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Elezioni Usa e la ‘variabile’ Netanyahu su ultima fase della campagna e i timori Dem

Harris in bilico tra la linea soft della Casa Bianca per non perdere i voti dei sostenitori di Israele e le immagini dei civili uccisi a Gaza che allontanano gli elettori arabo-americani

Kamala Harris - Fotogramma

La 'variabile' Netanyahu sulla campagna elettorale per le elezioni Usa 2024 preoccupa i Dem. L'offensiva scatenata da Israele contro Hezbollah in Libano e l'attesa rappresaglia contro l'Iran per l'attacco missilistico del primo ottobre promettono di dominare la fase finale della campagna è uno scenario che i democratici speravano di scongiurare e con il quale oggi invece devono fare i conti.

Il presidente, Joe Biden, e la vice presidente e candidata alla Casa Bianca, Kamala Harris, auspicavano infatti una de-escalation in Medio Oriente o almeno che nelle ultime settimane della corsa alla presidenza le violenze potessero scendere sotto il livello di guardia, ma le nuove offensive militari israeliane - affermano funzionari statunitensi e collaboratori della campagna democratica - rendono questa speranza praticamente impossibile.

La guerra di Bibi mette l'amministrazione Biden in difficoltà

Il primo ministro israeliano, infatti, ha di nuovo incendiato la Striscia di Gaza con un'ondata di raid e ha lanciato un'operazione di terra in Libano associata ad attacchi aerei su Beirut volti ad annientare la leadership di Hezbollah. E ora gli occhi di tutti sono concentrati sull'annunciato attacco all'Iran. Secondo la stampa americana, Tel Aviv avrebbe rassicurato che saranno risparmiati obiettivi nucleari e petroliferi, ma funzionari americani non nascondono una certa diffidenza nei confronti delle promesse dello Stato ebraico. Anche la Russia, evidenzia il sito israeliano Ynet, spinge per una risposta limitata di Israele per evitare che la crisi con l'Iran degeneri in una guerra aperta.

Questa rapida escalation ha messo in difficoltà l'Amministrazione Biden, con il risultato che gli Stati Uniti hanno prima chiesto un cessate il fuoco immediato in Libano per poi cambiare linea politica nove giorni dopo e sostenere apertamente l'offensiva di terra di Israele. Questo ripensamento ha causato confusione e sgomento tra gli alleati europei e arabi di Washington che chiedono agli Stati Uniti di frenare il loro più stretto alleato in Medio Oriente. Ma l'Amministrazione sembra restia ad arrivare allo scontro con Tel Aviv in un momento politico così delicato.

La linea soft per non perdere voti

"Vogliono chiaramente evitare qualsiasi scontro pubblico con Netanyahu sul Libano o su Gaza che potrebbe causare una reazione negativa da parte dei sostenitori di Israele prima delle elezioni", ha affermato Frank Lowenstein, alleato di Biden ed ex negoziatore per il Medio Oriente nell'Amministrazione Obama. "Allo stesso tempo, sono sensibili alla perdita di voti in Stati chiave degli arabo-americani", ha aggiunto.

La linea 'soft' dell'Amministrazione nei confronti di Netanyahu è emersa nelle recenti dichiarazioni in risposta agli ultimi episodi che hanno suscitato unanime condanna a livello internazionale come gli attacchi di Israele alle forze di peacekeeping delle Nazioni Unite in Libano, il bombardamento dell'ospedale al-Aqsa a Gaza e il rapporto Onu che denuncia come nelle ultime settimane non sia entrato cibo nella parte settentrionale di Gaza. Ogni comunicato di condanna è stato calibrato con attenzione per evitare che suonasse come una brusca rottura con Netanyahu.

L'ultimo caso è avvenuto martedì, quando i media israeliani hanno rivelato il contenuto di una lettera riservata del segretario di Stato, Antony Blinken, e del segretario alla Difesa, Lloyd Austin, che esortavano Israele a consentire l'ingresso di più aiuti umanitari a Gaza, minacciando potenziali restrizioni all'assistenza militare statunitense. Nel giro di poche ore dalla sua divulgazione, i portavoce della Casa Bianca e del Dipartimento di Stato hanno chiarito che la lettera "non doveva essere considerata come una minaccia", rimandando in ogni caso qualsiasi potenziale azione punitiva a dopo le elezioni.

Troppi civili uccisi, la paura di Kamala

La crescente violenza in Medio Oriente durante le ultime settimane ha messo in particolare allarme la campagna di Harris, che vede nelle continue immagini di civili uccisi una possibile complicazione sulla strada verso la vittoria in Stati chiave in bilico dove vivono consistenti comunità arabo-americane e musulmane. "È una preoccupazione enorme", ha dichiarato un consigliere della campagna. Tra i Democratici, le preoccupazioni sono particolarmente gravi nel Michigan, dove vivono circa 300mila persone che dichiarano di avere origini nordafricane o mediorientali. I sondaggi mostrano che Harris e l'ex presidente Trump qui sono in parità.

Il percorso più chiaro per la vittoria di Harris è negli Stati del 'Blue Wall' del Michigan, della Pennsylvania e del Wisconsin, e la candidata dem ha poche possibilità di arrivare alla presidenza senza vincere lo Stato dei 'wolverines', dove questa settimana terrà cinque eventi in tre giorni.

Eppure con l'ingresso in corsa di Harris, i Dem speravano che, sottolineando la sofferenza palestinese, sarebbe riuscita a conquistare una considerevole fetta di elettori arabo-americani e musulmani delusi per l'appoggio dell'Amministrazione a Israele. Ma ottenere il loro sostegno è diventato più difficile man mano che la campagna militare di Israele si è intensificata con il sostegno degli Stati Uniti. L'Amministrazione Biden, dal canto suo, sostiene che si sottovalutino l'impatto che ha avuto nel ridurre la portata dell'invasione di Israele in Libano, nell'aumento del flusso di aiuti umanitari a Gaza e nell'impedire una guerra su vasta scala con l'Iran.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Esteri

Ucraina, armi nucleari per battere Russia? Zelensky:...

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Kiev smentisce le affermazioni di un'anonima fonte citata dalla stampa tedesca

Volodymyr Zelensky

L'Ucraina, in guerra con la Russia da quasi 1000 giorni, pensa di tornare alle armi nucleari? Ad accendere i riflettori sul tema è un articolo della Bild, che riporta le parole di un'anonima fonte di alto livello di Kiev. Se le forze armate agli ordini di Vladimir Putin dovessero puntare nuovamente verso la capitale, l'Ucraina potrebbe riattivare il proprio arsenale nucleare abbandonato negli anni '90.

"Abbiamo i materiali, abbiamo le conoscenze. Se arrivasse un ordine, avremmo bisogno di poche settimane per ottenere la prima bomba. L'Occidente dovrebbe pensare meno alle linee rosse della Russia e più alle nostre linee rosse", il messaggio.

La Russia, periodicamente, minaccia l'uso di armi nucleari in un conflitto in corso da oltre 2 anni e mezzo. Mosca ha recentemente prospettato anche la modifica della propria dottrina, aprendo all'ipotesi di una risposta con armi atomiche ad attacchi portati da paesi sostenuti da potenze nucleari. In altre parole, se l'Ucraina colpisse obiettivi militari in territorio russo, la risposta potrebbe essere estrema.

Le parole di Zelensky a Trump

Nelle stesse ore, rimbalzano le dichiarazioni del presidente ucraino Volodymyr Zelensky che torna sul tema delle armi nucleari ripensando ad un colloquio con Donald Trump. Il leader di Kiev ha spiegato che l'Ucraina vuole entrare nella Nato, perché la considera l'unica garanzia di sicurezza credibile, fatto salvo il ritorno alla bomba atomica cui rinunciò con l'indipendenza su pressione dell'Occidente in cambio di garanzie di sicurezza che si sono rivelate inconsistenti davanti all'attacco sferrato dalla Russia.

Nel 1991, ha ricordato Zelensky, l'Ucraina negoziò con una serie di Paesi garanzie di sicurezza in cambio della rinuncia all'arsenale nucleare ex Urss presente sul suo territorio, ma la Russia, che era uno dei "garanti", ha "violato" il Memorandum di Budapest.

Il fatto è che con Mosca questi accordi "non funzionano", ha aggiunto. Tra tutti gli Stati che disponevano dell'atomica, ha detto ancora Zelensky, "quale Paese ha sacrificato le armi nucleari? Solo l'Ucraina. E chi sta combattendo oggi? Solo l'Ucraina. Nella mia conversazione con Donald Trump ho detto che questi sono i fatti. E qual è la via d'uscita? O riprendiamo ad avere armi nucleari, e sarebbero una certa protezione per noi, oppure dovremmo avere una certa alleanza. Oltre alla Nato non conosciamo alleanze più efficienti. I Paesi della Nato non sono impegnati in nessuna guerra. Le persone dei Paesi della Nato sono tutte vive, grazie a Dio. E' per questo che scegliamo la Nato. Non scegliamo le armi nucleari, scegliamo la Nato e penso che Donald Trump mi abbia ascoltato. Mi ha detto che ho dei buoni argomenti", ha concluso.

Il caso è innescato, serve la smentita

Sì alla Nato, quindi, no alle armi nucleari. Le parole di Zelensky nel dialogo con Trump appaiono chiare ma evidentemente non bastano per disinnescare il caso. Deve intervenire formalmente l'ufficio del presidente ucraino per bollare come "sciocchezze" le parole contenute nell'articolo della Bild. In serata, deve tornare a esprimersi ancora Zelensky, dopo il meeting con Mark Rutte, segretario generale della Nato: "Non abbiamo mai detto che abbiamo in programma di produrre armi nucleari".

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Esteri

Da Sinwar allo sceicco Yassin, tutti i leader di Hamas...

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Ecco la lunga lista

Yahya Sinwar - (Fotogramma)

Dallo sceicco Yassin a Yahya Sinwar. E' lunga la lista dei leader di Hamas uccisi da Israele nella guerra contro il movimento di resistenza islamico negli ultimi 20 anni. Sinwar, nominato capo dell'ufficio politico di Hamas il 6 agosto scorso, ritenuto la mente degli attacchi del 7 ottobre, è stato ucciso in un'operazione di routine dei militari israeliani a Rafah, dopo una caccia all'uomo durata mesi, nei quali è stato dato più volte per morto.

 Sinwar aveva perso il posto di Ismail Haniyeh, ucciso il 31 luglio scorso in un attentato a Teheran, dove si trovava per partecipare all'insediamento del nuovo presidente iraniano Masoud Pezeshkian. Haniyeh era il capo del Politburo di Hamas, che guidava da Doha, mentre colui che è diventato il suo successore era il leader di Hamas nella Striscia di Gaza.

Prima di lui, il 13 luglio, Mohammed Deif, capo militare di Hamas a Gaza dal 2002, sarebbe rimasto ucciso in un raid aereo a Mawasi nel sud della Striscia. Hamas non ha mai confermato, ma da allora non sono state fornite da parte palestinese prove sull'esistenza in vita di colui che veniva chiamato 'il fantasma'. Secondo i sauditi sarebbe rimasto gravemente ferito.

Insieme a Deif, nello stesso raid mirato, è stato invece ucciso il comandante del Battaglione Khan Yunis di Hamas, Rafa'a Salameh, suo stretto collaboratore. Si ritiene che i due fossero infatti nello stesso edificio colpito dai caccia israeliani.

L'8 marzo, un duro colpo a Hamas era stato inferto con l'uccisione di Marwan Issa, considerato il numero tre del gruppo e il terzo più ricercato dai militari israeliani. Vice comandante dell'ala militare di Hamas a Gaza e braccio destro di Deif, Issa era ritenuto una delle menti del massacro del 7 ottobre.

All'inizio dell'anno, il 2 gennaio, il primo leader di alto rango di Hamas ucciso da Israele era stato Saleh al-Arouri, numero due dell'ufficio politico di Hamas dal 2017, tra i fondatori delle Brigate Ezzedin al-Qassam, braccio armato del gruppo, e membro del politburo dell'organizzazione palestinese dal 2010. al-Arouri era morto in un raid israeliano alla periferia sud di Beirut.

Tornando indietro di 20 anni, al marzo del 2004, in un raid mirato con missili sparati da un elicottero israeliano a Gaza era stato ucciso uno dei fondatori nonché capo spirituale di Hamas, lo sceicco Ahmed Yassin, quasi cieco, tetraplegico e costretto su una sedia a rotelle da quando era un ragazzo.

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Cronaca

Maltempo Italia, oggi allerta arancione in 5 regioni:...

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Piogge e temporali su gran parte del Paese

Maltempo a Milano - (Fotogramma)

Ancora maltempo sull'Italia oggi, con nubifragi in agguato e allerta meteo. La pioggia non concede tregua alla Liguria, alla Toscana e al Lazio. Il maltempo si sposterà anche sull'Emilia Romagna e verso il Nordest, con precipitazioni su gran parte di Veneto e Friuli Venezia Giulia. Con il passare delle ore, il maltempo coinvolgerà anche le regioni del Centro-Sud con rovesci violenti in serata.

Per la giornata di oggi venerdì 18 ottobre, quindi, allerta arancione in Liguria e su alcuni settori di Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto.

Scatta l'allerta gialla su restanti settori di Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana, su alcune aree di Piemonte, Veneto e Friuli Venezia Giulia, sull’intero territorio di Trentino-Alto Adige, Umbria, Lazio e Molise, su parte di Abruzzo, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia.

Scuole chiuse in diversi comuni

A causa del maltempo, diverse scuole della provincia di La Spezia resteranno chiuse. Ad Ameglia tutte le scuole saranno chiuse, così come ad Arcola, Bolano, Borghetto, Brugnato, Calice al Cornoviglio e Follo. A Lerici, il Comune ha ordinato di posticipare l'orario di ingresso nelle scuole di ogni ordine e grado, compresi il nido e la scuola dell'infanzia, fino al termine delle condizioni di allerta, non prima delle 8. A Rocchetta chiuderanno la scuola primaria e quella dell'infanzia, mentre a Santo Stefano Magra e Sesta Godano tutte le scuole rimarranno chiuse. A Sarzana sarà sospesa l'attività didattica in presenza nelle scuole di ogni ordine e grado. A Varese Ligure le scuole saranno chiuse, così come a Vezzano Ligure, dove verranno sospese le attività didattiche in presenza e sarà chiuso anche l’asilo nido "Le Marmotte Biricchine". Infine, a Levanto, sarà sospesa l’attività didattica nelle seguenti scuole: scuola dell’infanzia di Via N.Stazione FF.SS./Corso Roma, scuola primaria di Corso Roma, Istituto scolastico Francesco Petrarca, sede distaccata del Liceo Pacinotti e nel Servizio domiciliare “Primo Volo” – Associazione Creativamente.

Anche la sindaca di Siena Nicoletta Fabio ha deciso di chiudere le scuole di ogni ordine e grado per la giornata oggi. Il Comune raccomanda ai cittadini di utilizzare gli automezzi privati con attenzione e solo per effettive necessità, in modo da non intralciare la viabilità cittadina e permettere agli addetti e a eventuali mezzi di soccorso di intervenire prontamente. E’ già attiva la sala operativa della Protezione civile 'Giancarlo Rossetti' in zona Cerchiaia. Per segnalare disagi e criticità i cittadini possono chiamare i numeri di telefono 0577/292535 e 0577/292536.

La situazione

In 18 ore, stando ai dati della Protezione civile, sulla Liguria sono caduti 200 mm di piogge. Ieri scuole e università sono rimaste chiuse a Genova, Savona e La Spezia. Sulla linea Genova - La Spezia, la circolazione ferroviaria è tornata a utilizzare entrambi i binari tra Recco e Genova Nervi solo in serata dopo accertamenti sulla linea da parte dei tecnici di Rfi e della Protezione civile a causa dei danni sulla linea provocati dalle avverse condizioni meteorologiche che hanno interessato la zona. Proseguirà per tutta la notte il monitoraggio della rete da parte dei tecnici di Rfi. I treni coinvolti hanno registrato rallentamenti fino a due ore, limitazioni di percorso e cancellazioni. Lo scrive in una nota Rfi.

A Venezia è stato attivato ieri mattina il Mose

Non smette di piovere su Milano. Per questo il centro funzionale monitoraggio rischi naturali della Regione Lombardia ha emesso un avviso di criticità arancione (moderata) per rischio idrogeologico e idrico a partire dalle 21 di ieri. Il problema - ha spiegato il Comune di Milano nella nota con cui ha diramato l'allerta meteo - è che la pioggia in arrivo "va a insistere su aree già sature di acqua".

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