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Affreschi erotici e mitologici, scoperta la Casa di Fedra a Pompei

Alla luce un affresco ben conservato rappresentante il mito di Ippolito e Fedra

Affreschi erotici e mitologici, scoperta la Casa di Fedra a Pompei

Una piccola casa, dalle dimensioni ridotte ma dalle decorazioni estremamente raffinate tra affreschi erotici e mitologici, è stata scoperta a Pompei nel corso delle indagini in atto nel cantiere dell'Insula dei Casti Amanti, nel quartiere centrale della città antica, lungo Via dell'Abbondanza. Grazie al ritrovamento di un affresco ben conservato, rappresentante il mito di Ippolito e Fedra, è stata denominata provvisoriamente Casa di Fedra. Alle pareti anche una rappresentazione di un amplesso tra satiro e ninfa e un quadretto con la coppia divina Venere e Adone.

E' una casa dallo spazio ristretto, senza il tradizionale atrio; una particolarità considerato che, nonostante le piccole dimensioni della dimora, non sarebbe stato impossibile l'inserimento di un piccolo atrio con la classica vasca (impluvio) per la raccolta dell'acqua piovana, tipico nell'architettura delle ricche dimore pompeiane, e che invece in questo caso è assente. Una scelta probabilmente da mettere in relazione con i mutamenti che stavano attraversando la società romana, e pompeiana nello specifico, nel corso del I secolo d.C. e che questo rinvenimento consente di studiare e approfondire. L'abitazione colpisce per l'alto livello delle decorazioni parietali, che non ha nulla da invidiare alla più grande e ricca casa dei Pittori al Lavoro, con la quale confina.

I due ambienti attualmente oggetto di indagini si trovano nella parte retrostante dell'abitazione. Nel primo, oltre al quadretto mitologico con Ippolito e Fedra, le pareti splendidamente decorate in IV stile mostrano altre scene tratte dal repertorio dei miti classici: una rappresentazione di un symplegma (amplesso) tra satiro e ninfa, un quadretto con coppia divina, forse Venere e Adone, nonché una scena, purtroppo danneggiata dalle esplorazioni borboniche, in cui probabilmente si può riconoscere un Giudizio di Paride. Una finestra, a fianco al quadretto con Ippolito e Freda, si apre su un piccolo cortile,dove al momento dell'eruzione del Vesuvio erano in corso lavori edilizi, caratterizzato all'ingresso dalla presenza di un piccolo larario (altare domestico) con una ricca decorazione dipinta a motivi vegetali e animali su fondo bianco.

Il cortile è dotato di una zona coperta che precede una grande vasca con le pareti dipinte di rosso. Intorno correva una canaletta, che consentiva di convogliare l’acqua piovana verso l'imbocco di un pozzo collegato con una cisterna sottostante.

Nella decorazione del larario campeggia nella parte alta un rapace in volo, probabilmente un'aquila, che regge fra gli artigli un ramo di palma, e nella parte inferiore la scena principale composta da due serpenti affrontati, che incorniciano un altare con fusto circolare e scanalato su cui si dispongono le offerte. Si riconoscono da sinistra: la pigna, un elemento sopraelevato che sostiene un uovo, quelli che sembrerebbero essere un fico e un dattero. A riempire il fondo della scena due arbusti con foglie lanceolate e bacche gialle e rosse su cui si muovono tre passeri.

All'interno della nicchia sono statti rinvenuti gli oggetti rituali, lasciati con l’ultima offerta prima dell’eruzione del 79 d.C che distrusse Pompei: un bruciaprofumi in ceramica acroma con lacune antiche e una lucerna, entrambi con evidenti tracce di bruciato. Le analisi di laboratorio hanno consentito di individuare resti di rametti di essenze odorose, mentre due parti di un fico essiccato sono state recuperate alle spalle dei due oggetti. Sul piano dell’altare sono stati ritrovati, inoltre, due listelli in marmi colorati e un terzo elemento, presumibilmente in marmo rosso, con una raffigurazione di un volto riconducibile alla sfera dionisiaca, probabilmente un sileno. Infine, nella parte anteriore dell’altare si sono individuati una base quadrangolare e modanata in marmo, con un alloggio centrale e sulla sinistra un coltello in ferro il cui manico termina con gancio ad occhiello per la sospensione.

Il cantiere in corso presso l'Insula dei casti amanti è oggetto di un complesso progetto - diviso in due lotti differenti - che ha previsto diverse fasi, di cui alcune già conclusesi e che hanno permesso di rendere possibile la fruizione al pubblico del complesso, attraverso un sistema di passerelle sopraelevate. Le diverse fasi hanno interessato: la verifica, progettazione e realizzazione della nuova copertura; gli scavi archeologici; la riprofilatura dei fronti di scavo; la messa in sicurezza degli elevati murari; il restauro delle superfici e degli elementi archeologici.

Attualmente, gli archeologi del Parco stanno operando nel settore nord-est dell’isolato, all'interno di una serie di ambienti con accesso dal vicolo orientale. L'apporto delle indagini in corso sta permettendo di definire sempre più precisamente la sistemazione planimetrica dell'Insula, tanto da consentire di individuare questa nuova unità abitativa.

"È un esempio di archeologia pubblica o, come preferisco chiamarla, archeologia circolare: conservazione, ricerca, gestione, accessibilità e fruizione formano un circuito virtuoso - dichiara il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel -. Scavare e restaurare sotto gli occhi dei visitatori, ma anche pubblicare i dati online sul nostro e-journal e sulla piattaforma open.pompeiisites.org significa restituire alla società che finanzia le nostre attività tramite biglietti, tasse e sponsorizzazioni la piena trasparenza di ciò che facciamo, non per il bene di una ristretta cerchia di studiosi, ma per tutti. L’archeologia deve essere di tutti perché solo così creeremo comprensione verso gli archeologi che lavorano in tutta Italia sui cantieri nell’ambito della cosiddetta archeologia preventiva. Se il cantiere della metro o di una strada ritarda a causa di rinvenimenti archeologici, visitare Pompei e osservare il lavoro di archeologi e restauratori può aiutarci a capire perché vale la pena documentare e salvaguardare le tracce delle generazioni che hanno vissuto prima di noi".

Poche settimane fa anche Alberto Angela è tornato nell'Insula dei Casti Amanti per realizzare un servizio su questi nuovi ambienti. Presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, il servizio andrà in onda in versione integrale su Raiuno sabato 26 ottobre, alle 15,05, circa nella trasmissione "Passaggio a Nord Ovest".

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Cultura

Clima, nuovo paradigma contro stallo: superare dicotomia...

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Clima, nuovo paradigma contro stallo: superare dicotomia natura-cultura sulle orme di Darwin

Un nuovo paradigma per superare lo stallo del dibattito sulla modalità di una presenza sostenibile dell'uomo sul pianeta, quindi anche per affrontare la crisi del clima, viene proposto nel libro "Ripensare l'Antropocene. Oltre natura e cultura" pubblicato da Carocci, frutto della lunga sperimentazione di interazione fra ricerca, didattica e comunicazione messa in atto dalle quattro accademiche dell'Università di Bologna che lo firmano, la storica della scienza Paola Govoni, la biologa e antropologa Maria Giovanna Belcastro, l'ingegnera delle materie prime esperta di tecnologie verdi Alessandra Bonoli e l'antropoga dell'educazione Giovanna Guerzoni.

Come affrontare il surriscaldamento terrestre e geopolitico senza cedere a indifferenza, negazionismo o ansia climatica? Per rispondere a questa domanda, il volume invita "a ripartire dal chiederci chi siamo oltre la dicotomia natura-cultura, per individuare un contesto che ci renda consapevoli che ogni gesto umano -personale, politico, tecnologico-ha un effetto sul pianeta".

La sperimentazione, in cui un ruolo importante lo hanno le questioni politiche e di genere, avviene in dialogo con studentesse e studenti dei Dipartimenti di Biologia, Educazione, Ingegneria e Filosofia dell'Università di Bologna ai quali nel testo si dà spesso la parola. Fra le raccomandazioni, quella di ridurre le aspettative ansiogene che negli ultimi decenni sistemi educativi, economici e sociali sempre più competitivi e valutativi hanno imposto.

'se non possiamo dominare il mondo, non lo possiamo neanche salvare. Dobbiamo imparare a darci dei limiti'

"Se non possiamo dominare il mondo, non lo possiamo neanche salvare. Dobbiamo imparare a darci dei limiti. Questo ci restituirà degli orizzonti utili a rallentare poter affrontare a mente lucida ciò che ci aspetta e che ha colpito anche a sud delle alpi", si sottolinea nel saggio dotato di un approfondito glossario che va da Adattamento a Wasteocene.

Il libro "suggerisce di andare oltre i limiti di una educazione sempre troppo parziale e autoreferenziale: scientifica o tecnologica o sociale o umanistica, e nel solco di una lunga serie di errori educativi che di generazione in generazione abbiamo potuto continuare, alternativamente, ad alimentare l'immagine di scienza e tecnologia come culture della sopraffazione o viceversa come culture detentrici di metodi, modelli, verità e conquiste iniziatrici di rivoluzioni".

"Nel complesso, la sincera convinzione di chi ritiene di poter dominare il mondo e chiunque non sia "io" o "noi" è la conseguenza di un errore di valutazione che, come proponiamo in questo libro, ha origine nell'ignoranza circa dove siamo e chi siamo in termini evoluzionistici, una ignoranza che alimenta una pretesa differenziazione tra le dimensioni natura e cultura", si legge nel libro.

"Potremo così prendere le parti del sistema Terra, praticare la cultura del limite e, rifiutando quella del dominio, ridimensionare i consumi e i toni del dibattito". Ricorrendo a saperi interdisciplinari, indifferenti ai gerghi, ai principi di autorità e ai conformismi di gruppo, le autrici offrono spunti di riflessione a chi, come loro, non trova risposte adeguate nei mondi separati delle scienze naturali, sociali, tecnologiche, umanistiche. La proposta "è quella di individuare autonomamente zone d'interscambio dove applicare i risultati di tante, straordinarie conoscenze per instaurare alleanze paritarie con altri punti di vista, generi e generazioni".

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Cultura

Gli scatti di Gabriele Basilico dedicati a Roma esposti a...

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In mostra dal 12 dicembre fino al 23 febbraio, Borgonzoni: ''Rassegna testimonia importanza che il Mic riserva alla fotografia''

Gli scatti di Gabriele Basilico dedicati a Roma esposti a Palazzo Altemps

Cinquantasei opere che spaziano dai lavori degli anni Ottanta ai progetti più recenti, dal bianco e nero che tanto lo ha reso celebre al colore, insieme a oltre 250 provini originali provenienti dall’archivio del maestro della fotografia italiana. Da domani al 23 febbraio 2025, al Museo Nazionale Romano - Palazzo Altemps, in occasione degli ottant'anni dalla nascita di Gabriele Basilico, sarà aperta al pubblico la mostra 'Gabriele Basilico. Roma', curata da Matteo Balduzzi e da Giovanna Calvenzi. Un omaggio che la Direzione Generale Creatività Contemporanea del ministero della Cultura, diretta da Angelo Piero Cappello, ha inteso offrire al famoso fotografo, scomparso il 13 febbraio 2013. "Una rassegna - spiega Lucia Borgonzoni, sottosegretario alla Cultura con delega alla Fotografia, nel corso della conferenza stampa oggi a Palazzo Altemps - pensata per celebrare il grande maestro e la sua fotografia architettonica e urbana, con particolare riferimento alla sua ricerca visiva su Roma, questa mostra si sofferma sulla poesia e sul rigore della città e degli spazi''. ''L'iniziativa testimonia la grande attenzione che il Ministero riserva alla fotografia - Borgonzoni - investire in misure ed attività che diffondano sempre più la conoscenza di questa potentissima forma d’arte e dei suoi più illustri protagonisti significa non solo valorizzare il patrimonio culturale dell’Italia, rappresentato dalle opere dei nostri grandi fotografi, ma anche promuovere i nuovi talenti. Per questo, oltre a rendere strutturale il fondo per il Piano strategico di sviluppo della fotografia, le arti visive potranno contare anche sulle misure previste dalla legge sul Made in Italy''.

''Questa mostra offre uno spaccato preciso dell’attività di Gabriele Basilico - aggiunge Angelo Piero Cappello - una lettura della Città eterna insieme romantica e freddamente produttiva, lenta come i suoi gatti e frenetica, per accenni, come la sua circolazione automobilistica. Ne viene fuori una cifra stilistica d’autore non solo originale e senza precedenti, 'il Basilico di Roma', ma soprattutto equilibrata e sapiente, insolitamente capace di restituire Roma alla solennità della sua storia pur dentro l'immagine, sfocata, della sua eterna contemporaneità''. Resa possibile dalla collaborazione con il Museo Nazionale Romano, con il Mufoco - Museo di Fotografia Contemporanea e con l’Archivio Basilico, l'iniziativa presenta per la prima volta al pubblico in modo organico le principali ricerche realizzate su Roma dal fotografo milanese, in un dialogo ideale e formale con la natura, l'identità e le opere di Palazzo Altemps. ''Risalente all’epoca del Rinascimento, Palazzo Altemps è una delle quattro, splendide sedi del Museo Nazionale Romano - spiega Edith Gabrielli, Direttrice Generale delegata del Museo Nazionale Romano -. Accogliere qui una mostra su Gabriele Basilico, un grande e riconosciuto maestro della fotografia italiana, è per noi molto significativo. La mostra ribadisce la centralità di Palazzo Altemps nel passato, nel presente e, in tal modo, anche nel futuro dell’arte, italiana e mondiale''.

''In un momento di cambiamento d'epoca che riguarda anche l'arte della fotografia il lavoro di un maestro come Basilico su Roma - continua il presidente del Mufoco - offre suggerimenti su cosa significa guardare il tempo e le forme della civiltà umana. Ne viene da un lato una inquietudine dall’altro, insieme, una sorta di pace. Quella che l'arte offre laddove la sua energia di 'composizione' si oppone di fatto a ogni decomposizione, sinonimo di morte. Basilico anche a Roma compone ed è vitale''. Filo conduttore dell’esposizione è il solido e fecondo legame tra Basilico e la Città Eterna, amata profondamente e a lungo frequentata con continuità per l’intero arco della sua carriera, con venti incarichi professionali ricevuti dal fotografo tra il 1985 e il 2011 che hanno portato alla realizzazione di numerose campagne fotografiche. Nella straordinaria indagine operata da Basilico sulla condizione urbana a livello europeo prima e mondiale poi, l'Urbe ha goduto di un posto speciale. Elementi fondamentali della sua ricerca, quali la stratificazione di epoche e stili diversi, la compresenza di elementi eterogenei, la dialettica tra emergenze monumentali e tessuto edilizio ordinario, il gioco dei volumi e l’equilibrio tra pieni e vuoti, trovano a Roma una sorta di apoteosi, fornendo al fotografo l’opportunità di raccontare una città composita in cui classicità e modernità sono in stretto dialogo.

A Roma, Basilico non sfugge alla sfida della monumentalità che è al contempo millenaria e contemporanea, proponendone una lettura estremamente rispettosa, a volte spettacolare, ma anche articolata e complessa e riuscendo, pur in una delle città più dense di testimonianze artistiche al mondo, a proporre punti di vista nuovi e inaspettati. Particolare attenzione è riservata allo sguardo che il fotografo dedica alla Roma moderna e contemporanea, catturata nelle linee essenziali dell’architettura razionalista e nelle sperimentazioni di grandi nomi come Richard Meier e Renzo Piano. ''La mostra sviluppa una serie di dialoghi che attraversano il tempo e lo spazio - proseguono Balduzzi e Calvenzi (vedova di Basilico, ndr), curatori della rassegna fotografica - a livello di allestimento, nella relazione delle opere di Gabriele Basilico con gli spazi e le collezioni di Palazzo Altemps. All’interno alle immagini del fotografo milanese, nel contrasto tra la monumentalità dell’archeologia e le sperimentazioni architettoniche più recenti. O ancora, e soprattutto, nella tensione tra il senso di eternità che emerge con evidenza dalla stratificazione di edifici, epoche e stili propria della città e la contemporaneità espressa dallo sguardo stesso dell’artista, rigoroso e mutevole, asciutto ed empatico al contempo''. Il percorso espositivo è stato pensato per gli spazi di Palazzo Altemps ed è suddiviso in due nuclei principali collegati da uno snodo di grande valore simbolico.

La prima sala propone le opere fotografiche in un dialogo serrato con l’esposizione permanente del museo e presenta una selezione di immagini realizzate fino agli anni Duemila, in un confronto diretto tra le stampe a parete e quelle esposte in bacheca. I temi spaziano dall’architettura razionalista alla compresenza di architettura civile e monumentale di età romana nel tessuto edilizio della città, fino a diverse sfaccettature del Colosseo. L'ambiente che conduce alle sale successive, che assurge metaforicamente a vero e proprio cuore pulsante della mostra, presenta un focus dedicato all’archivio del fotografo, con 60 fogli originali dei provini a contatto, riportanti i segni di selezione e gli appunti di Basilico, dei sette progetti principali realizzati su Roma, per un totale di oltre 250 immagini. Gli spazi successivi dell’allestimento offrono, infine, una selezione di opere più contemporanee e monumentali, che creano una relazione diretta con lo spazio e i reperti del museo, ordinate secondo temi architettonici o visivi fino all’unico lavoro a colori, che seguendo il corso del Tevere accompagna alla conclusione del percorso espositivo. Amplia e completa il progetto espositivo la pubblicazione bilingue edita da Electa, promossa dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, insieme al Mufoco e all’Archivio Gabriele Basilico e curata da Angelo Piero Cappello, Giovanna Calvenzi e Matteo Balduzzi. Il volume affianca un'accurata documentazione fotografica, ai saggi dei tre autori e all’approfondimento originale di Roberta Valtorta, docente, storica, critica della fotografia, tra le massime conoscitrici dell’opera di Basilico.

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Cultura

Krisis, una rivista per guardare la nostra storia con occhi...

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Domani a Milano un confronto su Jasenovac, la Auschwitz dimenticata dei Balcani

Krisis, una rivista per guardare la nostra storia con occhi diversi

In un certo senso, nei giorni che hanno preceduto e accompagnato il crollo di un regime come quello di Assad, non poteva esserci un momento migliore per la nascita di una testa come 'Krisis', un portale - orgogliosamente 'indipendente - che raccoglie commenti, testimonianze e analisi delle dinamiche globali che stanno ridefinendo l'ordine mondiale. Il motore di questa nuova iniziativa - che non si preoccupa di sfidare alcune delle 'convenzioni' geopolitiche più diffuse, a iniziare da quello sul confronto fra Russia e Occidente - è Elisabetta Burba, giornalista d'inchiesta con oltre 30 anni di esperienza in media italiani e internazionali, già capo degli Esteri di Panorama, oggi docente all’Università Statale di Milano.

Negli articoli della rivista online - raggiungibile su www.krisis.info - c'è la volontà di approfondire non solo gli eventi, ma anche i loro contesti storici, sociali ed economici in un contesto globale sempre più complesso, dove nuovi attori come la Cina e i Brics sfidano l’egemonia occidentale.

La redazione si avvale di un comitato etico-scientifico composto da figure di spicco nel mondo accademico, diplomatico, giornalistico e religioso, dallo storico Gian Giacomo Migone all’economista Jeffrey Sachs. Grazie a collaboratori dai background più diversi, Krisis punta a offrire - senza imporre verità assolute o a priori - una pluralità di prospettive, anche nel ripensare il nostro passato recente.

Un esempio di questo lavoro di 'riscoperta' e rivalutazione è quello su Jasenovac, un campo di concentramento attivo fra il 1941 e il 1945 durante il regime di Ante Pavelic, con il sostegno di italiani e tedeschi. Una pagina vergognosa della storia balcanica sulla quale la 'nuova Croazia' ha operato una attenta rimozione. Ma ignorare Jasenovac, con il suo tragico bilancio (fino a 100 mila vittime secondo alcuni calcoli, fra serbi, ebrei, zingari e musulmani) rende diffficile comprendere alcune delle dinamiche che hanno portato e accompagnato le guerre della ex Jugoslavia. Proprio a questa pagina vergognosa - definita la 'Auschwitz dei Balcani' - Krisis dedicherà un confronto domani, 12 dicembre, alla Casa della Cultura di Milano, moderato dalla stessa Elisabetta Burba e con le testimonianze fra gli altri del fotografo Livio Senigallesi, autore ai tempi della guerra del 1991 di un reportage al museo della memoria di questo genocidio negato, e del reporter Fausto Biloslavo.

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