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Israele, Macron: “Francia non fornirà armi da usare a Gaza”

Il presidente francese: "Immediato e duraturo cessate il fuoco in Libano"

Emmanuel Macron

Stop della Francia alla fornitura di armi a Israele, che poi usa nella guerra a Gaza, e cessate il fuoco in Libano. Sono i due messaggi che il presidente Emmanuel Macron ha inviato al premier israeliano Benjamin Netanyhau. "Io penso che oggi la priorità è che si arrivi a una soluzione politica, che si smetta di fornire armi per condurre i combattimenti a Gaza. La Francia non le manda", ha detto il numero 1 dell'Eliseo.

"Condanniamo con la massima fermezza l'attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre e riconosciamo il diritto di Israele a difendersi. Ma deve farlo come una democrazia, rispettando il diritto internazionale e umanitario", ha ammonito Macron, secondo cui "il terrorismo non si combatte sacrificando la popolazione civile". E ancora, il presidente francese ha accusato: "Israele non ascolta e questo è un problema adesso e per la sicurezza futura degli israeliani".

Macron è tornato sul tema rispondendo durante il Vertice della Francofonia ad una domanda; "Quando chiediamo un cessate il fuoco - è il caso per Gaza, è stato il caso per il Libano la settimana scorsa - cerchiamo di non reclamare un cessate il fuoco mentre continuiamo a fornire le armi della guerra. Credo che si tratti solo di coerenza", ha aggiunto.

Gli 88 membri dell'Organizzazione internazionale della Francofonia (Oif), tra cui Francia, Canada e Belgio, hanno chiesto "all'unanimità" un cessate il fuoco "immediato e duraturo" in Libano, altro membro dell'Oif, ha annunciato il presidente francese.

"Ci siamo espressi all'unanimità in favore di un cessate il fuoco immediato e duraturo e abbiamo garantito il nostro impegno a smorzare le tensioni nella regione", ha dichiarato durante la conferenza stampa di chiusura del 19° vertice dell'Organizzazione.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Esteri

Harris-Trump verso le elezioni, ecco tutti i testa a testa...

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In vista dell'election day del 5 novembre

Kamala Harris e Donald Trump (Fotogramma/Ipa)

Manca meno di un mese all'election day e il duello elettorale tra Kamala Harris e Donald Trump appare come un testa a testa all'ultimo voto. La vice presidente ha un modesto vantaggio a livello nazionale, del 3,4% secondo l'ultima media di The Hill. Considerando però il sistema del Collegio elettorale - che prevede che vengano eletti in ogni stato i grandi elettori, in numero proporzionale alla popolazione, che poi voteranno per il presidente - saranno i sette Stati chiave a decidere l'esito delle elezioni, determinando quale candidato raggiungerà il 'magic number' di 270 voti elettorali che consegna la Casa Bianca.

Secondo le ultime medie, Harris è in vantaggio in quattro di questi Stati, Trump in tre, ma si tratta di scarti minimi, meno di punti, in alcuni casi meno di un punto percentuale. Nelle prossime settimane quindi si prevede una battaglia elettorale accanita, con le campagne che spenderanno centinaia di milioni di dollari negli Stati chiave. Ecco la situazione Stato per Stato.

Arizona

Trump ha un vantaggio minimo, dello 0,8% in questo stato chiave dove, essendo sul confine, la questione dei migranti, per la quale Trump promette il pugno di ferro, è centrale. Secondo un recente sondaggio Cnn, l'ex presidente ha il 50%, contro il 34% di Harris, per quanto riguarda la politica sui migranti. Quattro anni fa, l'Arizona è stato uno degli stati con lo scarto più basso, con Joe Biden che ha vinto con un vantaggio dello 0,3% dopo una lunga fase di contestazioni da parte di Trump.

Georgia

Trump anche è in vantaggio con lo 0,7% nello stato che Biden nel 2020 si è aggiudicato con appena 12.670 voti di vantaggio, diventando il primo democratico a vincere le presidenziali in Georgia dal 1992, prima vittoria di Bill Clinton. L'ex presidente aveva un vantaggio molto più consistente ma si è assottigliato dopo che Harris ha sostituito Biden nella corsa per la Casa Bianca nello stato in cui il voto degli afroamericani, che sono il 33% della popolazione, è cruciale.

Michigan

Minimo, dello 0,2%, il vantaggio di Harris nello stato dove invece subito dopo la convention a fine agosto era riuscita ad ottenere un vantaggio di 2 punti. Secondo alcuni al suo arretramento nei sondaggi sta contribuendo l'aggravarsi della situazione in Medio Oriente, dal momento che nello stato del Mid West vivono 200mila arabo americani che hanno minacciato di non sostenere i democratici per l'appoggio dato ad Israele dall'amministrazione Biden. Quattro anni fa Biden vinse nello stato per 150mila voti e nel 2016 Trump per meno di 11mila.

Nevada

Harris ha qui il suo vantaggio più consistente, due punti, dovuta al fatto che lo stato negli ultimi cicli elettorali si è sempre di più spostato verso i democratici. L'ultimo repubblicano a vincere le presidenziali è stato, due volte, George W. Bush. Ad agosto la democratica ha incassato l'endorsement dell'influente Culinary Workers Union Local 226, che rappresenta i lavoratori del settore alberghiero di Las Vegas e Reno ai quali entrambi i candidati hanno promesso misure per detassare le mance.

North Carolina

Harris ha un vantaggio dello 0,8% nello stato che è stato l'unico stato chiave vinto da Trump quattro anni fa. I precedenti storici sembrano comunque favorire l'ex presidente: Barack Obama è stato l'unico democratiche a vincere nello stato dal 1976. E ci è riuscito nel 2008 ma non nel 2012. Ma in favore di Harris può giocare il fatto che il 22% della popolazione è afroamericana ed una sua affluenza massiccia alle urne potrebbe essere determinata per la candidata afroamericana. Favorevole ai democratici anche il fatto che la North Carolina è tra gli stati chiave quello con il maggior numero di laureati, gruppo che negli anni recente tende a votare dem.

Pennsylvania

Il Keystone State appare quest'anno come lo stato da conquistare per arrivare alla Casa Bianca, grazie ai suoi 19 voti elettorali, il bottino maggiore tra tutti gli stati chiave. Harris al momento è avanti dello 0,8%, ma oggi è atteso un nuovo comizio di Trump a Butler, la località dove il 13 luglio l'ex presidente è scampato ad un tentato assassinio. A confermare quanto sia cruciale la vittoria in questo stato, a sostegno di Harris nei prossimi giorni arriverà in Pennsylvania Obama, che terrà un comizio a Pittsburgh il 10 ottobre.

Wisconsin

Harris ha un vantaggio relativamente più consistente, 1,3%, ma sfortunatamente per lei i sondaggi in Wisconsin si sono rivelati diverse volte errati nello stato. Nel 2016 davano Clinton in testa per 6 punti, invece Trump vinse di misura. E anche quattro anni fa Biden era dato avanti di 7 punti, invece alla fine ha vinto per il rotto della cuffia. Bisogna infine notare che anche in questo stato, nelle ultime settimane la democratica ha visto ridursi in modo preoccupante il vantaggio ottenuto dopo la convention che in Wisconsin era arrivato a quattro punti.

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Esteri

Ucraina nella Nato se cede territori a Putin: Zelensky dice...

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Il Financial Times delinea lo scenario con la cessione di territori alla Russia. Il messaggio del presidente è categorico: "No al commercio di sovranità"

Volodymyr Zelensky

Ucraina nella Nato se cede territori alla Russia? Volodymyr Zelensky dice no. A delineare lo scenario e il Financial Times che, dopo oltre 950 giorni di guerra, presenta un'ipotesi di soluzione del conflitto e, contemporaneamente, la chiave per aprire a Kiev le porte dell'Alleanza Atlantica.

"Cedere territori per ottenere l'ingresso alla Nato" è la base che si starebbe valutando, secondo il quotidiano che cita "diplomatici occidentali": come sostengono le fonti, questo potrebbe essere "l'unico gioco possibile" anche se per "gli ucraini rimane un tabù, almeno nelle dichiarazioni pubbliche".

"Diplomatici occidentali, e sempre più funzionari ucraini, stanno assumendo la convinzione che significative garanzie di sicurezza potrebbero formare la base di un accordo negoziato in cui la Russia mantiene de facto, ma non de iure, il controllo di tutti o parte dei territori occupati in Ucraina", scrive ancora Ft, sottolineando che "per essere chiari, né Kiev né i suoi sostenitori stanno proponendo di riconoscere la sovranità della Russia su oltre un quinto del territorio ucraino illegalmente occupato dal 2014".

"Quello che si prospetta è una tacita accettazione che questi territori dovranno essere riconquistati attraverso vie diplomatiche in futuro - conclude - anche se, comprensibilmente, questa è una questione delicata per gli ucraini, specialmente quando presentata come base per un compromesso con Mosca".

La guerra e lo stallo

La soluzione prospettata dal Financial Times prende forma in un momento di apparente stallo della guerra. La Russia avanza nel Donbass, come dimostra la recente conquista di Vulhedar, e si avvicina al nodo strategico di Povkrosk, città importante per la logistica e le comunicazioni di Kiev.

L'autunno, però, porterà pioggia e trasformerà il campo di battaglia in una palude: per settimane, in attesa della neve e dell'inverno, lo spostamento di uomini e mezzi diventerà sempre più complicato e lo stallo è un'ipotesi concreta.

Da due mesi, intanto, le forze armate ucraine hanno invaso la regione russa di Kursk arrivando a controllare oltre mille km quadrati. L'azione di Kiev ha costretto Mosca a rivedere ovviamente le proprie strategie, riposizionando uomini e mezzi inizialmente destinati ad altri settori del fronte. La Russia, però, non ha allentato la presa sul Donbass e non ha fatto 'all in' per recuperare rapidamente il proprio territorio.

Il no di Zelensky

Lo scenario delineato dal Financial Times viene bocciato in maniera categorica da Zelensky, che si esprime con il consueto messaggio affidato ai social e non cita espressamente il quotidiano britannico. La posizione di Kiev, d'altra parte, non è mai cambiata dall'inizio della guerra: l'Ucraina non accetterà mutilazioni territoriali e punta al recupero anche della Crimea.

"Il nostro compito è garantire una pace affidabile e una sicurezza duratura per l'Ucraina. Ciò è possibile solo sulla base del diritto internazionale e senza alcun commercio di sovranità o territori. Esattamente come prescritto dalla Formula di Pace", dice Zelensky ribadendo una linea già nota e messa nero su bianco nei documenti che il presidente ha presentato alla comunità internazionale e, nelle ultime settimane, al presidente americano Joe Biden e ai due candidati alla Casa Bianca, Kamala Harris e Donald Trump.

"L'Ucraina ha bisogno di pace, vera, giusta, di protezione garantita dalla guerra. Ciò è possibile solo con posizioni forti. E solo se il nostro popolo e i nostri partner sono veramente uniti. È per questo che lavoriamo", aggiunge.

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Esteri

Netanyahu: “Israele ha diritto di rispondere ad...

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Il primo ministro israeliano promette di replicare a Teheran. Fonti Usa: "Accadrà a breve". Nuovo raid su Beirut

Benjamin Netanyahu (Afp)

Benjamin Netanyahu promette che Israele risponderà all'attacco con missili balistici sferrato dall'Iran martedì scorso. "Nessun Paese al mondo accetterebbe un simile attacco alle sue città e ai suoi cittadini, e nemmeno Israele", afferma il primo ministro in una dichiarazione video. "Israele ha il dovere e il diritto di difendersi e rispondere a questi attacchi - e lo faremo".

In Libano, aggiunge, Israele sta cambiando "l'equilibrio di potere al nord". "Circa un mese fa, abbiamo iniziato a mantenere la promessa che avevo fatto ai residenti del nord", afferma il premier, riferendosi all'obiettivo di riportare i residenti della parte settentrionale di Israele nelle loro case, un anno dopo la loro evacuazione dal confine libanese.

"Abbiamo eliminato Nasrallah e la leadership di Hezbollah, abbiamo eliminato i comandanti della forza Radwan che progettavano di invadere la Galilea e di compiere un massacro di nostri cittadini più grande e più terribile di quello del 7 ottobre", prosegue.

Israele ha distrutto "gran parte" delle scorte di missili e razzi di Hezbollah. "E in questi giorni i nostri eroici soldati stanno distruggendo la serie di tunnel del terrore che Hezbollah aveva preparato in segreto, vicino ai nostri confini", ha aggiunto. "Anche se non abbiamo ancora completato la rimozione della minaccia, abbiamo chiaramente cambiato il corso e l'equilibrio della guerra".

Fonti Usa: "Attacco imminente"

Secondo quanto prevedono fonti americane la risposta israeliana all'attacco iraniano sarebbe imminente. Ci sarebbe anche un ruolo degli Stati Uniti nell'operazione, alla quale non dovrebbero partecipare i caccia, mentre ci sarà senz'altro un coordinamento tra Washington e Tel Aviv.

"Certamente stiamo cercando di evitare che la situazione degeneri in una guerra regionale, ma è chiaro che gli Stati Uniti potrebbero essere coinvolti", hanno detto i funzionari, che comprendono la necessità per Israele di rispondere a Teheran, pur riconoscendo la complessità di un potenziale attacco alle strutture nucleari iraniane. "Non è così semplice eliminare l'infrastruttura nucleare iraniana con un singolo bombardamento. È molto complicato", hanno aggiunto.

Un segnale, intanto, fa pensare che l'azione israeliana possa avvenire in tempi brevi. Il capo del Centcom degli Stati Uniti, il generale Michael Kurilla, è arrivato in Israele per incontri con i vertici militari israeliani.

Biden: "Non ho ancora parlato con Netanyahu"

Il presidente americano Joe Biden non ha ancora parlato con Netanyahu come ha reso noto lui stesso, rispondendo "no" alla domanda di una giornalista della Cnn che gli chiedeva dell'eventuale colloquio. Nei giorni scorsi Biden aveva detto che avrebbe parlato "relativamente a breve" con il premier israeliano nel mezzo dell'escalation in Medio Oriente.

Macron e le armi a Israele

Il primo ministro israeliano intanto attacca i leader occidentali favorevoli a un embargo sulle armi a Israele. "Vergogna", ha affermato in una dichiarazione televisiva, rivolgendosi direttamente con un messaggio al presidente francese Emmanuel Macron, che ha dato uno stop alla fornitura delle armi a Israele che "le usa a Gaza". "Io penso che oggi la priorità è che si arrivi a una soluzione politica, che si smetta di fornire armi per condurre i combattimenti a Gaza. La Francia non le manda", ha detto il numero uno dell'Eliseo.

Netanyahu chiede, poi, se l'Iran stia imponendo un embargo sulle armi ai suoi alleati. "Certo che no", risponde. "Questo asse del terrore è unito". "Ma i Paesi che presumibilmente si oppongono a questo asse del terrore chiedono un embargo sulle armi a Israele", continua il primo ministro israeliano che promette di vincere "con o senza il loro sostegno". "Siate certi che Israele combatterà finché la battaglia non sarà vinta per il nostro bene e per il bene della pace e della sicurezza nel mondo" conclude.

La Francia "è un'amica incrollabile di Israele" afferma l'Eliseo dopo le dichiarazioni di Netanyahu. L'Eliseo inoltre "deplora le parole eccessive" del premier israeliano "senza alcun collegamento con l'amicizia tra i nostri due Paesi".

Il segretario di Stato Usa Antony J. Blinken ha avuto un colloquio con il ministro degli Esteri francese, Jean-Noël Barrot. I due, riferisce in una nota il portavoce Matthew Miller, "hanno discusso dell'evolversi della situazione in Medio Oriente e dell'importanza di coordinare gli sforzi per una risoluzione diplomatica che consenta ai cittadini di Israele e Libano di tornare nelle loro case. Hanno anche discusso gli sforzi congiunti per aumentare gli aiuti umanitari a Gaza e garantire il rilascio degli ostaggi". Il Segretario di Stato Usa ha ribadito "la condanna degli Stati Uniti nei termini più forti dell'attacco militare iraniano contro Israele del 1° ottobre".

Nuovo raid su Beirut

Dopo che l'Idf ha invitato i civili a fuggire dall'area circostante tre siti di Hezbollah nella periferia sud di Beirut, i media libanesi riportano attacchi aerei nell'area. Lo riferisce 'The Times of Israel'. Il colonnello Avichay Adraee, portavoce dell'Idf in lingua araba ha pubblicato mappe insieme all'annuncio, che invitano i civili a distanziarsi di almeno 500 metri da diversi siti. Negli ultimi giorni, l'Idf ha emesso diversi ordini di evacuazione per siti specifici a Dahiyeh in vista di attacchi aerei sulle infrastrutture di Hezbollah.

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