Israele-Gaza, dal massacro Hamas del 7 ottobre all’attacco iraniano: un anno di guerra
Il bilancio: oltre 1.200 israeliani uccisi e 251 presi in ostaggio, quasi 42mila palestinesi morti nella Striscia di Gaza e più di duemila libanesi che hanno perso la vita
Oltre 1.200 israeliani uccisi e 251 presi in ostaggio, quasi 42mila palestinesi morti nella Striscia di Gaza e più di duemila libanesi che hanno perso la vita. Ma anche 200 lavoratori dell'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa) e più di un centinaio di giornalisti. Questo il bilancio delle vittime da quando, il 7 ottobre di un anno fa, Hamas ha lanciato un assalto al sud dello Stato ebraico che per gli israeliani è ''il peggior massacro dall'Olocausto''.
Da allora, la rappresaglia israeliana ha causato vittime tra i palestinesi e i libanesi ai quali si aggiungono sfollati e una crisi umanitaria senza precedenti secondo l'Onu. E a Gaza restano 110 ostaggi, di cui si ritiene che meno di 70 siano ancora in vita.
L'attacco del 7 ottobre da parte di Hamas
Tutto ha inizio alle 6.30 del 7 ottobre, quando le sirene antiaeree iniziano a suonare a Gerusalemme avvisando i cittadini dell'attacco in corso e di mettersi immediatamente al riparo. Le Forze di difesa israeliane stimano che circa 2.200 razzi siano stati lanciati verso il sud e il centro di Israele, tra cui Tel Aviv e Gerusalemme, dai miliziani di Hamas. Gli uomini armati di Hamas, molti dei quali in motocicletta, hanno preso d'assalto kibbutz, le comunità israeliane al confine e il rave party Nova che era stato organizzato del deserto del Negev. Più di mille palestinesi, di Hamas e di altri gruppi armati palestinesi, hanno compiuto quello che l'Onu ha definito un ''attacco coordinato e complesso'' costato la vita a 809 civili, almeno 280 donne e 40 bambini, secondo le Nazioni Unite, e 314 soldati. Quasi 15mila i feriti.
Poco dopo l'attacco Mohammed Deif, comandante in capo delle Brigate Al Qassam, braccio armato di Hamas, rilascia una dichiarazione video in cui rivendica la responsabilità dell'azione. L'operazione è stata ribattezzata 'Diluvio di Al-Aqsa' e, da Hamas, è stata descritta come ''un atto difensivo'' e ''un passo necessario per porre fine all'ingiusto assedio della Striscia di Gaza, per affrontare tutte le cospirazioni israeliane contro il popolo palestinese e la sua causa''.
Operazione militare senza precedenti contro la Striscia di Gaza
Verso le 18 il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu dichiara che "Israele è in guerra". E' la prima volta dalla guerra arabo-israeliana del 1973 e segna l'inizio di un'operazione militare senza precedenti contro la Striscia di Gaza, con la mobilitazione di 300mila riservisti. I jet israeliani si alzano in volo cominciando a bombardare Gaza. Tra i primi obiettivi rasi al suolo, la moschea Al-Sousi a Gaza City. Il giorno, l'8 ottobre, Hezbollah lancia attacchi missilistici contro le comunità israeliane al nord al confine con il Libano.
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden chiama Netanyahu ed esprime la ''condanna'' degli Stati Uniti e il sostegno a Israele. "Israele ha il diritto di difendere sé stesso e il suo popolo", afferma Biden in un discorso televisivo dalla Casa Bianca. Il 14 ottobre Egitto, Israele e Stati Uniti concordano di consentire agli stranieri a Gaza di passare attraverso il valico di frontiera di Rafah verso l'Egitto, provocando una corsa caotica verso il confine meridionale da parte di palestinesi e stranieri che sperano di fuggire.
18 OTTOBRE - Il presidente americano Biden arriva in Israele e viene accolto con un abbraccio dal primo ministro Netanyahu sulla pista dell'aeroporto Ben Gurion, vicino a Tel Aviv. Sono "orgoglioso di essere qui", dice Biden, "voglio dire al popolo di Israele che il loro coraggio, il loro impegno, la loro audacia sono eccezionali", afferma il presidente Usa, promettendo di fornire a Israele tutto ciò di cui ha bisogno per difendersi. Allo stesso tempo, Biden dice agli israeliani: ''Non fate i nostri stessi errori dopo l'11 settembre''.
24 NOVEMBRE - Viene dichiarato un cessate il fuoco di sette giorni ed è l'unica tregua che la guerra ha conosciuto finora. Durante quella settimana, e grazie a un intenso processo di mediazione internazionale, Israele ha rilasciato 240 prigionieri palestinesi in cambio di 105 civili rapiti da Hamas. Sembrava essere una prima spinta verso la fine del fuoco duraturo, secondo le aspettative, che finì per crollare. La fine della tregua ha significato l’intensificazione dei bombardamenti israeliani sull’enclave, l’accelerazione delle sue operazioni di terra e la certezza che le conseguenze della guerra stavano definitivamente sfuggendo alle mani della comunità internazionale.
26 GENNAIO - La Corte Internazionale di Giustizia, il tribunale delle Nazioni Unite, ha ordinato a Israele di ''prendere tutte le misure possibili'' per prevenire un genocidio a Gaza. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite tenta da mesi di promulgare una risoluzione di cessate il fuoco, ma il veto degli Stati Uniti la rende difficile. Con quattordici voti a favore e l'astensione degli Stati Uniti, il 25 marzo il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione richiedendo un cessate il fuoco temporaneo nel conflitto tra Israele e Hamas. Sul terreno, però, la situazione va solo a peggiorare e si dirige verso una escalation sempre maggiore.
13 APRILE - L'Iran lancia 300 tra droni e missili balistici verso Israele, il 99% dei quali abbattuti, secondo Tel Aviv. Si tratta della risposta di Teheran all'uccisione, due settimane prima, del comandante della forza di elite dei Pasdaran, al-Quds, Mohammad Reza Zahevi insieme ad altre 15 nel consolato a Damasco.
Questa escalation è legata alle operazioni parallele di Israele per decapitare la leadership dei movimenti armati che deve affrontare. Il leader politico di Hamas Ismail Haniyeh è stato ucciso il 31 luglio a Teheran. Il 27 settembre è stato ucciso il segretario generale di Hezbollah Hassan Nasrallah nel sobborgo a sud di Beirut che è roccaforte del gruppo. Pochi giorni prima decina di miliziani di Hezbollah perdono la vita o in migliaia rimangono feriti a causa dell'esplosione coordinata di cercapersone e walkie talkie.
30 SETTEMBRE - Israele annuncia "un'incursione mirata e limitata" nel sud del Libano, scatenando un’ondata di bombardamenti a sud di Beirut.
1 OTTOBRE - 180 missili iraniani vengono lanciati verso Israele. Il timore è che l'escalation continui, con la preannunciata risposta di Tel Aviv.
Esteri
Ucraina-Russia, Zelensky: “Guerra può finire nel...
Il presidente ucraino e l'incognita della nuova amministrazione Usa: "Voglio sentire le proposte di Trump"
L'Ucraina punta su Donald Trump per chiudere la guerra con la Russia nel 2025. Mentre Vladimir Putin spaventa l'Europa con il nuovo missile Oreshnik che "può colpire ovunque" nel Vecchio Continente, Kiev attende l'insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti per una svolta negoziale che apra la strada alla pace. Trump, com'è noto, da mesi si dice convinto di poter portare Ucraina e Russia al tavolo per una rapida intesa.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky continua a dirsi fiducioso che la guerra con la Russia possa finire nel 2025 e che "a gennaio avremo un piano", ribadisceai media stranieri a margine della terza conferenza internazionale 'Grain from Ukraine'.
Cosa ha detto Zelensky
"Per quanto riguarda il momento in cui la guerra finirà... finirà quando la Russia deciderà di farla finire. Quando gli Stati Uniti assumeranno una posizione più forte. Quando il Sud globale si schiererà con l'Ucraina e a favore della fine della guerra", dice Zelensky, sottolineando di essere fiducioso che questi sviluppi si verificheranno prima o poi e che verranno prese delle decisioni.
"Sarà un percorso difficile, ma sono convinto che abbiamo tutte le possibilità di raggiungere questo obiettivo l'anno prossimo - afferna - capiamo che la Russia non sarà d'accordo con tutti questi passi, ma c'è la Carta delle Nazioni Unite e tutte le nostre azioni si basano su di essa. Speriamo che siano sostenute dai nostri partner".
"Voglio sentire le proposte di Trump"
L'incognita maggiore per Zelensky - e allo stesso tempo la principale speranza - è la nuova amministrazione Usa. È necessario ascoltare le proposte d Trump sul piano per porre fine al conflitto. "Siamo aperti - dice Zelensky -; lo dirò ancora una volta, e tra l'altro, ai leader dei paesi africani, asiatici e arabi... Siamo pronti a vedere le loro proposte. Voglio anche vedere quelle del nuovo presidente degli Stati Uniti d'America. Penso che avremo queste proposte a gennaio e che avremo un piano per porre fine a questa guerra".
"Sono sicuro che l'anno prossimo avremo tutte le possibilità di porre fine alla guerra - aggiunge il presidente ucraino - Ci sono passi appropriati per questo... Comprendiamo che la Russia non farà tutti questi passi. Ma esiste una carta delle Nazioni Unite e tutti i nostri passi basati sulla Carta delle Nazioni Unite saranno sostenuti dai partner".
Il messaggio (quotidiano) da Mosca
Putin, particolarmente loquace negli ultimi giorni con 2 messaggi, tace lasciando spazio ai proclami di Dmitry Medvedev, ex presidente e attuale numero 2 del Consiglio di sicurezza. Il presidente, dopo il lancio di un nuovo missile a medio raggio contro il territorio ucraino, ha avvertito in particolare l'Europa: "Possiamo colpire ovunque", ha detto come reazione alle azioni condotte da Kiev, che ha colpito il territorio russo con missili americani (Atacms) e britannici (Storm Shadow).
A stretto giro, tocca a Medvedev indicare la soluzione ideale del conflitto per i parametri russi: "Se il blocco Nato smette di soffiare sul fuoco della guerra in Ucraina, questo conflitto può finire senza alcun ulteriore costo per l'umanità", dice Medvedev.
Esteri
Netanyahu, Crosetto: “Linea governo è approfondimento...
Il ministro della Difesa sul mandato emesso dalla Corte penale internazionale: "A primo acchito sembra una sentenza più politica che tecnica". Salvini: "Non è Netanyahu il criminale"
Sul mandato di arresto emesso dalla Corte penale internazionale (Cpi) per il premier israeliano Benjamin Netanyahu, "la linea del governo è quella di approfondire le motivazione della sentenza che a primo acchito sembra una sentenza più politica che tecnica". Dopo le parole della premier Giorgia Meloni, a ribadirlo è il ministro della Difesa Guido Crosetto prima di intervenire alla convention di Centro Popolare e Noi Moderati, in corso a Napoli.
"Ma la cosa che ha colpito di più e che io ho detto sin dal primo momento - ha aggiunto il ministro - è che abbiamo trovato inaccettabile e assurdo mettere sullo stesso piano i leader di un'organizzazione terroristica che ha attaccato innocenti con chi guida legittimamente uno stato democratico e si sta difendendo".
La linea Meloni
Rimettendo ordine dopo una serie di prese di posizione non univoche all'interno dell'esecutivo, tanto che il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini nella mattinata aveva manifestato la convinzione che la premier avrebbe trovato "una sintesi", Meloni ieri sera ha indicato la linea del governo italiano sul caso.
"Approfondirò in questi giorni - ha spiegato Meloni - le motivazioni che hanno portato alla sentenza della Corte penale internazionale. Motivazioni che dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica. La presidenza italiana del G7 intende porre il tema all’ordine del giorno della prossima ministeriale Esteri che si terrà a Fiuggi dal 25 al 26 novembre. Un punto resta fermo per questo Governo: non ci può essere una equivalenza tra le responsabilità dello Stato di Israele e l'organizzazione terroristica Hamas", ha sottolineato la presidente del Consiglio.
Salvini insiste: "Non è Netanyahu il criminale"
''Conto che si trovi una soluzione perché sicuramente non è Netanyahu il criminale di guerra. Diciamo che i terroristi islamici sono il problema per l'Italia e per il mondo, e quindi conto che il problema non si ponga mai'', ha intanto insistito oggi il ministro Salvini.
Parlamentari e Ong italiani a dicembre a L'Aja: "Sostegno a Cpi, Italia non si sottragga"
Intanto, venerdì 13 dicembre prossimo, una delegazione composta da deputati e deputate dell’Intergruppo parlamentare per la pace tra la Palestina e Israele, europarlamentari italiani e rappresentanti delle Ong italiane, si recherà a L'Aja per una serie di incontri presso la Corte penale internazionale (Cpi).
La visita, prevista da tempo, avviene dopo l’emissione dei mandati di arresto da parte della Corte nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, dell’ex ministro della Difesa Yoav Gallant e dell’attuale leader di Hamas Mohammed Deif, la cui morte è ancora incerta, per crimini di guerra e contro l’umanità.
"L’obiettivo della visita –dichiarano i parlamentari dell'Intergruppo- è di prendere atto del lavoro della Corte, delle difficoltà e degli ostacoli che sta incontrando nello svolgimento delle proprie attività, oltre ad esprimere pieno sostegno alla Corte, che opera al solo scopo di affermare la legalità internazionale, nonostante pressioni e circostanze molto difficili".
"È fondamentale che l’Italia, Paese in cui fu firmato lo Statuto di Roma che ha istituito la Cpi, dia un chiaro e inequivocabile segnale di vicinanza alla Corte. Il lavoro della Corte va rispettato in tutti i suoi passaggi: indagini, mandato d’arresto e sentenza. Il nostro Governo non può sottrarsi ai suoi obblighi internazionali e, per evitare ogni complicità con chi è ricercato per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, è necessario che prenda chiaramente le distanze dall’operato di Netanyahu e dei suoi ministri, dando piena attuazione al mandato d’arresto della Corte, che rappresenta un obbligo per ciascun Stato parte", concludono i parlamentari e le parlamentari dell'intergruppo per la pace tra la Palestina e Israele, coordinato dalla deputata del Movimento 5 Stelle Stefania Ascari.
Esteri
Ucraina-Russia, Medvedev: “Armi nucleari? Opzione...
Il vice capo del Consiglio di sicurezza russo: "Guerra finirà se Nato smette di alimentarla". Per il Pentagono, migliaia di soldati nordcoreani combatteranno "presto" contro le forze ucraine
Il conflitto in Ucraina potrà finire senza ulteriori costi in termini di vite umane se la Nato smetterà di alimentarlo. Ad assicurarlo è il vice capo del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, in un'intervista al canale televisivo Al Arabiya.
"Se il blocco Nato smette di soffiare sul fuoco della guerra in Ucraina, questo conflitto può finire senza alcun ulteriore costo per l'umanità", ha detto Medvedev. Commentando quindi la possibilità che la Russia utilizzi armi nucleari, come minacciato dal presidente Vladimir Putin, Medvedev ha osservato che si tratta di un'"opzione estrema".
Pentagono: "Presto migliaia di nordcoreani contro forze ucraine"
Gli Stati Uniti prevedono intanto che migliaia di soldati nordcoreani di stanza in Russia combatteranno "presto" contro le forze ucraine. A dichiararlo è stato il capo del Pentagono Lloyd Austin.
Il segretario alla Difesa statunitense stima infatti che circa 10mila militari dell'esercito nordcoreano si trovino nella regione russa di Kursk, che confina con l'Ucraina ed è in parte occupata dalle forze di Kiev, e siano "integrati nelle formazioni russe".
"Sulla base di ciò che sono stati addestrati" a fare e "di come sono stati integrati nelle formazioni russe, mi aspetto di vederli presto impegnati in combattimento", ha detto Austin ai giornalisti dalle Figi, dove si trova in visita, precisando di non avere conoscenza di "alcuna informazione significativa" di soldati nordcoreani "attivamente impegnati in combattimento" ad oggi.