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Domani il summit Ue su Ucraina e Medio Oriente, conclusioni su migranti a rischio

I quattro temi centrali sul tavolo dei leader, la divisione degli Stati Ue sui migranti. Anche Zelensky al Consiglio europeo

Bandiere Ue - Fotogramma

Il Consiglio Europeo, in agenda per domani, giovedì 17 ottobre, e venerdì 18, sarà focalizzato su quattro temi centrali: guerra in Ucraina, conflitti nel Medio Oriente, migrazioni e competitività dell’Ue. Questi, ha spiegato un alto funzionario Ue, saranno i punti sui quali i leader avranno una discussione approfondita. Il più controverso, sul quale ancora le conclusioni sono in forse, sono le migrazioni, tema che resta molto divisivo per gli Stati Ue.

Ucraina

Per quanto riguarda l’Ucraina, nella bozza delle conclusioni il Consiglio Europeo ribadisce “l’incrollabile impegno” dell’Ue a fornire aiuti, inclusi quelli militari, “per tutto il tempo necessario” e “con l’intensità necessaria”. La Russia “non deve prevalere”. Si sostiene una pace “giusta e duratura”, basata sul “diritto internazionale” e “in linea con gli obiettivi della formula di pace” delineata da Volodymyr Zelensky. Si sottolinea anche che “nessuna iniziativa sull’Ucraina può essere presa senza l’Ucraina”.

Il Consiglio chiede anche di “finalizzare rapidamente” il lavoro sulle misure di assistenza della European Peace Facility, che “incentiveranno ulteriormente” il sostegno militare a Kiev. I capi di Stato e di governo rimarcano, soprattutto, “l’importanza di rispettare gli impegni presi nel G7” di erogare all’Ucraina aiuti per 45 mld di euro (50 mld di dollari) “entro fine anno” per sostenere i bisogni “attuali e futuri” di Kiev in campo “militare, economico e per quanto riguarda la ricostruzione”. Sul pacchetto da 35 mld di euro di aiuti, la parte che l’Ue coprirà in attesa che anche gli Usa possano partecipare, l’accordo in Consiglio è arrivato a maggioranza qualificata.

L’Ungheria di Viktor Orban, che detiene la presidenza di turno del Consiglio Ue, ha bloccato il quarto testo, l’estensione da 6 a 36 mesi del periodo di congelamento degli asset della Banca centrale russa, che garantiranno il programma di assistenza finanziaria. Se ne dovrebbe riparlare dopo le presidenziali Usa, che non saranno tra i temi del vertice, ma non è escluso, ovviamente, che qualche leader tocchi il tema, vista la sua centralità. Se l'estensione da sei mesi a tre anni non dovesse essere approvata, allora il rischio finanziario aumenterebbe, gli Usa probabilmente avrebbero difficoltà a partecipare e l’onere ricadrebbe sui Paesi Ue.

“Non so” se tutti premeranno su Orban per ottenere un via libera, spiega l'alto funzionario, ma “abbiamo accordi per consegnare i soldi” a Kiev entro fine anno. In ogni caso, l’Ucraina “avrà i soldi”, questo è fuori discussione, ma se l’Ungheria bloccherà l’estensione del periodo di congelamento, allora gli oneri ricadranno sui Paesi europei. Paesi che stanno perdendo la pazienza nei confronti di Budapest, affezionata all'esercizio del veto, spesso a fini negoziali: “Credo che abbiamo raggiunto i limiti in termini di leverage nei confronti dell’Ungheria”, osserva l’alto funzionario, notando che “il dibattito in Parlamento” a Strasburgo la settimana scorsa è stato “molto teso”. Nella bozza delle conclusioni l’Ue si dice sempre “pronta a limitare ulteriormente la capacità della Russia di guerreggiare”, adottando eventuali altre sanzioni. Condanna infine “con forza” il sostegno materiale fornito a Mosca da “Paesi terzi”, come l’Iran.

Medio Oriente

Per quanto riguarda il Medio Oriente, il nodo sarà probabilmente il linguaggio usato per condannare gli attacchi di Israele contro le postazioni dell’Unifil. Già ieri il ministro degli Esteri irlandese Micheàl Martin ha lamentato che diversi Paesi sono assai morbidi nei confronti di Tel Aviv. Sui conflitti nell’area, gli Stati Ue sono molto più divisi che sull’Ucraina: c’è l’unanimità solo sul chiedere il cessate il fuoco a Gaza, sull’evitare l’escalation, peraltro già in atto, e sulla necessità di fornire “più aiuti umanitari” e sulla “soluzione a due Stati”. Fine. Sul resto, i Paesi Ue sono divisi, specie su quanto siano legittimi gli attacchi sferrati dall’Idf contro Gaza e Libano e sulle responsabilità del conflitto.

Nelle conclusioni si ribadisce il “diritto di Israele di difendersi”, ma si precisa che “tutte le parti devono rispettare il diritto internazionale”. Si esprime “massima preoccupazione” per l’escalation militare in Libano, del quale deve essere rispettata “la sovranità e integrità territoriale”. Si ribadisce la richiesta di un “cessate il fuoco immediato” a Gaza, l’impegno per una soluzione a due Stati e si esprime “sostegno” per il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres e per l’Unrwa, condannando ogni tentativo di “bollare un’agenzia Onu come organizzazione terrorista”.

Migrazioni, conclusioni a rischio

Sulle migrazioni le conclusioni rischiano di saltare: nella bozza del 10 ottobre sono tra parentesi quadre, perché tra i Paesi non c’è consenso. "Alcuni Stati - ha spiegato la fonte - potrebbero bloccare le conclusioni, chiedendo di focalizzarsi sulla discussione". In passato i leader sono riusciti quasi sempre a mettere nero su bianco conclusioni in materia di migration, tranne nel giugno 2023, quando vennero bloccate dall'Ungheria. I diplomatici hanno steso un testo che tenta di "trovare un equilibrio" tra le varie posizioni, ma non c'è ancora accordo. All'interno del Consiglio si sono formati tre gruppi di Paesi su questo punto: il primo vorrebbe "conclusioni dettagliate" in materia, il secondo vorrebbe adottare solo "linee guida generali", mentre altri "non vogliono conclusioni".

Alcuni Stati spingono per anticipare l'attuazione di talune parti del patto Ue sulle migrazioni e l'asilo, spiega la fonte, ma "i Paesi che hanno votato contro" quel patto, come ad esempio l'Ungheria, "difficilmente" sarebbero a favore di anticiparne parzialmente l'attuazione. Resta inoltre molto “controversa” la richiesta dei Paesi nordici a Italia e Grecia di riprendersi i cosiddetti ‘Dublinanti’, i richiedenti asilo che si sono spostati verso nord, tema che non a caso “non è mai entrato” nelle conclusioni del Consiglio Europeo.

Sulla materia è prevista una discussione “approfondita” tra i leader, che “raccomandano una “cooperazione maggiore con i Paesi di origine e di transito”, attraverso “partnership mutualmente benefiche”. Si esorta poi ad agire in modo “determinato” a “tutti i livelli” per “aumentare e velocizzare i rimpatri”, materia alla quale serve un “nuovo approccio”. Su questo la presidente Ursula von der Leyen, nella solita lettera in materia di migrazioni mandata ai leader in vista del summit, ha scritto che "dovremmo continuare a esplorare possibili modi per procedere per quanto riguarda l'idea di sviluppare hub di rimpatrio al di fuori dell'Unione, soprattutto in vista di una nuova proposta legislativa sul rimpatrio”.

E menziona esplicitamente l’accordo tra Roma e Tirana: “Con l'avvio delle operazioni del protocollo Italia-Albania, saremo anche in grado di trarre lezioni da questa esperienza nella pratica”. Si tratta però di due cose diverse, a quanto si è capito, anche se nella lettera di von der Leyen non viene spiegato. L’accordo italo-albanese prevede il trasferimento direttamente nel Paese delle Aquile di migranti irregolari salvati in mare, senza passare dal territorio italiano. Quindi, si tratta di una ‘zona grigia’, non coperta dal diritto Ue, come aveva spiegato la commissaria Ylva Johansson. Invece, la Commissione sta “valutando” se e come rendere “giuridicamente possibile” il trasferimento diretto, da un Paese membro dell’Ue, di un migrante irregolare verso un Paese terzo, diverso dal suo Paese di origine.

Il Consiglio Europeo, nelle conclusioni tra parentesi, ribadisce anche l’impegno ad “assicurare il controllo efficace dei confini esterni dell’Ue con tutti i mezzi disponibili” e suggerisce di “valutare nuovi modi per contrastare l’immigrazione irregolare, in linea con il diritto internazionale”. Il fatto è che, come riconosce l’alto funzionario Ue, nell’Unione il dibattito su questi temi ha visto una marcata svolta “a destra”, impressa dal successo dei partiti nazionalisti in molti Paesi, che sono riusciti a cambiare le politiche del ‘mainstream’ centrista. “Prima - nota la fonte - nel Consiglio Europeo era impossibile parlare del finanziamento Ue di infrastrutture” destinate ad ostacolare i flussi irregolari, un eufemismo per i muri o le barriere. Oggi, invece, non è più un tema “controverso”.

Competitività nell'Ue

I leader dovrebbero anche discutere della competitività dell’Ue, anche se il grosso del dibattito dovrebbe svolgersi a Budapest l’8 novembre, nell’informale (l’ultimo presieduto da Charles Michel), dove verranno discussi i rapporti redatti da Enrico Letta e Mario Draghi. Nella bozza delle conclusioni, in materia di competitività, si invitano Consiglio e Commissione a “portare avanti il lavoro”, in particolare “in risposta alle sfide identificate” dai rapporti Letta e Draghi. Non si terrà l'Eurosummit, che era atteso, tanto che il presidente dell'Eurogruppo Paschal Donohoe ha inviato ieri l'usuale lettera a Michel, nella quale mette nero su bianco che per finanziare la "transizione verde" la "vasta maggioranza" degli investimenti dovrà arrivare dal "settore privato".

Nella bozza il Consiglio Europeo, inoltre, esprime sostegno per l’ordine internazionale “basato sulle regole”, notando che c’è una “tendenza allarmante a trascurare il diritto internazionale”. L’Ue resta “determinata” a “porre fine all’impunità e ad assicurare” che chi viola il diritto internazionale venga “chiamato a risponderne”.

Gli altri temi sul tavolo dei leader: dalla Moldova all'antisemitismo

Tra gli altri temi, c'è la Moldova: i leader ribadiscono un “impegno incrollabile” per l’integrità territoriale e la sovranità della Repubblica e accolgono “con favore” il secondo round di sanzioni, contro i separatisti della Gagauzia. Per la Georgia, i leader, in vista delle elezioni politiche del 26 ottobre, ribadiscono “seria preoccupazione” per le azioni intraprese da Tbilisi con una legge contro le influenze straniere ‘alla russa’ e avvertono che un provvedimento simile “mette di fatto in arresto il processo di adesione” all’Ue. Sottolineano che dalle autorità georgiane si attendono lo svolgimento di elezioni “libere e corrette”.

C’è un punto anche sul Sudan, una guerra dimenticata con un’emergenza umanitaria crescente. Anche in questo caso, si invitano tutte le parti ad una “immediata cessazione delle ostilità”, che continuano indisturbate dall’aprile 2023, con almeno 15mila morti e 8,2 mln di rifugiati. Si esprime “estrema preoccupazione” per il Venezuela: si esortano le autorità venezuelane a “porre fine alle violenze, alla repressione e alla persecuzione dell’opposizione e delle minoranze. C’è poi un punto sulla Cop29 di Baku e la Cop16 di Cali.

Si condanna “l’intensificarsi” delle attività russe “ibride” e “destabilizzanti”. Infine, si mette agli atti la “seria preoccupazione” dei leader per il risorgere dell’odio antisemita in Europa e si condanna “qualsiasi forma di discriminazione, inclusi l’odio antisemita e quello contro i musulmani, l’intolleranza, il razzismo e la xenofobia”.

Anche Zelensky al summit, l'invito di Michel

"Ho invitato il presidente Volodymy Zelensky al summit del Consiglio Europeo di giovedì 17 ottobre per fare il punto degli ultimi sviluppi della guerra della Russia contro l'Ucraina e presentare il suo piano per la vittoria", quanto annunciato intanto su X dal presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Esteri

Guerra Israele, ultime notizie oggi in diretta

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Esteri

Musica, il duo Cardaropoli e Ferro si esibisce a Madrid

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L'evento, in programma il 22 ottobre, è promosso in collaborazione con Mic e programma Siae Per chi crea

Musica, il duo Cardaropoli e Ferro si esibisce a Madrid

Dopo Valona, il duo composto da Gennaro Cardaropoli (violino) e Alberto Ferro (pianoforte) tornerà in Spagna martedì 22 ottobre per esibirsi, alle 20, nello splendido Salón de Actos di Madrid, all’interno dell’Istituto Italiano di Cultura interpretando le musiche di Giuseppe Martucci, Henryk Wieniawski, Claude Debussy e Igor’ Fëdorovič Stravinskij. L’appuntamento fa parte del programma internazionale promosso dal Cidim (Comitato nazionale italiano musica) grazie ai fondi del progetto Siae Per Chi Crea e del ministero della Cultura Direzione Generale dello Spettacolo. Il concerto del 22 ottobre viene organizzato in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Madrid.

“I due artisti, formatisi anche presso l’Accademia Musicale Chigiana di Siena, tornano in Spagna dove avevano già avuto modo di esibirsi destando molto interesse da parte del pubblico. Al Cidim abbiamo sempre avuto l’obiettivo di dare sostegno a questi giovani talenti e continuiamo a farlo, con costanza e determinazione, anche grazie ai fondi messi a disposizione dal Ministero della Cultura e quest’anno anche grazie al supporto del programma Siae per chi crea e dell’Istituto Italiano di Cultura di Madrid”, commenta il Presidente di Aiam (Associazione italiana attività musicali) e vicepresidente del Cidim, Francescantonio Pollice.

“La musica è senza dubbio un potente strumento di dialogo e di unione, che permette di rafforzare la vicinanza tra la Spagna e l’Italia e le contaminazioni culturali costanti tra i due paesi, pilastro fondamentale della nostra attività. Per l’Istituto Italiano di Cultura di Madrid è un grande piacere poter ospitare il concerto di questi due giovani artisti italiani, un’occasione che ci consente di sostenere la crescita professionale dei migliori talenti del nostro Paese, garantendo loro un palcoscenico di prestigio e un pubblico colto e appassionato”, conclude Susi Baldasseroni, direttrice ad interim dell’Istituto Italiano di Cultura a Madrid.

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Esteri

Organizzavano barconi dalla Libia, 10 fermi a Milano:...

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Sono almeno 8 le traversate via mare ricondotte agli indagati, una approdata a Lampedusa, una a Civitavecchia e 5 sulle coste greche

Polizia - FOTOGRAMMA

Sgominata un'organizzazione internazionale dedita al traffico di migranti dalla Libia all'Italia ed altri Paesi. La Polizia di Stato di Milano nelle prime ore di oggi ha dato esecuzione a un decreto di fermo emesso dalla Dda di Milano a carico di 10 soggetti di origine egiziana, indagati a vario titolo per i reati di associazione per delinquere, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nonché esercizio abusivo dell’attività creditizia.

In particolare, l’attività d’indagine condotta da personale della Squadra Mobile di Milano e del Servizio Centrale Operativo, con il supporto di analisti Europol nell’ambito dell’Operational Task Force Mediterraneo, a guida italiana, ha consentito di raccogliere indizi di reato in ordine alla presenza nel capoluogo lombardo di un sodalizio, avente carattere della transnazionalità e composto da più soggetti di origine egiziana, dedito al trasferimento illegale di migranti, sempre di nazionalità egiziana, sul territorio nazionale e su quello di altri Paesi europei, tramite imbarcazioni salpate dalle coste libiche.

Le indagini

Le indagini, avviate nel mese di luglio 2023, hanno evidenziato la presenza di una cellula milanese inserita in un più ampio network criminale internazionale, con ramificazioni in Egitto, Libia e altri Paesi europei, operante su due fronti: il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina di cittadini di nazionalità egiziana e il connesso esercizio abusivo di attività di prestazione di servizi di pagamento.

In tale ambito sono emersi soggetti che, vantando specifica esperienza e collegamenti internazionali, hanno dato vita a una consolidata rete di contatti tra referenti operanti in Nord Africa e in Europa. È stata documentata, infatti, l’operatività di persone dedite alla gestione di c.d. safe house presenti in Libia, al reperimento di beni necessari alla gestione dei migranti durante i mesi di permanenza in territorio libico (cibo, acqua, telefoni, satellitari, schede telefoniche), alla raccolta del denaro per il pagamento delle varie tratte e alla individuazione delle imbarcazioni utilizzate per attraversare il Mediterraneo.

Preciso schema operativo

Il consolidato modus operandi adottato dal sodalizio criminale ha seguito un preciso schema operativo: i migranti, dopo aver concordato, dall’Egitto, la partenza, hanno versato gli importi imposti ai facilitatori presenti a Milano; successivamente sono stati spostati in Libia attraverso il confine egiziano da altri correi presenti all’estero; giunti in territorio libico, i migranti sono stati raccolti dai facilitatori libici e collocati nelle c.d. safe house dislocate in varie località in attesa di partire. Durante tale attesa, che è spesso durata anche diversi mesi, talvolta anche in condizioni degradanti, alcuni migranti sono stati anche costretti a improvvisi trasferimenti, per sottrarsi ai crescenti controlli delle Autorità libiche, finalizzati a contrastare le partenze illegali da quel territorio. Dopo aver raggiunto l’Europa, in particolare la Grecia o l’Italia, su imbarcazioni non sempre in grado di sostenere la traversata, gli indagati si sono talvolta adoperati per far ottenere ai migranti irregolari permessi di soggiorno o per garantire il trasferimento da Milano ad altre città.

Per quanto concerne, invece, i facilitatori presenti in Nord Africa, soprattutto Egitto e Libia, è stato accertato che costoro hanno agito come vere e proprie agenzie di viaggio, procacciando i migranti, concordando il prezzo e organizzando il trasferimento fino alla destinazione finale in Europa.

Almeno 8 le traversate via mare

Sono almeno 8 le traversate via mare ricondotte agli indagati, una approdata a Lampedusa, una a Civitavecchia e 5 sulle coste greche; un ulteriore viaggio, con destinazione le coste italiane, si è concluso con una attività di soccorso, dopo che l’imbarcazione è risultata non più governabile e quindi essere finita alla deriva.

Le proiezioni del sodalizio in Grecia hanno permesso allo stesso di avviare anche la gestione di alcuni trasferimenti attraverso la c.d. rotta balcanica, per far fronte al crescente contrasto a quella marittima.

I guadagni

Il traffico di ogni singolo migrante diretto verso l’Italia ha portato all’organizzazione un introito oscillante tra i 4000 e i 6000 euro, perlopiù versati da parenti o amici. La rotta attraverso la Grecia ha comportato per i migranti, invece, il pagamento di una cifra compresa tra i 3000 e i 5000 euro.

Per il pagamento della somma pattuita è stato ancora una volta utilizzato il consolidato metodo "fiduciario" conosciuto come “hawala”, grazie alla presenza, sempre nella zona di Milano, di un nucleo familiare specializzato nel citato trasferimento di denaro.

L'hawala, com’è noto, è un sistema di trasferimento di denaro informale, basato sulla fiducia, in cui privati si accordano con altri privati e in cui il sovrapprezzo alla transazione, cioè la provvista che viene trattenuta dagli hawaladar, è in genere più alto di quello richiesto dalle società che legalmente si occupano di tali attività di trasferimento di denaro contante.

Nel corso delle indagini, infine, è emerso che taluni degli indagati nell’ultimo periodo hanno provato a eludere le normative che, attraverso il c.d. decreto flussi, disciplinano l’ingresso regolare di lavoratori stranieri in Italia e altri Paesi europei.

L’operazione odierna ha interessato non solo il territorio milanese, ma anche altre province italiane (Firenze, Asti, La spezia e Pavia) ove sono stati rintracciati alcuni degli indagati destinatari del provvedimento di fermo. L’indagine si trova nella fase delle indagini preliminari e sono fatte salve ulteriori e diverse valutazioni nelle fasi successive del procedimento.

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