M5S, il messaggio di Grillo: “Riprendiamoci tutto”
"Siamo finiti in quel labirinto magico chiamato governo dove ti perdi"
"È arrivato il tempo di riprenderci tutto. Le nostre battaglie, i nostri sogni, quel futuro che ci aspetta". E' il messaggio che Beppe Grillo affida al suo blog, in una nuova puntata del prolungato 'dialogo' con Giuseppe Conte sul destino del M5S.
"Il Movimento 5 Stelle, ricordate? Quello che partiva come un meteorite pronto a spazzare via tutto, a ribaltare i tavoli e a dare una sveglia alla politica come si deve. Un'armata di sognatori, ecologisti col turbo, guerrieri della giustizia sociale e difensori dei cittadini… poi, certo, strada facendo, siamo finiti in quel labirinto magico chiamato governo. Dove, se ti distrai un attimo, ti perdi nei corridoi, inciampi sui tappeti rossi e sbatti la testa contro i candelabri dorati", scrive il fondatore del M5S.
"E così le nostre belle battaglie – quelle per l'ambiente, per i cittadini, per un mondo senza privilegi e con più giustizia – sono state ingoiate dal mostro burocratico. La tempesta è diventata un po' nebbia. E nei corridoi dei palazzi, tra le stanze ovattate, le nostre lotte hanno cominciato a perdere i contorni. Sparivano, invisibili, tra i pizzini dei governanti, scomparivano sotto il peso degli accordi sottobanco, fino a finire sui manifesti degli altri partiti, quelli che arrivavano con il sorriso e ci mettevano sopra la loro firma. 'Guarda che belle proposte!', dicevano. E noi lì a pensare: 'Ma non erano nostre?'".
"Ed io con il mio Blog come baluardo! Un'oasi dove le idee non si disperdono, dove progetti futuristici hanno continuato a galleggiare come astronavi in attesa di atterrare: l'ambiente, l'energia, l'intelligenza artificiale, la mobilità, l'economia circolare, la salute. Cose serie, concrete. Progetti che non erano solo parole. Attraverso queste pagine abbiamo provato a raccontarvi un futuro diverso, un po' più luminoso, un po' più giusto".
"E allora mi sono detto: perché non rilanciarle? Una per volta, ogni settimana. Vi faremo riscoprire -prosegue Grillo- tutto quello che abbiamo già detto, ma che forse qualcuno non ha compreso abbastanza bene. Ogni progetto è un pezzo di quel futuro che porta un nome: 2050. L'ho voluto inserire lì, sul simbolo del MoVimento, perché voglio che ci ricordiamo di guardare avanti".
"Sono proposte reali, non favole. Sono cose che, con un po' di coraggio, possiamo fare davvero. E non è forse questo il coraggio che ci serve? Riprendere in mano il passato, farlo dialogare con il presente e spingerlo verso il futuro. Ogni passo che faremo insieme, sarà un passo più vicino a un'Italia che forse non avete mai immaginato, ma che è già qui, che aspetta solo di essere costruita. È arrivato il tempo di riprenderci tutto. Le nostre battaglie, i nostri sogni, quel futuro che ci aspetta", chiosa con una frase che ricorda
Politica
Ucraina, Zelensky in udienza dal Papa venerdì. Domani cena...
Il faccia a faccia è previsto in Vaticano alle 9.30. Intanto domani, come anticipato dall'Adnkronos, il Presidente ucraino dovrebbe essere a Roma dove incontrerà la presidente del Consiglio
Il Papa venerdì riceverà in udienza il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy. Il faccia a faccia è previsto in Vaticano alle 9.30.
Zelensky e il Papa hanno già avuto un faccia a faccia in Vaticano il 13 maggio 2023. A giugno scorso si sono visti per il G7 in Puglia in occasione di un incontro bilaterale. Il Pontefice è stato più volte invitato a recarsi a Kiev, ma lui stesso ha sempre posto la condizione di poter andare anche a Mosca, senza tuttavia ottenere risposta dal Cremlino.
Cena Meloni-Zelensky a Villa Pamphili
Dovrebbe poi essere confermato nelle prossime ore l'arrivo, anticipato ieri dall'Adnkronos, del Presidente Zelensky domani a Roma. Il leader ucraino dovrebbe vedere la premier Giorgia Meloni in serata, per una cena a Villa Doria Pamphili.
Il rinvio a data da definirsi del vertice di Ramstein, ormai ufficiale, non avrebbe dunque cambiato i programmi di Zelensky - oggi a Dubrovnik per il terzo summit Ucraina-Europa sud-orientale con i leader dei Balcani.
Oltre a Roma, il Presidente ucraino nei prossimi giorni dovrebbe raggiungere anche altre capitali europee.
Politica
Consulta, ancora una fumata nera: maggioranza fallisce,...
Il centrodestra vota scheda 'bianca' ed evita la conta, Marini in bilico?
Ennesima fumata nera, l'ottava, del Parlamento riunito in seduta comune alla Camera per la scelta del giudice della Consulta. Fallisce il tentativo della maggioranza, definito dall'opposizione come un "blitz della Meloni", di far eleggere (363 i voti richiesti, vale a dire i 3/5 dei 605 parlamentari) il giurista Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico di Palazzo Chigi voluto dalla premier e considerato il padre del ddl di riforma costituzionale del premierato. Numeri alla mano, i presenti e votanti sono stati 342 con 323 schede bianche, 10 nulle, e 9 'preferenze disperse'.
Oltre 20 gli assenti nel centrodestra. Ma questo dato va valutato con le pinze visto che l'ordine di scuderia partito ieri mattina dai vertici della coalizione di puntare sulla 'bianca' aveva depotenziato lo scrutinio (per sostituire Silvana Sciarra, che ha concluso il suo mandato l'11 novembre del 2023), destinandolo a un nulla di fatto.
"Ci siamo sentiti e coordinati, compatti li abbiamo fermati, ora serve il dialogo", esulta la segretaria del Pd Elly Schlein, rivendicando l'unità dei partiti di minoranza che senza ricorrere all'Aventino non hanno partecipato al voto, entrando in Aula ma senza ritirare la scheda. La scelta di optare per la scheda bianca nel centrodestra sarebbe maturata ieri prima delle 11. Infruttuose le interlocuzioni del giorno prima, proseguite fino a notte fonda.
Ira maggioranza: "Fanno male alle istituzioni, qualcuno se ne assumerà responsabilità"
In tarda mattinata la coalizione di governo preferisce evitare la conta, dopo aver constatato che nella tornata sarebbero mancati i voti necessari per l'upgrade di Marini.
In una nota i capigruppo di maggioranza avvertono: "I nostri parlamentari voteranno, per l'ultima volta, scheda bianca, auspicando che anche nell'opposizione prevalga il rispetto delle istituzioni piuttosto che le logiche di parte". Al termine della nuova fumata nera però i meloniani non ci stanno e lasciano intendere, almeno in pubblico, che Marini sarà riproposto la prossima volta, perché "non c'è nessun conflitto di interessi", assicurano da Fdi: basti pensare al caso del consigliere giuridico del presidente del Consiglio Mario Draghi Marco D'Alberti, diventato giudice costituzionale pur avendo avuto in precedenza un incarico a Palazzo Chigi.
"Non possiamo tenere bloccata l'Italia perché le opposizioni sono divise tra loro", tuona Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione del partito di via della Scrofa. Che aggiunge: "Se le opposizioni pensano di bloccare le istituzioni a vita fino a quando la maggioranza non fa quello che dicono loro sbagliano, fanno male alle istituzioni e a se stessi. Il tema è molto semplice: il loro gioco è 'blocchiamo la democrazia e l'Italia perché Meloni ha vinto le elezioni', ma non funziona così. Sono passati due anni, accettino la realtà: hanno perso le elezioni".
Gli fa eco il presidente dei deputati, Tommaso Foti: "Se vogliono bloccare la Corte Costituzionale, qualcuno se ne assumerà la responsabilità". Per il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida la scelta delle opposizioni di non votare "non la capisco, l'Aventino è una cosa incomprensibile. L'Aventino - spiega - è stato scelto in un periodo nefasto della nostra storia, nella quale era conculcata la libertà dei parlamentari, non è questa la situazione attuale". Tuttavia nelle file di Fdi non manca chi vorrebbe evitare le barricate su Marini e opta per una soluzione condivisa. "Non c'è nulla da fare, servono i voti anche dall'altra parte...", dice a mezza bocca un deputato. E una vecchia volpe della politica come Bruno Tabacci, esponente di Centro democratico, canta il de profundis di Marini: "Non credo che il suo nome sarà riproposto".
Opposizioni esultano, linea unitaria ha premiato
Soddisfatte le opposizioni, stavolta unite, per essere riuscite a fare muro. Un successo, senza dubbio. Ma ognuno lo 'festeggia' da sé. Le tensioni che attraversano il centrosinistra hanno una rappresentazione plastica in Transatlantico: i leader ciascuno con i propri parlamentari. Come stamattina al convegno Gimbe, dove sulla sedia accanto a Schlein c'è il segnaposto di Giuseppe Conte che però resta in fondo alla sala, in piedi. Una distanza, anche fisica, che viene notata dai cronisti.
Comunque, al netto del momento difficile nei rapporti tra le opposizioni, la linea unitaria ha premiato. "La compattezza delle opposizioni ha fermato la forzatura della maggioranza", sottolinea Schlein. E poi Conte: "Stamattina è fallito il blitz organizzato da Meloni in persona per consentire alla sola maggioranza di eleggersi il giudice della Corte Costituzionale. Li abbiamo lasciati da soli in Aula con le loro paranoie, a scovare i traditori dentro Fratelli d'Italia". Quindi Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni: "Presidente Meloni, fare le prove muscolari su organismi di garanzia come la Corte Costituzionale è un pessimo segnale". Caustico Riccardo Magi: "Meloni ha tentato il blitz sulla Consulta ed è stata una débâcle nel metodo e nel merito".
Ora le opposizioni chiedono che si riporti il dossier Consulta nei binari della "corretta dinamica parlamentare e costituzionale". "Se esiste una maggioranza qualificata per questo voto - rimarca Schlein - è proprio perché la Costituzione prevede un dialogo tra maggioranza e opposizione. E quando dico dialogo intendo non chiamate spicciole a parlamentari dell'opposizione, ma dialogo con le opposizioni sulla composizione della Corte Costituzionale". Al Pd non sarebbe arrivata nemmeno "mezza chiamata".
"Siamo la prima forza dell'opposizione ma non ci hanno cercati. Altri invece sono stati contattati..." sostengono fonti parlamentari dem. Il clima resta denso di sospetti. Tanto che in Transatlantico più di uno scommette che se non si fosse riusciti a tenere il fronte compatto sulla non partecipazione al voto, le cose sarebbero potute finire diversamente. "O Meloni pensava di chiudere il blitz su Marini col sostegno di qualcuno tra le opposizioni o non si spiega il suo tentativo di forzare", il refrain nel 'corridoio dei passi perduti'.
Politica
Ucraina, in agenda Zelensky visita da Meloni giovedì: tappa...
A quanto apprende l'Adnkronos il presidente ucraino dovrebbe essere in visita a Palazzo Chigi ma la visita sarebbe legata al vertice nella base Nato in Germania
A quanto apprende l'Adnkronos, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky dovrebbe essere a Roma giovedì, in visita a Palazzo Chigi dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. L'uso del condizionale è d'obbligo, perché la visita sarebbe legata a doppio filo al vertice di Ramstein, in programma sabato nella base Nato in Germania, dove numerosi capi di stato e di governo, compresa la premier italiana, dovrebbero ritrovarsi per fare il punto sul sostegno all'Ucraina.
Ma l'uragano che sta puntando sulla Florida ha fatto saltare la presenza di Joe Biden in Germania, dove avrebbe dovuto partecipare al prevertice di Berlino con Emmanuel Macron, Keir Starmer e il 'padrone di casa' Olaf Scholz, prevertice che avrebbe dovuto tenersi in mattinata in cancelleria prima che i quattro leader raggiungessero la base Nato. Ponendo interrogativi anche sul summit di Ramstein, ovvero se verrà posticipato, confermato o se cambierà 'formato' vista l'assenza di Biden. Da qui deriverebbero le incertezze sul viaggio di Zelensky a Roma e in altre capitali europee, per ora formalmente in stand-by.
Kiev e il summit di pace dopo le elezioni Usa
Intanto l'Ucraina non si aspetta più un secondo summit per la pace prima delle elezioni presidenziali Usa di novembre. E' quanto dichiara l'ufficio del presidente Zelensky, ufficio, guidato da Andriy Yermak, che è responsabile dell'organizzazione del vertice per riunire rappresentanti di governi e organizzazioni per discutere il piano di Zelensky teso a mettere fine, dopo oltre due anni e mezzo, alla guerra con la Russia.
Inizialmente, l'Ucraina aveva sperato che la conferenza - la seconda dopo quella che si è svolta a giugno in Svizzera senza la Russia - potesse svolgersi prima del 5 novembre, giorno delle elezioni che potrebbero segnare il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Ma ora, ha spiegato una consigliera di Yermak, Daria Zarivina a Telegraf, questa possibilità non viene considerata praticabile.
I preparativi per la conferenza comunque continuano e "la questione della data del secondo summit per la pace verrà decisa dopo che le conferenze tematiche saranno svolte", ha scritto su Telegram Zaeivina, riferendosi alle conferenze su singoli aspetti del piano, come lo scambio dei prigionieri, che si svolgeranno il 30 e 31 ottobre.