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Ucraina-Russia, Kiev cede territori a Mosca per la pace? Lo scenario

Guerra bloccata e con le elezioni negli Usa il quadro può cambiare

Un'azione di guerra in Ucraina

L'Ucraina discute l'ipotesi di cedere territori alla Russia per porre fine alla guerra che dura da circa 960 giorni. E' lo scenario che delinea il magazine tedesco Der Spiegel, citato dai media ucraini, sulla base delle informazioni fornite da una fonte di alto livello di Kiev. Il presidente Volodymyr Zelensky, anche nelle ultime settimane, ha ribadito che il suo 'piano per la vittoria' punta ad una pace giusta ma ha sempre escluso l'ipotesi di cessioni territoriali alla Russia. Vladimir Putin, da Mosca, non perde occasione per considerare annessi i territori occupati nel corso del conflitto.

"Ritenevamo che la vittoria dovesse arrivare con la resa incondizionata della Russia. Ma senza concessioni questo è impossibile. L'accordo dovrebbe comprendere benefici anche per la Russia", la sintesi della fonte citata dal magazine tedesco.

Cosa cambia con le elezioni Usa

La posizione ucraina non può tener conto dell'evoluzione del quadro internazionale. Negli Stati Uniti, tra 20 giorni, si vota per eleggere il nuovo presidente: l'eventuale ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca rischierebbe di modificare radicalmente la situazione.

Il candidato repubblicano ha detto e ripetuto che intende favorire un accordo tra Zelensky e Putin per porre fine alla guerra. In questo contesto, dice la fonte ucraina, è più che probabile che il sostegno degli Stati Uniti "calerà, anche se lentamente". D'altra parte, nemmeno il presidente Joe Biden ha accolto in toto le ultime richieste di Zelensky: il presidente degli Stati Uniti non ha dato il via libera all'uso di armi a lungo raggio contro obiettivi militari nel territorio russo.

In questo quadro, secondo lo scenario di Der Spiegel, le autorità di Kiev non escludono "il modello della Germania Ovest" applicato all'Ucraina, con il paese avviato all'ingresso nella Nato e i territori occupati dalla Russia fuori dal controllo integrale ucraino con una formula che, al momento, non viene codificata.

Guerra bloccata: stallo inevitabile?

La guerra sembra destinata a svilupparsi ormai su due binari consolidati. La Russia preme nel Donetsk, guadagnando progressivamente terreno e tenendo costantemente sotto pressione la difesa ucraina, costretta anche ad arretrare per limitare le perdite. Ora, il clima diventa un fattore determinante. Si va verso l'inverno, con pioggia e poi neve. Gli spostamenti sul terreno fangoso prima e gelato poi diventeranno sempre più complessi: muovere mezzi e uomini sarà complicato e ogni avanzamento richiederà sforzi enormi.

Le forze armate di Kiev da oltre 2 mesi hanno invaso la regione russa di Kursk. Il blitz ha consentito all'Ucraina di arrivare a controllare circa 1200 km quadrati di territorio nemico. La reazione della Russia è stata progressiva: non c'è stata una risposta massiccia in tempi brevissimi, Mosca non ha sguarnito altre zone del fronte per riprendere il controllo della regione.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Esteri

Balcani, Tajani oggi a vertice Berlino: “Integrazione...

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Al summit partecipano sei Paesi dei Balcani occidentali. Il ministro degli Esteri: "Italia pronta a fare la sua parte"

Antonio Tajani - Afp

"L’integrazione dei Balcani occidentali nella Ue è una priorità del Governo - ha indicato Tajani - L’impegno italiano per rafforzare la cooperazione con i partner balcanici è concreto e costante. Il nostro obiettivo è la “riunificazione” dei Balcani occidentali con l’Europa". Con questa linea il vice premier e ministro degli Esteri Antonio Tajani parteciperà oggi, 14 ottobre, a Berlino su delega del presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al decimo Vertice del 'Processo di Berlino' sui Balcani occidentali.

Il “Processo” è una iniziativa dei governi della Uw nata nel 2014 su iniziativa dell’allora Cancelliera tedesca Angela Merkel per accelerare il processo di ingresso dei Paesi dei Balcani occidentali nella Ue. “Il nostro Paese, anche come Presidenza G7, è in prima linea nel rilancio di una dinamica positiva nella regione”, ha sottolineato il ministro degli Esteri, ricordando la visita a settembre in Montenegro e Macedonia del Nord e la riunione presieduta a New York, in occasione dell’assemblea Onu, con i ministri dei Balcani occidentali assieme al Gruppo “Amici dei Paesi dei Balcani Occidentali”.

I partecipanti

Il vertice, presieduto dal cancelliere Olaf Scholz, vedrà la partecipazione dei sei Paesi dei Balcani Occidentali (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia), assieme ad Austria, Croazia, Francia, Slovenia, Polonia, Grecia e Bulgaria - oltre al Regno Unito e alle istituzioni europee, inclusa la Presidenza di turno ungherese.

L'agenda del summit

Il vertice vedrà una prima sessione di lavoro incentrata sulla cooperazione regionale e il mercato regionale comune (Mrc) e una seconda dedicata all’agenda verde, connettività ed energia, seguite da una discussione informale con rappresentanti della società civile e giovani della regione. I lavori saranno conclusi da un pranzo dedicato al futuro del Processo di Berlino. In occasione del summit sarà firmato un accordo regionale di mobilità per l’accesso agli studi e sarà adottato il nuovo Piano d’Azione per il Mercato Regionale Comune 2025-2028, con l’obiettivo di dare nuovo impulso alla cooperazione regionale.

"Italia pronta a fare la sua parte"

“La riunione di Berlino conferma la centralità dell’integrazione dei partner dei Balcani con l’Unione europea nel nuovo ciclo istituzionale europeo - ha concluso Tajani - Dobbiamo proseguire per arrivare a risultati concreti nel favorire la cooperazione regionale, tanto nell’ambito economico quanto in quello del dialogo politico e delle riforme dei Paesi Partner. L’Italia è pronta a fare la sua parte, soprattutto nello sviluppo delle infrastrutture strategiche e della transizione energetica della regione”.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Esteri

Libano, Netanyahu: “Via i caschi blu”. Idf...

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Il premier israeliano sollecita Guterres a ordinare lo spostamento delle truppe Onu: "Sono scudi umani per Hezbollah". Ma dal Palazzo di Vetro confermano: "I caschi blu restano". La premier chiama 'Bibi' e ribadisce il sostegno alla missione. Crosetto sull'irruzione dei tank: "Grave violazione"

Carrarmato israeliano in Libano - Afp

Israele non arretra in Libano e "farà tutto il necessario per vincere la guerra". Il premier Benjamin Netanyahu lo ribadisce chiaro e tondo. E davanti alle truppe Unifil che si frappongono tra le forze militari israeliane ed Hezbollah non esita a sollecitare ancora una volta l'Onu a spostare i 'caschi blu' che per il premier israeliano si sono trasformati in "scudi umani" per le milizie del Partito di Dio. Per questo - ha detto rivolgendosi al Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, il loro ritiro deve essere ordinato "adesso, immediatamente". Ma dal Palazzo di Vetro fanno sapere che la missione non si ritira e Guterres attraverso il suo portavoce ricorda che "gli attacchi contro i peacekeeper violano il diritto internazionale, compreso il diritto umanitario internazionale e possono costituire un crimine di guerra".

La telefonata Meloni-Netanyahu

Linea della fermezza confermata a Netanyahu anche dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni che ieri lo ha chiamato al telefono, mentre al confine tra il sud del Libano e il nord di Israele si registrava il quarto 'incidente' in quattro giorni tra l'Unifil e le Idf. La premier, a quanto apprende l'Adnkronos, ha trasmesso "in maniera chiara e netta" al primo ministro israeliano "tre messaggi": gli attacchi all'Unifil sono "inaccettabili", la missione dell'Onu "non si ritira", va garantita la sicurezza di tutto il personale.

Messaggi dinanzi ai quali Netanyahu ha dato ancora una volta prova di totale 'inflessibilità', come dimostra quanto scritto dal suo ufficio: dopo "le atrocità del 7 ottobre, Israele non permetterà mai più a un'organizzazione terroristica genocida di avvicinarsi ai nostri confini. Né a Gaza né in Libano". Il primo ministro ha espresso "rammarico" per i danni di questi giorni e ha sssicurato che "Israele farà tutto il possibile per impedire che l'Unifil subisca vittime", ma ha riaffermato che "farà tutto il necessario per vincere la guerra". E attacca in quello che sembra un riferimento a Emmanuel Macron ed alla sua proposta di fermare l'invio di armi a Israele: "Purtroppo diversi leader europei stanno esercitando pressioni nella direzione sbagliata".

Nel corso della telefonata, Netanyahu ha riferito a Meloni anche dell'appello rivolto al segretario generale dell'Onu Guterres: "E' arrivato il momento che le forze dell'Unifil si ritirino dalle roccaforti di Hezbollah e dalle zone dei combattimenti". Le Idf, ha ricordato, "lo hanno chiesto ripetutamente e si sono scontrate con ripetuti rifiuti", cosa che ha permesso "ai terroristi di Hezbollah di usare l'Unifil come copertura e scudo umano".

Ma Meloni ha rinnovato l'impegno dell'Italia per Unifil, dicendosi convinta che attraverso la piena applicazione della risoluzione 1701 si possa contribuire alla stabilizzazione del confine israelo-libanese e garantire il ritorno a casa di tutti gli sfollati, ha fatto sapere Palazzo Chigi.

Braccio di ferro Israele-Onu

"Il problema - hanno detto fonti informate all'Adnkronos - non è tra Italia e Israele, ma tra l'Onu e Israele", un rapporto fatto di tensioni e reciproche accuse culminato nei giorni scorsi con la definizione di Antonio Guterres 'persona non grata'. Gli israeliani "non vogliono fare la guerra" a Unifil, vogliono solo creare "una fascia di sicurezza di 5-6 chilometri" per evitare che Hezbollah che, stando a quanto sostiene Israele, si nasconde dietro gli avamposti della missione Onu, continui ad attaccare le Idf.

Il nuovo "errore" delle Idf: tank nella base Unifil

E sarebbe colpa di Hezbollah anche l'irruzione di due tank israeliani in una delle basi Unifil denunciata ieri dall'Onu e che ha causato il ferimento di 15 caschi blu. "Intorno alle 4.30 del mattino, mentre i peacekeeper erano nei rifugi - ha ricostruito Unifil in una nota - due carri armati Merkava dell'esercito israeliano hanno distrutto il cancello principale e si sono introdotti con la forza nella postazione", rimanendovi per "circa 45 minuti". Due ore dopo, fa sapere ancora Unifil, "sono stati sparati colpi di arma da fuoco che hanno provocato fumo" e hanno provocato “irritazioni cutanee e reazioni gastrointestinali in 15 peacekeeper che stanno ricevendo cure”.

Episodio giustificato dalle Idf come un "errore": un tank è finito contro una postazione dell'Unifil mentre era sotto attacco da parte dei militanti sciiti del Partito di Dio, non c'è stata alcuna "irruzione" e comunque, ha assicurato il portavoce dell'Idf Daniel Hagari al Tg1, "c'è un'inchiesta in corso al più alto livello possibile su quanto accaduto. L'Italia è un amico molto importante di Israele".

Crosetto: "Grave violazione"

Ma la tensione resta altissima: il ministro della Difesa Guido Crosetto è intervenuto di nuovo, denunciando la "grave violazione”, chiedendo "al capo di Stato maggiore, generale Luciano Portolano, di mettersi in contatto con il suo omologo, il generale Herzi Halevi, per ribadire la necessità di evitare ulteriori azioni ostili". Azioni che certamente continueranno fino a quando Netanyahu "non avrà vinto la guerra".

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Israele, Usa inviano sistema antimissile Thaad: cos’è...

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Pentagono: "Impegno ferreo degli Stati Uniti nella difesa di Israele"

Il sistema di difesa Thaad  - Immagine dal sito della Lockheed Martin

Gli Stati Uniti hanno annunciato l'invio in Israele del sistema di difesa antimissile Thaad, che potrebbe risultare utile in caso di nuovo attacco dell'Iran dopo quello sferrato da Teheran 2 settimane fa con il lancio di quasi 200 missili.

"Su indicazione del Presidente - si legge in una nota del portavoce del Pentagono - il segretario alla Difesa Lloyd Austin ha autorizzato il dispiegamento di una batteria Thaad e del relativo equipaggio di personale militare statunitense in Israele per contribuire a rafforzare le difese aeree israeliane dopo gli attacchi senza precedenti dell'Iran contro Israele il 13 aprile e di nuovo il primo ottobre".

"La batteria Thaad aumenterà il sistema integrato di difesa aerea di Israele", afferma Pat Ryder, secondo cui "questa azione sottolinea l'impegno ferreo degli Stati Uniti nella difesa di Israele e degli americani in Israele da eventuali ulteriori attacchi con missili balistici da parte dell'Iran".

Il Pentagono ricorda che non è la prima volta che gli Stati Uniti dispiegano una batteria Thaad nella regione: era già avvenuto lo scorso anno, dopo gli attacchi del 7 ottobre, per difendere le truppe e gli interessi americani nella regione.

Cos'è e come funziona Thaad

Il Terminal High Altitude Area Defens (Thaad) è un sistema di difesa aerea progettato per colpire missili balistici a corto, medio e intermedio raggio prima che impattino su aree abitate o obiettivi sensibili. Il Thaad - si legge sul sito della casa produttrice Lockheed Martin - è l'unico sistema statunitense progettato per intercettare bersagli all'esterno e all'interno dell'atmosfera. Il sistema non ha funzionalità offensive e non ha la capacità di colpire edifici.

 

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