Lavorare in piedi? Non è più una moda e non aiuta, ecco perché
Scrivanie da usare alzati popolari tra chi vuole compensare i danni della sedentarietà, ma così aumenta il rischio di malattie circolatorie e non si riduce il pericolo al cuore
Qualche anno fa era esplosa la moda, sdoganata da diversi studi che ne suggerivano i potenziali benefici: riunioni in piedi alleate della creatività, scrivanie da usare in posizione eretta, postazioni di lavoro pensate ad hoc per rimanere attivi. Oggi da un nuovo studio - pubblicato sull''International Journal of Epidemiology' - potrebbe arrivare un contrordine: stare di più in piedi non riduce il rischio di malattie cardiovascolari, anzi aumenta il rischio di malattie circolatorie, segnalano gli autori della ricerca, scienziati dell'University of Sidney in Australia.
Il lavoro in piedi ha guadagnato popolarità tra le persone che cercano di compensare i danni di uno stile di vita sedentario spesso causato dal trascorrere lunghe giornate davanti al computer, alla televisione o al volante. Alcune aziende danno la possibilità ai loro impiegati di scegliere se avere una 'scrivania da lavoro in piedi' e in altri settori come la vendita al dettaglio, i lavoratori hanno due opzioni: stare in piedi o seduti. Tuttavia, questi sforzi potrebbero non produrre il risultato sperato. La nuova ricerca ha dimostrato che, a lungo termine, stare in piedi più che seduti non migliora la salute cardiovascolare in termini di malattia coronarica, ictus e insufficienza cardiaca. Mentre potrebbe aumentare il rischio di problemi circolatori correlati allo stare in piedi, come vene varicose e trombosi venosa profonda.
Lo studio ha però anche scoperto che stare seduti per più di 10 ore al giorno aumenta sia il rischio di malattie cardiovascolari che di incidenza ortostatica, rafforzando la necessità di una maggiore attività fisica durante il giorno. Gli autori puntualizzano infine che stare in piedi di più non è stato associato a un rischio aumentato di malattie cardiovascolari (ma neanche diminuito). "La conclusione fondamentale è che stare in piedi troppo a lungo non compensa uno stile di vita altrimenti sedentario e potrebbe essere rischioso per alcune persone in termini di salute circolatoria", riepiloga l'autore principale Matthew Ahmadi.
"Per le persone che stanno sedute per lunghi periodi regolarmente, includere molti movimenti occasionali durante il giorno ed esercizi strutturati può essere un modo migliore per ridurre il rischio di malattie cardiovascolari", aggiunge Emmanuel Stamatakis, direttore del Mackenzie Wearables Research Hub. I consigli? "Fate delle pause regolari, camminate, andate a una riunione a piedi, usate le scale, fate pause regolari quando guidate per lunghe distanze o usate quell'ora di pranzo per allontanarvi dalla scrivania e fare un po' di movimento", elenca l'esperto.
Una precedente ricerca di Stamatakis e Ahmadi, pubblicata all'inizio di quest'anno, ha anche calcolato che circa 6 minuti di esercizio intenso o 30 minuti di esercizio da moderato a intenso al giorno potrebbero aiutare a ridurre il rischio di malattie cardiache anche nelle persone super sedentarie (per più di 11 ore al giorno). Lo studio è stato condotto utilizzando dati sulle patologie cardiache e circolatorie rilevati in un periodo di 7-8 anni su 83.013 adulti del Regno Unito che all'inizio non presentavano problemi di cuore. I dati sono stati misurati utilizzando dispositivi indossabili da polso sperimentali, simili a 'smartwatch'.
Salute e Benessere
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Scrivanie da usare alzati popolari tra chi vuole compensare i danni della sedentarietà, ma così aumenta il rischio di malattie circolatorie e non si riduce il pericolo al cuore
Qualche anno fa era esplosa la moda, sdoganata da diversi studi che ne suggerivano i potenziali benefici: riunioni in piedi alleate della creatività, scrivanie da usare in posizione eretta, postazioni di lavoro pensate ad hoc per rimanere attivi. Oggi da un nuovo studio - pubblicato sull''International Journal of Epidemiology' - potrebbe arrivare un contrordine: stare di più in piedi non riduce il rischio di malattie cardiovascolari, anzi aumenta il rischio di malattie circolatorie, segnalano gli autori della ricerca, scienziati dell'University of Sidney in Australia.
Il lavoro in piedi ha guadagnato popolarità tra le persone che cercano di compensare i danni di uno stile di vita sedentario spesso causato dal trascorrere lunghe giornate davanti al computer, alla televisione o al volante. Alcune aziende danno la possibilità ai loro impiegati di scegliere se avere una 'scrivania da lavoro in piedi' e in altri settori come la vendita al dettaglio, i lavoratori hanno due opzioni: stare in piedi o seduti. Tuttavia, questi sforzi potrebbero non produrre il risultato sperato. La nuova ricerca ha dimostrato che, a lungo termine, stare in piedi più che seduti non migliora la salute cardiovascolare in termini di malattia coronarica, ictus e insufficienza cardiaca. Mentre potrebbe aumentare il rischio di problemi circolatori correlati allo stare in piedi, come vene varicose e trombosi venosa profonda.
Lo studio ha però anche scoperto che stare seduti per più di 10 ore al giorno aumenta sia il rischio di malattie cardiovascolari che di incidenza ortostatica, rafforzando la necessità di una maggiore attività fisica durante il giorno. Gli autori puntualizzano infine che stare in piedi di più non è stato associato a un rischio aumentato di malattie cardiovascolari (ma neanche diminuito). "La conclusione fondamentale è che stare in piedi troppo a lungo non compensa uno stile di vita altrimenti sedentario e potrebbe essere rischioso per alcune persone in termini di salute circolatoria", riepiloga l'autore principale Matthew Ahmadi.
"Per le persone che stanno sedute per lunghi periodi regolarmente, includere molti movimenti occasionali durante il giorno ed esercizi strutturati può essere un modo migliore per ridurre il rischio di malattie cardiovascolari", aggiunge Emmanuel Stamatakis, direttore del Mackenzie Wearables Research Hub. I consigli? "Fate delle pause regolari, camminate, andate a una riunione a piedi, usate le scale, fate pause regolari quando guidate per lunghe distanze o usate quell'ora di pranzo per allontanarvi dalla scrivania e fare un po' di movimento", elenca l'esperto.
Una precedente ricerca di Stamatakis e Ahmadi, pubblicata all'inizio di quest'anno, ha anche calcolato che circa 6 minuti di esercizio intenso o 30 minuti di esercizio da moderato a intenso al giorno potrebbero aiutare a ridurre il rischio di malattie cardiache anche nelle persone super sedentarie (per più di 11 ore al giorno). Lo studio è stato condotto utilizzando dati sulle patologie cardiache e circolatorie rilevati in un periodo di 7-8 anni su 83.013 adulti del Regno Unito che all'inizio non presentavano problemi di cuore. I dati sono stati misurati utilizzando dispositivi indossabili da polso sperimentali, simili a 'smartwatch'.
Salute e Benessere
Padovani (Sin): “Necessità di certificazione...
"Abbiamo avviato un processo che potrebbe essere un modello di riferimento per le altre società scientifiche"
"Come Sin riteniamo che ci sia la necessità di certificazione quando parliamo di competenze della formazione in telemedicina. Noi con l'aiuto di Biogen abbiamo avviato un processo di certificazione delle competenze della formazione che oggi presentiamo in Agenas: secondo noi potrebbe essere un modello di riferimento anche per le altre società scientifiche. La nostra proposta prevede dei livelli che a loro volta prevedono che tutto sia certificato attraverso un numero adeguato di crediti". Lo ha detto il presidente della Società italiana di neurologia (Sin), Alessandro Padovani, a margine dell'evento "I criteri per la certificazione del neurologo digitale. Valorizzazione delle prestazioni e aggiornamento dei Lea", promosso a Roma da Ladies First con il patrocinio di Sin e Agenas-Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali.
Salute e Benessere
Ambiente, le microplastiche si respirano, trovate...
(EMBARGO ALLE 20.00) - Le microplastiche, contaminanti sempre più ubiquitari che allarmano per i possibili effetti su ambiente e salute, non solo si possono ingerire, ma si possano anche respirare. Un tipo di esposizione che minaccia uomini e animali. E' quanto suggerisce uno studio sui delfini pubblicato sulla rivista ad accesso libero 'Plos One', condotto da Miranda Dziobak e colleghi del College of Charleston in South Carolina, Usa.
In tutto il mondo - spiegano i ricercatori - gli esseri umani e numerosi animali sono esposti a minuscole particelle di contaminanti plastici note come microplastiche. Nell'uomo e nei roditori l'esposizione a queste sostanze è stata collegata a meccanismi pericolosi per la salute, come stress ossidativo e infiammazione. Una delle principali vie attraverso cui gli uomini e la fauna selvatica possono essere esposti alle microplastiche è l'ingestione di cibi contaminati da queste particelle. Anche l'inalazione di microplastiche trasportate dall'aria è stata associata a effetti negativi per la salute negli esseri umani, ma pochi studi hanno esaminato questa via di esposizione negli animali selvatici. Il team di Dziobak ha provato a indagarla.
Gli scienziati hanno raccolto campioni di aria espirata da 5 delfini tursiopi della Baia di Sarasota in Florida e da 6 delfini tursiopi della Baia di Barataria in Louisiana. L'analisi ha mostrato che tutti gli 11 delfini avevano almeno una sospetta particella di microplastica nel loro respiro, e un esame più approfondito delle microplastiche espirate ha indicato che si trattava sia di fibre sia di frammenti, che includevano diversi tipi di polimeri plastici tra cui polietilene tereftalato (Pet), poliestere, poliammide, polibutilene tereftalato e polimetilmetacrilato (Pmma). Per accertare che queste microplastiche si trovavano proprio nel respiro dei delfini e non nell'aria circostante, i ricercatori hanno prelevato anche campioni di quest'ultima confrontandola con quella espirata dagli animali. Si è così confermato che i contaminanti erano effettivamente presenti nell'alito dei delfini.
"Questi risultati supportano l'idea che l'inalazione potrebbe essere un'altra via chiave di esposizione alla microplastica per i delfini, insieme all'ingestione", spiegano gli autori, precisando che "i risultati sono preliminari e saranno necessarie ulteriori ricerche per quantificare meglio il grado di esposizione all'inalazione di vari tipi di microplastica tra i delfini tursiopi, nonché per determinare i potenziali impatti sulla loro salute, come la possibilità di danni polmonari".
"Sappiamo che le microplastiche fluttuano nell'aria - sottolineano gli scienziati - quindi sospettavamo di trovare microplastiche nei campioni di respiro. Siamo preoccupati per ciò che vediamo, perché i delfini hanno una grande capacità polmonare e respirano molto profondamente, quindi temiamo per ciò che queste plastiche potrebbero causare ai loro polmoni".