Governo oggi al giro di boa dei 2 anni, Meloni: “Avanti finché avremo sostegno italiani”
La premier in un video: "Non mi sono mai risparmiata". Le tappe fondamentali del 2024, dal burrascoso Memorandum con l'Albania
Oggi, 22 ottobre 2024, sono due anni del governo di Giorgia Meloni. "Esattamente due anni fa prestavo giuramento come presidente del Consiglio", ha detto la premier in un video postato sui social per tracciare un bilancio del suo esecutivo. "Se mi guardo indietro, penso soprattutto che non mi sono mai risparmiata ma penso anche che sono soddisfatta dei risultati e dei traguardi raggiunti per l'Italia e sono anche consapevole di quanto lavoro ci sia ancora da fare'', aggiunge.
''In questi due anni il governo ha lavorato instancabilmente per attuare il programma per il quale ci eravamo presentati di fronte agli italiani e sul quale abbiamo ottenuto la fiducia di molti di loro alle elezioni del 25 settembre del 202 - prosegue - Abbiamo in questi anni restituito all'Italia una nuova centralità sullo scenario internazionale, abbiamo rilanciato la crescita economica e l'occupazione, abbiamo raggiunto diversi record storici: mai così tanti posti di lavoro stabile, mai così tanti contratti a tempo determinato, mai così tante donne che lavorano. Abbiamo protetto il nostro tessuto produttivo e industriale dalla crisi energetica e dalle sfide geopolitiche''.
''Abbiamo destinato alla sanità un livello di risorse che mai nessun governo aveva destinato in precedenza', ha assicurato ancora. E ''abbiamo avviato riforme che erano attese da decenni in questa nazione. Abbiamo messo in sicurezza i conti dello Stato, abbiamo difeso il potere d'acquisto delle famiglie con particolare attenzione a quelle che avevano figli e ai gruppi più vulnerabili della nostra società".
"Nei prossimi anni continueremo a lavorare con determinazione e con impegno per consolidare i risultati'' raggiunti nei primi due anni di governo e per ''rispettare integralmente il patto sottoscritto con i cittadini italiani. Siamo consapevoli delle sfide che ci attendono ma siamo anche consapevoli del fatto che insieme possiamo costruire un 'Italia più forte e sicura, più prospera per tutti. Grazie per la fiducia e il vostro sostegno perché sono il motore che ci spinge ad andare avanti. Finché ci siete voi, ci siamo anche noi'', ha quindi sottolineato la presidente del Consiglio.
Il messaggio alla vigilia dell'anniversario
"Finché avremo il sostegno dei cittadini continueremo a lavorare con determinazione, a testa alta, per realizzare il nostro programma e aiutare l'Italia a crescere, diventare forte, credibile e rispettata. Lo dobbiamo agli italiani, a chi ci ha scelto e a chi, pur non avendo votato per noi, spera che facciamo bene il nostro compito". Un post arrivato in ore difficili per il governo - forse non a caso Meloni chiude con un "al lavoro senza sosta, senza paura" - : in atto uno scontro con la magistratura che ha portato al varo del decreto sui 'Paesi sicuri' che punta a blindare i due hotspot realizzati in Albania, di fatto 'disinnescati' dalla sentenza di mancata convalida dei fermi emessa del tribunale di Roma venerdì scorso.
L'accordo sui migranti con l'Albania
Ed è proprio la 'scommessa' albanese, messa a segno con un Memorandum siglato lo scorso novembre con il presidente Edi Rama, uno dei momenti più significativi, salienti ma anche burrascosi del secondo anno di governo a guida Meloni. Esattamente un anno fa, tracciando un primo bilancio, la premier aveva ammesso la delusione per i risultati nella lotta all'immigrazione irregolare, con la promessa di non voler arretrare ma di avere chiara una strategia a medio/lungo termine con cui mettere ko i "trafficanti di vite umane". A distanza di un anno, nelle comunicazioni al Parlamento del 15 ottobre scorso, Meloni rivendica un calo degli sbarchi del 60% sul 2023. Passa anche da qui, a suo dire, l'accordo con l'Albania, con due hotspot dall'"effetto deterrente" attivi a Gjader e Schengjin per il rimpatrio rapido a seguito dell'esame delle domande di asilo.
Il centro per il trattenimento e il Cpr - che a regime dovrebbero veder transitare un flusso annuale di 36-39mila persone- tardano ad aprire i battenti, quando lo fanno vedono arrivare un 'carico' di 18 migranti: 4 vengono rispediti subito in Italia (2 minori e 2 fragili, ndr), gli altri 12 seguono a distanza di 48 ore, causa la mancata convalida dei fermi. Il resto è cronaca di questi giorni. Sempre sul fronte della lotta alla immigrazione illegale, ma non solo, si inquadra il piano Mattei per l'Africa, uno dei cavalli di battaglia del governo Meloni.
Il piano Mattei
Il Piano che prende il nome dell'indimenticato presidente dell'Eni punta a inaugurare un nuovo partenariato tra Italia e Stati del continente africano, puntellando la partnership con una serie di intese e progetti da portare avanti in sinergia, secondo "un approccio non predatorio", come ama ripetere la presidente del Consiglio.
Sul fronte internazionale, nel secondo anno a guida Meloni la premier conferma il sostegno senza se e senza ma all'Ucraina, "fino a quando sarà necessario", anche con il proseguo dell'invio di armi a Kiev. La guerra in Medio Oriente vede il governo al fianco di Israele dopo i sanguinari attacchi del 7 ottobre, il sostegno allo sforzo di mediazione portato avanti dagli Usa, la richiesta di un cessate il fuoco e di una soluzione all'insegna dei due popoli e due stati.
L'uscita dalla Via della Seta e la presidenza del G7
Come da attese, Meloni dice addio alla 'via della Seta' e vola in Cina da Xi Jinping cercando di salvaguardare il rapporto con Pechino. Mentre in Ue fa mancare il suo voto al bis di Ursula von der Leyen, pur mantenendo con lei un rapporto solido, e incassando la 'chiamata' in Commissione del fedelissimo Raffaele Fitto, destinato, esame permettendo, al ruolo di vicepresidente esecutivo con delega alla Coesione e alle Riforme.
Dal 1 gennaio alla guida del G7, Meloni ha dato appuntamento ai 7 grandi del mondo in Puglia, a Borgo Egnazia, chiudendo, tra le altre cose, un accordo sul prestito garantito all'Ucraina da asset russi, su cui tuttavia ancora si arrovellano le diplomazie.
Le riforme
Sul fronte delle riforme, il secondo anno dell'esecutivo ha visto andare avanti i tortuosi cammini dell'autonomia differenziata, diventata ormai legge, e del premierato, per la presidente del Consiglio "madre di tutte le riforme", tanto da dirsi pronta a sfidare le opposizioni alla prova del referendum.
Sul fronte della giustizia, il 2024 ha visto l'abolizione dell'abuso di ufficio con l'approvazione definitiva della legge Nordio, mentre sono ancora in discussione la contestata riforma sulla separazione delle carriere e quella della Corte dei Conti, e continua, imperterrito, il braccio di ferro con le opposizioni sulle intercettazioni. Altra legge bandiera portata avanti con determinazione, approvata la scorsa settimana in via definitiva, quella che rende la gestazione per altri, meglio nota come maternità surrogata, reato universale, perseguibile anche per chi ne fa ricorso all'estero (in Italia non è mai stata consentita, ndr).
Il modello Caivano
Il 2024 è anche l'anno del 'modello Caivano', con la premier che, dopo una terribile storia di violenza ai danni di due cuginette di 11 e 12 anni emersa nell'ottobre dello scorso anno, stringe un 'patto di ferro' con don Maurizio Patriciello, il parroco del degradato Parco Verde, e vara un progetto di riqualificazione che il governo mira a replicare in tutte le altre periferie difficili d'Italia.
La legge di bilancio e l'impronta sulle famiglie numerose
Sul fronte economico, la scorsa settimana è stata approvata la manovra, ancora una volta dando il disco verde a una legge di bilancio con un occhio attento ai conti pubblici. Pochi i margini, vista la coperta corta, ma non così esili da rinunciare al taglio del cuneo fiscale, reso dal 2025 strutturale. La manovra, con una chiara impronta meloniana, 'premia' soprattutto le famiglie numerose, con benefici per quelle che contano almeno tre figli e un mese di congedo parentale in più pagato all'80%. Si aggiunge un bonus da 1.000 euro per i nuovi nati in famiglie con Isee fino a 40mila euro. Domani sarà la premier a spiegarla agli italiani, in una conferenza stampa sulla legge di bilancio che cade esattamente a due anni dall'inizio della suo arrivo a Palazzo Chigi, prima donna nella storia d'Italia ad assumerne la guida.
Esteri
Taiwan sfida la Cina, esercitazioni con jet e visite ad...
Taipei ha segnalato che in 24 ore intorno all'isola è stata rilevata la presenza di sette navi e 13 velivoli militari cinesi. Pechino: "Schiacceremo qualsiasi tentativo per l'indipendenza"
Sale la tensione tra Taiwan e la Cina. Oltre ad aver condotto esercitazioni militari con jet e sistemi antimissile, Taipei ha fatto sapere che il presidente William Lai (Lai Ching-te) farà tappa alle Hawaii e a Guam durante il suo viaggio che da sabato a venerdì prossimi lo porterà alle isole Marshall, Tuvalu e Palau, tra i 12 alleati dell'isola.
Le esercitazioni
Mentre aumenta il pressing della Cina, con il ministero della Difesa di Taipei che ha confermato di aver rilevato la presenza a nord dell'isola di altri due palloni aerostatici cinesi, Taiwan ha condotto manovre, andate avanti per due ore e condotte a ridosso della prima visita all'estero del presidente dell'isola, con l'obiettivo dichiarato di testare le "procedure di risposta e ingaggio" del Comparto Difesa. E "garantire la sicurezza dello spazio aereo" di Taiwan, isola di fatto indipendente che per la Cina è una "provincia ribelle" da "riunificare".
Nel quadro del constante pressing cinese a cui è sottoposta l'isola, stamani il ministero della Difesa di Taipei ha segnalato che in 24 ore intorno a Taiwan è stata rilevata la presenza di sette navi e 13 velivoli militari, nove dei quali hanno superato la "Linea mediana" dello Stretto di Taiwan, che Pechino non riconosce. E le esercitazioni arrivano mentre si rincorrono voci di possibili nuove maxi manovre militari cinesi intorno a Taiwan.
Cina: "Schiacceremo qualsiasi tentativo per l'indipendenza"
Verrà "schiacciato con decisione" qualsiasi tentativo per "l'indipendenza di Taiwan". E' la minaccia che arriva dalla Cina, che considera l'isola, di fatto indipendente, una "provincia ribelle" per la quale vuole la "riunificazione".
I militari "cinesi hanno la missione sacra di salvaguardare la sovranità nazionale e l'integrità territoriale e schiacceranno con decisione tutti i tentativi di secessione per l'indipendenza di Taiwan", ha affermato Wu Qian, portavoce del ministero della Difesa cinese, dopo le notizie del primo viaggio all'estero del presidente di Taiwan.
Il viaggio del presidente di Taiwan
Le isole Marshall, Tuvalu e Palau sono tra i 12 alleati dell'isola, gli unici Paesi al mondo che riconoscono il suo governo senza aderire al principio di "un'unica Cina" caro a Pechino. Per William Lai questo sarà il primo viaggio all'estero di Lai, eletto a gennaio e alla presidenza dallo scorso 20 maggio. Lai trascorrerà due notti alle Hawaii e una a Guam, per incontrare "vecchi amici" e "componenti di think tank", ha detto all'agenzia Afp una fonte dell'ufficio della presidenza di Taiwan.
I passaggi dei leader di Taiwan in territorio statunitense suscitano da sempre le ire di Pechino, che considera l'isola - di fatto indipendente - una "provincia ribelle" da "riunificare". E anche oggi il gigante asiatico, che non risparmia mai accuse agli Stati Uniti per il sostegno assicurato a Taiwan, ha subito contestato quelle che considera "azioni separatiste".
"Ci siamo sempre opposti agli scambi ufficiali tra gli Usa e Taiwan - ha detto la portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Mao Ning - e a ogni forma di sostegno da parte degli Stato Uniti ai separatisti per l'indipendenza di Taiwan e alle loro azioni".
Già nei giorni scorsi, quando avevano iniziato a rincorrersi notizie sul viaggio di Lai negli alleati dell'isola nel Pacifico, la Cina - che considera Lai un "pericoloso separatista" - aveva chiesto alle autorità Usa di "non consentire" al presidente di Taiwan di "transitare dal territorio statunitense". Ma la 'diplomazia dei transiti' è una tradizione per Taipei, sempre più sotto il pressing cinese.
Cultura
“La formazione economica per la difesa della...
Il contributo del Presidente Luiss School of Government nella 34esima edizione del volume
"La formazione economica per la difesa della democrazia" nell'intervento nel Libro dei Fatti 2024 del Presidente Luiss School of Government, Vincenzo Boccia, autore del contributo presente nel volume giunto quest'anno alla 34esima edizione.
L'intervento di Vincenzo Boccia
"Viviamo tempi in cui è chiaro che non esiste indipendenza politica senza indipendenza energetica e indipendenza tecnologica. Viene meno anche il paradigma del binomio democrazia/crescita per il quale si cresce economicamente solo con la democrazia. Ora non è più così.
È evidente che l’Occidente, la nostra Europa, il nostro Paese, che vogliono e devono difendere ogni giorno l’indipendenza politica, abbiano necessità di pratiche economiche coerenti, orientate a tali fini. Ciò comporta una grande attenzione alla politica economica che torna a giocare un ruolo da protagonista nella nuova Società: Aperta, Inclusiva e Democratica. Di fatto, un ritorno ai fondamentali d’Europa con le 3 P di Pace, Protezione e Prosperità.
Come diceva Jean Monet: “I miei obiettivi sono politici, le mie spiegazioni sono economiche”. Occorre contribuire alle spiegazioni economiche per fini politici. A ciò si aggiunge un altro aspetto. La democrazia e la difesa della democrazia hanno necessità, responsabilità e interesse ad avere cittadini “formati”, che abbiano gli strumenti per affrontare la cultura della complessità, il senso critico per non farsi ipnotizzare da “incantatori di serpenti” che tendono a semplificare e a proporre politiche insostenibili cavalcando il sentimento del momento e individuando alibi e colpe al posto delle soluzioni.
In tale contesto la formazione per i nostri giovani e l’idea di una Società che li includa e li accolga attraverso un progetto organico mirato alla costruzione di condizioni ideali per il loro coinvolgimento è una delle scelte fondamentali per conquistare il futuro. Questo percorso di formazione e di inclusione dei giovani ha necessità, nel mondo del lavoro, di leve fiscali che riducano e/o azzerino il cuneo fiscale per le assunzioni nei primi 3 anni. Ciò permetterebbe di pagarli meglio e azzerare nell’avvio del rapporto l’impatto fiscale da parte di enti e imprese.
La formazione dei ceti dirigenti può essere uno strumento di soft diplomacy per il nostro Paese e per contribuire alla buona riuscita del Piano Mattei che indica una strada di comprensione e cooperazione nel rapporto con gli interlocutori dei mondi nuovi con i quali entriamo in relazione. Preparare nelle nostre Università giovani che vengono dai Paesi del Mediterraneo, dall’Africa e dal Medio Oriente significa contribuire alla costruzione di un ceto responsabile che abbia forti legami con l’Italia nella prospettiva che possa diventare ponte tra l’Europa, il Mediterraneo e l’Africa sia in termini geopolitici che geoeconomici".
Esteri
Trump rivendica: “Messico fermerà migranti”. La...
Conversazione tra il tycoon e Claudia Sheinbaum su migrazione e sicurezza
Donald Trump annuncia l'accordo anti-migranti con il Messico. Che però smentisce la chiusura dei confini. "Ho avuto un ottimo colloquio con la nuova presidente del Messico, Claudia Sheinbaum Pardo, ha accettato di fermare il passaggio dei migranti attraverso il Messico e negli Stati Uniti, chiudendo in modo efficace il confine meridionale", ha scritto Donald Trump su Truth Social, sottolineando che "questo contribuirà notevolmente a fermare l’invasione illegale degli Usa".
A stretto giro arriva però la precisazione di Sheinbaum che in un post su X ha lasciato intendere che il Messico sta già facendo la sua parte e non avrebbe chiuso i suoi confini: "Nella conversazione con Trump ho illustrato la strategia che il Messico ha seguito per affrontare il fenomeno migratorio, nel rispetto dei diritti umani. Ribadiamo che la posizione del Messico non è quella di chiudere i confini ma di costruire un ponte fra i governi e i popoli", si legge.
In un precedente post, la presidente aveva definito "eccellente" il colloquio con Trump, senza fare nessun riferimento alla chiusura delle frontiere di cui ha parlato il presidente eletto. "Abbiamo discusso la strategia del Messico sul fenomeno delle migrazioni ed io ho detto che le carovane non stanno arrivando al confine settentrionale perché ce ne occupiamo in Messico", ha scritto su X, riferendosi alle carovane di migranti che risalgono dal sud e centro America diretti verso il confine degli Usa.
I due hanno parlato pochi giorni dopo che Trump aveva minacciato di imporre nuove tariffe doganali su Canada e Messico nell'ambito del suo impegno per reprimere l'immigrazione illegale e la droga. Sheinbaum, da parte sua, aveva reagito alle minacce del tycoon, dicendosi pronta a passi analoghi.
Tema droga
I due presidenti hanno anche "parlato di quello che si può fare per fermare il flusso massiccio di droga negli Stati Uniti e anche il consumo negli Usa di queste droghe, è stata una conversazione molto produttiva", ha aggiunto Trump.
Riguardo alla droga, la presidente messicana ha detto che con Trump si è discusso di rafforzare la cooperazione contro il traffico e il consumo di fentanyl.