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Olly: “Il mio album? Una pacca sulla spalla per dire che è sempre ‘Tutta vita’”

Il 25 ottobre esce il nuovo disco e il giovane cantautore genovese si racconta, dallo stress della vita milanese al ritmo frenetico del mercato musicale al desiderio di comprare casa ed esibirsi nella sua città

La cover del nuovo album 'Tutta Vita' di Olly

Sognando un'amaca sotto un baobab (come canta in 'Quei ricordi là') o una fuga in Bolivia ('I cantieri del Giappone'), Federico Olivieri, in arte Olly, si racconta con la spontaneità di un ragazzo di 23 anni, in attesa di 'Tutta Vita', il nuovo album in uscita il 25 ottobre per Epic Records/Sony Music Italy, prodotto da Jvli. Un titolo che racchiude una filosofia di vita, un'accettazione del percorso, con i suoi alti e bassi: "È una pacca sulla spalla, un modo per dirci che, anche quando le cose vanno male, è tutta vita, e le esperienze ci porteranno a qualcosa di nuovo", spiega Olly che ironizza sull'assenza di parolacce nei testi: "Sono elegante solo quando scrivo". Dodici brani che si snodano in un panorama musicale dominato da singoli ed EP: "Io sono ancora fan dei dischi. La verità è che sento pochi dischi che hanno una storia da raccontare. Per me un cantautore senza un album non ha senso. L'album, dunque, non so se ha senso per il mercato, ma ha senso per me. Ed è quello che mi interessa".

Amici e famiglia, pilastri della sua quotidianità, sono presenze costanti nei testi, un'ancora di salvezza in un mondo musicale che a volte gli sta stretto: "Sono quella quota di normalità e di vita vera che mi accomuna a tutti e mi riesce a riportare fuori un po' dalla bolla che è la vita che sto facendo. Per quanto per me, Olly e Federico, siano la stessa persona, è evidente che stando in certi meccanismi si rischia di perdere di vista le cose semplici. Quindi parlare tanto della mia famiglia, dei miei amici in questo disco, anche se in senso lato, era il mio modo per sentirli più vicino".

E in questa vita, che a volte lo soffoca un po', Olly inizia a progettare il futuro: "Sto iniziando a entrare nell'idea di comprarmi casa. La voglio comprare a Genova. Nonostante io viva a Milano per lavoro, la mia serenità la vedo là. La verità è che in questo momento percepisco con largo anticipo la pesantezza di questo ambiente e non riesco ancora a vivermi Milano con la tranquillità che ho quando sono a casa mia". La freneticità del capoluogo lombardo, seppur stimolante, a volte rappresenta un limite: "Qua mi sembra sempre che qualsiasi cosa si faccia si stiano salvando delle vite e ogni tanto mi piace anche ricordarmi che io faccio canzoni e basta. C'è sempre un carico di stress esagerato, di invidia, di brutte robe, non so". Confessa: "Certe dinamiche, dove percepisco del 'nero', non mi danno belle energie. Non ce l'ho con la città. Milano è bella e offre anche tante opportunità ma a volte troppe opportunità a me personalmente poi portano a non coglierne neanche una".

Genova, al contrario, per Olly rappresenta un porto sicuro, un luogo dove poter essere se stesso e dove sogna di esibirsi in grande stile, anche se al momento la tappa genovese non è prevista nel tour. "Non ci sono venue adatte al tipo di spettacolo che vorrei portare in questo momento a Genova. Ho nei piani grandi cose per la mia città e ci tengo che si sappia ma ci vuole pazienza, perché se vogliamo suonare adesso, ho bisogno di un posto dove ci stiamo tutti, ma che non sia troppo grande allo stesso tempo. Voglio fare una bella cosa per Genova ma in questo momento non ci sono gli spazi per farlo".

Tornando all'album, in 'Il Cantiere del Giappone' canta: "E pensarci mi fa strano/ siamo diventati saturi/ dando colpa ai discografici/ senza tempo per andarcene": una strofa che fotografa la vita degli artisti, spesso idealizzata, e il ritmo frenetico del mercato musicale. "È una strofa dedicata ai colleghi, a chi fa musica e che vive in questa giungla", precisa. Per Olly il ritmo del mercato musicale è sempre più frenetico: "Esce troppa musica, tanto che mi sento quasi in colpa quando faccio le release mentre invece vorrei vivermela bene". "Trovo che tutta questa possibilità di scelta e di ascolto porti le persone a non poter più scegliere e a far scegliere a qualcun altro. E' una direzione che non mi piace onestamente".

E sul suo ritmo di lavoro serrato: "Mi sento in un momento in cui ho voglia di scrivere. Detto ciò, se ne sentirò l'esigenza mi prenderò una pausa. È un po' come nella musica, si pensa che bisogna per forza mettere tante note, ma le pause sono quelle che poi danno risalto alle note prima e dopo". Il cantautore si esprime anche sul tema dei testi espliciti nel mondo del rap, spesso contestati: "Sembra che solo adesso si stia facendo caso a queste cose, ma la musica è da sempre esplicita e non credo che occorra censurare. Io a 13 anni ascoltavo 'Non crollo' di Fabri Fibra, ma poi subentrano sempre i valori e il pensiero critico". E con un pizzico di ironia commenta la scarsità di parolacce nei suoi testi: "Questa cosa mi dà quasi fastidio, perché in realtà sono molto scurrile, sono elegante solo quando scrivo".

Nel disco, oltre al brano 'Per due come noi' con Angelina Mango, certificato disco d’oro e da tre settimane al numero 1 nella classifica della Fimi/Gfk, c'è anche 'Sopra la stessa barca' con Enrico Nigiotti. Una collaborazione tra Livorno e Genova: "E' stato come trovare un fratello maggiore in un'ambiente, quello della musica, che più ci sto e meno mi piace. Quindi trovare persone di questo tipo è per me sempre un piacere enorme". Il brano, racconta Olly, "doveva stare nel suo album, ma io avevo pronti solo undici brani e ne volevo un dodicesimo. Lui, gentilmente, me l'ha concesso".

Sul desiderio di altre collaborazioni, Olly confessa di non forzare mai la mano: "Quelle che sono uscite sono state tutte spontanee, mai fatte a tavolino, spinte solo dal rispetto reciproco". Nel disco Olly omaggia la storia della musica italiana, citando Rino Gaetano e il brano 'Maledetta primavera'. "E' un omaggio pieno, perché la mia speranza è che alcune delle mie canzoni possano vivere a lungo come quelle". Sulla tradizione musicale genovese, Olly non sente il peso, ma la forza di un punto di vista unico. Infine, Sanremo. "Nella vita ci voglio tornare", confessa ma "ora ho il mio album, il mio tour e dodici canzoni di cui sono molto orgoglioso".

Olly, dunque, è pronto a salire sul palco e a condividere live 'Tutta Vita'. Ma prima c'è l'instore tour che inizia il 25 ottobre a Milano (ore 18 - Dischi Volanti), per poi proseguire: il 26 ottobre a Genova (ore 15.30 - Gradisca Spirits), il 28 ottobre a Padova (ore 18 - Mondadori Via Cavour), il 29 ottobre a Brescia (ore 18 - CC Elnòs / Roncadelle), il 30 ottobre a Bologna (ore 17:30 - Semm music store & more) e, infine, il 31 ottobre a Napoli (ore 16 - Feltrinelli P. Garibaldi). La dimensione live arriva con il suo 'Lo Rifarò Lo Rifaremo tour' che conta 14 appuntamenti, tutti completamente sold out. Oltre alla data zero prevista a Nonantola - Mo (Vox Club - 28 novembre), Olly arriverà a Milano (Fabrique – 2 e 3 dicembre), a Firenze (Teatro Cartiere Carrara - 5 dicembre), Venaria Reale - To (Teatro Concordia - 9 e 12 dicembre), successivamente sarà a Padova (Hall – 13 e 17 dicembre), Bologna (Estragon - 14 e 16 dicembre), Pozzuoli - Na (Duel Club - 19 dicembre) per poi concludere questo tour a Roma (Hacienda – 20, 21 e 22 dicembre).

Dopo il tour invernale Olly porterà nuovamente la sua energia sui palchi dei club italiani con il tour indoor 2025. Il cantautore tornerà live in primavera partendo da Venaria Reale - To (Teatro Concordia - 4 maggio), arrivando poi a Bologna (Estragon - 7 maggio), Roma (Atlantico - 13 maggio), Molfetta - BA (Eremo club - 16 maggio), Firenze (Teatro Cartiere Carrara - 19 maggio) e concludendo il tour a Padova (Gran Teatro Geox - 22 maggio). (di Loredana Errico)

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Spettacolo

Paolo Sorrentino: “Non riesco a confrontarmi con il...

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Il regista ha presentato oggi 'Parthenope', dal 24 ottobre nelle sale

Paolo Sorrentino - Agenzia Fotogramma

(Cinematografo.it) “Lo spettatore migliore è quello privo di qualsiasi senso di colpa perché è libero". Così il premio Oscar Paolo Sorrentino, che oggi ha presentato il suo ultimo film: 'Parthenope', nelle sale il 24 ottobre con PiperFilm (al suo battesimo) in 500 sale. Esce ora, ma ci sono state già diverse anteprime di mezzanotte (una limited release di 7 giorni, 15 proiezioni al giorno, con un unico spettacolo in alcune città italiane): “Sono state un grande successo. Sono venuti tanti giovani, che lo hanno davvero apprezzato. I ragazzi sono liberi e non hanno pregiudizi e dietrologie. Da adulti si è più filtrati e si vedono i film con un bagaglio di idee e aspettative diverse”.

E proprio la giovinezza, così effimera, nonché il passare del tempo, sono al centro di questo film che vede protagonisti: Celeste Dalla Porta (Parthenope Giovane), Stefania Sandrelli (Parthenope Adulta), Gary Oldman (John Cheever), Silvio Orlando (Devoto Marotta), Luisa Ranieri (Greta Cool), Peppe Lanzetta (Vescovo ovvero Tesorone, dal nome del negozio di giocattoli sotto casa di Sorrentino) e Isabella Ferrari (Flora Malva). Ma la protagonista assoluta è senza dubbio colei che dà il titolo al film. “Avendo già fatto nove film con protagonisti maschili, avevo voglia di cambiare e di mettere in primo piano una donna- racconta Sorrentino-. Penso poi che la selvaggia vitalità si addica più a una donna. È un racconto, apparentemente ambizioso, ma in realtà molto semplice e sentimentale sulle varie tappe della vita dalla giovinezza dove ci si abbandona e se si è fortunati si può raggiungere la felicità alla tappa successiva verso la responsabilità e l’età adulta in cui si percepisce che la vita ci sta abbandonando e che ti volta un po’ le spalle. Un momento malinconico e pessimistico che però viene smentito alla fine da Stefania di fronte alla città di Napoli”.

E sul cinema: “Il cinema dovrebbe vedere, ma in modo sbilenco. Mi piace vedere traslando quella vista verso l’immaginazione e la fantasia. Io non sono in grado di confrontarmi con il cinema di oggi perché ne vedo poco, né di giudicare quello che faccio. Uno alla fine è condannato a fare quello che sente, non c’è altro modo per me di fare questo lavoro. Non faccio troppi calcoli, questa storia mi riguardava in quel momento quando l’ho concepita. Non è importante quel che ho provato io nei confronti del film, ma il film in sé”.

Tra le donne non solo la giovane Parthenope- Celeste Dalla Porta (“Il mio è un personaggio davvero sfaccettato in questo racconto che parla dello scorrere del tempo, qualcosa di sottile e delicato”) e Parthenope adulta ovvero Stefania Sandrelli (“odio lo scorrere del tempo”), ma anche Isabella Ferrari nei panni di Flora Malva: “Paolo mi ha regalato un ruolo iconico, ho fatto un provino e ho sentito che su quei versi potevo appoggiare le mie emozioni. Le donne belle vengono continuamente offese, anche io nel corso della mia carriera ho sentito su di me questo rancore e questo pregiudizio proprio per via del mio aspetto fisico. La frase sulla bellezza che ammalia i primi dieci minuti e irrita i successivi dieci anni è proprio vera”. E Luisa Ranieri, nel ruolo della diva Greta Cool: “Lei impersona il divismo, è un personaggio bellissimo. Rappresenta un certo tipo di napoletanità. È una donna sola con un passato non sereno”.

Protagonista di questo film anche la città di Napoli. “Ci sono tornato a girare e l’ho trovata per certi versi cambiata, assediata dal turismo ovunque. È una città che resiste e che conserva una sua identità imprecisa. Ma comunque un’identità. Non è una città snob, è autoreferenziale”. E Silvio Orlando dice: “Sono orgoglioso di aver raccontato questo pezzo di Napoli, negli anni Settanta all’università. A Napoli c’è un grande fermento culturale e spero di essere riuscito a ricostruire questo affresco”.

Sulla mancata nomination agli Oscar Sorrentino ribadisce di essere più che contento che vada Vermiglio di Maura Delpero: “Sono anche sollevato, non avevo voglia di sobbarcarmi questa fatica. C’è un momento per tutto”. E rispondendo alla domanda su un possibile film sulle barche a vela che avrebbe voluto fare: “Non ricordo di aver mai voluto fare un film sul mondo della vela. Non so neanche come sia fatta una barca a vela. Per me è noioso parlare sia di calcio che di cinema. Avrei voluto fare piuttosto un film su Ferito a morte tanti anni fa. Non riuscii a farlo perché era troppo costoso il copione. È un libro che involontariamente ho saccheggiato a più riprese. Ora non so cosa farò. Forse andrò in letargo con l’inverno come gli scoiattoli. È prematuro parlare dei miei progetti futuri”. Infine conclude: “Il mio film è deputato a porre nuove domande, così come quello su Giulio Andreotti. Ho scritto le cose attingendo a zone anonime del mio Io. Per me c’è un errore di fondo la missione di un film non è dare risposte oppure, in casi patologici, un messaggio, che è una deriva del nostro essere cattolici e dell’essere legati alla parabola. Un film deve alimentare nuove domande, quindi spero di aver fatto questo. Aver posto altre domande sulle donne anziché dare risposte”.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Spettacolo

Festa del Cinema di Roma, Nicolò Folin: “Con...

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Il corto è stato presentato ad 'Alice nella Città', 'nel futuro sono pronto a tutto'

Una scena del corto 'Le altre vite'

Nicolò Folin, 22 anni, studente del Centro Sperimentale di Cinematografia - Scuola Nazionale di Cinema, aspirante regista, e una carriera ancora tutta da scrivere. Ad 'Alice nella Città', sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema, presenta il cortometraggio ‘Le altre vite’ (prodotto dal Csc): un percorso emotivo nei temi del lutto e della memoria messi in rapporto con le nuove tecnologie. “Il cinema, da spettatore e da aspirante regista, è il mio modo per elaborare il dolore”, dice Nicolò all’Adnkronos che nel buio della sala cinematografica “piango spesso, è un pianto positivo perché è liberatorio”. 

Tra i progetti futuri di Folin c’è un lungometraggio: “sto provando a pensare e a scrivere il film tratto dal mio corto ‘In spirito’, anche questo presentato quest’anno ad Alice”. Per la sua pellicola d’esordio desidera “un attore che non ha mai lavorato con il cinema per costruire insieme una performance che possa lasciare un’impronta”, ammette.

Tra studio e desideri, l’aspirante regista sta ancora cercando la sua voce ma a spingerlo a fare cinema “è la curiosità di scoprire qualcosa, che sia una persona, un periodo storico, un incontro o un viaggio”. Del cinema di oggi “amo la possibilità di vedere cose diverse provenienti da tutte le parti del mondo e da ogni fascia produttiva. Per me - dice - è un’emozione perché posso imparare tante cose”. Ma Nicolò ha un desiderio: “vedere maggiore sperimentazione”. In questo momento “sono molto affamato di andare avanti. Sono ancora agli inizi ma il futuro un po’ mi spaventa. La scuola ti dà quel senso di protezione, in un certo senso ti coccola, ma sono pronto a tutto”, conclude.

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Spettacolo

Festa del Cinema di Roma, Gregorio Mattiocco: “Mi...

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Regista presenta corto 'Piccolo Attila', 'come protagonista sono un piccolo che sta cercando di diventare grande'

Gregorio Mattiocco

Gregorio Mattiocco, classe 1998, ha già le idee chiare: “Io sono uno scomodo e faccio cinema per raccontare un mondo di cose attraverso le immagini”, dice nell’intervista all’Adnkronos. Ad 'Alice nella Città', sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema, presenta il cortometraggio ‘Piccolo Attila’: “Non definitelo un corto sul calcio”, ma “una storia tra fratelli, un sentimento universale. Proprio per questo ho sentito la necessità di uno spazio domestico, claustrofobico, sotterraneo, dove i due fratelli potessero abitare e vivere la loro intimità”.

I protagonisti della storia sono Armando, un bambino di 13 anni, che vive nel riflesso dell’emulazione di suo fratello maggiore, tifoso ultrà sfegatato. “Come il protagonista di questa storia anche io sono un piccolo che sta cercando di diventare grande con estrema determinazione”, dice Gregorio, che prova una forte disillusione verso il mondo dei grandi: “gli adulti devono imparare tutto dalle nuove generazioni. Sento dire spesso ‘spazio ai giovani’ e poi trovi un muro: mi sono cucito a mano questo corto e l’ho autoprodotto con la mia casa di produzione perché non credo più a quelle vecchie generazioni”. Romano, verace e con la fame di prendere a morsi il mondo, Gregorio non è spaventato dal futuro: “ogni giorno è una sfida e l’affronto con il sorriso. Mi piacerebbe avere un’attenzione sia sulla moda sia sulla pubblicità a Milano, dove lavoro e dove c’è più possibilità di sperimentare perché ci sono più soldi. E tornare a Roma per fare progetti più narrativi. Voglio creare un ponte tra le due realtà”.

Per Gregorio oggi c’è spazio per i giovani “perché siamo abituati a vedere orizzonti più larghi dell’industria del cinema e poi siamo costantemente connesse con il mondo. Gli spazi ci sono - prosegue - ci risultano invisibili perché quando andiamo a bussare alle istituzioni troviamo vecchie generazioni che non sono capaci di innovarsi e comunicare con noi”. Dal regista un appello ai colleghi: “non fossilizzatevi sulle dinamiche burocratiche o finanziarie”. Con questo “non dico che il cinema sia solo business, l’arte c’è. Noto che spesso vediamo sul grande schermo film che sembrano operazioni finanziare. Io preferisco alzarmi la mattina, andare a lavorare e investire i miei soldi anche con la paura di pensare che non mi ritorneranno in tasca”, sottolinea Gregorio, che sogna di “non smettere mai di essere curioso, è il motore della nostra creatività. La mia voce non l’ho ancora trovata e spero di non trovarla mai altrimenti il nostro lavoro è finito”, conclude.

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