Pil, Stoppani: “L’Italia regge malgrado tensioni geopolitiche, le banche sostengano la crescita”
Il vicepresidente della Banca popolare di Sondrio all'Adnkronos: "Bisogna ripartire dal report di Mario Draghi, con quelle riflessioni sulle banche che non aiutano le imprese a crescere. Popolare di Sondrio da sempre in prima linea nell'ascolto e nel sostegno dei bisogni del territorio"
Tasso di disoccupazione ai minimi dal 2007, Pil atteso sopra l'1% nel 2025: l'Italia tiene testa alle sfide macroeconomiche del momento. "Una situazione migliore rispetto alle tensioni geopolitiche e alle aspettative di contesto", dice all'Adnkronos Lino Stoppani. Cruciale, nella prospettiva del vicepresidente di Banca popolare di Sondrio, è sostenere l'economia reale, il credito è un tassello fondamentale, soprattutto adesso che la Bce ha tagliato i tassi d'interesse: "Bisogna ripartire dal report di Mario Draghi, con quelle riflessioni sulle banche che non aiutano le imprese a crescere", dice Stoppani che chiosa: "L'Europa rischia di arretrare senza un mercato unico di capitali" e l'operazione di Unicredit su Commerzbank "mostra l'importanza di grandi colossi" in grado di competere con Cina e Usa. Le piccole banche devono scomparire? "Neanche per sogno - dice Stoppani - sono un valore importante: l'offerta diversificata consente di rispondere ai diversi bisogni delle imprese: non ci sono solo quelle grandi".
L'Italia è composta quasi per l'80% da piccole e medie imprese, e il radicamento territoriale degli istituti bancari - come affermato dal ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti a Sondrio - non è un valore campanilistico o romantico: significa leggere il tessuto produttivo e non far mancare mai a chi rischia e produce le linee di credito. Per Giorgetti è un'attività che "non è e non può essere un algoritmo: l'esempio è proprio la Banca popolare di Sondrio che ha saputo espandere la sua attività senza mai perdere il collegamento con il territorio".
"Quella banca è un gioiello, da sempre in prima linea nell'ascolto e nel sostegno dei bisogni del territorio", aveva detto Stoppani all'Adnkronos. "Fin dalle sue origini, la Popolare di Sondrio ha posto al centro della sua missione lo sviluppo delle comunità locali". Un approccio attento ai bisogni delle persone, dice, che ha creato un forte legame con soci e clienti, rendendo l’istituto un punto di riferimento per piccole e medie imprese, agricoltori, artigiani e famiglie. E i dati recenti lo dimostrano: il sostegno della Banca Popolare di Sondrio all'economia reale si conferma forte e concreto con nuove erogazioni per 2,7 miliardi di euro destinate a famiglie e imprese, mentre i finanziamenti netti alla clientela sono aumentati del +3,9%.
Una strategia, quella della Banca popolare, che dà anche un eccellente ritorno economico, basta soffermarsi su un primo semestre da record, con utili netti pari a 263,6 milioni di euro: il miglior risultato semestrale nella storia della banca. Un incremento del 27,3% rispetto allo stesso periodo del 2023, un dato che, insieme a un margine di intermediazione cresciuto del 18,5%, ha superato le aspettative degli analisti. I ricavi? 403,7 milioni di euro, ben al di sopra dei 390,5 previsti. Il margine di interesse è salito del 25,9%, raggiungendo i 538,1 milioni, e le commissioni nette sono aumentate del 9,3%, fino a toccare i 212,7 milioni. Sul fronte dei costi operativi, sebbene siano cresciuti del 14,1%, raggiungendo i 317,8 milioni, non hanno impedito al cost/income ratio di scendere al 39,1%, segno di grande efficienza. Questi numeri raccontano che la Banca Popolare di Sondrio, nonostante le sfide globali, continua a crescere.
Mario Alberto Pedranzini, consigliere delegato e direttore generale di Banca Popolare di Sondrio, in occasione della presentati dei risultati del primo semestre si è detto fiducioso sul futuro prossimo: "Puntiamo a proseguire in questo percorso virtuoso di crescita della performance anche nella seconda parte del 2024". La sfida del futuro passa anche attraverso le nuove generazioni: da qui la nascita di Liquid Factory, una nuova fabbrica di startup: l’obiettivo è attrarre i migliori talenti italiani ed europei. L’iniziativa, promossa da un gruppo di imprenditori con un solido track record in Silicon Valley, punta a creare nuovi “unicorni” partendo dalla Valtellina, unendo la passione per la montagna con una visione innovativa e globale. In partnership con Banca Popolare di Sondrio, il progetto mira a supportare startup promettenti attraverso investimenti iniziali di 200mila euro e l’accompagnamento di esperti che faciliteranno il percorso di crescita e scalabilità internazionale. Una banca che vuole unire passato e futuro.
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Università: 8 docenti Lum ‘Giuseppe Degennaro’...
L’autorevole classifica a livello mondiale degli scienziati più citati e influenti al mondo in diverse discipline.
Sono otto i docenti dell’Università Lum 'Giuseppe Degennaro' presenti nella World’s Top 2% Scientists 2024, l’autorevole classifica a livello mondiale degli scienziati più citati e influenti al mondo in diverse discipline.
Si tratta dei professori Giovanni Schiuma (Ordinario di Ingegneria Gestionale e Direttore del Dipartimento di Ingegneria della Lum), Giustina Secundo (Ordinario di Ingegneria Economico Gestionale), Filippo Vitolla (Ordinario di Economia Aziendale), Licia Iacoviello (Ordinario di Igiene Generale e Applicata), Pasquale Del Vecchio (professore Associato di Ingegneria Economico Gestionale), Alessandro Massaro (professore Associato di Fisica), Anna Picca (professore Associato di Biologia Applicata) e Nicola Raimo (professore Associato di Economia Aziendale).
La classifica, curata dalla Stanford University, si basa sulle informazioni bibliometriche dei 190 mila ricercatori profilati nel database Scopus, il più grande database di abstract e citazioni al mondo e comprende scienziati di tutti i campi della ricerca. Su circa 9 milioni di scienziati, il ranking indica il primo 2% degli studiosi più citati a livello globale.
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Pagliaro (Inca): “Cittadini in crisi su pratiche...
Il presidente del Patronato della Cgil: "Serve confronto con noi Patronati"
"La nostra indagine ha l'obiettivo di focalizzare quello che è l'approccio delle cittadine e dei cittadini del nostro Paese verso la possibilità di fruire di pratiche digitali. E con un campione significativo, circa 6.000 soggetti che si sono sottoposti alla nostra indagine. E quello che emerge è che sostanzialmente il 92% degli intervistati si dichiara non all'altezza di fruire una pratica digitale. E ci fa dire che probabilmente in questo Paese esiste ancora l'esigenza di un ruolo nell'ambito della relazione fisica, della relazione personale con gli utenti". Così Michele Pagliaro, presidente del Patronato Inca Cgil, commentando, con Adnkronos/Labitalia, l’indagine demoscopica, promossa dal Patronato e realizzata dalla Fondazione Di Vittorio, sul rapporto tra italiani e pratiche digitali nella pubblica amministrazione.
Secondo Pagliaro, le difficoltà riscontrate dall'indagine nel rapporto tra italiani e procedure digitali di Istituti come Inps e Inail derivano anche dal fatto che "la digitalizzazione in questo Paese ha avuto un'evoluzione molto spezzettata". "Le singole pubbliche amministrazioni hanno agito probabilmente senza una visione di insieme. Poi noi dalla nostra prospettiva osserviamo tantissimi limiti in alcune scelte compiute. Spesso la digitalizzazione in linea generale viene effettuata dalla pubblica amministrazione trasformando in digitale un modello cartaceo", sottolinea con rammarico Pagliaro.
Secondo Pagliaro, "quella probabilmente non è digitalizzazione e quindi noi riteniamo che ci debba essere un confronto. Anche in vista dell'utilizzo sempre più spinto dell'intelligenza artificiale che impatta su una sfera di privacy e riservatezza delle persone".
E Pagliaro chiarisce che la posizione del Patronato è tutt'altro che conservatrice: "Lo diciamo perché comunque siamo consapevoli che questo è un processo probabilmente molto virtuoso che può aumentare la qualità della vita e la qualità dei servizi. Però ci deve essere la possibilità di fruire poi di questi servizi sino in fondo".
"Lo diciamo -prosegue Pagliaro- in un Paese dove c'è una Costituzione, dove le tutele e i diritti sono prevalentemente diritti e tutele universali, dove si parla di pari opportunità e la sensazione che noi avvertiamo è che spesso tutti diritti sono appesi ad un flag".
"E quindi serve anche la necessità di confrontarsi per progettare sistemi che prevedono la possibilità di intervenire qualora si commetta un errore. E non lo dico solo pensando alla sfera dei patronati ma anche pensando a quella dei cittadini, deve essere un'opzione che probabilmente ad oggi non è contemplata"
"Il sistema dei Patronati ha evidentemente bisogno di una riforma. La legge 152, che regolamenta il nostro settore, mostra tutti i suoi anni perché immaginata e nata in un momento in cui l'era digitale era agli inizi. E oggi necessariamente dovrà essere adeguata a quelle che sono le nuove dinamiche e i processi di transizione digitali".
Per Pagliaro, "anche con la digitalizzazione noi pensiamo che il rapporto diretto, il rapporto consulenziale è centrale". Secondo il presidente dell'Inca Cgil, "la necessità di una riforma che semplifichi le modalità di funzionamento del sistema dei patronati dovrebbe diventare una priorità che si muove di pari passo con la digitalizzazione del Paese", conclude.
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Indagine Inca Cgil-Fdv: “Italiani in difficoltà, 92%...
Solo l’8% è certo di farcela, di cui il 53% uomini e il 47% donne.
Un quadro sconfortante. E' quello che traccia un’indagine demoscopica, promossa da Inca Cgil e realizzata dalla Fondazione Di Vittorio, che Adnkronos/Labitalia ha potuto visionare in anteprima, sul rapporto tra italiani e procedure digitali nella pubblica amministrazione. Secondo la ricerca, su un campione di 6.000 persone intervistate, sufficientemente rappresentativo della popolazione residente in Italia, in tema di welfare state, gli italiani fanno molta fatica ad accedere e a farsi riconoscere le diverse misure (indennità, pensioni, sussidi, ecc.) ricorrendo ad una procedura online. Infatti, la quasi totalità (92%) degli intervistati ha dichiarato di “non essere in grado di svolgere pratiche digitali con la pubblica amministrazione”. Solo l’8% è certo di farcela, di cui il 53% uomini e il 47% donne.
Entrando maggiormente nel dettaglio e disaggregando i dati per fascia di età, quello che colpisce è la percentuale di persone con una età tra i 35 e i 55 anni, quelli che per età ed esperienze hanno più occasioni di interloquire con la PA, che dichiarano apertamente la propria incapacità (60% del campione). Un risultato che si riflette su quanti hanno avuto un qualche rapporto con una qualsiasi amministrazione: solo il 56%, di cui il 41% uomini e 59% donne e su quanti non c’hanno neppure mai provato: il 53% uomini e il 47% donne. Tra quanti hanno avviato una pratica digitale (56% del campione), solo il 26% dichiara di essere riuscito facilmente ad “ottenere quello che voleva”, mentre: il 48% è riuscito ad ottenere le risposte con grandi difficoltà; il 12% solo dopo avere chiesto aiuto ad un parente; l’8% solo dopo avere chiesto aiuto ad un patronato; il 6% non è riuscito.
Questo quadro generale, che segnala un ritardo nell’apprendimento delle procedure online, non migliora, sottolinea l'indagine Inca-Fdv, quando le domande si fanno più specifiche sui rapporti con Inps e Inail. Se il 47% del campione complessivo dichiara di aver avuto rapporti con l’Inps (57% uomini e 43% donne), soltanto il 16% dichiara di essere riuscito facilmente ad ottenere quello che voleva, mentre il 41% sì, ma con grande difficoltà, il 18% ha dovuto chiedere aiuto ad un familiare e l’8% si è dovuto rivolgere ad un patronato. Il 17% comunque dichiara di non esserci riuscito. Colpisce il 65% di coloro, con un’età tra i 35 e il 55 anni, che dichiara di non esserci riuscito, ma anche il 59% di coloro che si sono rivolti ad un patronato.
Per quanto riguarda l’Inail, la percentuale del campione che dichiara di aver avuto un qualche rapporto con l’Istituto scende al 21% (47% uomini e 53% donne), ma soltanto l’11% è riuscito ad ottenere quello che voleva; il 38%, si, ma con grande difficoltà; il 12% solo dopo avere chiesto aiuto ad un parente; il 24% solo dopo avere chiesto aiuto ad un patronato; il 15% afferma di non esserci riuscito. Fin qui le domande poste erano finalizzate a comprendere il livello di conoscenza della macchina digitale della Pubblica amministrazione genericamente intesa, per ottenere una qualsiasi informazione, anche solo di tipo formale.
Ma quando al campione vengono sottoposte domande più incalzanti sulle richieste online per il riconoscimento di qualunque prestazione previdenziale e socioassistenziale, il quadro diventa ancor più complicato. Con l’Inps, per esempio, il 32% del campione complessivo non ha mai fatto una pratica attraverso un cellulare o un pc; mentre il 41% lo ha fatto utilizzando un pc e soltanto l’8% con un cellulare, nonostante tutti gli intervistati fossero dotati di smartphone, considerando che il questionario è stato somministrato telematicamente. Colpisce in questo caso il 77% degli intervistati, compresi nella fascia di età tra i 35 e 55 anni, che risponde “non so”.
Tra quelli che hanno usufruito dei servizi online di Inps: solo il 4% ha ottenuto facilmente quello che voleva; il 56% ha ottenuto quanto desiderato con grande difficoltà; il 4% solo dopo avere chiesto aiuto ad un familiare; il 28% solo dopo avere chiesto aiuto ad un patronato; l’8% non ci è riuscito. Con l’Inail, il quadro non cambia: il 58% del campione complessivo dichiara di non aver mai fatto una pratica online all’Inail attraverso un cellulare o un pc; mentre tra quelli che lo hanno fatto (38% del campione complessivo): solo il 5% ha ottenuto facilmente quello che voleva; il 26% ha ottenuto quanto desiderato con grande difficoltà; il 16% solo dopo avere chiesto aiuto ad un familiare; il 38% solo dopo avere chiesto aiuto ad un patronato; il 15% non è riuscito.