Ucraina-Russia, chi vince guerra a Kursk? Le due verità di Mosca e Kiev
Le forze armate ucraine hanno invaso la regione russa il 6 agosto: dopo 2 mesi e mezzo, chi sta vincendo?
Il 6 agosto scorso le forze ucraine sono entrate in Russia, nella regione russa di Kursk, arrivando a occupare in poche ore, secondo la versione di Kiev, 1.250 chilometri quadrati di territorio e il controllo di 92 insediamenti. Da allora, sono in corso combattimenti fra russi e ucraini anche su questo fronte, in territorio russo.
Le versioni sull'esito dei combattimenti sono contrastanti. E difficile da verificare in modo indipendente dopo che Mosca ha lanciato una campagna aggressiva contro i giornalisti stranieri che passano il confine senza autorizzazione, contro cui sono state formalizzate accuse e, nel caso dei due italiani Stefania Battistini e Simone Traini, e del britannico inviato di Cnn, Nick Peyton Walsh, anche un mandato di arresto.
Cosa dicono i russi
Lunedì il portavoce delle forze russe dispiegate a Kursk per respingere gli ucraini, il comandante delle forze cecene Akhmat, Apti Alaudinov, ha annunciato che le forze russe hanno riconquistato il 50 per cento del territorio che era stato preso dagli ucraini. Fra gli ultimi insediamenti di cui Mosca ha ripreso il controllo ci sono Novaya Sorochina e Pokrovsky, ha riferito invece il ministero della Difesa.
Ma secondo le informazioni elaborate dall'Institute for the Study of War (Isw) basato a Washington, dopo poco più di due mesi di combattimenti nel Kursk, l'Ucraina continua a controllare la maggior parte del territorio che aveva preso ad agosto.
Cosa dicono gli ucraini
Sabato Volodymir Zelensky ha affermato che Kiev "mantiene le posizioni". Le forze ucraine continuano a controllare la città di Sudzha, snodo cruciale del trasporto del gas fra Russia ed Europa attraverso l'Ucraina (flusso che comunque cesserà a fine anno) in cui prima dell'inizio dell'incursione vivevano 5mila persone.
Gli sfollati dalla regione intera sono 112mila civili dall'inizio di agosto. Almeno 308 civili, fra cui 11 bambini, sono rimasti feriti. La Russia accusa l'Ucraina di aver deportato mille residenti della regione, sulla base di informazioni, non verificate in modo indipendente, pervenute alla Alta Commissaria per i diritti umani, Tatiana Moskalova, da parte dei familiari.
Cosa dice la popolazione
I residenti locali lamentano la mancanza di azione da parte delle autorità. "Prima di tutto hanno lasciato che le forze ucraine entrassero, e che fossero uccise così tante persone. E ora vanno in giro dicendo che stanno 'liberando' le nostre città e villaggi", ha scritto una residente della regione Natalia Kartseva, in un commento su VKontakte. "La nostra regione è stata già liberata? I responsabili per l'incursione delle forze ucraine non sono stati ancora puniti. C'è qualcuno che intende rendere pubblici i nomi dei responsabili? O sono già stati trasferiti?", ha commentato un altro, Nikolai Pakhomov.
La centrale nucleare senza difese
La centrale nucleare della regione di Kursk con quattro reattori Rbmk, due dei quali ancora operativi, è il terzo impianto nucleare più grande in Russia, accanto alla cittadina di Kurchatov: a poche decine di chilometri dalla zona di combattimenti, non avrebbe sufficiente protezione.
Fonti della Rosatom, l'agenzia per l'energia nucleare russa, spiegano al sito di notizie russo Verstka che le misure di protezione dell'impianto non includono quelle per raid militari, dopo che fonti russe, smentite dagli ucraini, avevano denunciato raid di droni ucraini in corrispondenza del sito.
La sezione più vulnerabile sono i bacini di raffreddamento del combustibile usato rimosso dai reattori. Se colpito, può diffondere radioattività, come una 'bomba sporca'. La nuova centrale Kursk II, non ancora operativa, è progettata per sostenere l'impatto anche di un aereo, uno standard introdotto dopo gli attacchi dell'11/9 negli Usa.
Esteri
Fotoreporter Paul Lowe ucciso in California: arrestato il...
Il corpo era stato trovato il 12 ottobre sulle montagne di San Gabriel: il 60enne sarebbe stato pugnalato al collo
Il fotoreporter britannico Paul Lowe, famoso per aver documentato la guerra civile nell'ex Jugoslavia, particolarmente in Bosnia, lodato per aver acceso i riflettori sull'assedio di Sarajevo, è stato trovato morto il 12 ottobre sulle montagne di San Gabriel, lungo un sentiero escursionistico in California. Il 60enne sarebbe stato pugnalato al collo, secondo quanto riportato dall'ufficio del medico legale di Los Angeles: per l'omicidio è stato arrestato suo figlio, il diciannovenne Emir, che dovrà comparire davanti al tribunale di West Covina, come ha fatto sapere l'ufficio del procuratore distrettuale della contea di Los Angeles. Ulteriori informazioni non sono state fornite circa il movente dell'assassinio.
Paul Lowe, premiato fotografo freelance e insegnante che viveva e lavorava tra Sarajevo e Londra, ha pubblicato i suoi reportage sulle pagine di "Time', 'Newsweek', 'Life', 'Der Spiegel', 'The Observer' e 'The Independent' per citarne alcune. Ha documentato notizie straordinarie come la caduta del Muro di Berlino, il rilascio di Nelson Mandela, il genocidio in Rwanda, la distruzione di Grozny e in maniera costante la guerra in Bosnia. Ha pubblicato la sua monografia intitolata 'Bosnians', riguardante la situazione bellica e post-bellica in Bosnia. Di recente aveva sviluppato un programma educativo online per fotografi nei paesi in via di sviluppo in congiunzione con la World Press Photo Foundation ad Amsterdam. Dal 2004 era direttore dei corsi del Master in fotogiornalismo al London College of Communication.
Secondo la polizia, l'incidente è avvenuto intorno alle 15.28 di sabato scorso a Mount Baldy Road, vicino alle cascate di Stoddard Canyon. In un comunicato del dipartimento dello sceriffo si legge che gli agenti che hanno risposto a una segnalazione di aggressione con arma letale hanno trovato un 'maschio bianco adulto che presentava un trauma alla parte superiore del torso. Il personale dei vigili del fuoco di San Bernardino è intervenuto e ha dichiarato la vittima morta sulla scena. Un maschio bianco adulto è stato visto allontanarsi dalla scena ed è stato successivamente coinvolto in un incidente stradale a pochi chilometri di distanza. L'uomo è stato trattenuto in attesa di ulteriori indagini. L'indagine è in corso e al momento non ci sono ulteriori informazioni'.
Il King's College di Londra, dove Lowe era professore ospite di studi sulla guerra, ha dichiarato che 'il pluripremiato fotoreporter ci mancherà profondamente'. In una dichiarazione pubblicata su X, ex Twitter, l'ateneo ha scritto: 'È con profonda tristezza che abbiamo ricevuto la notizia della scomparsa del professor Paul Lowe. Paul era un visiting professor nel dipartimento di studi sulla guerra, un professore di fotogiornalismo alla University of the Arts di Londra e un pluripremiato fotogiornalista della VII Academy. Un amico, un collega e un collaboratore il cui lavoro ha avuto un enorme impatto nell'accendere i riflettori sull'assedio di Sarajevo e nell'affrontare la sua eredità, abbiamo avuto il privilegio di lavorare con lui su diversi progetti legati all'arte e alla riconciliazione. La sua energia sconfinata, il suo calore, la sua creatività, la sua iniziativa e il suo entusiasmo erano contagiosi e di unica ispirazione. Ci mancherà profondamente'.
Esteri
Elon Musk, donati 75 milioni di dollari per Trump in 3 mesi
Il patron Tesla ha donato la cifra al Super Pac da lui creato per sostenere la campagna del tycoon
Elon Musk ha versato 75 milioni di dollari negli ultimi tre mesi al Super Pac da lui creato, America Pac, per sostenere la campagna di Donald Trump. I documenti presentati alla Federal Election Commission danno quindi la misura di quanto l'uomo più ricco del mondo sia diventato cruciale per il tentativo del tycoon di tornare alla Casa Bianca.
Dalle carte risulta che il miliardario fondatore di Tesla, e ora patron di X, avrebbe donato 15 milioni al Super Pac, di cui è l'unico finanziatore, a luglio, 30 milioni ad agosto ed altri 30 a settembre. America Pac è quindi diventato, senza grandi clamori, il motore principale della campagna repubblicana, impegnato principalmente in iniziative per mobilitare il voto pro Trump nei sette stati chiave.
Il tutto con risorse e numeri di volontari in campo che superano di gran lunga quelle della campagna di Trump e degli altri Super Pac. Secondo i documenti depositati, America Pac ha finora speso 30 milioni di dollari, il 40% dei suoi fondi, solo in operazioni di registrazione e mobilitazione degli elettori, con altri fondi destinati agli spot digitali pro Trump.
Musk non si limita all'impegno finanziario, ma è anche ormai personalmente coinvolto nella campagna, concentrato in particolare sulla Pennsylvania, considerato il più importante degli stati chiave, dove ha trasferito il quartier generale operativo e dove lui stesso si prepara da dare "una serie di talk" per convincere a votare Trump.
Esteri
Elezioni Usa e la paura dell’October surprise, la...
Secondo esperti e analisti la sorpresa di ottobre, che piomba come un terremoto sulla campagna presidenziale alle ultime battute determinandone l'esito, deve ancora arrivare
C'è chi ha temuto che l'October surprise potesse arrivare da una devastazione senza precedenti dell'uragano Milton, e chi ha paura che nelle prossime settimane possa arrivare da un'escalation fuori controllo, magari con il coinvolgimento militare pieno dell'Iran, del conflitto già ampio in Medio Oriente. Oppure da un nuovo episodio di violenza contro un candidato alle elezioni Usa 2024, come i due tentativi di assassinio, a luglio e settembre, contro Donald Trump. Secondo esperti e analisti la sorpresa di ottobre, che piomba come un terremoto sulla campagna presidenziale alle ultime battute determinandone l'esito, deve quindi ancora arrivare. E, stando ai precedenti storici, potrebbe presentarsi a breve.
L'origine
E' dal 1980 che la formula è entrata nel linguaggio politico americano, ricorda oggi Politico, cioè da quando durante la campagna di Ronald Reagan espresse il timore che il presidente Jimmy Carter, in difficoltà nei sondaggi, potesse riuscire ad ottenere il rilascio dei 52 americani da quasi un anno in ostaggio nell'ambasciata Usa a Teheran a ridosso del voto per conquistare i favori.
Il manager della campagna repubblicana, Bill Casey, usò quindi per primo il termine “October surprise”, esortando amici dell'intelligence e dei militari a lanciare un allarme riguardo a qualsiasi movimento in questa direzione. Come è noto, la liberazione degli ostaggi non avvenne prima dell'election day, ma proprio pochi minuti dopo Reagan giurò da presidente, tanto da convincere molti che la vera October surprise l'aveva fatta il repubblicano riuscendo a convincere l'Iran a non rilasciare gli ostaggi prima del voto.
La questione fu anche oggetto di un'inchiesta della Camera che concluse, solo nel 1993, che "non vi erano poche o credibili prove di comunicazioni tra la campagna di Reagan nel 1980 e il governo dell'Iran". Ma il biografo del presidente repubblicano, Max Boot, ha poi scovato nuovi documenti sui movimenti di Casey e i successivi contatti tra l'amministrazione Reagan e l'Iran che sosterrebbero la tesi della collusione in modo "sostanziale e credibile, anche se ancora circostanziale".
Gli altri casi
Anche un'altra 'sorpresa di ottobre' rilevante nella storia recente ha come protagonista l'Iran. Il venerdì precedente all'election day del 1992, con il presidente George H. Bush che fronteggiava il giovane governatore dell'Arkansas, Bill Clinton, l'ex ministro della Difesa di Reagan, Caspar Weinberger, fu incriminato per aver tentato di insabbiare la vicenda Iran-Contras, uno scandalo che tra il 1985-86 aveva coinvolto diversi esponenti dell'amministrazione repubblicani, accusati di vendere in segreto armi all'Iran, violando l'embargo, per poter finanziare le forze che si battevano contro il governo sandinista in Nicaragua.
Nell'incriminazione di Weinberger si specificava che Bush, che allora era il vice presidente di Reagan, fosse informato sul traffico molto di più di quanto fosse stato rivelato in precedenza. La notizia conquistò i titoli dei giornali nel weekend pre-elettorale, peggiorando la situazione del già debole presidente in carica che, dopo la sconfitta, graziò Weinberger negli ultimi giorni della sua presidenza.
Otto anni dopo un altro Bush, il figlio George W,. fu investito, ad una settimana dal voto, da un'altra pericolosa rivelazione a sorpresa, con cui si rendeva noto che il candidato alla presidenza 24 anni prima era stato fermato in Maine per guida in stato di ebbrezza. L'allora governatore del Texas ammise di aver avuto problemi con l'alcol da giovane e disse di non averlo mai detto prima perché si vergognava di fronte alle sue figlie.
Il suo stratega principale Karl Rove in seguito ammise che queste rivelazioni costarono il voto popolare e cinque stati al repubblicano che vinse la Casa Bianca solo con l'intervento della Corte Suprema che, con un voto a maggioranza 5 a 4, gli conferì, per 537 voti, la vittoria in Florida, bloccando i diversi riconteggi che - secondo stime indipendenti diffuse nei mesi successivi - avrebbero invece dato la vittoria al democratico Al Gore.
Quattro anni dopo la sorpresa arrivò a novembre: quattro giorni prima dell'election day, fu pubblicato un video in cui Osama Bin Laden rivendicava la responsabilità degli attacchi dell'11 settembre e minacciava gli Usa per gli attacchi alle nazioni islamiche. Per il democratico John Kerry la diffusione del video è stata la ragione principale della sua sconfitta di misura da parte del presidente Bush, perché rimise di nuovo al centro del dibattito la lotta al terrorismo che, dopo gli attacchi del 2001, era stata il volano della risalita della popolarità del repubblicano.
Nel 2008 i repubblicani persero la Casa Bianca, consegnandola al giovane e poco conosciuto Barack Obama, il primo presidente afroamericano che entusiasmò l'America e il mondo, anche a causa della crisi finanziaria dell'autunno del 2008, con la settimana tra il 6 e il 10 ottobre ricordata come una delle peggiori che i mercati mondiali abbiano conosciuto. Non convinse la risposta data dall'amministrazione Bush alla crisi e dal candidato repubblicano, il senatore John McCain.
L'ultima 'October surprise'
Si arriva così all'ultima delle recenti October surprise, quella del 2016 con la decisione di riaprire l'indagine - dichiarata chiusa a luglio - sulle mail di Hillary Clinton annunciata dall'allora direttore dell'Fbi, James Comey, il 28 ottobre, pochi giorni prima del voto, in cui la democratica era data ampiamente favorita su Donald Trump. L'ex first lady ha sempre considerato questo sviluppo uno dei "fattori determinanti" della vittoria a sorpresa del tycoon.