Crosetto: “Israele rispetti le basi Unifil, rischio conflitto aperto è reale”
L'appello del ministro della Difesa nell'informativa al Senato: "Netanyahu ci aiuti a rafforzare l'Unifil. A Gaza e Libano vittime sono soprattutto civili inermi"
Dopo il nuovo attacco israeliano alle postazioni Unifili in Libano, il ministro della Difesa Guido Crosetto fa il punto nell'informativa al Senato sui recenti spari contro le sedi della missione. "L'Italia lo ha ribadito più volte: riconosciamo il diritto di Israele a difendersi ma con la stessa forza chiediamo che si attenga alle regole del diritto internazionale e che rispetti le basi Unifil. È in atto una crisi gravissima caratterizzata dal superamento progressivo di diverse linee rosse nonostante i ripetuti appelli della comunità internazionale", le parole di Crosetto. "Oggi purtroppo - ha continuato il ministro - assistiamo al sistematico ricorso alle armi a Gaza e in Libano e le vittime sono soprattutto civili inermi, già duramente provati dalla pioggia di missili, droni, bombe utilizzati da ambo le parti".
Il ministro ha poi spiegato che c'è la massima attenzione gli italiani in Libano. "Come Difesa, - ha chiarito - siamo ovviamente pronti a fare la nostra parte e, qualora necessario, siamo in grado di condurre operazioni di estrazione del contingente nazionale e dei nostri connazionali in Libano, anche in modo autonomo. In tal senso sono stati già preallertati assetti aerei e navali per tale scopo, e il loro livello di prontezza è stato recentemente innalzato e adeguato alla situazione sul campo. Sono state adottate tutte le misure necessarie per gestire i rapidi cambiamenti di situazione, rafforzando le misure di protezione attiva e passiva. Inoltre, i piani di evacuazione sono stati aggiornati, testati e sono pronti per essere attuati, se necessario".
"Israele deve comprendere che soldati Unifil non lavorano per una delle parti"
In Senato Guido Crosetto manda un appello a Netanyahu: "A Israele diciamo con la schiettezza come si fa tra amici 'aiutateci a rafforzare gli Unifil e le forze armate libanesi per poter svolgere il loro mandato e poter fare in modo pacifico ciò che voi avete iniziato a fare adesso con le armi'. La missione Unifil in Libano non solo va rafforzata ma supportata e allo stesso tempo vanno rafforzate e rese credibili le forze armate libanesi".
"Israele deve comprendere che questi soldati non lavorano per una delle parti, ma sono lì per aiutare a mantenere la pace e promuovere la stabilità regionale. L’imparzialità dei caschi blu è e deve rimanere uno dei pilastri di Unifil. Ecco perché le Nazioni Unite non possono accettare di prendere ordini da una delle parti", ha ribadito Crosetto, sottolineando che "la priorità, mia e di tutto il Governo, rimane la sicurezza e tutela dei nostri militari, del contingente italiano Unifil".
"Ad oggi, - ha detto il ministro - la nostra presenza nell’area è significativa, dal momento che contribuiamo con oltre 1.000 militari a Unifil e con circa venti unità impegnate a Beirut nella missione bilaterale italiana in Libano, conosciuta come Mibil. Il contingente della missione bilaterale è stato recentemente ridotto per motivi di sicurezza, ma ci aspettiamo che possa tornare a operare a pieno regime non appena le condizioni lo permetteranno. Nel frattempo, sono state adottate tutte le misure necessarie per gestire i rapidi cambiamenti di situazione, rafforzando le misure di protezione attiva e passiva. Inoltre, i piani di evacuazione sono stati aggiornati, testati e sono pronti per essere attuati, se necessario".
"Non è messa in discussione la nostra partecipazione a Unifil, che proseguirà fino a quando ve ne sarà la necessità e le Nazioni Unite, insieme ai 50 Stati contributori, non decideranno diversamente. Andare via ora non porterebbe alcun beneficio e minerebbe, forse definitivamente, la credibilità stessa delle Nazioni Unite. La presenza dei soldati di Unifil può, invece, ancora costituire un elemento fondamentale per prevenire nuovi e peggiori scontri diretti, nuovi e peggiori conflitti. I caschi blu - ha ribadito - possono fungere da fattore di pacificazione, necessario in questo momento. Inoltre, la loro presenza tornerà ad essere determinante nella fase di stabilizzazione, quando, speriamo tutti presto, si abbasserà il livello di scontro".
Il rischio di un conflitto con l'intero Libano
Crosetto ha continuato: "Come Difesa, siamo ovviamente pronti a fare la nostra parte e, qualora necessario, siamo in grado di condurre operazioni di estrazione del contingente nazionale e dei nostri connazionali in Libano, anche in modo autonomo. In tal senso sono stati già preallertati assetti aerei e navali per tale scopo, e il loro livello di prontezza è stato recentemente innalzato e adeguato alla situazione sul campo. Ritengo che il Libano sia un tassello chiave per la stabilità di tutto il Medio Oriente. Dobbiamo continuare a garantire la nostra piena e costruttiva collaborazione a tutte le iniziative volte a favorire una de-escalation della situazione, ma Israele deve comprendere l’importanza di rispettare pienamente il Diritto Internazionale. In definitiva, l’obiettivo della nostra azione deve essere quello di stabilire un orizzonte condiviso e delineare un percorso comune per evitare che possa scatenarsi un conflitto su larga scala in Medio Oriente, con gravi ripercussioni sulla sicurezza e la stabilità di tutti".
''Un ulteriore aggravamento degli eventi sarebbe foriero di conseguenze drammatiche per tutti e genererebbe uno scenario che non avrebbe né vincitori né vinti con incalcolabili conseguenze per il Medio Oriente e per gli equilibri mondiali. Per questo - ha spiegato Crosetto - il governo continua a lavorare per una soluzione diplomatica che, per quanto difficile, resta l'unica possibile. Lo fa con il viaggio oggi della presidente del Consiglio in Libano, con le iniziative del ministro degli Esteri Tajani, con una serie di viaggi e chiamate, contatti continui, quotidiani che io sto facendo''.
"Tra attacchi e contrattacchi, i due attori principali, Israele e Hezbollah, di cui il legame con l’Iran è evidente e palese, si muovono su un filo sottilissimo e, mai come ora, il rischio di un conflitto aperto, che coinvolgerebbe l’intero Libano, è diventato reale", ha detto il ministro nell'informativa per lui prioritaria, nonostante un impegno al vertice Nato a Bruxelles, eppure accolta in Senato da una partecipazione molto bassa.
Il Ministro della Difesa Guido Crosetto, nella sua informativa in Senato, ha sottolineato "l'impegno italiano a sostenere le Forze Armate Libanesi, affinché assumano un ruolo maggiore per la sicurezza e la stabilità del confine israelo-libanese e dell’intero Paese dei cedri. L’Italia ha sempre cercato di coinvolgere più nazioni europee, gli Stati Uniti ed altre Nazioni e i paesi arabi in un progetto di assistenza concreta e di sviluppo assistito delle Forze Armate Libanesi. L’impianto iniziale era quello di costituire un fondo internazionale per reclutare, formare, addestrare, equipaggiare le forze armate libanesi. In questo senso, organizzeremo a breve una 'conferenza dei donatori', necessaria a reperire i fondi per finanziare tali progetti. L’obiettivo è collaborare con i vertici della Difesa libanese per identificare programmi, attività e iniziative mirate a rafforzare le Forze Armate libanesi, permettendo loro di crescere in capacità operativa, credibilità e indipendenza, sottraendole all’influenza di Hezbollah".
"Con lo stesso spirito improntato a massimizzare le attività di Capacity Building - ricorda - stiamo attualmente valutando anche l’ipotesi dell’invio di 200 Carabinieri per formare le forze di polizia palestinesi a Gerico. Questa iniziativa risponde a una richiesta avanzata dal Segretario di Stato Usa, Blinken, nella considerazione che gli eventi in Palestina siano estremamente connessi a quanto accade nell’intera area medio-orientale. Tuttavia, la sua attuazione è subordinata a una condizione essenziale: la garanzia totale che le parti, tutte le parti coinvolte, accettino la presenza dei nostri militari".
"Da Israele gravissime violazioni del Diritto Internazionale"
"Le azioni israeliane contro le basi delle Nazioni Unite sono state rilevanti, e gravissime violazioni del Diritto Internazionale e non semplici errori o incidenti. Israele - ha continuato Crosetto - ha dichiarato di avere ripetutamente invitato Unifil a lasciare temporaneamente la zona prossima alla Blue Line e che ha chiesto all’Onu spostarsi più a nord, di circa 5 km, per evitare che la missione potesse divenire scudo involontario delle milizie di Hezbollah, che usano le loro posizioni avanzate per proteggersi. Unifil è una missione assai complessa, con un mandato di difficile implementazione, regole d’ingaggio inadeguate e forze non equipaggiate per l’attuale situazione del conflitto in essere, ma che lo erano già da tempo, come avevo più volte detto all’Onu. Questi presupposti hanno reso l’attuazione di quella risoluzione poco aderente alla situazione sul campo, diventata di fatto un conflitto tradizionale e aperto. Lo scollamento pratico tra la missione assegnata e la capacità d’implementarla rende, ora più che mai necessario ripensare e rinforzare Unifil, rendendola credibile ed efficace".
"Non è messa in discussione la nostra partecipazione a Unifil - ha ribadito Crosetto - che proseguirà fino a quando ve ne sarà la necessità e le Nazioni Unite, insieme ai 50 Stati contributori, non decideranno diversamente. Andare via ora non porterebbe alcun beneficio e minerebbe, forse definitivamente, la credibilità stessa delle Nazioni Unite. La presenza dei soldati di Unifil può, invece, ancora costituire un elemento fondamentale per prevenire nuovi e peggiori scontri diretti, nuovi e peggiori conflitti. I caschi blu possono fungere da fattore di pacificazione, necessario in questo momento. Inoltre, la loro presenza tornerà ad essere determinante nella fase di stabilizzazione, quando, speriamo tutti presto, si abbasserà il livello di scontro".
"Con Israele si torni a dialogare di pace"
"Dobbiamo convincere Israele, - ha concluso Crosetto - un paese amico nonostante le sue condotte censurabili, affinché riprenda a essere un nostro interlocutore con il quale dialogare, anche in modo duro, ma con un spirito costruttivo, nell’interesse della pace e della stabilità. Solo così potremo rendere credibili ed efficaci gli sforzi della Comunità Internazionale nel Medio Oriente, isolare gli estremismi, contrastare le spinte alla disgregazione regionale e sostenere il percorso di normalizzazione nelle relazioni tra i Paesi della regione".
"La mia, la nostra, l’idea del Governo, da cui non recediamo, è quella di promuovere spazi di pace, rifiutando l’idea che quel territorio sia destinato a un conflitto permanente. Purtroppo, l’esperienza ci insegna che, quando una guerra si protrae senza soluzione, diventa poi difficile porvi fine. Un destino tragico cui né io, né voi, possiamo rassegnarci - ha detto anora il ministro - Per dirla con le parole dello scrittore Italo Calvino 'L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio'".
"Le crisi internazionali si risolvono dialogando. Non accettiamo che l'unico modo di risolverle sia la forza o il modo militare, significherebbe negare l'utilità di qualunque organizzazione sovranazionale e multilaterale e questo non lo faremo mai", ha detto tra gli applausi il Ministro della Difesa, Guido Crosetto, chiudendo la sua informativa in Senato.
"L'esperienza ci dimostra di quanto sia lungo il tempo con cui poi riusciamo a marginare le ferie. Siamo in Kosovo da 25 anni - ha spiegato - la situazione non è minimamente paragonabile con le ferite che ci sono in Medio Oriente. Eppure, da 25 anni siamo in Kosovo e ancora oggi vediamo che quelle ferite non sono rimarginate. Dobbiamo abituarci ad affrontare le crisi internazionali che stiamo vivendo con quest'ottica: che non è quella delle cadenze elettorali, ma quella con cui si muove il mondo. Le ferite si rimarginano in decenni, devono cambiare le generazioni perché cambino i popoli. Ma questo non deve essere un ostacolo, deve essere un motivo per partire subito. Dobbiamo accelerare la fine della guerra, perché amplia le ferite, allontana di più i popoli. Per questo, parlando del Libano, è necessario che l'Onu non molli. Una rinuncia sarebbe peggio, metterebbe fine alla possibilità del mondo, delle organizzazioni sovranazionali, di intervenire nelle crisi regionali. Per questo è altrettanto fondamentale difendere Unifil".
Cronaca
Farmaci, Osservatorio Nomisma: “Misure urgenti per...
'Su payback, prezzi ex factory e gare ospedaliere per comparto che dal 2012 ha garantito 6,250 mld di minore spesa al Ssn. Attenti al take for granted'
Eliminare il payback sui farmaci rimborsati o acquistati in gara dal Servizio sanitario nazionale, regolare il livello dei prezzi introducendo parametri di adeguamento all'incremento esponenziale dei costi di produzione, rivedere i criteri delle gare ospedaliere, concentrati prevalentemente sul meccanismo del massimo ribasso, prevedere un meccanismo di adeguamento dei prezzi ex factory dei farmaci a più basso costo e incentivare le imprese che adottano processi produttivi innovativi e tecnologie sostenibili, attraverso modelli multi aggiudicatario. E ancora: supportare la messa a terra della riforma farmaceutica europea e delle indicazioni contenute nel rapporto Draghi per la Commissione Ue, che pongono in primo piano, a pari merito, sia il rafforzamento dell'attività di R&S sia il rafforzamento delle catene di fornitura farmaceutica, a partire dai prodotti fuori brevetto. "Senza l'adozione di queste misure, la funzione di bene pubblico dei medicinali equivalenti rischia di andare persa per sempre". A sostenerlo e ad accendere i riflettori sul rischio del "take for granted" sul comparto è l'edizione 2024 dell'Osservatorio Nomisma sul 'Sistema dei farmaci equivalenti in Italia', presentata oggi a Roma, presso l'Ara Pacis, con la partecipazione di rappresentanti del mondo istituzionale, del panorama industriale e degli operatori del mondo sanitario.
I dati - illustrati da Lucio Poma, chief economist di Nomisma e coordinatore scientifico dell'Osservatorio sull'industria dei farmaci equivalenti nel nostro Paese - disegnano un sistema produttivo dei farmaci equivalenti in grandissima sofferenza tra pressione dei costi di produzione, oneri regolatori, prezzi ex factory bloccati e gare al massimo ribasso. Fattori che hanno determinato, specie negli ultimi anni, una pesante erosione di margini di profitto già esigui. Il tutto in un quadro di progressiva regressione della concorrenza nel settore farmaceutico.
Questi i principali trend fotografati dall'Osservatorio. 1. Prezzi energia e materie prime: l'analisi dei bilanci economici delle aziende del 2023 denuncia un aumento medio del 19% del costo delle materie prime rispetto al 2022. Nel quinquennio l'aumento è stato dell'86%; 2. Prezzi dei materiali di confezionamento: tra il 2019 e il 2023 l'alluminio è aumentato del 27%, il vetro del 24%, carta e plastica, rispettivamente, del 19% e del 3%. Voci che complessivamente pesano per il 20% sui costi di produzione aziendali; 3. Oneri regolatori: le spese sostenute per registrazione e autorizzazione alla vendita tra il 2016 e il 2023 sono aumentate del 26%; 4. Payback: per i farmaci fuori brevetto i tributi di ripiano nei prossimi anni impatteranno tra i 15% e il 18% del fatturato.
E ancora: 5. Diminuzione della concorrenza: secondo Unioncamere negli ultimi 3 anni il numero di produttori farmaceutici nel nostro Paese è diminuito del 10%, con circa 70 aziende coinvolte in processi di chiusura o fusione; 6. Carenza di farmaci: secondo Aifa nel periodo 2018-2024 il numero di farmaci a rischio carenza è passato da poco più di 1.600 a oltre 3.700. Per quasi 8 farmaci a rischio su 10 esiste un corrispettivo equivalente, un dato che conferma l'impensabilità di un sistema farmaceutico privo dei medicinali equivalenti; 7. Mercato Ue e cronicità: gli originator spesso non trovano economicamente vantaggioso produrre farmaci per trattare malattie meno redditizie, anche per questo equivalenti e biosimilari sono sempre più essenziali per la cura delle patologie croniche complesse; 8. L'effetto sulla spesa Ssn: relativamente ai soli farmaci di classe A, ipotizzando che tutte le confezioni di farmaci equivalenti dispensate nel 2023 fossero state vendute ai prezzi dei brand off patent, la spesa farmaceutica sarebbe aumentata di 460 milioni di euro. Dal 2012 ad oggi la cifra avrebbe raggiunto quota 6,250 miliardi di euro.
"Tutte le problematiche preesistenti del comparto si sono ulteriormente esacerbate, rendendo il quadro complessivo decisamente più allarmante - afferma Poma - Ci siamo chiesti cosa accadrebbe se i farmaci equivalenti scomparissero del tutto. Un indebolimento del sistema si tradurrebbe nell'aumento esponenziale del fenomeno delle carenze di farmaci, nella mancata accessibilità ai medicinali da parte delle classi meno abbienti, nell'impossibilità di sostenere le cure di talune malattie croniche, nella riduzione della concorrenza, della biodiversità della produzione e dei principi attivi utilizzati. Il nostro tranquillo e rassicurante 'take for granted' non sarebbe più garantito".
"Per le nostre aziende la prima vera sfida da vincere è quella della sostenibilità industriale: in quest'ottica è indispensabile che venga ripreso il confronto sulla governance farmaceutica, che è prioritaria e chiediamo che in questo ragionamento sia considerata centrale la sostenibilità di tutti i farmaci a basso costo di uso consolidato - commenta il presidente di Egualia, Stefano Collatina - Stiamo toccando con mano ogni giorno nelle farmacie e negli ospedali cosa significa non trovare farmaci che diamo per scontati: dobbiamo invertire la rotta, già in questa legge di Bilancio. Ci sono misure di sistema che possono essere introdotte senza impatto di spesa pubblica, come stabilire che le procedure di gara si svolgano per accordo quadro, e misure che opportunamente programmate posso essere gestibili in termini di impatto economico". Conclude Collatina: "Torniamo a chiedere che il Governo si impegni nel sostegno alle imprese con solide politiche industriali che agevolino investimenti produttivi locali e che garantiscano maggiore indipendenza strategica nell'approvvigionamento di farmaci e principi attivi per l'Italia, puntando al coordinamento di tutte le misure da mettere in campo".
Cronaca
Salire le scale? Meglio a tappe che d’un fiato, si...
Stando a uno studio dell'università Statale di Milano, muoversi per poco aumenta il dispendio di energie. Anche una breve passeggiata fa bene alla salute
D'un fiato o a tappe? Anche il modo di salire le scale o fare una passeggiata può avere effetti diversi. Un gruppo di ricercatori dell'università Statale di Milano ha scoperto che fare pause mentre si cammina può aumentare notevolmente il dispendio energetico rispetto a farlo in modo continuo. L'esperimento, pubblicato sulla rivista 'Proceedings of the Royal Society', ha dimostrato che camminare o salire le scale in brevi sessioni di 10-30 secondi fa consumare energia dal 20 al 60% in più che percorrere la stessa distanza senza pause. Questo significa anche che alzarsi dalla sedia per fare qualche passo ogni tanto o scegliere di prendere le scale può innalzare notevolmente il nostro consumo energetico giornaliero.
Insomma: quando le persone camminano per 10 o 30 secondi, hanno bisogno di molta più energia chimica per percorrere ciascun metro rispetto a quanta ne serva se si cammina per durate maggiori. La scoperta è frutto di due esperimenti effettuati dal gruppo di ricercatori dall'ateneo milanese, di cui si dà conto nello studio appena pubblicato, il cui primo firmatario è Francesco Luciano, ricercatore presso il Dipartimento di Fisiopatologia medico-chirurgica e dei trapianti che ha lavorato insieme a Luca Ruggiero, Alberto E. Minetti e Gaspare Pavei.
Nel primo esperimento, è stato chiesto a 10 persone di sedersi per 3 minuti e poi, al momento indicato dai ricercatori, iniziare a camminare su un tapis roulant progettato per simulare la salita delle scale. La durata del cammino poteva variare tra 10 secondi, 30 secondi, 60 secondi, 90 secondi o 4 minuti. Ciascun partecipante ha camminato in tutte e 5 le condizioni, in ordine casuale. Al termine di ciascun episodio, al partecipante veniva chiesto di rimanere seduto per 7 minuti. Nel secondo esperimento, 10 persone hanno ripetuto le sessioni di camminata, ma su un tapis roulant normale.
Durante gli esperimenti è stato utilizzato uno strumento chiamato metabolimetro, che consente di misurare il consumo di ossigeno e la produzione di anidride carbonica sia durante il riposo che durante il cammino. Si è così analizzato il volume totale di ossigeno consumato per ogni camminata.
"Quando si inizia a camminare dopo essere stati seduti, il consumo di ossigeno aumenta nel tempo, fino a raggiungere un valore stabile dopo alcuni minuti. Utilizzando il metabolimetro, abbiamo anche studiato quanto velocemente il consumo di ossigeno aumentava nei partecipanti, misurazione che ci ha permesso di calcolare quanta energia chimica è stata utilizzata da ognuno per ciascun metro percorso (analogamente a come, per le automobili, si calcola quanti litri di carburante vengono consumati per chilometro)", spiega Luciano. E' stato inoltre riscontrato che, durante questi brevi episodi di cammino, l'energia chimica è convertita in lavoro meccanico muscolare in modo meno efficiente. Questo vuol dire che, per generare lo stesso movimento, i muscoli richiedono più energia chimica.
"I risultati di questo studio hanno implicazioni anche nel campo della biologia animale, poiché aiutano a quantificare il consumo energetico di molte specie che si muovono in modo intermittente. In ogni caso, muoversi per poco può significare spendere molto", conclude Luciano.
Cronaca
Il complice, la serranda, le forbiciate del titolare: come...
Cosa è successo nel bar di viale Giovanni de Cermenate, la prima ricostruzione
L'uomo di 37 anni, ucciso a Milano nel corso di una rapina di Gratta e Vinci, sarebbe giunto al bar di viale Giovanni de Cermenate insieme a un complice a bordo di un motorino rubato. Ma cosa è successo e come è morto l'uomo? La prima ricostruzione dei fatti.
La serranda, lo scontro, le forbiciate: la ricostruzione
L'uomo si sarebbe introdotto nell'esercizio pubblico forzando la serranda. Una volta entrati, è scattato l'allarme, che ha allertato il proprietario dell'esercizio, un cittadino di nazionalità cinese, che è subito sceso in strada con i familiari.
Ne è nato un violento confronto tra il proprietario del bar e i due uomini. Il conflitto è iniziato all'interno del locale ed è poi proseguito all'esterno, dove il 37enne sarebbe stato colpito con un'arma da taglio, verosimilmente delle forbici. Il complice, nel frattempo, è riuscito a fuggire, e le forze dell'ordine sono ora impegnate nelle indagini per rintracciarlo.
L’uomo deceduto era già noto alle autorità per precedenti penali: lo scorso settembre era stato arrestato per resistenza a pubblico ufficiale, mentre a ottobre era stato trovato in possesso di armi da taglio e sottoposto all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Il titolare del bar è attualmente sotto esame da parte dell’autorità giudiziaria per chiarire i dettagli della vicenda e verificare la sussistenza dei presupposti della legittima difesa.