John Amos è morto, ma la figlia lo ha scoperto dopo 45 giorni: “Sono devastata”
La donna ha appreso la notizia dai media, dopo l'annuncio del fratello
Shannon, la figlia dell'attore statunitense John Amos, ha rivelato di aver appreso della morte del padre attraverso i media. L'attore è morto a Los Angeles il 21 agosto scorso all'età di 84 anni, ma suo figlio Kelly Christopher lo ha annunciato solo il 1° ottobre. Non sono stati solo i fan in tutto il mondo ad aver appreso la notizia della morte di Amos, noto per il ruolo dello schiavo Kunta Kinte da adulto nella miniserie teleisiva 'Radici' (1977), ma anche la sorella di Kelly Christopher, Shannon.
"Sono senza parole... - ha scritto la figlia dell'attore su Instagram - Siamo devastati e con molte domande su come sia potuto accadere 45 giorni fa, venendo a conoscenza della notizia attraverso i media come molti di voi. Questo dovrebbe essere un momento per onorare e celebrare la sua vita, eppure stiamo lottando per navigare nell'ondata di emozioni e incertezze che circondano la sua scomparsa. Tuttavia, c'è una parvenza di pace nel sapere che mio padre è finalmente libero".
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'The Hollywood Reporter', in un articolo del novembre 2023, aveva rivelato l'acerrima battaglia tra i figli di Amos, che si sono contesi le cure del padre e la sua eredità, con Shannon che ha accusato pubblicamente il fratello Kelly Christopher di maltrattamenti, accusa da lui negata. In quel servizio di novembre, Shannon Amos, una dirigente del mondo dello spettacolo trasformatasi in guaritrice, ha raccontato a 'The Hollywood Reporter' di aver fornito un'ampia documentazione alle forze dell'ordine del Colorado e del New Jersey per indagare sulle sue denunce di maltrattamenti da parte del fratello, che nel corso degli anni avrebbe preso il controllo del padre e dei suoi affari, oltre ad averlo isolato dai membri della sua cerchia ristretta: "Questo non ha colpito solo me, ma anche i suoi nipoti, le persone con cui ha lavorato e gli amici che ha avuto per decenni". Shannon Amos ha sostenuto che il fratello si sarebbe spacciato per il padre nelle comunicazioni, non avrebbe tenuto conto delle sue esigenze mediche, avrebbe gestito male le sue finanze e avrebbe sfruttato ed eroso la sua eredità; tutte affermazioni che il fratello ha respinto.
Kelly Christopher Amos, che sta sviluppando un documentario su suo padre intitolato 'America's Dad', ha dichiarato a 'The Hollywood Reporter' che la sorella si è impegnata in una crociata per screditare l'anziano genitore nella speranza di farlo sembrare, come dice lui, "inadatto".
Sul piccolo schermo, John Amos ha impersonato il personaggio di Gordy Howard, il meteorologo della sit-com 'Mary Tyler Moore Show' (1970-1973), e quello di James Evans Sr., il padre disoccupato cronico, nell'altra sit-com degli anni settanta 'Good Times' (1974-1976), da cui poi fu essere licenziato per essersi lasciato prendere la mano dal suo temperamento. Amos ha seguito interpretato il ruolo del capitano Dolan nel telefilm 'Hunter' (1984-1985), è stato co-protagonista nel dramma poliziesco 'The District' e ha partecipato a diversi episodi di altre serie televisive come "I Robinson", "Willy, il principe di Bel-Air" e 'A-Team'. La sua carriera sul grande schermo era iniziata con il classico blaxploitation 'Sweet Sweetback's Baadasssss Song' (1971) di Melvin Van Peebles, e ha interpretato il direttore di un ristorante che assume un principe africano (Eddie Murphy) e il suo braccio destro (Arsenio Hall) in 'Il principe cerca moglie' (1988) di John Landis. Al cinema Amos ha partecipato a diverse pellicole, tra le quali 'Kaan principe guerriero' (1982), '58 minuti per morire - Die Harder' (1990), 'Mac' (1992) di John Turturro e 'Il dottor Dolittle 3' (2006). Ha inoltre interpretato il capitano Meissner nel film 'Sorvegliato speciale' (1989) con Sylvester Stallone, ed è apparso nell'episodio "Il gatto nero" del film "Due occhi diabolici" (1990) di Dario Argento. (di Paolo Martini)
Esteri
Iran-Israele, G7: “Soluzione diplomatica ancora...
"Conflitto più ampio non è interesse di nessuno"
Colloquio d'urgenza dei leader del G7 oggi, 2 ottobre, a seguito dell'aggravarsi della crisi in Medio Oriente. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha convocato d'urgenza e presieduto una conferenza telefonica in cui, informa Palazzo Chigi, è stata reiterata la "ferma condanna all'attacco iraniano contro Israele". "In uno scenario in costante evoluzione, è stato convenuto di lavorare congiuntamente per favorire una riduzione delle tensioni a livello regionale, a partire dall’applicazione della Risoluzione 2735 a Gaza e della Risoluzione 1701 per la stabilizzazione del confine israelo-libanese".
"Nell'esprimere forte preoccupazione per l'escalation di queste ultime ore, è stato ribadito che un conflitto su scala regionale non è nell’interesse di nessuno e che una soluzione diplomatica risulta ancora possibile". I leader hanno "concordato di mantenersi in stretto contatto".
L'attacco dell'Iran a Israele
Ieri l'Iran ha lanciato 200 missili contro Israele. "L'Iran ha commesso un grosso errore e pagherà per questo" ha detto il premier israeliano Benjamin Netanyahu nel corso di una riunione del gabinetto di sicurezza. "Rispetteremo la regola che abbiamo fissato: chiunque ci attacchi, noi l'attaccheremo", ha scandito. L'attacco è "fallito" ed è stato "sventato grazie al sistema di difesa aerea israeliana, che è il più avanzato nel mondo", ha rivendicato Netanyahu, che ha esortato "le forze del bene nel mondo" a unirsi contro Teheran.
L'Iran ha sostenuto che quella contro Israele è stata fatta "un'azione di autodifesa ai sensi dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite". "La nostra azione è conclusa a meno che il regime israeliano non decida ulteriori ritorsioni - ha detto il ministro degli Esteri Abbas Araghchi -. In quello scenario, la nostra risposta sarà più forte e più potente".
Esteri
Attacco Iran, Massolo: “Netanyahu cavalca onda, verso...
Israele reagirà, valutando i rischi tanto quanto ha fatto l'Iran, perché nessuno dei due ha interesse alla guerra totale, ma "è presto per dire se il premier perseguirà anche l'obiettivo di regolare i conti" con gli ayatollah
Israele reagirà all'attacco iraniano di ieri, valutando i rischi tanto quanto ha fatto l'Iran, perché nessuno dei due ha interesse alla guerra totale, ma "è presto per dire se Netanyahu perseguirà anche l'obiettivo di regolare i conti" con il regime teocratico di Teheran, del quale auspica l'implosione. Giampiero Massolo, ex segretario generale della Farnesina e senior advisor dell'Ispi, parla della situazione in Medio Oriente all'indomani dell'attacco missilistico iraniano e mentre prosegue l'incursione in Libano, con il premier israeliano, a pochi giorni dall'anniversario del 7 ottobre che segnò un fallimento senza precedenti dell'intelligence, che sembra godere di una rinnovata forza.
"Indubbiamente Netanyahu - dice Massolo all'Adnkronos - è riuscito a invertire un corso nei suoi confronti che sembrava nettamente negativo, grazie in primo luogo a una campagna di successo che ha portato alla decapitazione di Hezbollah e all’eliminazione dei suoi quadri dirigenti e all’accecamento dei sistemi di comunicazione. E poi, puntando decisamente verso il ritorno degli sfollati nel nord di Israele, avviando i bombardamenti e le limitate incursioni di terra, ha di fatto congelato la situazione a Gaza, senza arrivare a un cessate il fuoco formale e quindi mantenendo il controllo del corridoio Philadelhi", che era l'ostacolo principale nel negoziato con Hamas.
Non solo: secondo l'ambasciatore, "spostando le truppe verso nord", come gli chiedevano da tempo i vertici militari, che la consideravano la vera priorità, il premier "ha riconquistato l'appoggio delle Forze armate", mentre il ritorno al governo di Gideon Saar, che aveva lasciato in opposizione alla sua politica su Gaza, lo rafforza politicamente.
"Netanyahu - è netto Massolo - si sente forte e sta cavalcando l'onda. Da questa posizione sta conducendo un'analisi accorta dei rischi per capire fino a dove si può spingere, approfittando anche della finestra di opportunità offerta dalla debolezza americana". Intanto, quindi, agli obiettivi su Gaza ha aggiunto anche la messa in sicurezza del territorio del nord di Israele e la creazione di zona cuscinetto nel sud del Libano, "ma soprattutto ha ampliato le ambizioni fino a sostanzialmente ipotizzare di neutralizzare Hezbollah", sostiene l'ambasciatore. Un'ambizione che "non poteva non provocare la reazione dell'Iran, che in qualche modo doveva ristabilire, come già fatto ad aprile, la deterrenza con Israele, dimostrando di non lasciare da soli i proxies".
L'azione di ieri "è stata sicuramente più severa, con missili veloci e distruttivi, anche se non ha portato a risultati di grande rilievo sul piano dei danni che si proponeva o che si era prefissato", è l'analisi di Massolo, che attende adesso la reazione israeliana, una reazione coordinata con gli Stati Uniti e sarà "a quel punto che si potrà tirare un bilancio un po' più compiuto" del 'nuovo corso' di Netanyahu delle ultime settimane.
Quanto al regime di Teheran, alla cui implosione il premier israeliano punta, come dimostra l'appello diretto agli iraniani rivolto nei giorni scorsi, l'amasciatore sottolinea "la divaricazione che c'è tra il governo e l'opinione pubblica e la dialettica, che va avanti non da oggi, fra il regime teocratico degli ayatollah e i rappresentanti della seconda generazione rampante del complesso industrial militare". "In parte la reazione iraniana risponde all'esigenza di non allargare questa forbice", chiosa, che se da una parte "è un elemento di criticità, dall'altra è anche un elemento di mitigazione del rischio che a un regime se ne sostituisca un altro con meno prudenza".