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Negli ultimi anni, un fenomeno sociale ha attirato l’attenzione di sociologi, psicologi e demografi: l’aumento dei divorzi tra anziani, conosciuto anche come “gray divorce” o “divorzio grigio”. Se fino a qualche decennio fa l’idea di separarsi in età avanzata sembrava impensabile, oggi i dati mostrano chiaramente che le coppie over 60 non sono immuni dall’instabilità coniugale. Le dinamiche relazionali stanno cambiando, e le persone, anche in età più matura, sembrano più disposte a mettere in discussione matrimoni di lunga durata per cercare un nuovo inizio.

Negli anni ’60 e ’70, il divorzio era visto come un fenomeno raro e spesso stigmatizzato. Le coppie che si sposavano tendevano a restare insieme per tutta la vita, spesso per motivi economici, culturali o religiosi. Tuttavia, negli ultimi decenni, il divorzio è diventato sempre più comune e accettato nella società occidentale. L’avvento dei movimenti per i diritti delle donne, i cambiamenti nei valori sociali e l’indipendenza economica femminile hanno contribuito a rendere il divorzio un’opzione più accessibile. Se in passato il divorzio era considerato un tabù per le generazioni più anziane, oggi sempre più coppie in età avanzata scelgono di separarsi, anche dopo decenni di matrimonio.

I numeri del divorzio tra over 60

Secondo uno studio del Pew Research Center pubblicato nel 2017, la percentuale di divorzi tra persone di età pari o superiore ai 50 anni negli Stati Uniti è più che raddoppiata dal 1990. Se nel 1990 solo il 5 divorzi ogni 1.000 persone sopra i 50 anni decideva di porre fine al proprio matrimonio, nel 2015 il tasso era salito a 10 divorzi per 1.000. Inoltre, per le persone di età superiore ai 65 anni, il tasso di divorzio è addirittura triplicato, passando da 2 divorzi su 1.000 nel 1990 a 6 su 1.000 nel 2015.

In Italia, secondo i dati dell’ISTAT, il numero di divorzi tra persone con più di 60 anni è in costante aumento: tra il 2015 e il 2021 sono aumentati di oltre il 40%. In numeri assoluti, ciò significa che si è passati dai 6.131 divorzi nel 2015 agli 8.715 nel 2021. Un balzo che non può essere ignorato e che solleva molte domande su cosa stia cambiando nelle dinamiche di coppia degli anziani italiani.

Non si tratta più di episodi isolati o di situazioni eccezionali: il divorzio in età avanzata è ormai una realtà diffusa e, come vedremo, le ragioni alla base di questa scelta sono complesse e strettamente legate alle trasformazioni sociali, economiche e culturali degli ultimi anni.

Se guardiamo al contesto europeo, uno studio dell’Eurostat indica che tra il 2005 e il 2020 il numero di divorzi tra persone over 50 è aumentato in quasi tutti i Paesi dell’Unione Europea, con picchi in Germania, Francia e Svezia.

Perché aumentano i divorzi tra anziani?

L’aumento dei divorzi tra persone over 60 è un fenomeno complesso, che non può essere spiegato con una sola causa. Dietro questa crescita ci sono diversi fattori, che spaziano dall’evoluzione dei valori culturali alla trasformazione della vita sociale ed economica degli anziani. Ma quali sono i motivi principali che spingono sempre più ultrasessantenni a mettere fine a un matrimonio di lunga durata?

Allungamento della vita media

Uno dei fattori chiave è sicurament l’allungamento della vita media. Le persone oggi vivono più a lungo e in migliori condizioni di salute rispetto al passato. Questo significa che, una volta raggiunta l’età della pensione, molte coppie si trovano ad affrontare decenni di vita insieme in un contesto in cui le priorità e le aspettative personali possono essere cambiate. Per alcuni, l’idea di trascorrere altri 20 o 30 anni con un partner con cui non condividono più gli stessi interessi o valori può spingere a considerare la separazione.

Cambiamenti culturali e sociali

La nostra società è diventata sempre più individualista e incentrata sull’autorealizzazione. Gli anziani di oggi sono stati testimoni, e spesso protagonisti, dei cambiamenti culturali del ventesimo secolo, compresa la rivoluzione sessuale e la diffusione dell’idea che ognuno abbia il diritto di essere felice. Di conseguenza, il matrimonio non è più visto come un’istituzione indissolubile, ma piuttosto come un contratto che può essere modificato o sciolto se non soddisfa più le esigenze di entrambi i partner.

Indipendenza economica

L’indipendenza economica, soprattutto delle donne, gioca un ruolo cruciale. Le donne di oggi, anche quelle di età avanzata, sono spesso economicamente autosufficienti. Questo è un cambiamento rispetto alle generazioni precedenti, quando le donne anziane dipendevano finanziariamente dai loro mariti. La maggiore indipendenza economica rende più facile per le donne prendere la decisione di porre fine a un matrimonio insoddisfacente.

Figli adulti e sindrome del “nido vuoto”

Molte coppie restano insieme “per il bene dei figli”, ma una volta che i figli sono cresciuti e si sono trasferiti, il cosiddetto “nido vuoto” può mettere in luce le crepe nel rapporto. Con i figli ormai adulti e indipendenti, alcune coppie anziane si rendono conto di non avere più molto in comune e scelgono di separarsi per cercare nuove opportunità di realizzazione personale.

Nuove opportunità per relazioni

La tecnologia ha aperto nuove porte anche agli anziani. Siti di incontri online e social media offrono la possibilità di incontrare nuove persone, facilitando la prospettiva di una nuova relazione anche in età avanzata. Questo può incoraggiare alcuni a lasciare un matrimonio insoddisfacente nella speranza di trovare un nuovo compagno o compagna.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Porno e Spid per i minori, Agcom: “Facciamo chiarezza”

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È di pochi giorni fa la notizia dell’introduzione di limiti all’uso di alcuni siti online, come quelli pornografici, imposti ai minori. A sollevare la questione è il disegno di un provvedimento da parte dell’Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che ha fissato i requisiti per l’introduzione dell’age verification, una modalità di verifica dell’età dell’utente per piattaforme che potrebbero compromettere la sicurezza dei minori.

Una delle possibilità prefigurate per assicurare che l’utente abbia la maggiore età, tra le altre, è stata quella di usare lo Spid, il Servizio pubblico di identità digitale che milioni di italiani usano ogni giorno per accedere ai servizi della pubblica amministrazione. L’ipotesi ha sollevato perplessità e polemiche sulla privacy di chi accede a tali siti. Ma non è come sembra.

A fare chiarezza sul tema ci ha pensato il commissario dell’Agcom Massimiliano Capitanio: “Ammettiamolo, l’idea di accedere a siti per adulti con Spid fa sorridere e disperare al tempo stesso – scrive in un post su LinkedIn -. Eppure, al di là dello spaesamento iniziale, delle facili battute e delle più surreali ipotesi, ciò che è emerso più di ogni altra cosa è che il tema richiede di essere chiarito e anche con una certa urgenza, quantomeno per tutelare adeguatamente l’operato di tutte le amministrazioni coinvolte e, non secondario, gli utenti e le piattaforme che legittimamente fanno il loro business”.

Vediamo nel dettaglio cosa prevede il provvedimento e cosa ha rivelato Capitanio.

Agcom, cosa prevede il provvedimento tra Porno e Spid

Il Decreto-Legge 15 settembre 2023, n. 123 convertito con modificazioni dalla Legge 13 novembre 2023, n. 159, noto ai più come “Decreto legge Caivano”, è stato adottato in risposta ai “gravissimi fatti di cronaca che si sono verificati ai danni di due minorenni, vittime di abusi”, ha spiegato Capitanio.

L’articolo 13-bis prevede espressamente che l’Agcom, sentito il Garante Privacy, emani un provvedimento che indichi “le modalità tecniche e di processo” che i fornitori delle piattaforme di condivisione video a carattere pornografico sono tenuti a adottare per l’accertamento della maggiore età degli utenti”. Misure, queste, valide per tutte le piattaforme di contenuti per adulti operanti in Italia.

Sul versante europeo, il 19 ottobre 2022 è stato adottato il Regolamento (Ue) 2022/2065, conosciuto come Digital Services Act (Dsa). “Per quanto riguarda specificamente la tutela dei minori all’art. 28 viene richiesto a tutti i fornitori di piattaforme on-line accessibili a quest’ultimi di adottare misure adeguate e proporzionate per garantire un elevato livello di tutela della vita privata – ha continuato Capitanio sui social -, di sicurezza e di protezione dei minori, anzitutto mediante l’attivazione dei meccanismi di verifica dell’età. Il Dsa prevede per le piattaforme e i motori di ricerca di dimensioni molto grandi l’obbligo di adottare misure di attenuazione dei rischi sistemici, tra cui anche gli strumenti di verifica dell’età e di controllo parentale”.

La stragrande maggioranza delle piattaforme per adulti, ad oggi, non realizza alcun tipo di verifica dell’età, limitandosi piuttosto a ricordare all’utente che entrando sul sito dichiara automaticamente di avere almeno 18 anni.

Quindi? “Anzitutto in nessun caso si è imposto a piattaforme e utenti di accedere tramite Spid o Cie (Carta d’identità elettronica, ndr) – chiarisce il commissario Agcom-. Si sono piuttosto fissate alcune caratteristiche che i sistemi di age verification devono soddisfare per essere realmente efficaci e salvaguardare la privacy degli utenti. I sistemi di verifica dell’età devono utilizzare il modello del “doppio anonimato”, al fine di garantire il requisito della riservatezza “rafforzata”. Lo schema adottato da Agcom, trattandosi di una regola tecnica, è stato notificato alla Commissione europea che ha 90 giorni per eventuali rilievi. A quel punto Agcom avvierà un Tavolo tecnico di monitoraggio e analisi delle evoluzioni tecniche, normative e regolamentari”.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Portogallo, agevolazioni fiscali per dieci anni contro la...

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Il Portogallo ha deciso di cambiare strategia per affrontare una delle sue problematiche più complesse: la fuga dei cervelli.

Dopo essere stato un paradiso fiscale per i pensionati grazie a politiche fiscali agevolate, ora il governo guidato da Luís Montenegro vuole concentrare gli sforzi sui giovani. L’esecutivo di centrodestra ha inserito nella Legge di bilancio un piano di agevolazioni fiscali per i lavoratori sotto i 35 anni, con l’obiettivo di trattenere i talenti in patria, dopo che 361mila giovani hanno lasciato il Paese tra il 2008 e il 2023.

Agevolazioni per i giovani in Portogallo

Una premessa è d’obbligo prima di approfondire le misure proposte dal premier Montenegro: l’approvazione della finanziaria portoghese non è scontata così come i singoli provvedimenti.

Una valutazione attenta, però, rileva come i minori ricavi attesi (tassazione agevolata) possono dare luogo a un’economia più solida nei prossimi anni. Anche subito, secondo le stime del governo di Lisbona, che, in caso di approvazione delle misure, prevede una crescita del Pil del 2% nel 2024 e nel 2025.

Il piano anti fuga dei cervelli prevede ingenti agevolazioni fiscali per dieci anni:

Primo anno: esenzione totale dalle tasse per il primo anno di lavoro dei giovani sotto i 35 anni;
Dal secondo al quarto anno: esonero del 75% delle imposte sui redditi da lavoro;
Dal quinto al settimo anno: esonero del 50% delle imposte;
Dall’ottavo al decimo anno: l’esenzione scende al 25% delle imposte dovute.

Un Paese “amico dei giovani”

Il premier Montenegro, al governo da aprile, ha detto che vuole rendere il Portogallo ‘più amico dei giovani’ evitando che lascino il Paese.

Le cause della fuga dei cervelli sono simili a quelle dell’Italia: salari bassi e prezzi degli affitti alti. Nel contesto portoghese, questa situazione è aggravata dall’arrivo dell’arrivo dei ricchi pensionati, attratti dalle precedenti politiche fiscali vantaggiose.

Il contesto che ha portato a questa inversione di rotta è legato al caro affitti, in gran parte causato dall’afflusso di pensionati stranieri. L’aumento del costo degli alloggi ha spinto molti giovani a emigrare, in particolare verso Francia e Germania. Le nuove misure fiscali mirano a invertire questa tendenza, cercando di trattenere i laureati e i lavoratori qualificati in Portogallo.

Incentivi per alcuni settori

Oltre alle agevolazioni fiscali per i giovani, la legge finanziaria del governo prevede anche altri interventi per stimolare l’economia. Tra questi, l’aumento degli stipendi per insegnanti, lavoratori della sanità e della polizia, nonché un investimento pubblico considerevole.

Un altro intervento previsto riguarda la riduzione dell’aliquota dell’imposta sulle società, una misura che ha sollevato dibattiti accesi in Parlamento, soprattutto tra il governo di minoranza conservatore e i socialisti, i cui voti saranno necessari per l’approvazione definitiva del piano.

Incentivi per il rientro dei cervelli: come sono cambiati in Italia dal 2024

Anche l’Italia sta provando a fronteggiare la fuga dei cervelli, che da anni appesantisce il già cupo quadro demografico del Paese. Ci sono sempre meno nascite (e anche gli immigrati fanno meno figli), e di quelli che lasciano l’Italia, solo un giovane su tre ritorna nel Belpaese.
Salari bassi, assenza di prospettiva e scarso riconoscimento del merito sono le cause principali che spingono i giovani italiani a cercare lavoro fuori dai confini nazionali.

Il regime fiscale del rientro dei cervelli è stato introdotto nel 2019 ed è stato ampiamente revisionato con la scorsa Legge di Bilancio. Le misure sono molto meno impattanti di quelle proposte da Lisbona.

Il nuovo regime del rientro dei cervelli prevede una detassazione del 50% del reddito complessivo prodotto in Italia, in presenza di determinati requisiti. Se il lavoratore si trasferisce in Italia con un figlio minore o in caso di nascita (o adozione) di un minore durante il periodo di agevolazione, la detassazione sale al 60%. Da quest’anno, però, è stato introdotto un limite massimo annuo di reddito agevolabile, ovvero 600.000 euro.

Fino al 2023 l’agevolazione consisteva nella detassazione del 70% del reddito complessivo, aumentato al 90% per i lavoratori che si trasferivano nelle Regioni del Sud; non esisteva un tetto massimo di reddito agevolabile ed erano agevolati anche i redditi d’impresa, in forma individuale.

L’agevolazione fiscale 2024 si applica ai redditi di lavoro dipendente e assimilati e ai redditi di lavoro autonomo per i contribuenti che:

non sono stati fiscalmente residenti in Italia nei 3 anni precedenti al rientro (fino al 2023 bastava essere stati fiscalmente residenti all’estero nei 2 anni precedenti);
mantengano la residenza fiscale per almeno 4 anni. In caso contrario, il lavoratore decade dall’agevolazione e l’Agenzia delle Entrate provvederà al recupero delle imposte non versate e dei relativi interessi;
svolgano l’attività lavorativa prevalentemente in Italia, quindi per almeno 183 giorni all’anno.

Se il lavoratore che rientra in Italia prosegue l’attività lavorativa alle dipendenze dello stesso datore di lavoro (o di uno appartenente allo stesso gruppo), la permanenza all’estero deve essere di: 6 anni, se il lavoratore non ha lavorato in Italia a favore dello stesso datore di lavoro; 7 anni, se il lavoratore, prima del suo trasferimento all’estero, ha lavorato alle dipendenze dello stesso datore di lavoro.

Qualifica e durata dell’agevolazione

Le nuove regole del rientro dei cervelli restringono le tipologie di lavoratori a cui spetta l’incentivo. Dal 2024 accedono all’agevolazione solo i lavoratori con requisiti di elevata qualificazione o specializzazione, mentre fino all’anno scorso non c’era alcuna distinzione per tipologia di attività svolta né per qualifica o specializzazione.

La durata dell’agevolazione fiscale è rimasta invariata a 5 anni dal trasferimento della residenza fiscale in Italia. In via eccezionale, il lavoratore che ha trasferito la residenza anagrafica nel corso di quest’anno, gode di un beneficio fiscale si applica per ulteriori tre periodi d’imposta, a condizione che abbia acquistato, entro il 31 dicembre 2023 e, in ogni caso nei 12 mesi precedenti il trasferimento, un immobile destinato alla sua residenza abituale in Italia.
Fino al 2023 la durata dell’agevolazione poteva essere prorogata per ulteriori 5 anni in caso di acquisto di un immobile di tipo residenziale o in presenza di figli minori o a carico, al rientro in Italia e non prima che questo avvenisse.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Da Guerritore in “Inganno” a Kidman in “Baby Girl”, il...

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Chi in questi giorni ha avuto modo di vedere l’ultima serie NetflixInganno’ con Monica Guerritore come protagonista si sarà posto più o meno le stesse domande. Una proprietaria di un albergo di lusso in Costiera Amalfitana a Salerno, pur avendo 60 anni, può avere una relazione con un uomo più giovane senza che il suo potere economico giustifichi l’attrazione nei suoi confronti? E la menopausa? E le rughe? Possibile che tutto ciò non la freni?

Neanche il tempo di cercare le risposte, che ad amplificare questi dubbi arriva ‘Babygirl’, il prossimo film con Nicole Kidman (a cinema in Italia da gennaio) che, da amministratrice delegata di un’azienda di successo intrattiene una relazione sessuale con il suo giovane stagista.

La riflessione si amplia e arriva fino al più primordiale degli assunti: il sesso è ancora un gioco di potere e noi continuiamo a sorprenderci che chi manovra la giostra possa indossare i tacchi a spillo.

Ma andiamo con ordine.

“Oltre le gambe c’è di più”

Il grande e piccolo schermo si è adattato al “progresso” sociale e ha man mano scardinato i tradizionali ruoli per fare spazio a figure completamente lontane da quelle alle quali per decenni siamo stati abituati. Sono sempre più le pellicole nelle quali si può assistere a donne che posseggono il ruolo di potere e che lo usano, e sfruttano, a proprio piacimento o vantaggio.

Tra le ultime rappresentazioni in cui il vertice è occupato da quei tacchi a spillo e cervello colmo di sensibilità e intelligenza troviamo i due prodotti audiovisivi “Inganno”, miniserie Netflix con Monica Guerritore e Nicole Kidman in ‘Babygirl’.

Le due donne hanno poco in comune se non le qualifiche, le competenze e le capacità per occupare le proprie posizioni professionali. Ma, soprattutto, sono entrambe innamorate, affascinate, catturate o comunque ammaliate da uomini più giovani. Il problema? Il sesso dopo i 50 anni, rappresentano nella sua naturalezza, e “l’assurdo paradosso” che ne è derivato: non è normale poter essere desiderate dopo una certa età.

Sia la serie Netflix ‘Inganno’ che il film ‘Baby Girl’ di A24 propongono uno stereotipo al contrario, ma pur sempre uno stereotipo: una relazione sbilanciata, considerata “fuori dalla norma”, della quale approfondire la psiche, le cause e le conseguenze, perché altrimenti completamente ingiustificata.

Tralasciando le critiche e gli apprezzamenti che i due prodotti artistici hanno raccolto dagli esperti del settore, proviamo a rispondere alle domande che hanno generato.

Il potere giustifica l’attrazione?

A vedere i protagonisti maschili nella serie e nel film non ci sarebbe da meravigliarsi e neanche sarebbe necessario trovare giustificazioni al perché le due protagoniste siano attratte da loro… Eppure, si è reso naturale considerare assurdo il contrario.

Secondo il Gintux Report 2024 sulle relazioni eterosessuali con importanti differenze d’età è circa una su 4 che si classifica come “relazione cougar“. Il termine è comunemente usato per descrivere donne mature che escono con uomini più giovani. E dal report emerge che circa il 48% delle donne single tra i 40 e i 60 anni frequenta uomini più giovani. I partner maschi, nelle relazioni con donne più anziane, spesso apprezzano la maturità, l’intelligenza e l’indipendenza delle loro partner. E non tutte quelle che hanno partecipato al sondaggio sono protagoniste di successo in pellicole cinematografiche.

Menopausa e desiderio sessuale: quale legame?

Dall’altro lato, poi, c’è il “problema” della menopausa. Abbiamo così chiesto a Monica Calcagni, dottoressa e ginecologa “pop” che sui social vanta centinaia di migliaia di follower e che dialoga ogni giorno con l’universo genitale e psicologico femminile, perché la fine delle mestruazioni sia considerata un peso sia fisico che sociale.

Nel suo ultimo libro “Più donna, meno pausa” la dottoressa affronta proprio la questione della “fine del flusso mestruale” e di come sia diventata una tappa che segna inesorabilmente il declino della femminilità, quando in realtà è esattamente il contrario. La fine del ciclo mestruale segna “un nuovo inizio, un capitolo che, se ben affrontato, ci permette di essere ancora più forti, sicure di noi stesse e pronte a fare la differenza”. Il problema è che la menopausa è ancora un argomento poco trattato, quasi sconosciuto alle donne stesse. Dottoressa, ma questa fase della vita segna davvero la fine dei desideri sessuali di una donna?

“In menopausa le donne possono avere un calo del desiderio – ci ha spiegato la dottoressa Calcagni –. Questo è dovuto al cambiamento ormonale con la riduzione degli estrogeni e del testosterone”. Ma, aggiunge la dottoressa, “c’è l’idea sbagliata che una donna in menopausa sia da batture, vecchia e con i capelli bianchi. Invece la donna in menopausa è attiva, ancora giovane e ha imparato a prendersi cura dei suoi genitali. In età adulta o no, l’attività sessuale comporta sempre dei benefici: aumenta l’autostima e rallenta l’invecchiamento. Inoltre, il sesso permette alla coppia di ritrovarsi e, in alcuni casi, anche di riscoprirsi. Ecco perché si possono fare nuove conoscenze e, perché no, anche con uomini più giovani”. E conclude, sorridendo: “Sapete che vi dico? Io dico sì al sesso a tutte le età. Ci mantiene in forma e si bruciano anche molte calorie!”.

Perché se lo fa un uomo è normale?

Il motivo per il quale si considera anormale che una donna più grande stia con un uomo più giovane è un fattore principalmente culturale. Essendo abituati a considerare le relazioni, nella maggior parte dei casi, come una progettualità legata alla costruzione di una famiglia, lo stereotipo nasce da una questione di fertilità: la donna, intorno ai 35 anni, inizia a perdere la sua capacità di concepire, a differenza di un uomo, il cui funzionamento, a fini procreativi, dei propri organi genitali persiste anche negli anni successivi.

“Nei primi dieci anni di matrimonio, le persone segnalano livelli più alti di soddisfazione coniugale quando il partner è più giovane“, ha spiegato Grace Lordan, professore associato di scienze comportamentali alla London School of Economics, in un’intervista alla Bbc. “Tuttavia, nel tempo, la soddisfazione delle coppie di età diverse diminuisce più di quella di coppie con partner di età simile. Come la probabilità che le coppie di età simile divorzino è inferiore”.

Fare coppia con qualcuno della stessa età, quindi, rende la relazione potenzialmente valida a durare a lungo. Eppure, nel 1900, la differenza di età media tra le coppie era circa il doppio di quella del 2000 e poteva variare tra i 20 e 10 anni.

Storicamente le persone (in particolare quelle delle classi economiche medio-alte) avrebbero avuto molte più probabilità di sposare qualcuno molto più giovane di loro, soprattutto se il più grande era di genere maschile. Le ragioni di questo fenomeno potevano essere sia biologiche che economiche. Se un uomo di 50 anni avesse voluto avere figli, non sarebbe stato nel suo interesse legarsi affettivamente ad una donna della sua stessa. E finché nella società erano gli uomini a governare il potere economico nella maggior parte dei settori, la scelta di legarsi con una donna molto più giovane restava quella più opportuna.

Potremmo giustificare così la normalità del vedere una donna giovane con un uomo più grande e l’anormalità di vedere il contrario: il gioco di potere era nelle mani degli uomini e si è finito con il dare per scontato che fossero gli unici titolati a giocarci.

Tuttavia, un legame di coppia non si può basare solo sulla genitorialità, sulla fertilità, su chi possiede il potere economico e culturale di una società. Fare coppia con qualcuno significa anche condivisione, bene, stima e rispetto reciproci, indipendentemente dall’età. E oggi, rispetto al passato, è ancora possibile sperare che ciò valga per tutti.

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