‘Songs Of A Lost World’ è un ode al mondo perduto dei Cure
Il primo novembre esce il nuovo album della band britannica tra intro lunghissime, sonorità inquiete e malinconia
"To wish impossibile things" cantavano i The Cure qualche anno fa. Desiderare cose impossibili oggi è ascoltare 'Songs Of A Lost World', il nuovo disco della band di Robert Smith, in uscita il primo novembre prossimo, che arriva a ben 16 anni dall’ultimo lavoro in studio. La domanda non è se il gruppo britannico sia ancora rilevante. Rilevante lo è di certo. Lo confermano 46 anni di successi, oltre 30 milioni di dischi venduti e l’influenza che hanno avuto, non solo musicalmente ma anche sul costume di generazioni di fan. La domanda è se abbiano ancora qualcosa da dire. Di sicuro 'Songs of a Lost World' non è un lavoro pigro o di maniera ma l’album, registrato ai Rockfield Studios in Galles, arriva in un momento particolare per il frontman, che ha da poco perso entrambi i genitori e il fratello e i brani sono, inevitabilmente, influenzati dai lutti che ha affrontato negli ultimi anni.
'Songs Of A Lost World' non è un'appendice del precedente lavoro '4:13 Dream'. Qui i Cure tornano alle tipiche sonorità caratterizzate da inquietudine e malinconia, riproposte in forma più adulta. E' un album che suona in modo sofferto e nostalgico, non certo una novità per l'universo sonoro dipinto dai Cure durante la loro carriera, ma che si colora di sfumature cupe e più austere, con chitarre, batteria e tastiere sempre in evidenza. Del resto, di strada ne ha fatta la band guidata dalla carismatica anti rockstar Smith, dagli albori post punk fino al suono dark wave che ancora oggi li rende inconfondibili. Le intro lunghissime caratterizzano quasi tutti gli 8 brani dell’album (‘Alone’, ‘And Nothing Is Forever’, 'A Fragile Thing’, ‘Warsong’, ‘Drone:Nodrone’, ‘I Can Never Say Goodbye’, ‘All I Ever Am’ ed ‘Endsong’), e ci vuole un po’ di tempo prima che la voce di Smith arrivi a sovrastare la montagna di basso, batteria e synth, come l'atmosferica ouverture di 'Alone', la traccia che apre l’album o quella che lo chiude, 'Endsong', connesse sia nei testi sia nelle atmosfere.
Le canzoni si allungano, toccando anche picchi tra i 7 e i 10 minuti di durata, contro ogni logica delle moderne piattaforme streaming o di TikTok. Alcuni dei brani della tracklist non sono una novità per i fan. La band li ha in scaletta dal vivo già da due anni nel loro tour 'Shows of a Lost World', che ha totalizzato oltre 1 milione e 300mila spettatori. Ma di certo la ballata che apre il disco, per i fan della band britannica è una coperta calda con le sue sonorità che si snodano su basso distorto, giochi di chitarra e synth. Se cercate paragoni con il passato, non c’è dubbio che la struttura di ‘Alone’, con i suoi 7 minuti di lunghezza e l’intro strumentale, faccia venire in mente ‘Plainsong’, l’opener dell’album capolavoro dei Cure, ‘Disintegration’ del 1989. Ma nel disco si sente anche l’eco funereo e intimista di ‘Faith’, che risentiva della malattia della madre dell’ex batterista Lol Tohlrust.
In ‘Alone’, quando la voce di Smith appare, dopo oltre 3 minuti dall’inizio del brano, riecheggiano le parole di Ernest Dowson, poeta inglese dell’800 e della sua 'Dregs', che esplora i temi della perdita e del passare del tempo. “This is the end of every song that we sing” (Questa è la fine di ogni canzone che cantiamo) dice Robert Smith nella prima strofa. A 65 anni, il cantante si interroga su “tutto l’amore che sta scomparendo dalle nostre vite”, evocando “uccelli che cadono dal cielo”, e l’idea che tutto, prima o poi, possa finire. Un’immagine molto diversa da quella che apriva ‘Pornography’ nel 1982: ‘Non importa se moriamo tutti’. Il tempo per i Cure è passato e ha lasciato il segno. ‘Alone’ è probabilmente la canzone che racchiude l’essenza dell’album. Ed è facile capirne il perché. Ma anche ‘And Nothing Is Forever’ non è da meno. Aperta dalle note di tastiera è una canzone struggente nella quale Smith ci ricorda quanto, universalmente, tutti dobbiamo fare i conti con il tempo che cambia noi e il mondo.
In tutto il disco i tappeti sonori e gli arpeggi classici di chitarra, la firma dei Cure, sono accompagnati da testi introspettivi con qualche accenno più ritmato e rockeggiante come l’assolo di chitarra in ‘A Fragile Thing’. Non si trova allegria o gioia in questi pezzi ma riflessioni sulla morte, sul passare del tempo, sulla perdita delle persone amate. Come ‘And Nothing Is Forever’ o la sfuriata autenticamente rock di ‘Drone:Nodrone’, che il cantante ha scritto quando, mentre passeggiava nel retro di casa sua, è stato infastidito da un drone con la telecamera che gli ha ricordato della natura intrusiva e sorvegliata del mondo moderno. La granitica ‘Warsong’, invece, nella versione originale parlava di una persona con la quale Smith ha litigato e fatto pace più volte nel corso degli anni e racchiude una riflessione su quello che avviene su scala più grande con le guerre. I Cure sono profeti nel descrivere il dolore universale, l’angoscia e il tempo che scorre inesorabile modellando le nostre vite.
Anche in ‘All I Ever Am’ il tempo passa ma in maniera molto più astratta. Qui Smith parla di quanto sia difficile per lui essere presente nel momento, dell’io che resta sempre sé stesso nel tempo, il ragazzino che era 40 anni fa e l’uomo che è oggi, racchiusi nella stessa persona. La grandezza dei Cure è custodita in brani in cui la band tocca corde molto profonde, come ‘Endsong’, la ballata alla quale è affidata la chiusura del disco e che racchiude lo stesso senso di solitudine e disperazione cantati in proprio in ‘Alone’. Sicuramente ‘Songs Of A Lost World’ tiene insieme in modo lineare otto canzoni dalla lunghezza insolita e ritmi cantilenanti. E’ un disco equilibrato, con brani che non sfigurano se rapportati ai grandi successi del passato. Senza scivolare nella disperazione più totale permette di guardare da vicino, e forse a comprendere a fondo, la maturità raggiunta oggi da Smith e compagni. (di Federica Mochi)
Spettacolo
Sanremo Giovani 2024: Sea John ci porta nel suo mondo tra...
Siamo ufficialmente nel vivo di Sanremo Giovani 2024 e tra i ventiquattro artisti selezionati, spicca il nome di Sea John, all’anagrafe Giovanni Maresca. Con il brano “Se fossi felice“, Maresca si prepara a portarci in un viaggio profondo e viscerale che si terrà dal 3 al 18 dicembre, in cinque appuntamenti trasmessi su Rai 2 e condotti da Alessandro Cattelan. Insomma, le aspettative sono alte e la curiosità è tanta.
Chi è Sea John? Dietro questo pseudonimo si nasconde un artista italiano che ha scelto di esplorare il lato più crudo delle emozioni, miscelando sapientemente alternative rock, metalcore e venature pop e progressive. Non è la classica musica leggera da Sanremo ma piuttosto un’introspezione nuda e a volte scomoda. Sea John è qui per raccontare la dualità dell’essere umano, quella battaglia interna tra il “Giovanni” e il personaggio di Sea John che ha creato in adolescenza: una sfida che è tuttora aperta e che forse, in fondo, non si concluderà mai.
“Se fossi felice“, il brano che Giovanni porta sul palco, è una domanda, un tentativo di uscire dalla propria sofferenza, una mano tesa verso quella versione di sé che potrebbe essere serena, forse un po’ più spensierata. Ma quanto è difficile crederci, no? L’artista stesso lo dice e sembra rivolgersi a tutti noi: “Mi chiedo se spesso la difficoltà nell’essere felici dipenda dal fatto che probabilmente non ci crediamo proprio capaci di esserlo”. Parole semplici ma piene di verità. Perché, a volte, il nemico più grande siamo noi stessi, il nostro pensiero che ci intrappola nella paura di non poter essere altro che dolore.
La musica di Sea John è molto più di un semplice sottofondo; è una dichiarazione di vulnerabilità e resistenza. La sua fusione di metal, rock e sonorità più pop è il perfetto veicolo per messaggi complessi e profondi. Non è una ricerca di pietà ma una mano tesa verso chiunque si sia mai sentito prigioniero dei propri pensieri. E forse è questo che rende “Se fossi felice” così potente: la sua umanità, la sua realtà senza filtri.
Non resta che aspettare e vedere come Sea John saprà incantare e provocare il pubblico di Sanremo Giovani. Nel frattempo, se non avete ancora ascoltato “Se fossi felice”, è il momento giusto per farlo. È una canzone che non si limita ad essere ascoltata; va vissuta, nel bene e nel male.
Spettacolo
Adele si commuove a Las Vegas: “Mi mancherete...
La cantautrice britannica, che aveva annunciato di volersi prendere una 'grande pausa' dalla musica, sabato scorso ha tenuto il suo ultimo spettacolo
Adele si è commossa durante il suo ultimo residency show di Las Vegas e ai suoi fan ha detto che le mancheranno “terribilmente”. La cantautrice britannica, 36 anni, ha lanciato 'Weekends With Adele' al Caesars Palace nel novembre 2022 e sabato ha tenuto il suo 100esimo spettacolo. La serie di concerti, dal tutto esaurito, si è svolta al The Colosseum del Caesars Palace, una location con una capienza di circa 4.000 posti, ed è stata un enorme successo. Lo scorso luglio, Adele ha annunciato che si sarebbe presa una “grande pausa” dalla musica al termine di questo show. Sabato, durante il suo ultimo concerto, la cantante è apparsa visibilmente commossa,mentre si congedava dal pubblico di Las Vegas. “È stato meraviglioso e mi mancherà terribilmente; mi mancherete terribilmente anche voi. Non so quando vorrò esibirmi di nuovo”, ha detto.
L’artista ha anche rivelato di aver avuto una sorta di “chiusura” emotiva quando la cantante canadese Celine Dion è venuta a vederla esibirsi, raccontando di aver pianto per “un’intera settimana” dopo l’incontro: “È stato un momento che ha chiuso il cerchio per me, perché lei è l’unico motivo per cui volevo essere qui”. Adele ha condiviso un emozionante abbraccio con la Dion dopo aver visto la cantante tra il pubblico durante il suo spettacolo a Las Vegas il mese scorso.
Dopo l'incontro nel locale, Adele ha commentato in un post su Instagram: “Le parole non riusciranno mai a riassumere quello che significhi per me, o quello che significa la tua venuta al mio show, per non parlare di come mi sono sentita nel vederti di nuovo nel tuo palazzo con la tua bellissima famiglia”. Il Colosseum del Caesars Palace, è stato infatti costruito appositamente per la celebre cantante canadese Céline Dion all'inizio degli anni duemila in occasione della sua prima residency in scena dal 2003 al 2007.
Attualità
Eros e Michelle: Ritorni, emozioni e il fascino di una...
C’è qualcosa nelle storie d’amore che finisce, ma non davvero, che ci tocca nel profondo. Perché sono proprio quei racconti fatti di alti e bassi, di tentennamenti e poi sorrisi improvvisi, quelli che in fondo ci fanno sperare che esista davvero un lieto fine per tutti. E così oggi siamo qui, a parlare di nuovo di loro: Eros Ramazzotti e Michelle Hunziker, due che sembrano aver capito il segreto del restare uniti anche quando l’amore cambia volto. Due che continuano a fare parlare di sé, forse senza nemmeno volerlo, e che portano nelle nostre vite quel sapore di nostalgia misto a speranza.
Quella di Eros e Michelle non è una storia come tante altre. Certo, c’è stato un incontro, un amore travolgente, una figlia meravigliosa, un matrimonio sognato da molti e poi, sì, anche una separazione. Ma non è mai stato il tipo di separazione che distrugge tutto, che lascia dietro di sé solo macerie. Anzi. La loro favola ha continuato a respirare, anche con il cuore spezzato, e ci ha lasciato tutti con un’idea più dolce del “fine”. Perché, forse, quello che Eros e Michelle ci stanno dicendo, ancora oggi, è che l’amore non finisce mai davvero. Cambia, si adatta, magari non è più romantico, ma è qualcosa di altrettanto potente.
Vecchi ricordi e nuovi inizi
Tutto è tornato al centro dell’attenzione mediatica il 23 novembre, quando Michelle ha deciso di condividere un pezzo del passato con una foto su Instagram. Una foto di 27 anni fa, lei ed Eros in un bacio che non ha bisogno di parole, che parla da solo. Aurora era appena nata, il loro amore era nel pieno, e quell’immagine ha risvegliato qualcosa in molti di noi. Non è stato un gesto casuale. Ha scatenato il web, un’ondata di commenti pieni di nostalgia, di persone che chiedevano, speravano: “Ma forse allora c’è ancora qualcosa tra di loro?”
E come se non bastasse, il 2 ottobre, Eros ha fatto il resto. Festa dei Nonni, Michelle in carriola, un sorriso scherzoso e quella frase: “Oggi è la giornata dei nonni, con la nonna in carriola”. Un gesto, una foto così semplice eppure così carica di significato. Un modo per dirci che loro, nonostante tutto, sono ancora lì, l’uno per l’altra. Perché sono immagini come queste che ci fanno pensare che, forse, le favole non finiscono mai davvero.
La magia di una storia che continua
Inutile negarlo: queste foto, questi piccoli gesti, hanno riacceso i sogni dei fan. È come se ogni volta che Eros e Michelle ci mostrano un pezzo della loro vita insieme, ci venisse data una nuova possibilità di credere nelle seconde chance. Nei ritorni inaspettati, nei sorrisi ritrovati. Loro sono un esempio raro, in un mondo in cui spesso, dopo la separazione, resta solo il vuoto. Invece qui vediamo due persone che hanno scelto di rimanere legate, di continuare a condividere momenti, ricordi e ora anche la gioia di essere nonni.
Non dimentichiamo che la loro è stata una storia d’amore che ha segnato un’epoca. Erano gli anni ’90: Eros era già una star della musica, Michelle stava diventando un volto noto della televisione. La loro relazione era sotto i riflettori ma sembrava vera, genuina, fatta di sorrisi e complicità. Nel 1996 è nata Aurora, e con lei è cresciuto un amore che sembrava non poter finire mai. Il matrimonio nel 1998 è stato l’apice, il momento perfetto… ma come tutte le favole, anche la loro ha incontrato difficoltà. E così, nel 2002, hanno deciso di separarsi. Eppure, quella decisione non ha spezzato tutto. Al contrario, ha aperto una nuova strada, fatta di rispetto e affetto.
Tra nonni, sorrisi e ritorni di fiamma
Oggi li vediamo insieme come nonni, un ruolo che sembra averli riavvicinati ancora di più. La nascita di Cesare, figlio di Aurora e Goffredo, è stata un momento di grande gioia per tutti. Michelle ed Eros, come nonni, sono stati uniti, presenti, e questo ha fatto sì che molti si chiedessero se non ci fosse qualcosa di più dietro questo ritrovato legame. Perché quello che li rende speciali non è semplicemente il fatto di essere nonni: è come si guardano, come scherzano insieme, come rivivono i ricordi con tenerezza. È questa magia che fa sognare.
E se ci pensiamo, quanto sarebbe bello? Vederli di nuovo insieme, vedere quel sorriso tornare a illuminare i loro volti. Perché, in fondo, tutti noi ci siamo un po’ affezionati a questa storia, a questa favola moderna che ha fatto sognare milioni di persone. È quella voglia intensa, quella speranza viva di vedere che l’amore, in fondo, può superare qualsiasi cosa. Può cambiare, può trasformarsi, ma non scompare mai del tutto.
Amicizia o qualcosa di più?
E allora ci chiediamo, qual è il prossimo passo? Sarà solo un’amicizia, quella che vediamo tra Eros e Michelle, o qualcosa di più? Loro non lo dicono, non rilasciano dichiarazioni ufficiali e forse è anche questo che rende tutto più magico. Quel dubbio, quella possibilità che potrebbe esserci ancora qualcosa di non detto, di nascosto tra le righe.
In un mondo così abituato alla fine dei sentimenti, all’addio come unica via possibile, la loro storia ci offre una prospettiva diversa. Una speranza. Che magari un lieto fine è possibile anche quando non è come ce lo aspettavamo. Perché l’amore tra Eros e Michelle, pur non essendo più quello di un tempo, è ancora lì, forte, autentico. Ed è questo che ci fa emozionare ogni volta che li vediamo insieme, che ci fa sperare che, chissà, forse un giorno questa favola troverà un nuovo inizio.
L’amore che resiste oltre il tempo
Sapete cosa ci insegna davvero questa storia? Che l’amore, quello vero, non se ne va mai del tutto. Magari cambia, si trasforma, diventa altro, ma non sparisce. Non è una roba che si spegne come una lampadina. Loro sono la prova vivente che un legame può restare, anche dopo tutto quel che è successo, anche dopo gli anni che passano, anche quando le strade sembrano separarsi. C’è ancora quella scintilla, quel rispetto, quella voglia di esserci, di condividere ancora pezzi di vita. E questo, beh, già di per sé è una gran vittoria, no?
Quindi, mentre continuiamo a sognare insieme a loro, lasciamoci andare un attimo. Perché chi l’ha detto che tutte le favole devono avere quel lieto fine perfetto come nei film? A volte, il lieto fine non è un matrimonio o un bacio al tramonto. A volte è solo esserci ancora. Restare vicini, in qualche modo, anche se le cose sono cambiate. Essere presenti, anche solo con un messaggio, un sorriso. Le vere storie d’amore non sono mai facili, non sono mai perfette. Sono fatte di cambiamenti, evoluzioni, di momenti difficili e di momenti bellissimi. Ma, soprattutto, restano. L’amore vero è così: non se ne va mai del tutto. Trova sempre un modo per restare, per regalarci emozioni, per ricordarci che, alla fine, l’amore è sempre e comunque qualcosa di straordinario. E questo, forse, è già il lieto fine più bello di tutti.