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Aborto, il premier del Belgio contro il Papa: “Parole inaccettabili”

De Croo convoca il nunzio apostolico

Papa Francesco

"Le parole del Papa sono inaccettabili, non abbiamo nessuna lezione da ricevere". Rispondendo ad un'interrogazione alla Camera, il premier belga Alexander De Croo, secondo quanto si legge su "Le Soir", ha così commentato le parole del Papa, che ha detto che l'aborto è un "omicidio" e i medici che si prestano alla pratica sono dei "sicari", sul volo di ritorno dal Belgio domenica scorsa, riferendosi al re del Belgio Baldovino, antiabortista, per il quale ha annunciato che si procederà con la causa di beatificazione

De Croo ha anche annunciato che convocherà il nunzio apostolico per "discutere" la questione: "Il mio messaggio al nunzio apostolico sarà chiaro: quello che è successo è inaccettabile".

Cosa ha detto il Papa

"Le donne hanno diritto alla vita: alla vita sua, alla vita dei figli. Non dimentichiamo di dire questo: un aborto è un omicidio. La scienza ti dice che al mese del concepimento ci sono tutti gli organi già… Si uccide un essere umano. E i medici che si prestano a questo sono, permettimi la parola, sicari. Sono dei sicari. E su questo non si può discutere. Si uccide una vita umana. E le donne hanno il diritto di proteggere la vita", ha detto il Papa rientrando dal Belgio la scorsa settimana.

Riferendosi al re del Belgio Baldovino, antiabortista, per il quale ha annunciato che si procederà con la causa di beatificazione, Francesco ha detto: "Il re è stato un coraggioso perché davanti a una legge di morte, lui non ha firmato e si è dimesso. Ci vuole coraggio, no? Ci vuole un politico 'con pantaloni' per fare questo. Ci vuole coraggio. Anche lui con questo ha dato un messaggio e anche lui l’ha fatto perché era un santo. Quell'uomo è un santo e il processo di beatificazione andrà avanti, perché mi ha dato prova di questo".

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Esteri

Melania Trump difende aborto: “Nessun compromesso su...

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La moglie di Donald Trump prende posizione sul tema

Donald e Melania Trump

Melania Trump si schiera pubblicamente in difesa del diritto all'aborto? Sembra di sì, a giudicare In un video pubblicato su X dalla moglie di Donald Trump. L'ex first lady prende posizione su un tema dirimente nella campagna elettorale in vista del voto del 5 novembre per la Casa Bianca. "La libertà individuale è un principio fondamentale che io difendo - scrivel'ex first lady che sta promuovendo la sua autobiografia 'Melania' - senza dubbio non c'è spazio per compromessi quando si tratta di questo diritto essenziale che ogni donna possiede dalla nascita. Libertà individuale. Che cosa significa veramente il mio corpo, la mia scelta?".

Interpellata per un commento da Nbcnews, una portavoce della campagna di Kamala Harris ha replicato: "purtroppo per le donne di tutta l'America, il marito della signora Trump è in profondo disaccordo con lei e è la ragione per cui oltre una donna americana su tre vive sotto il divieto di aborto di Trump che minaccia le loro salute, libertà e vite".

Secondo le anticipazioni del Guardian, l'ex first lady nel suo libro difende i diritti riproduttivi delle donne, che sono sotto attacco in decine di stati americani guidati dai repubblicani dopo che la maggioranza conservatrice della Corte Suprema, determinata dai tre giudici nominati da Trump, ha abolito il diritto costituzionale all'aborto.

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Esteri

Israele, dai siti nucleari al petrolio: ecco come Netanyahu...

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La reazione all'attacco missilistico di Teheran e le opzioni sul tavolo

Netanyahu tra i soldati

Tutte le opzioni sono sul tavolo, fa sapere l'esercito di Israele che prepara una nuova rappresaglia contro l'Iran per l'attacco del primo ottobre - il secondo dopo quello dello scorso aprile - con oltre 180 missili scagliati dalla Repubblica islamica.

La risposta dello Stato ebraico ci sarà, ha assicurato il premier Benjamin Netanyahu, che ha tuonato: "L'Iran ha commesso un grosso errore e pagherà per questo", mentre il portavoce delle Idf, Daniel Hagari, ha assicurato che "agiremo nel momento e nel luogo che sceglieremo". In attesa dei contatti diretti tra Netanyahu e il presidente americano Joe Biden, il Pentagono temporeggia: "Stiamo certamente discutendo con loro della loro risposta, ma non farò supposizioni su quale potrà essere la risposta. Ma continuiamo a dialogare con loro", ha detto la portavoce del Pentagono, Sabrina Singh, confermando gli stretti contatti tra Usa e Israele.

Il punto è su quali obiettivi si concentrerà la risposta che secondo Michael Milshtein, direttore del Forum per gli studi palestinesi presso il Centro Moshe Dayan di Tel Aviv, sarà "plateale" e potrebbe "colpire porti, siti petroliferi o militari" o addirittura "il quartier generale dei Pasdaran".

Siti nucleari nel mirino?

Secondo altri osservatori, la rappresaglia israeliana potrebbe invece concentrarsi sui siti nucleari della Repubblica islamica, uno scenario che non trova il sostegno degli Stati Uniti, come ha chiarito Biden, confermando che ci sono discussioni in corso con gli israeliani sulla risposta all'attacco iraniano, che "deve essere proporzionata".

Un attacco per "distruggere il programma nucleare iraniano" è l'ipotesi preferita di chi in Israele, dopo i fatti del 7 ottobre, chiede di regolare una volta per tutte i conti con gli ayatollah. Tra questi l'ex primo ministro, Naftali Bennett.

A favore di Israele, sostengono gli osservatori, giocano in questo momento due fattori. Da una parte la situazione negli Stati Uniti, dove il voto di novembre, giocoforza, assorbirà parte dell'attenzione in attesa del passaggio di consegne, con il nuovo presidente che si insedierà alla Casa Bianca solo a gennaio.

Dall'altro lo sbandamento dei proxy iraniani, da Hamas a Hezbollah fino agli Houthi, che rendono la deterrenza di Teheran meno temibile. "Abbiamo la giustificazione. Abbiamo i mezzi. Ora che Hezbollah e Hamas sono paralizzati, l'Iran è esposto", ha fatto presente Bennett.

Gli impianti da colpire

Sono essenzialmente due gli obiettivi che Israele potrebbe prendere di mira nel caso la valutazione di Tel Aviv portasse ad autorizzare raid contro il programma nucleare di Teheran. L'impianto per l'arricchimento dell'uranio a Natanz ed il centro di ricerca nucleare di Isfahan, già nel mirino della rappresaglia israeliana - su scala ridotta - di aprile. Ma si tratta di operazioni complicate, che richiedono ordigni ancora più potenti di quelli usati per uccidere a Beirut il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah. La maggior parte degli impianti nucleari dell'Iran, infatti, è posizionata in profondità nel sottosuolo, sotto le montagne. "Non è qualcosa che sarà facilmente accessibile per Israele dai cieli", ha detto ad Al Jazeera Andreas Krieg del King's College London.

Secondo diversi osservatori, colpire i siti nucleari in risposta a un attacco che ha causato danni minimi potrebbe essere considerato sproporzionato. Inoltre un attacco di questo tipo ha il potenziale di spingere Teheran ad accelerare il suo programma nucleare per scoraggiare futuri attacchi sul suo territorio, ammesso che ne abbia davvero le potenzialità. "Se Israele risponde, noi risponderemo in modo più forte e duro", ha messo in guardia da Doha il presidente iraniano, Masoud Pezeshkian.

Le basi navali rischiano

Altri potenziali obiettivi di Israele sono le basi navali iraniane, come quella di Bandar Abbas, la principale del Paese, e target riconducibili ai Guardiani della Rivoluzione. Da non scartare, secondo gli analisti, anche la possibilità che Israele cerchi di colpire al cuore l'economia già claudicante degli ayatollah prendendo di mira i giacimenti petroliferi, che sono aperti e meno sorvegliati dei siti nucleari.

Colpire il redditizio settore petrolifero iraniano, magari bombardando raffinerie, in un momento in cui le autorità iraniane sono alle prese con una crescente pressione popolare per la drammatica situazione economica del Paese potrebbe giocare a favore di Israele anche da un punto di vista politico, ma in ogni caso scatenerebbe un impennata del greggio sui mercati mondiali, con tutte le conseguenze del caso. In ogni caso la risposta andrà ben calcolata se a Tel Aviv vorranno ancora mantenere il livello di scontro con Teheran sotto quello di un conflitto catastrofico.

Cosa farà l'Iran

Indipendentemente dall'obiettivo, un nuovo raid è destinato a "costringere Teheran a reagire, innescando un ping pong di missili balistici che potrebbe spingere l'intera regione nell'abisso", ritiene Ali Vaez, direttore dell'Iran Project presso International Crisis Group (Icg).

Per Marc Owen Jones, analista della Northwestern University in Qatar, l'attacco dell'Iran è stato attentamente calibrato per evitare qualsiasi escalation, mentre la risposta di Israele è "imprevedibile". Se Teheran non poteva più permettersi di "sembrare debole" di fronte agli attacchi israeliani ai suoi alleati nella regione - ritiene l'analista - la natura dell'attacco dell'Iran (l'uso di missili balistici, alcuni dei quali hanno superato il sistema di difesa aerea di Israele) significa che anche la risposta di Israele "dovrà essere molto più dura" rispetto ad aprile, per stabilire la propria deterrenza.

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Esteri

Iran-Israele, G7: “Rischio escalation...

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Un missile

I leader del G7 esprimono "profonda preoccupazione per il deterioramento della situazione in Medio Oriente". "Condanniamo con la massima fermezza l’attacco militare diretto dell’Iran contro Israele, che costituisce una seria minaccia alla stabilità regionale. Ribadiamo inequivocabilmente il nostro impegno per la sicurezza di Israele. Le azioni gravemente destabilizzanti dell’Iran in tutto il Medio Oriente attraverso organizzazioni terroristiche affiliate e gruppi armati – tra cui gli Houthi, Hezbollah e Hamas – così come i gruppi di miliziani allineati con l’Iran in Iraq, devono finire", si legge nella dichiarazione dei leader del G7, riuniti ieri telefonicamente dal premier italiano Giorgia Meloni, sugli sviluppi della crisi in Medio Oriente.

"Ieri abbiamo discusso azioni e sforzi coordinati per evitare l’escalation nella zona. Un pericoloso ciclo di attacchi e ritorsioni rischia di alimentare un’escalation incontrollabile in Medio Oriente, cosa che non è nell’interesse di nessuno. Pertanto, invitiamo tutti gli attori regionali ad agire in modo responsabile e con moderazione. Incoraggiamo tutte le parti a impegnarsi in modo costruttivo per allentare le attuali tensioni. Il diritto internazionale umanitario deve essere rispettato", prosegue la nota.

"Alla vigilia del tragico anniversario degli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023, condanniamo ancora una volta con la massima fermezza tali atti ingiustificati di violenza deliberata e siamo dalla parte delle famiglie delle vittime e degli ostaggi presi da Hamas. Ribadiamo inoltre il nostro appello per un cessate il fuoco immediato a Gaza, il rilascio incondizionato di tutti gli ostaggi, un aumento significativo e duraturo del flusso di assistenza umanitaria e la fine del conflitto", proseguono i membri del G7.

"Siamo inoltre profondamente preoccupati per la situazione in Libano. Ricordiamo la necessità di una cessazione delle ostilità quanto prima per creare spazio per una soluzione diplomatica lungo la Linea Blu, in linea con la Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Questa è l’unica via per allentare durevolmente le tensioni, stabilizzare il confine Israele-Libano, ripristinare completamente la sovranità, l’integrità territoriale e la stabilità del Libano e riportare i cittadini sfollati alle loro case con sicurezza e protezione da entrambe le parti. Esortiamo tutti gli attori a proteggere le popolazioni civili. Ci impegniamo a fornire assistenza umanitaria per rispondere ai bisogni urgenti dei civili in Libano. Esprimiamo inoltre le nostre più sentite condoglianze alle famiglie delle vittime civili in Israele, Gaza e Libano", affermano i leader.

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