Diabete di tipo 2, insulina addio con semaglutide abbinata a nuova procedura
Ridurre o addirittura azzerare le iniezioni di insulina nei malati: la nuova promessa del principio attivo dell'Ozempic, il farmaco antidiabetico 'superstar' utilizzato per i suoi effetti dimagranti da volti noti come Elon Musk a Oprah Winfrey
Ridurre o addirittura azzerare le iniezioni di insulina nei malati di diabete del tipo 2. E' la nuova promessa della semaglutide, principio attivo dell'Ozempic, il farmaco antidiabetico 'superstar' utilizzato per i suoi effetti dimagranti da volti noti come Elon Musk a Oprah Winfrey. Abbinato a una procedura endoscopica innovativa chiamata ReCet, l'analogo dell'ormone Glp-1 ha permesso di eliminare la terapia insulinica in quasi 9 pazienti su 10. Lo dimostra una ricerca definita "rivoluzionaria", presentata durante l'edizione 2024 della Ueg (United European Gastroenterology) Week.
Il diabete di tipo 2 colpisce 422 milioni di persone nel mondo e l'obesità è un fattore di rischio significativo. Mentre nel diabete di tipo 1 l'insulina è alla base del trattamento, cruciale per controllare la glicemia, nel tipo 2 può causare effetti collaterali come l'aumento di peso e complicare ulteriormente la gestione della malattia. C'è quindi la necessità di strategie terapeutiche alternative.
Lo studio illustrato alla Ueg Week 2024, il primo del genere sull'uomo, ha coinvolto 14 pazienti dai 28 ai 75 anni, con indici di massa corporea compresi tra 24 e 40. Ognuno è stato sottoposto a ReCet (Re-Cellularization via Electroporation Therapy) in sedazione profonda, un trattamento volto a migliorare la sensibilità dell'organismo all'insulina che produce. Successivamente i partecipanti hanno ricevuto per 2 settimane una dieta liquida isocalorica, seguita da una terapia con semaglutide gradualmente titolata fino a 1 mg a settimana. Sorprendentemente - riportano gli autori - al follow-up di 6 e 12 mesi l'86% dei partecipanti (12 su 14) non ha più avuto bisogno di terapia insulinica. Un traguardo che si è mantenuto fino al follow-up di 24 mesi. Tutti questi pazienti hanno conservato il controllo glicemico, con livelli di emoglobina glicata (HbA1c) inferiori al 7,5%. La dose massima di semaglutide è stata ben tollerata dal 93% dei partecipanti, mentre uno non ha potuto aumentarla per la nausea. Tutti i pazienti hanno completato con successo la procedura ReCet e non sono stati segnalati gravi effetti collaterali.
"Questi risultati sono molto incoraggianti, suggerendo che ReCet è una procedura sicura e fattibile che, se combinata con semaglutide, può eliminare efficacemente la necessità di terapia insulinica", afferma Celine Busch dell''Amsterdam University Medical Center, autrice principale del lavoro.
"A differenza della terapia farmacologica, che richiede l'aderenza giornaliera al trattamento - sottolinea la ricercatrice - ReCet non richiede compliance e modifica la malattia: migliora la sensibilità del paziente alla propria insulina (endogena), affrontando la causa principale della patologia, al contrario delle terapie farmacologiche attualmente disponibili che al massimo riescono a controllarla".
Gli autori hanno in programma studi randomizzati controllati più ampi per convalidare questi risultati. "Stiamo attualmente conducendo lo studio Eminent-2 con gli stessi criteri di inclusione ed esclusione e con somministrazione di semaglutide, ma con una procedura placebo o ReCet. Questo trial includerà anche analisi meccanicistiche per valutare il meccanismo di ReCet".
Salute e Benessere
Salute, 180 strutture si occupano di disturbi...
Sono 180 le strutture, tra centri di cura e associazioni, che si occupano di disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (Dna) in Italia. La Regione che registra il maggior numero di servizi dedicati è l’Emilia Romagna (23, di cui 10 centri Ssn, 4 afferenti al privato accreditato, 9 associazioni), seguita dal Piemonte (20, di cui 12 centri Ssn, 4 del privato accreditato e 4 associazioni). Questi i dati che emergono dalla mappatura aggiornata disponibile sulla piattaformadisturbialimentari.iss.it dell’Istituto superiore di sanità, presentata al convegno “La Mappatura territoriale dei centri dedicati ai disturbi della nutrizione e dell’alimentazione: le associazioni e i servizi di cura” che si è tenuto oggi all’Iss, organizzato dal Centro nazionale dipendenze e doping (Cndd). Il lavoro, coordinato dal Cndd, è stato realizzato con il supporto tecnico e finanziario del ministero della Salute-Ccm.
“I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione - evidenzia il presidente dell’Istituto superiore di Sanità, Rocco Bellantone - sono caratterizzati da un alto tasso di cronicità, mortalità e recidiva. L'esperienza maturata dai professionisti del settore evidenzia l'importanza di un intervento integrato e precoce, per evitare che il disturbo diventi cronico con il rischio di danni permanenti che, nei casi più gravi, possono portare alla morte. La possibilità di rafforzare la collaborazione tra le diverse strutture dedicate risponde a queste esigenze e offre uno strumento pratico per orientarsi sul territorio, uno strumento utile a favorire l’incontro tra la domanda dei cittadini e l’offerta territoriale”.
Al 30 settembre la mappatura conta 180 strutture sul territorio nazionale: 132 centri di cura (105 appartenenti al servizio sanitario nazionale, 27 al sistema del privato accreditato) e 48 associazioni, che vengono ‘censite’ per la prima volta. I centri di cura sono 63 al Nord, 45 al Sud e Isole e 24 al Centro Italia. La maggior parte è strutturata per prendere in carico utenti dai 13 ai 45 anni. Ma una quota del 18% afferma di poter prendere in carico bambini di sei anni o meno e il 51% la fascia tra 7 e 12 anni. Il 78% anche persone con più di 45 anni. Rispetto alla modalità di accesso, nel 49% dei servizi è necessaria la prenotazione al Cup o la richiesta Ssn, ma nel 33% dei casi la modalità di accesso ai centri è libera e senza impegnativa.
Complessivamente tra gli specialisti che lavorano nelle équipe vi sono prevalentemente psicologi, medici specialisti in psichiatria o neuropsichiatria infantile, dietisti e infermieri. Meno della metà, il 42% dei centri, afferma di avere posti letto dedicati esclusivamente ai disturbi della nutrizione e dell'alimentazione, con percentuali variabili per ricovero di tipo psichiatrico o internistico, sia per minori sia per adulti.
Sul fronte delle associazioni registrate in piattaforma, vi è un divario tra il Nord che ne conta 30, il Centro 10 e il Sud che ne ha 8. Le associazioni sono composte da familiari di persone con questi disturbi per il 92%, da cittadini volontari per il 71% e da volontari professionisti per il 56%. Partecipano all’attività delle associazioni, nel 31% dei casi, anche le persone con disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. In cima ai servizi erogati dalle associazioni vi sono interventi di prevenzione e promozione della salute, seguiti dai gruppi di auto mutuo aiuto per familiari e dalle attività formative. Nel 63% dei casi è disponibile uno sportello d’ascolto, nel 13% dei casi viene fornita assistenza anche con un telefono verde e nel 6% viene offerta attività domiciliare. Tra i destinatari dei servizi erogati i familiari e le persone con disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. Nel 79% dei casi le associazioni collaborano con i centri afferenti all’Ssn.
“Il monitoraggio capillare effettuato sui servizi sul territorio dedicati ai disturbi della nutrizione e dell’alimentazione – sottolinea Simona Pichini, direttore facente funzione del Centro nazionale dipendenze e doping - è un servizio che ci consente di aiutare in modo concreto e di essere vicini a coloro che hanno disturbi della nutrizione e dell’alimentazione e alle loro famiglie. Il nostro obiettivo è che con l’aggiornamento della piattaforma, che è costante, i cittadini trovino risposte ai loro quesiti in momenti nei quali essere tempestivi nella presa in carico può fare realmente la differenza”. “La mappatura di questi servizi consente di offrire al cittadino una panoramica a 360 gradi delle risorse presenti sul territorio - rileva Luisa Mastrobattista, primo ricercatore del Centro nazionale dipendenze e doping dell’Iss – e per questo diamo la possibilità ai servizi censiti di inserire e aggiornare le informazioni in qualunque momento".
Salute e Benessere
Medicina, Nicola Montano nuovo presidente internisti Simi
Cambio al vertice della Simi, Società italiana di medicina interna. Nicola Montano è il nuovo presidente della società scientifica, la più antica d'Italia, fondata nel 1887. Ordinario di Medicina interna al Dipartimento di Scienze cliniche e di comunità dell'università Statale di Milano, ospedale Maggiore Policlinico, Montano è stato eletto durante il 125esimo Congresso nazionale Simi che si è chiuso ieri a Rimini e resterà in carica per il prossimo triennio. Nel biennio 2018-2020 era stato presidente della European Federation of Internal Medicine (Efim), che riunisce le società nazionali di medicina interna di 37 Paesi. Esperto di malattie cardiovascolari, Montano ha svolto attività di ricerca in particolare nel campo della sincope, dello scompenso cardiaco e del controllo nervoso dell'apparato cardiovascolare.
Durante il discorso di nomina - riporta una nota - il neo presidente ha sottolineato come l'internista svolga un ruolo chiave nel percorso del paziente ospedaliero e ambulatoriale, non ancora riconosciuto in termini di intensità di cura, e come si impegnerà nel triennio della sua presidenza, anche insieme alle altre società internistiche (Fadoi), per ottenere questo riconoscimento. Montano ha evidenziato inoltre la rilevanza e l'importanza della formazione Simi che in questi ultimi 20 anni ha fatto crescere l'interesse per la società da parte di tanti giovani medici internisti in formazione e post-formazione. La Simi ha come scopo statutario l'attività formativa Ecm, iniziative scientifiche, culturali, pratiche e sociali inerenti alla medicina interna, e dà il suo supporto finanziario a ricerche scientifiche, con un'attenzione particolare ai giovani ricercatori.
Salute e Benessere
Medicina, Fabio Verdoni nuovo presidente ortopedici...
Fabio Verdoni è il nuovo presidente della Sitop, la Società italiana di ortopedia e traumatologia pediatrica. Responsabile dell'Unità operativa di Ortopedia pediatrica dell'Irccs ospedale Galeazzi-Sant'Ambrogio di Milano (Gruppo San Donato), è stato eletto nel corso dell'assemblea dei soci. Succede ad Antonio Andreacchio e resterà in carica fino all'ottobre 2025.
"Questa nomina - ha dichiarato Verdoni - riconosce l'impegno che, nel corso della mia carriera, ho speso nel rafforzare il ruolo dell'ortopedia pediatrica all'interno delle strutture ospedaliere, per affermare il valore di questa specializzazione appassionante e, a volte, sfidante. Assumo la presidenza con grande entusiasmo e determinazione, mettendo la mia esperienza al servizio dei colleghi, ma soprattutto vorrei essere d'ispirazione per i giovani medici che decideranno di abbracciare questa specialità".