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Afghanistan, stop alle immagini degli esseri viventi sui media: un altro colpo alla libertà di stampa

Di peggio in peggio. Nell’Afghanistan dei talebani i media non potranno più pubblicare immagini di esseri viventi, compresi gli animali. Back to the future, potremmo dire, ovvero si ritorna al 1996 con una restrizione che proietta ulteriormente il Paese in un mondo cupo privo delle libertà più elementari.

Il nuovo provvedimento, che segue altri che hanno ristretto i diritti in primis delle donne ma che in generale stanno ripristinando una società basata su proibizioni e paura, è stato annunciato dal portavoce del Ministero per la Promozione delle Virtù e la Prevenzione del Vizio, Saiful Islam Khyber.

Secondo quanto detto, il divieto “si applica in tutto l’Afghanistan e verrà implementato gradualmente”. E dovranno essere le autorità talebane a “convincere i cittadini” che pubblicare immagini di esseri viventi è contrario all’Islam e dunque deve essere evitato. Il portavoce ha poi aggiunto che “non c’è posto per la coercizione nell’implementazione della legge”. Ma la precisazione rassicura poco.

Un’interpretazione particolarmente radicale della Sharia

Questo nuovo divieto si riallaccia a quello previsto durante il primo periodo in cui i talebani sono stati al potere nel Paese (1996-2001) – durante il quale si è arrivati a cancellare gli occhi dei pesci dai menù dei ristoranti. E affonda le radici in un principio islamico secondo cui è vietato rappresentare Dio e per estensione qualsiasi essere vivente, altrimenti si incorre nel peccato di idolatria. E trova giustificazione anche nel concetto secondo cui la raffigurazione degli esseri viventi sostituisce il potere creativo che spetta solo a Dio. Non a caso l’arte islamica raramente prevede delle immagini, ma va anche detto che nel Corano non c’è un divieto esplicito in tal senso, e soprattutto estendere la proibizione ai media è un’interpretazione particolarmente radicale della Sharia.

Questa visione ristretta ha già avuto applicazione. E’ impossibile non ricordare nel 2001 la distruzione delle due gigantesche statue del Buddha scolpite in una parete rocciosa della Valle di Bamiyan. Un fattaccio descritto dal fotografo Steve McCurry, come ripreso nel libro ‘Il mondo di Steve McCurry’ di Gianni Riotta, così: “La vallata era dominata da una sensazione di vuoto, di vertigine, scomparsa la magia che emanava dall’alto. I due Buddha che avevano protetto per secoli il panorama erano stati cancellati, guardavi le due vuote caverne con angoscia”.

Ma tornando all’oggi, le conseguenze non sono solo la distruzione del patrimonio culturale e il senso di vuoto e perdita.

Un altro laccio alla stampa

Il risultato di questo nuovo divieto sarà quello di rendere ancora più complicato per i giornalisti e i media raccontare l’Afghanistan, cosa che ovviamente ai talebani va benissimo. E questo nonostante abbiano assicurato che i giornalisti potranno continuare a fare il proprio lavoro, secondo quanto riporta Afp.

Il provvedimento, infatti, fa parte della nuova legge sui media che vieta alle emittenti anche di deridere o umiliare l’Islam o contraddire la Sharia. Prevede inoltre che le persone evitino di guardare immagini di esseri viventi sugli smartphone o su altri dispositivi, ma va notato amaramente che i funzionari talebani almeno al momento stanno continuando a pubblicare regolarmente foto di persone sui propri account social.

“Finora, per quanto riguarda gli articoli della legge relativi ai media, ci sono sforzi in corso in molte province per implementarla, ma non è iniziata ovunque”, ha sottolineato il portavoce del Minostero, spiegando che “i lavori sono iniziati” nella storica roccaforte del movimento, Kandahar, e nella vicina provincia di Helmand.

Diversi giornalisti di Kandahar hanno riferito di non aver ricevuto alcuna comunicazione né di essere stati fermati dalla ‘polizia morale’ per aver scattato foto e video. Domenica invece nella provincia centrale di Ghazni funzionari del Ministero per la Promozione della virtù e la Prevenzione del vizio hanno convocato i giornalisti locali annunciando loro l’inizio dell’attuazione della legge in modo graduale, consigliando ai fotoreporter di scattare foto da più lontano e di filmare meno eventi “per prendere l’abitudine”.

Quando gli studenti coranici hanno ripreso il controllo del Paese, l’Afghanistan contava 8.400 lavoratori nei media. Oggi sono solo 5.100, tra cui 560 donne (tra grosse limitazioni), molti giornali sono stati chiusi e l’Afghanistan è scivolato dal 122mo al 178mo posto su 180 Paesi nella classifica sulla libertà di stampa stilata da Reporter senza frontiere.

Donne invisibilizzate e ammutolite

E non è finita qua: la nuova legge sui media è composta, secondo quanto riportato da Associated Press che ha potuto visionarla, da 114 pagine e 35 articoli su molti e variegati aspetti della vita quotidiana come i trasporti pubblici, la musica e le celebrazioni.

Aspettiamoci dunque ulteriori proibizioni, che andranno a sommarsi a tutte le limitazioni imposte anche con la forza dai talebani da quando sono tornati al potere nell’agosto 2021.
Soggetti preferiti: le donne, alle quali negli ultimi tre anni è stato vietato di apparire in pubblico da sole, di viaggiare per più di 72 chilometri senza un accompagnatore maschio, di parlare, salutare, cantare in pubblico perché la loro voce è una cosa ‘intima’, di leggere testi sacri fuori dalla propria abitazione. Ancora: non possono andare dal parrucchiere o nei centri estetici, sopra i 12 anni non possono più studiare, e tanto meno è consentito loro lavorare. Nelle poche occasioni in cui, mute e accompagnate da un uomo di famiglia, possono ancora mettere piede fuori di casa devono coprirsi completamente con un burqa o un’abaya con niqāb, lasciando scoperti, sebbene velati, solo gli occhi. E se per caso riuscissero a commettere adulterio, i talebani per loro hanno ripristinano la lapidazione.

Una situazione che ha condotto la Corte di giustizia europea (Cgue) ad emettere nei giorni scorsi una sentenza secondo cui le donne afghane hanno diritto di asilo negli Stati membri dell’Unione europea senza bisogno di accertamenti o controlli, perché ai loro danni, nel Paese, si verificano veri e propri atti di persecuzione.

Nemmeno gli uomini ridono

Se le donne vivono una situazione drammatica, nemmeno gli uomini ridono: secondo i dati della Missione di Assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama), dal 2021 al 2022 nel Paese sono stati frustati pubblicamente almeno 307 uomini, 80 donne e 4 bambini (da 30 a 100 colpi) e due persone sono state lapidate. Le loro colpe? Adulterio, fuga da casa, omosessualità, consumo di alcol, frode e traffico di droga.

Nel 2022 nella capitale Kabul molti uomini sono stati percossi per essersi tagliati troppo la barba, per non essere andati in moschea il venerdì o per aver ascoltato musica in automobile. Esiste infatti il divieto della riproduzione musicale.

Questa la situazione. Intanto, mentre i talebani pensano a cos’altro è vietato dalla legge coranica, il Paese sprofonda (anche) in una gravissima crisi umanitaria.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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StatisticAll, Billari (Bocconi): “La politica sposta le...

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La demografia si muove come un orologio. Può essere veloce come la lancetta dei secondi e provocare ansia. Ma può muoversi anche come la lancetta delle ore. Resta pericoloso vederla solo come lenta. Lo ha chiarito con fermezza il rettore della Bocconi Francesco Billari, intervistato dal vicedirettore Adnkronos Fabio Insenga nell’ambito di StatistiAll, l’evento che affronta i temi sociali con gli occhi dei dati e della statistica.

StatisticAll 2024, tenutosi a Treviso, ha offerto un programma ricco di eventi, dibattiti e spettacoli, con un approccio innovativo e accessibile. La decima edizione del festival, organizzata dalla Sis, Istat e Società Statistica Corrado Gini, ha esplorato il futuro della popolazione sotto tutti i punti di vista: migrazioni europee, coesione, uguaglianze e cybersecurity. Ma anche disparità economiche e sociali, inclusione e diritti, economia e industria e il grande tema dell’intelligenza artificiale.

Dal Baby boom ad oggi: così si muovono le lancette

Le stime sul futuro della popolazione vedono la denatalità pesare su welfare, economia e ricambio generazionale. “Sessant’anni fa abbiamo avuto il picco del baby boom. È un aspetto che emerge oggi ed è una conseguenza del passato. Ad oggi, infatti, se i nati sono 379mila, i diciottenni tra alcuni anni non potranno essere un milione. Nell’orologio c’è un meccanismo che si chiama ‘corona’, che sposta la lancetta delle ore ed è il ruolo della politica e dell’economia. Se è importante il lungo periodo dobbiamo sederci e ragionare in modo bipartisan: è necessario che il consenso vada al di là del dibattito annuale e della semplificazione destra/sinistra. I cambiamenti nella popolazione possono avere tempi lenti. Per ragionare sui prossimi cinque anni, la natalità non è il parametro da valutare”.

Lo ha sottolineato Francesco Billari, durante il talk ‘Guardare al futuro dell’Europa attraverso la lente della demografia’, nel terzo giorno di lavori del StatisticAll. Un confronto che ha avuto come obiettivo il considerare le trasformazioni profonde che stanno plasmando il continente in termini di popolazione, struttura per età, flussi migratori e dinamiche familiari e che avranno impatti significativi sull’Europa dei prossimi decenni.

Demografia e innovazione

Il rettore della Bocconi ha più volte evidenziato quanto l’innovazione sia stata il frutto dell’ingegno dei giovani: “Ora per la prima volta nella nostra storia siamo in presenza di più generazioni – ha spiegato -. In Italia siamo il terzo paese al mondo con over65. Pertanto, a causa dell’invecchiamento e dello spopolamento, la demografia è parte della mancanza di innovazione. Se l’Italia è leader mondiale dell’invecchiamento della popolazione, deve essere anche leader mondiale nel dare risposte a questo segmento di popolazione”.

Un modo, questo, per approcciare alle problematiche demografiche tenendo conto che non riguardano solo il “fare figli”, ma impegnarsi per consentire un futuro migliore a quelle generazioni sempre più ridotte.

Demografia e sostenibilità

Un altro aspetto toccato da Billari nel corso del talk è il rapporto tra demografia e sostenibilità: “Il concetto di sostenibilità nasce dalla demografia, per garantire un pianeta e delle società che servano le generazioni future. In qualche modo la demografia è madre della sostenibilità, ma il concetto odierno, discusso anche in ambito europeo, a volte è troppo restrittivo – ha continuato -. Ad oggi si parla di ambiente, ambienti sociali e configurazione di norme, ma quando si parla di sostenibilità è necessario capire cosa succede nelle aree che si stanno spopolando. La governance ha bisogno che le imprese riescano ad aggredire questi temi e che la società sia pronta a queste sfide senza precedenti”.

Il futuro dell’Europa

Infine, Billari ha concluso illustrando la sua visione dell’Europa con le lenti della demografia: “È un continente in decrescita, forse lenta o forse no. Sulle politiche migratorie, che è una parte cruciale, l’Europa non ha ancora deciso. Abbiamo un continente anagraficamente anziano e una posizione geografica che ci ha assicurato, però, millenni di cultura, all’incrocio del mediterraneo, tra nord e sud, tra est e ovest, poi dobbiamo decidere noi se guardare solo la lancetta dei secondi – dell’orologio demografico – e farci prendere dall’ansia. La società deve lavorare per più generazioni e gli anziani non vanno demonizzati: il sistema deve funzionare tanto per gli anziani quanto per i bambini. Se si pensa che l’Europa funzioni per più generazioni, forse la gente tornerà a fare più figli. È necessario avere una politica migratoria più adeguata”.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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La solitudine aumenta del 31% la probabilità di sviluppare...

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La solitudine ha un impatto negativo sull’invecchiamento del cervello e aumenta significativamente le probabilità di una persona di sviluppare la demenza. A confermarlo è una ricerca finanziata dal National Institute on Aging degli Stati Uniti che ha monitorato le segnalazioni di solitudine e salute neurologica di oltre 600.000 persone in tutto il mondo.

Ecco cos’è emerso.

Solitudine e demenza

Lo studio, pubblicato su Nature Mental Health, ha rilevato che la solitudine percepita dalle persone che hanno preso parte al campione era collegata a un aumento del 31% della probabilità che una di esse sviluppasse una qualsiasi forma di demenza.

La solitudine aumentava anche le possibilità di deterioramento cognitivo nelle persone del 15%.

Secondo il coautore dello studio, il dottor Páraic Ó Súilleabháin dell’Università di Limerick, in Irlanda, “si tratta di risultati molto impattanti perché indicano che la solitudine è un fattore di rischio di fondamentale importanza per lo sviluppo futuro della demenza“.

Nel 2023, il chirurgo generale degli Stati Uniti, il dottor Vivek Murthy, ha pubblicato un rapporto sulla solitudine e l’isolamento tra gli americani, definendolo un’”epidemia”. Gli effetti della solitudine sulla salute fisica e mentale sono già ben noti: questo studio ne ha stimato l’impatto portando alla luce una significativa crisi.

Quale impatto sulla longevità

Milioni di persone vivono una condizione di solitudine, spesso associata ad una longevità vissuta non in salute e che comporta rischi a lungo termine sulla mente e sul corpo dei soggetti che vivono questa condizione.

“Il nostro laboratorio ha scoperto che la solitudine è fondamentale per la salute futura in vari modi diversi, tra cui la longevità, ovvero per quanto tempo viviamo”, ha osservato Ó Súilleabháin che è anche direttore del Personality, Individual Differences and Biobehavioral Health Laboratory presso l’università irlandese.

“La solitudine è di fondamentale importanza per la salute cognitiva, in quanto porta allo sviluppo futuro di demenza, demenza vascolare, morbo di Alzheimer e, più in generale, deterioramento cognitivo“, ha spiegato.

Ha definito il nuovo studio “un pezzo di ricerca molto importante che avrà conseguenze di vasta portata“.

Lo studio è stato condotto dalla dottoressa Martina Luchetti, della Facoltà di Medicina della Florida State University di Tallahassee. Nel suo intervento all’Università di Limerick, ha affermato che c’è un aspetto positivo nello studio: la solitudine è un fattore di rischio che può essere modificato. C’è cura, in sintesi.

“Ci sono diversi tipi e fonti di solitudine che possono influenzare i sintomi cognitivi lungo il continuum della demenza – ha affermato Luchetti -. Affrontare la solitudine promuovendo un senso di connessione potrebbe essere protettivo per la salute cognitiva in età avanzata”.

I benefici di un’assistenza domestica

In tal senso, si sono mosse diverse reti di supporto sociale con progetti di co-housing o di vere e proprie attività di supporto psicofisico per le persone sole e non autosufficienti. Fare compagnia a queste persone o aggregarle in luoghi in cui poter condividere questo stato di solitudine ha effetti benefici. Eccone alcuni:

Sicurezza: Gli anziani affrontano diverse sfide in termini di sicurezza domestica. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), le cadute sono la seconda causa di morte accidentale nel mondo, con gli anziani particolarmente a rischio. La presenza di un caregiver può ridurre significativamente questo rischio, fornendo supervisione costante e assistenza nelle attività quotidiane.
Assistenza nelle attività quotidiane: La compagnia domestica aiuta gli anziani a mantenere uno stile di vita indipendente. Uno studio del National Institute on Aging ha evidenziato che l’assistenza nelle attività quotidiane, come la preparazione dei pasti e la pulizia della casa, migliora la qualità della vita degli anziani e riduce il rischio di depressione.
Combattere l’isolamento sociale: L’isolamento sociale è un problema comune tra gli anziani. La ricerca pubblicata nel 2023 su “The Gerontologist” mostra che la solitudine può aumentare il rischio di demenza del 50%. La compagnia domestica offre un’importante interazione sociale, riducendo i sentimenti di solitudine e migliorando il benessere emotivo.
Monitoraggio della salute: Il monitoraggio della salute è cruciale per gli anziani. Secondo uno studio pubblicato su The Journal of Primary Prevention, il monitoraggio regolare della salute e l’assunzione corretta dei farmaci possono ridurre le ospedalizzazioni non necessarie del 30%. La presenza di un caregiver qualificato garantisce che gli anziani ricevano le cure necessarie tempestivamente.
Supporto emotivo: Il supporto emotivo è fondamentale per il benessere degli anziani. La stessa ricerca ha dimostrato che il supporto emotivo può migliorare la qualità della vita e ridurre i sintomi di ansia e depressione. La compagnia domestica offre un ascolto attento e un conforto costante, contribuendo a mantenere un atteggiamento positivo.

La solitudine rappresenta un grave rischio per la salute cognitiva degli anziani, aumentando significativamente le probabilità di sviluppare demenza e deterioramento cognitivo. Tuttavia, questo fattore di rischio può essere modificato attraverso interventi mirati che promuovono la connessione sociale e il supporto emotivo.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Orsara di Puglia, record di centenari grazie…ai legumi!

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“Vorrei incontrarti tra cent’anni”. A Orsara di Puglia, in provincia di Foggia, il celebre ritornello di Ron diventa realtà per cinque residenti, mentre una folta schiera di ultra novantenni spera di tagliare lo stesso traguardo. Numeri impressionanti per un Paese di appena 2.500 anime, simbolo della longevità. La parte più curiosa di questa storia è che il segreto potrebbe risiedere nei legumi.

“Ho sempre vissuto una vita semplice, in campagna: facevo la contadina. Oggi cammino dentro casa, super coccolata dalla mia famiglia e dai miei tanti nipoti. Mi portano un sacco di ricette. Tutte cose che ho sempre mangiato e che mi danno piacere, come il pancotto all’orsarese con un contorno di verdure di campo. È il mio piatto preferito”, dice a Quotidiano Nazionale Carmela Zullo, 104 anni il prossimo 11 novembre.

Orsara di Puglia e il segreto dei legumi

Nonostante le tre cifre, la signora Carmela dice di sentirsi bene, come il suo concittadino Fedele Del Sonno, Ze’ Fedele per i compaesani, che di anni ne ha 100 tondi tondi: “Cerco di uscire ogni giorno per la passeggiata quotidiana. Mi fa stare bene. Sto bene”.
Fedele mangia “di tutto, ma più che altro legumi e minestre di verdura”, alimenti non processati, che secondo lo chef contadino Peppe Zullo potrebbe essere la risposta alla straordinaria longevità di Orsara di Puglia, oltre ad essere molto buoni: “Viviamo in una delle aree più salubri d’Italia. L’aria qui è pulita e il cibo è eccellente. La verdura spontanea che cresce nei nostri campi, come bietole, cicoria, finocchietto selvatico e borragine, è ricca di proprietà nutritive. La borragine, in particolare, è una pianta medicinale che io definisco ‘ostrica di montagna’. Forse è proprio questa la chiave alimentare della longevità”.

Dello stesso parere il sindaco del Paese, Mario Simonelli, anche lui sentito da Qn: “Oltre al cibo genuino, a migliorare la qualità della vita sono l’aria pura, la tranquillità familiare e poco stress. Ma c’è di più. I terreni di quest’area, che da Orsara si estende fino a Bovino e Deliceto, sono ricchi di selenio, un minerale che si trova nei nostri legumi e che favorisce il benessere generale. Lo stile di vita qui è probabilmente tra i migliori in Italia e si vede”.

Anche il caso di Okinawa dimostra che il mix tra attività fisica, sani rapporti sociali e dieta salubre crea uno straordinario elisir di lunga vita.

Ma i legumi sono davvero così importanti per la longevità? Vediamo cosa dice la scienza.

Come i legumi incidono sulla salute

I legumi, come fagioli, ceci, lenticchie e piselli, sono un alimento ricco di proteine vegetali, fibre, vitamine del gruppo B e sali minerali, tra cui ferro, magnesio e selenio. Studi scientifici dimostrano che il consumo regolare di legumi può portare a numerosi benefici per la salute, riducendo il rischio di malattie croniche e migliorando la longevità.

Secondo una ricerca condotta dalla Harvard T.H. Chan School of Public Health, i legumi sono fondamentali per una dieta bilanciata e il loro consumo è associato a una riduzione del rischio di malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2 e obesità. Il loro elevato contenuto di fibre aiuta a regolare il livello di zuccheri nel sangue e a migliorare la salute intestinale. Le fibre solubili presenti nei legumi, inoltre, riducono i livelli di colesterolo LDL, noto come “colesterolo cattivo”, proteggendo il cuore.

Una menzione particolare per il selenio elogiato anche dal sindaco Simonelli. Si tratta di un minerale essenziale presente nei terreni di Orsara e nei legumi coltivati in loco, che gioca un ruolo cruciale nella prevenzione delle malattie croniche. Secondo uno studio pubblicato su The American Journal of Clinical Nutrition, il selenio ha potenti proprietà antiossidanti, che aiutano a proteggere le cellule dallo stress ossidativo, un fattore chiave nell’invecchiamento e nello sviluppo di malattie come il cancro e le malattie neurodegenerative. La World Health Organization (Who) ha evidenziato che una dieta ricca di selenio, combinata con altre sostanze nutritive presenti nei legumi, contribuisce a rafforzare il sistema immunitario, migliorare la funzione tiroidea e ridurre l’infiammazione cronica, un importante fattore di rischio per molte malattie legate all’età.

I legumi allungano la vita

La Fao conferma le testimonianze empiriche degli orsaresi: i legumi allungano la vita. Uno studio condotto dall’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura riporta che su oltre 700 anziani in Giappone, Grecia, Svezia e Australia, ogni incremento di 20 grammi nel consumo giornaliero di legumi era associato a una riduzione del 7-8% del rischio di morte. Questo dato sottolinea quanto i legumi siano una componente cruciale della dieta mediterranea e di altre diete tradizionali considerate salutari.

I legumi sono anche particolarmente efficaci nella gestione e prevenzione del diabete di tipo 2. Una revisione sistematica pubblicata su Diabetes Care ha dimostrato che una dieta ricca di legumi migliora la sensibilità all’insulina e aiuta a mantenere stabili i livelli di zucchero nel sangue. Questo è particolarmente importante per le popolazioni anziane, che sono più a rischio di sviluppare questa malattia cronica, spesso fatale a certe età.

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