costa una tonnellata di droga in Europa? Tra 50 e 100 milioni - aveva continuato - fate la moltiplicazione. Moltiplicati, fanno sì che la quantità di denaro generata dal traffico di droga sia due volte il Prodotto nazionale lordo del Paese. Due volte: il doppio del Pil del Paese. Come si fa a combatterlo? Come si garantisce lo Stato di diritto, come si fa a garantire che questo denaro non venga utilizzato per corrompere tutti, dal più umile poliziotto o poliziotta, fino al grado più alto della struttura politica? Sì, le droghe sono qualcosa che sconvolge la struttura politica di molti Paesi del mondo, in particolare in questa parte del mondo: in Sudamerica, ma anche in Africa".
Esteri
Il diario della Parigi-Dakar, le prime difficoltà e il...
"Quando pensi che la montagna sia troppo alta da scalare con le tue sole forze, hai una sola cosa che puoi fare: mantenere la fiducia"
"Mai darsi per persi. Cinquanta piloti dispersi nel deserto durante la tappa di 48 ore della Dakar. Una formula introdotta lo scorso anno, in cui i piloti partono e hanno la possibilità di guidare fino all’arrivo di alcuni cancelli previsti dall’organizzazione, per poi il giorno successivo completare la tappa. In questi cancelli ci sono bivacchi organizzati alla meglio. La tappa, in totale, è di quasi 1100 chilometri" racconta Iader Giraldi, che quest’anno partecipa alla Dakar rally in Arabia Saudita.
"Oggi mi è successo di tutto, ma la cronaca spicciola la trovate nel post. Quello che voglio dire è che, dopo un inizio disastroso, ho perso mezz’ora per aiutare un pilota caduto e in brutte condizioni. È obbligatorio farlo, ma è anche lo spirito del rally: noi siamo i primi soccorritori, e siamo formati per questo. Da lì, per un po’, ho iniziato a scoraggiarmi. Mi sono ritrovato ultimo e senza compagni. Ho guidato per 250 km da solo, in mezzo alle montagne, ma non ho perso la fiducia e piano piano mi sono fatto coraggio. Sembra una cosa banale, ma quando ti senti escluso — dalla gara, dalla vita — quando pensi che la montagna sia troppo alta da scalare con le tue sole forze, hai una sola cosa che puoi fare: mantenere la fiducia".
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"Ci sono riuscito grazie al respiro. Ho respirato mentre guidavo. Profondamente. Con un certo ritmo. L’ho imparato in questi anni di formazione da Angelo, Pino e Marco, che voglio nuovamente ringraziare. Mi hanno fatto capire che noi non bastiamo a noi stessi. Con piccole tecniche talmente semplici da sembrare banali — come questo mio ragionamento — ma che ci salvano dalle situazioni difficili della vita. Comunque, oggi ci siamo. Mi sto preparando e la sfida è chiara: terminare i 670 km che mi consentono di restare in gara. On/Off. Respira".
Esteri
Ucraina-Russia, Mosca: “Conquistata città di...
L'annuncio del ministero della Difesa su Telegram dopo l'avanzata di Kiev nel Kursk
Le forze russe hanno conquistato oggi la città mineraria di Kurakhove nell'Ucraina orientale. L'annuncio del ministero della Difesa di Mosca che su Telegram specifica come abbiano "completamente liberato la città di Kurakhove, il più grande insediamento nel Donbass sud-occidentale".
Intanto continua l'offensiva degli ucraini nel Kursk che hanno guadagnato terreno a nordest di Sudzha, verso Bolshoy Soldatskoye. L'azione potrebbe garantire un maggior peso a Kiev durante il negoziato a due settimane dall'insediamento di Trump come nuovo presidente alla Casa Bianca.
L'accusa del Cremlino
Volodymyr Zelensky ha ammesso di avere legami corrotti con gli anglosassoni in un'ultima intervista che era “un misto di neonazismo e terrorismo”. Lo ha dichiarato la portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova sul suo canale Telegram, citata dalla Tass. Il riferimento è all'intervista rilasciata dal presidente ucraino al giornalista americano Lex Friedman.
“Il fatto che Zelensky, con le sue parole, abbia offerto al presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump denaro altrui in cambio di armi è la prova dei suoi legami corrotti e radicati con gli anglosassoni, ai quali il regime di Kiev è stato strettamente agganciato dal presidente americano Joe Biden: rubare e uccidere, e poi rubare di nuovo - uno schema sanguinoso padroneggiato fin dai tempi della Burisma”, ha scritto la diplomatica nel suo canale Telegram, riferendosi alla compagnia di gas ucraina con cui Hunter Biden, figlio del capo di stato, ha lavorato in passato.
Zakharova ha sottolineato che le tre ore di “intervista con lo spocchioso” Zelensky hanno dimostrato che già “non pensa più a nulla”. “Un misto infernale di neonazismo e terrorismo con delirio da droga”, ha concluso.
L'intervento di Trump
"Se Trump offre solide garanzie di sicurezza per l'Ucraina, poi si potrebbe parlare con i russi", dice Zelensky in una lunga intervista nel podcast di Lex Fridman, parlando della guerra in corso da oltre tre anni contro la Russia. Le parole del presidente ucraino ieri in un momento cruciale del conflitto.
"Io spero che Trump ponga fine alla guerra. E' importante che lui sappia tutto quello che succede sul campo di battaglia e quello che succede in Russia", dice Zelensky, convinto che Putin accetterà la fine delle ostilità solo se costretto. "Putin è sordo, non sente... Manda a morire ragazzi di 18 anni sul territorio di un altro stato. I russi hanno perso 788mila uomini tra morti o feriti... Elon Musk parla di Marte, intelligenza artificiale... Putin nell'intervista con Tucker Carlson parlava di tribù russe: è come un mammut che si siede davanti a te. E' come Voldemort, è l'oscurità fatta persona. E' possibile porre fine alla guerra attraverso il dialogo, ma bisogna essere in una posizione forte", dice Zelensky, che considera indispensabile l''ancoraggio' dell'Ucraina alla Nato, con un'ammissione almeno "parziale": "La Nato non sarà un'alleanza perfetta, ma il dato di fatto è che non c'è guerra sul territorio dei paesi membri". Le armi serviranno ancora: "Se il cessate il fuoco dura, non le useremo".
Esteri
Israele-Hamas, Blinken: “Fiducioso in una tregua...
Oggi giorno decisivo per i negoziati con il capo del Mossad a Doha. Israele smentisce Hamas: non ha fornito lista ostaggi
Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, si è detto "fiducioso" che un accordo per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza possa essere raggiunto prima o dopo il 20 gennaio, data di insediamento del presidente eletto Donald Trump. "Se non dovessimo tagliare il traguardo nelle prossime due settimane, sono fiducioso che la questione possa essere conclusa prima o poi, e quando lo sarà, sarà sulla base del piano proposto dal presidente Biden" ha dichiarato il Segretario di Stato ai giornalisti da Seul, dove si trova in visita.
Il capo del Mossad oggi a Doha in Qatar
Il capo del Mossad David Barnea oggi a Doha, in Qatar, per quello che secondo fonti palestinesi citate da Al-Araby Al-Jadeed sarà ''un giorno decisivo per i negoziati'' sugli ostaggi e il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Lo scrive il sito di Ynet.
La fonte palestinese citata a condizione di anonimato dal giornale del Qatar Al-Araby Al-Jadeed ha spiegato che le parti sono riuscite a colmare le divergenze e stanno aspettando il via libera del premier israeliano Benjamin Netanyahu, che ha convocato i suoi ministri per una riunione sulla sicurezza alle 17 ora locale, le 16 in Italia.
L'ufficio del primo ministro israeliano non ha confermato il viaggio di Barnea a Doha, né il fatto che i colloqui sugli ostaggi siano all'ordine del giorno della riunione delle prossime ore. Tra l'altro tre fonti israeliane hanno detto a condizione di anonimato all'emittente televisiva Kan che nel fine settimana ci sono stati alcuni progressi, ma nessuna svolta.
Israele smentisce Hamas, non ha fornito lista ostaggi
Israele ha intanto smentito la notizia secondo la quale il gruppo palestinese Hamas avrebbe approvato una lista di 34 ostaggi da rilasciare nella prima fase di un accordo sugli ostaggi. E' quanto rileva 'The Times of Israael'. "Al momento, Hamas non ha fornito una lista di ostaggi", spiega l'Ufficio del Primo Ministro in un comunicato. Secondo l'emittente 'N12' Hamas ha presentato una lista, ma non ha indicato chi è vivo e chi no.
Inviato Casa Bianca a Doha
Ieri è arrivato a Doha anche l'inviato della Casa Bianca per il Medioriente, Brett McGurk, ha annunciato un funzionario americano. Crescono così le speranze che i colloqui possano portare a un accordo last minute prima dell'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca superando le divergenze che finora sembravano insormontabili.
Immunità per leader Hamas e garanzie su Gaza
Secondo il quotidiano saudita Al-Hadath, l'accordo che sarebbe in dirittura d'arrivo prevede un cessate il fuoco temporaneo per la Striscia di Gaza della durata di due o tre mesi.
Inoltre, scrive ancora Al-Hadath, l'accordo prevederebbe la garanzia dell'immunità per i leader di Hamas, in modo che Israele non li attacchi. Inoltre riconoscerebbe ai paesi arabi e occidentali la gestione la Striscia di Gaza insieme a gruppi palestinesi.
Neonato morto di freddo a Gaza, è l'ottavo
A Gaza si aggrava intanto sempre di più la situazione umanitaria. Un neonato, l'ottavo, è morto nella Striscia per ipotermia. Lo rende noto l'emittente al-Jazeera segnalando che il drastico calo delle temperature, fino a 10 gradi sotto lo zero, sta risultano letale per i più piccoli nell'enclave palestinese. I campi profughi dove la popolazione si è rifugiata a causa degli sfollamenti sono senza riscaldamento.
L'Unrwa, l'Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di assistere i rifugiati palestinesi, ha scritto su 'X' che fino a 7.700 neonati nei territori in guerra stanno vivendo in sistemazioni inadeguate a causa del conflitto tra Israele e Hamas. A dicembre sono morti quattro neonati di freddo nella Striscia di Gaza, tra cui una bambina il giorno di Natale, come ha ricordato l'agenzia di stampa Wafa. Centinaia di migliaia di palestinesi hanno perso la loro casa a causa del conflitto.
Ucciso comandante Jihad islamica che partecipò a 7/10
Le Idf hanno reso noto di aver ucciso il comandante di una compagnia della Jihad islamica palestinese e vice capo della divisione missilistica del gruppo, Saad Said Zaki Dahnon, che prese parte al massacro del 7 ottobre nel sud di Israele. La sua uccisione è avvenuta durante uno scontro ravvicinato con i militari israeliani a Jabalia, nel nord di Gaza, spiega l'Idf.