Camila Giorgi a Verissimo: “Stufa del tennis, non sono scappata”
L'ex tennista racconta il suo 'misterioso' ritiro
"Mi ero stancata di questa vita, non sono scappata". Camila Giorgi, 32 anni, a Verissimo racconta il 'misterioso' addio al tennis. L'addio risale a maggio, con quella che alcuni media hanno definito una 'fuga'. Nessuna traccia dell'atleta, un ritiro senza un annuncio ufficiale. "Avevo pianificato il mio ritiro, era tutto pronto per l'annuncio. Sono stata cancellata delle liste dell'antidoping, i fans hanno cominciato a parlare dell'argomento. La notizia è uscita e hanno detto che ero sparita, ma non era vero".
"Io non scappo mai: il problema forse è che non parlo tanto. Da anni volevo smettere, volevo chiudere con il tennis. Già in passato era capitato di abbandonare il tennis per qualche mese. Poi tornavo ai campi per allenarmi: stavolta, no. Il tennis mi piace ancora adesso, ma non ce la facevo più a reggere lo sforzo fisico e mentale tra viaggi e pressione. Ora sono felice", dice a Silvia Toffanin.
"Non c'è stata nessuna fuga, quando sono usciti gli articoli ero a Roma. Sono stata per tanti anni a Miami con i miei genitori, da tempo faccio base negli Stati Uniti e sono sempre lì", aggiunge l'ex tennista di origine argentina. "In questi anni si è parlato del rapporto con mio padre e sono state scritte tante cose non vere. Mi ha sempre sostenuto e aiutato, ho sempre detto che avrei voluto arrivare fino alla fine della carriera con lui. E' un uomo duro? Altra cosa non vera. Serve disciplina nello sport. Oggi anche lui è molto felice, quando ho detto che volevo smettere mi ha detto 'va bene, hai fatto una carriera bellissima'. Mi ha sempre supportata, non mi ha mai contraddetta", racconta.
Si parla di contenziosi con il fisco. "Si tratta di problemi legati a persone esterne che avrebbero dovuto gestire questioni fiscali. Quando mi sono formalmente ritirata, non ero a conoscenza" di tutto. "Mio padre era il mio allenatore, non gestiva questi aspetti: c'erano altri professionisti. Non ci siamo spaventati per questa situazione, ci siamo affidati ad altre persone e ora siamo in ordine. Tirano sempre in mezzo mio padre come se fosse sempre il responsabile, ma in questo caso anche lui è stato una vittima", racconta la 32enne.
Giorgi è coinvolta in un'inchiesta per presunte false vaccinazioni covid. L'ex atleta abbozza una spiegazione: "A novembre è in programma un'udienza. Io ho fatto il vaccino, certo che l'ho fatto. Ho fatto l'iniezione e ho ottenuto il green pass. Questa dottoressa ha fatto dei nomi per coprirsi. Credevo di aver instaurato con questa persona un rapporto umano".
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Sinner si allena con Wawrinka: “Grazie Stan, un onore...
In Australia, il numero uno al mondo si è allenato con il vincitore degli Australian Open 2014
Jannik Sinner corre verso gli Australian Open e continua ad allenarsi dall’altra parte del mondo con sparring partner d'eccezione. Dopo il primo allenamento dell’anno con il figlio d’arte Cruz Hewitt, figlio di Lleyton, il numero uno del ranking nella notte ha condiviso il campo con Stan Wawrinka. Il campione svizzero che, curiosità, trionfò a Melbourne 10 anni prima dell'azzurro, nel 2014. E che, a 39 anni e con una wild card in tasca per il primo Slam stagionale, ha ancora voglia di battagliare.
Sinner e l'allenamento con Wawrinka
Jannik arriva in Australia per bissare il successo dello scorso anno, da numero uno al mondo e dopo la stagione della consacrazione, seguito dal tecnico Darren Cahill. Lo stesso che ha condiviso sui social una foto dell’allenamento con Wawrinka (con cui pochi giorni fa si è allenato Matteo Berrettini), ringraziando il campione svizzero e ricordando la sua vittoria agli Australian Open del 2014: “Grazie Stan. Sempre un piacere condividere il campo con te". In attesa del primo impegno stagionale, il match di esibizione contro Popyrin del 7 gennaio, Sinner si allenerà anche con un altro sparring partner di livello. Frances Tiafoe, battuto nell’ultima finale del Masters 1000 di Cincinnati, con cui Jannik condividerà il campo il 6 gennaio.
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Butler-Miami, è rottura: da Golden State a Phoenix Suns, il...
L'asso degli Heat è stato sospeso per cattiva condotta dalla sua franchigia. Adesso è ufficialmente sul mercato
La storia tra Jimmy Butler e Miami è ai titoli di coda. Gli Heat hanno annunciato in un comunicato ufficiale di aver sospeso la loro stella per sette partite, "per molteplici episodi di condotta dannosa per la squadra nel corso della stagione e in particolare nelle ultime settimane". Adesso, uno dei giocatori migliori dell’Nba è ufficialmente sul mercato perché - spiega la società - "con le sue azioni e dichiarazioni, ha dimostrato di non voler più far parte di questa squadra. Jimmy Butler e il suo rappresentante hanno indicato che desiderano essere scambiati, quindi ascolteremo le offerte".
Butler, addio a Miami
La cattiva condotta costerà a Jimmy Butler (in scadenza a fine stagione, ma con opzione per rinnovo) oltre 2 milioni di dollari di stipendio da versare agli Heat (ne percepisce circa 52 a stagione), ma la mossa lo porterà a diventare free agent dopo che Miami ha rifiutato di concedergli il rinnovo alle condizioni richieste. E così, la stella Nba potrà andar via prima del tempo e strappare un contratto migliore sul mercato. Sul 35enne non manca l’interesse e in questo senso per Miami la situazione è complicata perché la cessione dovrà avvenire entro il 6 febbraio, data di scadenza degli scambi stagionali. Pochi margini di negoziazione, dunque.
Il futuro di Jimmy Butler
Le squadre che prenderebbero Butler di corsa sono diverse, tutte con ambizioni importanti ma in un momento di difficoltà. Golden State, per esempio, che avrebbe giocatori interessanti da mettere sul tavolo come contropartita (Kuminga su tutti). E poi, gli Houston Rockets e i Phoenix Suns. Franchigie che potrebbero virare su Butler per puntare al titolo. In fondo, l’americano - a Miami dal 2019 - ha trascinato i suoi alle Finals nel 2019-20 e nel 2022-23. Sempre da protagonista. Particolare da non sottovalutare.
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Il diario della Parigi-Dakar: continua la...
"È difficile descrivere l'emozione che si prova ad andare in moto per ore e ore in questi paesaggi meravigliosi"
"È partita questa splendida avventura. È difficile descrivere l'emozione che si prova ad andare in moto per ore e ore in questi paesaggi meravigliosi. Pensate che la mia speciale di oggi è stata di 8 ore e 53 e ho fatto in moto più di 12 ore, tra tutti trasferimenti vari. Per 8 ore e 53 ho cercato di andare il più veloce possibile senza mai fermarsi", racconta Iader Giraldi, che quest’anno partecipa alla Dakar rally in Arabia Saudita.
"La gara prevede un momento in cui il tempo si sospende. Si chiama neutralizzazione e dura 20 minuti. In quei periodo di tempo si può mangiare, fare pipì e fare benzina alla moto. Devo confessare che in questa occasione a fare pipì mi ci sono fermato una volta in più, perché ho una certa età.Ma oggi la difficoltà maggiore ha riguardato la navigazione.
Dovete sapere che noi non abbiamo una traccia predefinita. Semplicemente c’è un road book, una sorta di papiro elettronico, che scorre ogni tot chilometri dà dei segnali con dei disegnini, che ti consentono di comprendere se a quel chilometro c’è quel dato territorio, da un'indicazione di svolta a destra, a sinistra, di prendere il grado 76, oppure di girare attorno alla montagna o di prendere il percorso del fiume secco.
Sostanzialmente è una navigazione tipo quella marittima, con l'uso di chilometri, di posizione e gradi.
Molte oggi mi è capitato, partendo verso la fine, di arrivare e trovare fermi tanti ragazzi, che andavano molto veloci ma poi rimanevano senza sapere dove andare. E ammetto di essere molto contento, perché sono riuscito a non sbagliare nessun incrocio (nessun trick come dicono gli inglesi) e questo mi ha consentito, pur guidando in sicurezza, di arrivare con senso. Devo dire che spesso per navigare non si seguono solo delle logiche. A volte si seguono anche delle reazioni istintive. Per poter capire qual è la strada giusta occorre non fermarsi a quella posizione, ma alzare lo sguardo, ad esempio vedere le note successive. Un po’ come nella vita, quando non si fa una scelta in funzione di quello che si vede in quel momento, ma si cerca di essere lungimiranti e di guardare un po’ cosa c'è dopo. Questa è la tecnica fondamentale che uso e che ho imparato dal rally.
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Un’altra esperienza che oggi ho vissuto molto intensamente riguarda proprio la capacità di resistere anche al dolore. Nel senso che il dolore, come la stanchezza, fa capolino e ogni tanto inizia a fare male una mano, una gamba. La nostra mente ci manda tanti impulsi di dolore, ma che in realtà non sono dolori reali. Ho scoperto, facendo questo sport, che spesso sono l’espressione di meccanismi di difesa della mente quando viene sottoposta dalla nostra volontà, che viene percepita quasi come fosse un’entità esterna, a fatiche e a sforzi che non le spettano .
Nel tempo ho imparato che, quando in questi frangenti partono dei piccoli dolori, con la respirazione e con la concentrazione si riescono a superare.
Insomma, in 8 ore 53 di moto, seppure a una certa velocità, pur navigando, si fanno tanti pensieri, a volte anche strani. Ma il bello del rally è tutto questo.
Domani forse non ci sentiamo, perché abbiamo una tappa che dura due giorni in cui dobbiamo fare 1100 km e ci fermiamo quando fa buio in una tenda che ci viene data dall'organizzazione.
Quindi ora si va a letto, che anche domani ci aspetta una grande giornata".