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Concordato preventivo biennale, patto fiscale alla prova delle cause di decadenza

Il concordato preventivo biennale non sarà immutabile. Chi aderirà al patto con il Fisco dovrà confrontarsi con le cause di decadenza che, in ogni caso, non ridurranno il conto delle imposte dovute

Concordato preventivo biennale, patto fiscale alla prova delle cause di decadenza

L’adesione al concordato preventivo biennale richiede un monitoraggio costante della presenza di successive cause di decadenza.

Dal mancato versamento delle imposte dovute, alla presenza di redditi non dichiarati superiori alla soglia del 30%, sono diverse le casistiche che potranno portare al venir meno del patto con il Fisco.

Un effetto da valutare nel biennio del concordato preventivo biennale e che in ogni caso non ridurrà il “conto” dovuto.

Un’analisi dei casi da attenzionare e delle conseguenze pratiche.

Le cause di decadenza dal concordato preventivo biennale

La data ultima per aderire al concordato preventivo biennale è fissata al 31 ottobre, termine sul quale appare ormai chiuso ogni spiraglio per il rinvio.

Chi è intenzionato a siglare il patto fiscale, che consentirà di accedere anche al ravvedimento speciale, dovrà tener presenti le regole che ex post potranno modificare il piano concordato con l’Agenzia delle Entrate.

La firma del patto con il Fisco non sarà definitiva e secondo quanto previsto dall’articolo 22 del decreto legislativo n. 13/2024 sarà immediata la decadenza dal concordato preventivo biennale in caso di:

accertamento di attività non dichiarate (o inesistenza o indeducibilità di passività dichiarate) superiori al 30 per cento dei ricavi dichiarati;

● presentazione di una dichiarazione dei redditi integrativa che comporti una quantificazione diversa ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini IRAP;

omesso versamento delle imposte dovute a seguito dell’adesione al concordato.

Per quel che riguarda l’ultimo punto, l’omesso versamento delle somme dovute per effetto dell’adesione al concordato preventivo biennale potrà essere regolarizzato mediante ravvedimento operoso, a patto però che non siano “iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati abbiano avuto formale conoscenza.”

Tra le condizioni che inibiscono il ravvedimento vi è anche la ricezione di avvisi bonari da parte dell’Agenzia delle Entrate, fattore che conseguentemente porterà alla decadenza automatica dal concordato.

L’incrocio tra controlli e decadenza

Le ipotesi di decadenza si legano anche alle attività di controllo da parte del Fisco, che non saranno interrotte del tutto nel corso del biennio oggetto di accordo.

Il patto con il Fisco verrà infatti meno in caso di violazioni gravi non solo nel biennio ma anche nei tre anni precedenti all’ammissione al concordato, così come in caso di errata o incompleta comunicazione dei dati ISA che incidono più del 30% sulla determinazione del reddito e, in aggiunta, in caso di mancata presentazione delle dichiarazioni negli anni del concordato.

La possibilità di applicare il concordato si incrocia poi con le verifiche in materia di IVA. Ad esempio, è prevista la decadenza in caso di mancata, errata o tardiva memorizzazione dei corrispettivi per un numero di violazioni pari o superiore a 3, omessa installazione o manomissione dei registratori di cassa telematici o rifiuto di esibire documenti, registri o scritture contabili in caso di accertamento.

Dai debiti superiori a 5.000 euro alle condanne per reati tributari: gli ulteriori casi di decadenza

Il venir meno del concordato preventivo biennale dovrà essere valutato anche monitorando il verificarsi di una delle cause di esclusione.

Se ad esempio dopo l’adesione dovesse verificarsi la presenza di debiti tributari e contributivi di importo superiore a 5.000 euro (non oggetto di rateazione o sospensione), o in caso di condanna per reati tributari gravi, riciclaggio, impiego di denaro di provenienza illecita o autoriciclaggio, verrà meno il patto siglato con il Fisco.

Decadere dal concordato preventivo biennale per pagare meno non sarà possibile

Il venir meno dell’accordo siglato comporterà l’annullamento dei benefici accordati, tra cui il ravvedimento speciale, ma non ridurrà le imposte dovute.

La norma prevede infatti che anche in caso di decadenza restano dovute le imposte e i contributi determinati tenendo conto del reddito e del valore della produzione netta concordati, se maggiori di quelli effettivamente conseguiti.

Nella pratica, se sulla base del reddito concordato le imposte dovute risulteranno più alte rispetto a quelle effettive, basate sul reddito “reale” conseguito nell’anno, sarà in ogni caso necessario versare quanto già stabilito dall’Agenzia delle Entrate.

Effetto decadenza a favore di Erario anche in caso di reddito effettivo superiore: in tal caso il calcolo delle imposte dovute abbandonerà la via del concordato, per tornare a seguire le regole ordinarie.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Economia

Altroconsumo, quantum su reddito imponibile fiscale riduce...

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Il problema vero è capire su quale imponibile vengono calcolati bonus previsto in busta paga

Foto di repertorio - (MILANO - 2005-12-08, Letizia Mantero)

La manovra di Bilancio che è attualmente in discussione, e che potrebbe quindi essere modificata prima dell’approvazione a fine anno, ha ritoccato il taglio del cuneo fiscale, ovvero quanto rimane nello stipendio del lavoratore dopo aver tolto tasse e contributi versati per suo conto dall’azienda. Ma, secondo Altroconsumo, non è tutto oro quello che luccica: passare dalla riduzione dei contributi per la pensione a erogare un quantum sul reddito imponibile fiscale cambia le carte in tavola, riducendo, di fatto, lo stipendio netto.

Per i redditi da lavoro dipendente fino a 20.000 euro l’anno, il bonus in busta paga previsto è una sorta di somma calcolata in rapporto al reddito: 7,1% per i redditi fino a 8.500 euro, 5,3% tra 8.500 e 15.000 e 4,8% da 15.000 a 20.000. Sopra i 20.000 euro si trasforma in una detrazione d’imposta di 1.000 euro che scende fino ad azzerarsi per i redditi sopra i 40.000 euro. Il problema vero è capire su quale imponibile vengono calcolati questi bonus.

Come è noto, ogni lavoratore dipendente possiede una Ral, il reddito lordo annuo, che è stabilito per contratto, e da essa si tolgono prima i contributi per la pensione, poi si applicano imposte e detrazioni. La Ral non è altro che il reddito previdenziale lordo annuo, sul quale fino a quest’anno (2024), per i redditi più bassi, sono applicati degli 'sconti' su quanto devono versare di contributi. In particolare, a oggi, i lavoratori dipendenti con reddito lordo annuo previdenziale fino a 35 mila euro versano il 3,49% di contributi, contro l’ordinario 9,49%; mentre fino a 25 mila euro versano il 2,49% di contributi, contro il contro il 9,49%. La novità è che nel 2025 questa riduzione non ci sarà più. Questa cosa impatta ovviamente anche sul calcolo del reddito imponibile fiscale.

Ad esempio, se nel 2025 il dipendente prende un reddito fiscale di 15.000 euro, è perché ha un reddito imponibile previdenziale di 16.573 euro (16.573 – 9,49% = 15.000). Nel 2024 chi ha un imponibile previdenziale di 16.573 euro, ha un imponibile fiscale di 16.160 euro (16.573 – 3,49% = 16.160), non di 15.000 euro. Allo stesso risultato si arriva se, ad esempio, nel 2024 il dipendente prende un reddito fiscale di 25.000 euro, perché nuovamente entrano in gioco i contributi previdenziali, che faranno ridurre l’imponibile fiscale nel 2025. Quindi un reddito fiscale di 25.000 euro nel 2024 corrisponde a un reddito fiscale di 23.446 euro nel 2025 che equivalgono a una riduzione mensile della busta paga di 4 euro. Non si possono quindi considerare per i conti lo stesso imponibile fiscale, ma si deve partire dallo stesso imponibile previdenziale, altrimenti significa che il lavoratore ha ridotto la propria Ral. In definitiva, chi ha un guadagno reale è chi ha uno stipendio di poco più di 2.000 euro al mese netti, poiché non beneficiava lo scorso anno del taglio dei contributi. Pertanto, chi già nel 2024 aveva una Ral tra 35.001 euro a 40.000 euro otterrà un reale e certo contributo in busta paga, infatti sia nel 2024 che nel 2025 il reddito viene decurtato da contributi previdenziali di uguale importo, portando quindi a un reddito imponibile fiscale invariato.

Il vero conguaglio verrà comunque fatto con la dichiarazione dei redditi e, se il contribuente ne possiede altri oltre quelli da lavoro, si devono rifare nuovamente i conti e ci si può trovare a dover restituire la parte di detrazione ottenuta in busta paga, riducendo ancora di più il reddito netto. Infatti, le variabili sono parecchie perché la manovra di bilancio parla di reddito complessivo e bisogna tener conto della composizione di questo: se sia tutto da lavoro dipendente oppure no.

"Bisogna aprire gli occhi su cosa significhi realmente questa manovra per gli stipendi delle persone ed in particolare sul fatto che saranno proprio i redditi più bassi ad essere intaccati negativamente in quanto è per quelle soglie che i calcoli si tradurranno in una perdita di reddito mensile. Sappiamo bene che i consumatori stanno già facendo grandi sforzi, nel tentativo di far fronte alle spese essenziali, come le bollette, l'alimentazione o le cure. Per molti a fine mese rimane poco, con effetti negativi anche sui risparmi, come confermato dall'ultimo Termometro Altroconsumo, che annualmente fotografa la capacità di spesa degli italiani. Certo la situazione cambia per i redditi superiori a 35.000 euro ma di fronte alla sfida del crescente costo della vita a fronte della diminuzione del potere d'acquisto per un gran numero di italiani, non è un segnale incoraggiante quello che viene dal Governo che sembra non prestare sufficiente attenzione alle fasce più vulnerabili. Auspichiamo che nella fase di discussione parlamentare possano essere messi dei correttivi rafforzando il sostegno delle fasce più deboli, purtroppo allargatesi negli anni, e della loro reale capacità di spesa e consumo", dichiara Federico Cavallo, responsabile Relazioni Esterne di Altroconsumo.

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Economia

Italia-Africa: Lollobrigida incontra omologo Marocco,...

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Oggi, a Rabat, il ministro dell'Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, ha incontrato il ministro dell’Agricoltura della Pesca Marittima, dello Sviluppo Rurale, dell’Acqua e delle Foreste del Marocco, Ahmed El Bouari. Lo comunica una nota del Masaf.

L'incontro, si legge, ha confermato "gli ottimi rapporti tra i Governi delle due azioni e la volontà condivisa di rafforzare ulteriormente la cooperazione attraverso l’insediamento di un tavolo tecnico. Durante il bilaterale, sono state identificate diverse aree di collaborazione, in particolare nella gestione delle risorse idriche. Il Ministro Lollobrigida ha rinnovato l’impegno - continua la nota - a favorire iniziative di cooperazione nel settore della formazione, promuovendo azioni che possano sostenere un modello di immigrazione legale. È stata poi rimarcata l’importanza del Piano Mattei come strumento di integrazione tra Europa, Africa e Mediterraneo, con un’attenzione particolare alla sicurezza alimentare come elemento cruciale per la prosperità delle comunità locali. Il Ministro El Bouari ha ringraziato il Governo italiano, riconoscendone il ruolo di punto di riferimento e apprezzandone l’impegno pragmatico e collaborativo, accettando inoltre l’invito del Ministro Lollobrigida per una prossima visita in Italia", conclude la nota del Masaf.

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Economia

Fava (Inps): “Più occupazione per sistema...

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Ai giovani: "'state lontani da quello nero, aprite subito un conto previdenziale"

Fava (Inps):

"La formazione professionale è uno degli asset su cui costruire il futuro. Attraverso la formazione professionale, erogata nelle sedi regionali di competenza, i giovani impareranno nuove mansioni, nuovi mestieri e riusciranno così a inserirsi più rapidamente nel mercato del lavoro. L’aumento della base occupazionale è l’unica ricetta capace di invertire la tendenza attuale che oggi vede più pensionati che lavoratori. Solo in questo modo riusciremo ad arrivare a un sistema pensionistico sostenibile". Così il presidente Inps, Gabriele Fava, intervenendo durante la seconda giornata di lavori del 36esimo Seminario di formazione europea 'Formare al lavoro per trasformare la vita: il futuro adesso!'. L’incontro, organizzato a Palazzo Lombardia da Ciofs-Fp, il centro italiano opere femminili salesiane - formazione professionale, in collaborazione con Regione Lombardia, Ministero del Lavoro e delle Politiche sociale e Fondimpresa, accende i riflettori sulla formazione al lavoro in tutti i suoi molteplici aspetti. Intervistato a margine del panel ‘Il contributo degli Enti storici della formazione professionale al benessere delle persone, dei territori, delle società’, il presidente Fava sottolinea: “Mi preme molto sollecitare i giovani affinché possano da subito pensare a costruire il loro salvadanaio previdenziale. A trent'anni dalla riforma Dini i giovani si troveranno con il sistema contributivo pieno, vuol dire che prima iniziano ad accumulare i contributi, miglior salvadanaio e quindi pensione si troveranno. Da questo punto di vista - fa sapere - partiremo con una campagna di educazione previdenziale che avrà come principale obiettivo quella di ingaggiare i giovani e di fargli maturare la consapevolezza di pianificare il loro futuro partendo dall'apertura del loro estratto conto previdenziale”, le parole del presidente Fava.

Rivolto ai giovani, Fava sottolinea: "È fondamentale parlare con i ragazzi e fargli maturare la consapevolezza di aprire l’estratto conto previdenziale e quindi stare lontano dal lavoro nero. Bisogna interloquire con i giovani e fargli capire qual è il loro salvadanaio futuro e qual è il percorso per costruirlo ed essere soddisfatti". "Bisogna far capire ai giovani che la formazione continua è fondamentale per costruire il percorso di vita professionale sul quale costruire anche quello personale”.

“Tra le iniziative volte ad aumentare la base occupazionale, mai come in questo momento storico la formazione professionale gioca un ruolo fondamentale, perché consente di favorire l’acquisizione di competenze a una platea di persone, prevalentemente giovani, che non accederebbe ad altri percorsi formativi. Un sistema, quello della formazione professionale, che ha rappresentato per quasi un secolo il fiore all’occhiello del nostro Paese e che deve tornare ad essere centrale nelle politiche attive”. Afferma Fava, che poi aggiunge: “Occorre assicurare opportunità di occupazione regolare, riducendone i tempi di transizione dal sistema di istruzione e formazione al lavoro con misure di politiche attive. La pensione di domani si costruisce con il lavoro di oggi. Per garantire un sistema previdenziale sostenibile, è essenziale agire sul lato delle entrate, utilizzando diverse leve che possano aumentare il numero di lavoratori occupati e migliorare la qualità dell'occupazione, con conseguenti effetti positivi sui salari”. L’obiettivo dell’Inps, ha concluso Fava, è quello di avvicinare chi è ai margini del sistema previdenziale, a cominciare dai giovani e dalle donne, nell’ottica del cosiddetto welfare generativo, partendo dall’attenzione all’estratto conto previdenziale.

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