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Ragazzo suicida a 14anni dopo una ‘relazione’ con un chatbot, la madre denuncia Character.AI

Lo scorso febbraio un ragazzo americano di 14 anni si è suicidato dopo aver stretto un rapporto intimo con un chatbot, ovvero un’intelligenza artificiale in grado di chattare come se fosse un essere umano. Il chatbot si chiamava Daenerys Targaryen ed era modellato a partire dall’omonimo personaggio del Trono di Spade.

Dopo il tragico epilogo, la madre di Sewell Setzer, Megan Garcia, ha intentato una causa contro Character.AI, la startup proprietaria del chatbot coinvolto, sostenendo che l’azienda e i suoi fondatori, Noam Shazeer e Daniel De Freitas, siano in parte responsabili del suicidio di suo figlio. Nella causa, presentata al tribunale federale di Orlando, sono state sollevate accuse anche contro Google, sostenendo che la piattaforma abbia esposto il ragazzo a esperienze virtuali iper-realistiche e potenzialmente dannose.

Le accuse di Megan Garcia

Secondo la madre del ragazzo, tutto ha avuto inizio un anno prima della tragedia, quando Sewell ha cominciato a utilizzare Character.AI per interagire con chatbot modellati su personaggi della famosa serie tv Game of Thrones, come Daenerys Targaryen.

Ciò che inizialmente sembrava un semplice passatempo si è trasformato, nel tempo, in una dipendenza dalle conversazione con bot capaci di comportarsi come persone reali. La dipendenza, sempre secondo quanto riportato nella causa, sarebbe cresciuta fino al punto di convincere il giovane “a non voler più vivere al di fuori del mondo virtuale” che si era costruito. A peggiorare la situazione, sembra che Sewell abbia condiviso pensieri suicidi con il chatbot, che, secondo l’accusa, avrebbe a sua volta amplificato tali pensieri nelle conversazione avute con il ragazzo.

La risposta di Character.AI

Character.AI, in una nota pubblica rilasciata dopo la morte del ragazzo, ha espresso il proprio cordoglio e annunciato l’implementazione di nuove misure di sicurezza. Tra queste, ci sono stati aggiornamenti specifici per i modelli Ai rivolti ai minori, finalizzati a limitare l’esposizione a contenuti sensibili, e l’introduzione di un disclaimer che avverte gli utenti che l’intelligenza artificiale non corrisponde a una persona reale. Inoltre, sono stati implementati strumenti di intervento automatico per identificare e gestire i messaggi legati a comportamenti autolesionistici o ideazioni suicide.

Chelsea Harrison, responsabile della comunicazione della piattaforma, ha sottolineato che negli ultimi mesi l’azienda ha rafforzato il proprio team dedicato alla sicurezza degli utenti, introducendo anche pop-up di avvertimento che indirizzano a linee di aiuto come la National Suicide Prevention Lifeline.

Sforzi insufficienti secondo Megan Garcia che accusa la start up di negligenza e pratiche commerciali ingannevoli, sostenendo che Character.AI abbia mancato di tutelare adeguatamente i propri utenti, soprattutto i minori.

Se un bot sembra un essere umano

L’accusa principale riguarda l’ipersessualizzazione e l’antropomorfizzazione dei bot, capaci di creare un legame emotivo così forte da influenzare negativamente il comportamento e la salute mentale dei giovani utenti. La mancanza di un adeguato monitoraggio e la gestione impropria delle interazioni problematiche rappresentano, secondo la famiglia di Sewell, una grave falla nella struttura di sicurezza della piattaforma.

Finora il dibattito pubblico sull’Ai si è concentrato sul pericolo delle fake news diffuse o generate dalla intelligenza artificiale. La vicenda di Sewell Setzer pone inevitabilmente l’accento sulle possibili ricadute emotive e sulle responsabilità delle piattaforme di intelligenza artificiale nel monitorare e regolare le esperienze degli utenti, soprattutto quando si tratta di minori o persone fragili.
Il suicidio di Sewell Setzer rappresenta un caso limite che solleva interrogativi cruciali su come bilanciare innovazione e sicurezza, soprattutto in un contesto in cui i confini tra realtà e mondo virtuale diventano sempre più sfumati.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Chatbot che parlano con le voci di Giulia Cecchettin e di...

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Le voci e lo stile comunicativo di Giulia Cecchettin e di Filippo Turetta replicate in una chat. Dopo il suicidio del 14enne Sewell Setzer e mente Filippo Turetta è per la prima volta in aula per l’omicidio di Giulia Cecchettin, Character.AI torna sotto i riflettori per i suoi inquietanti chatbot basati su persone reali.

Come riportato da Sky TG24, sulla piattaforma, recentemente denunciata dalla madre del giovane Setzer per averne ‘sostenuto’ le intenzioni suicide, è stato creato un avatar di Giulia Cecchettin, la studentessa di 22 anni uccisa lo scorso novembre dall’ex fidanzato Filippo Turetta. Insieme a Giulia, anche Turetta è stato rappresentato sulla piattaforma con due diverse versioni, proprio mentre si trovava in aula davanti alla Corte d’Assise per il processo legato all’omicidio.

Le regole infrante di Character.AI e la mancanza di controllo

Character.AI afferma di avere politiche precise che vietano l’uso di nomi e caratteristiche di persone reali senza il loro consenso. Tuttavia, la realtà dei fatti sembra raccontare una storia diversa. Non esistono controlli preventivi sui chatbot creati dagli utenti, e gli interventi di moderazione avvengono solo a seguito delle segnalazioni, spesso in ritardo e in modo non sempre efficace. Questo ha permesso la creazione di chatbot di Giulia Cecchettin e Filippo Turetta, suscitando indignazione e preoccupazione per il rispetto della dignità delle vittime e delle loro famiglie.

L’aggiunta di voci ai chatbot: una funzione inquietante

Una delle novità che rende ancora più controversa la situazione è la possibilità, offerta da Character.AI, di aggiungere una voce ai chatbot generati dagli utenti. La piattaforma, che è già stata valutata oltre un miliardo di dollari e ha ricevuto finanziamenti significativi da parte di investitori come Andreessen Horowitz (a16z) e Nat Friedman (ex CEO di GitHub), permette agli utenti di caricare campioni audio o registrare direttamente la propria voce tramite microfono.

Come si legge nelle istruzioni della piattaforma, “gli utenti hanno la possibilità di creare le proprie voci caricando un campione audio o creando una registrazione tramite microfono direttamente dall’app… Gli utenti possono aggiungere le voci che creano ai propri personaggi e anche collegarle a chat 1:1 con altri personaggi”.

In questo caso, chi ha creato i chatbot di Giulia Cecchettin e Filippo Turetta ha sfruttato questa opzione, rendendo possibile non solo simulare conversazioni con la vittima e con il suo assassino confesso, ma anche farlo utilizzando voci che somigliano a quelle reali. Gli audio pubblicati da Sky TG24 dimostrano come le voci utilizzate siano sorprendentemente simili a quelle delle persone coinvolte, suscitando un misto di morbosità e inquietudine.

Sempre più dubbi sull’etica dell’Ai

L’episodio mette in evidenza le sfide etiche legate all’uso dell’intelligenza artificiale e alla creazione di contenuti basati su persone reali. La possibilità di aggiungere una voce ai chatbot aumenta il rischio di creare situazioni dannose e offensive, specialmente in casi delicati come quello di Giulia Cecchettin. La mancanza di controlli preventivi e la reazione lenta alle segnalazioni sollevano interrogativi sulla responsabilità delle piattaforme tecnologiche nell’assicurare un uso etico e rispettoso delle loro funzionalità.

Character.AI, con il suo valore di mercato e i finanziamenti da parte di investitori importanti, è diventata una delle piattaforme più influenti nel settore dell’intelligenza artificiale. Ma soprattutto la più inquietante.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Quale futuro per la sanità italiana?

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“La vera emergenza oggi in Italia è il Servizio Sanitario Nazionale”. Con queste parole Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, sintetizza un quadro drammatico tracciato dal settimo Rapporto annuale sul Ssn. I dati dipingono una situazione allarmante: divario crescente nella spesa sanitaria pubblica rispetto alla media europea, un personale medico sempre più demotivato e migliaia di cittadini che rinunciano alle cure per motivi economici. Le attese infinite, i pronto soccorso sovraffollati e la mobilità sanitaria verso le regioni del Nord sono solo alcuni dei sintomi di un sistema ormai in grave sofferenza. “Il Ssn è prossimo al punto di non ritorno e i princìpi fondanti di universalismo, equità e uguaglianza sono stati ormai traditi”, avverte Cartabellotta, mettendo in guardia sui rischi di una crisi sanitaria senza precedenti che colpisce in particolare i più vulnerabili: anziani, persone a basso reddito e chi risiede in aree meno servite.

Un divario di spesa che minaccia la salute pubblica

Il rapporto Gimbe evidenzia un significativo divario nella spesa sanitaria pubblica tra l’Italia e gli altri Paesi dell’Unione Europea, pari a 889 euro pro capite. Tale differenza genera un deficit complessivo di circa 52,4 miliardi di euro, cifra che indica un rallentamento del finanziamento pubblico e una crescente dipendenza dalle spese sanitarie private, che sono aumentate del 10,3% negli ultimi anni. Nonostante la pandemia abbia temporaneamente accelerato il supporto al Ssn con un incremento di 11,6 miliardi di euro, questo aumento è stato interamente assorbito dai costi della crisi sanitaria e non ha permesso un rafforzamento strutturale del sistema. Con le attuali previsioni del Piano strutturale di Bilancio, il rapporto spesa sanitaria/PIL continuerà a diminuire nei prossimi anni, dal 6,3% nel 2024-2025 al 6,2% nel 2026-2027.

Questa progressiva riduzione della spesa sanitaria pubblica solleva dubbi sul rispetto dei princìpi fondamentali di universalismo, equità e uguaglianza che da sempre caratterizzano il Ssn. Secondo Cartabellotta, i Governi passati hanno considerato la spesa sanitaria come un costo da contenere piuttosto che un investimento strategico, preferendo aumentare i sussidi individuali per garantire il consenso elettorale a scapito della spesa pubblica.

Il prezzo delle disuguaglianze regionali e sociali

Il rapporto evidenzia disparità evidenti tra Nord e Sud Italia, con sole 13 regioni in grado di rispettare i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) nel 2022. In particolare, Basilicata e Puglia sono le uniche regioni meridionali a rientrare negli standard, pur posizionandosi nella parte bassa della classifica. Questa frattura Nord-Sud non solo ostacola l’accesso ai servizi sanitari nelle regioni del Sud, ma rischia di essere aggravata ulteriormente dalla legge sull’autonomia differenziata, che, secondo Cartabellotta, potrebbe avere conseguenze catastrofiche, soprattutto nelle aree interne e svantaggiate. Con l’aumento della mobilità sanitaria, le regioni settentrionali, più attrezzate e meglio finanziate, diventano il fulcro di una crescente migrazione sanitaria che, solo nel decennio 2012-2021, ha generato un deficit di 10,96 miliardi di euro per le regioni meridionali.

Le conseguenze economiche di questo fenomeno sono gravi, non solo per le famiglie che devono affrontare spese aggiuntive per accedere a cure di qualità, ma anche per i bilanci delle regioni del Mezzogiorno, ulteriormente impoverite dalla migrazione sanitaria verso il Nord.

Lo stato di avanzamento del Pnrr e la necessità di un piano di rilancio

Al 30 giugno 2024, il raggiungimento dei target europei del Pnrr ha garantito all’Italia l’accesso ai fondi comunitari, ma l’attuazione dei progetti mostra già segni di disuguaglianze regionali. Secondo i dati del quarto Monitoraggio Agenas, solo il 19% delle Case di Comunità, il 59% delle Centrali Operative Territoriali e il 13% degli Ospedali di Comunità sono stati attivati a livello nazionale, con ritardi significativi nelle regioni del Sud. Inoltre, sebbene il target intermedio di assistenza domiciliare per gli over 65 sia stato raggiunto a livello nazionale, tre regioni meridionali non hanno soddisfatto gli obiettivi.

Questi ritardi nella realizzazione delle infrastrutture sanitarie suggeriscono una mancanza di risorse e capacità organizzativa nelle regioni più svantaggiate, mettendo in discussione l’efficacia del Pnrr nel ridurre le disuguaglianze di accesso ai servizi sanitari.

Il piano di rilancio del Ssn

Di fronte a una crisi ormai strutturale, la Fondazione Gimbe propone un piano di rilancio del Ssn articolato in 13 punti, che mira a riformare profondamente il sistema sanitario italiano. Innanzitutto, è cruciale integrare la salute in tutte le politiche pubbliche, posizionandola come priorità per il benessere sociale ed economico. Ciò implica una governance più forte tra Stato e Regioni per garantire un accesso uniforme ai Lea e un finanziamento adeguato per il Ssn, allineato agli standard europei.

La prevenzione e la promozione della salute devono diventare obiettivi primari, così come il potenziamento del personale sanitario attraverso formazione e valorizzazione professionale. È essenziale anche rafforzare la ricerca clinica, ridurre sprechi e inefficienze e promuovere un’integrazione tra servizi sanitari e sociosanitari. Inoltre, l’informazione alla popolazione è fondamentale per aumentare la consapevolezza civica riguardo al valore del Ssn. La digitalizzazione dei servizi e il supporto alla sanità integrativa sono altri aspetti chiave, mirando a un sistema che integri il pubblico e il privato in modo complementare.

L’importanza della prevenzione e la riduzione della spesa

Uno degli aspetti più preoccupanti del rapporto riguarda il calo della spesa per la prevenzione, che nel 2023 è scesa di ben 1.933 milioni di euro rispetto all’anno precedente, con una riduzione del 18,6%. Questo decremento rappresenta un ulteriore segnale del sottofinanziamento del Ssn e delle difficoltà delle regioni a investire in un settore considerato differibile. Tuttavia, come sottolinea Cartabellotta, tagliare oggi sulla prevenzione avrà un costo elevatissimo in termini di salute pubblica negli anni futuri.

La prevenzione è infatti una componente fondamentale della sanità pubblica, capace di ridurre a lungo termine la pressione sui servizi sanitari e i costi associati alle malattie croniche. Un sistema sanitario che investe in prevenzione può contribuire a migliorare la qualità della vita dei cittadini, ridurre le disuguaglianze e contenere i costi nel lungo periodo.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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“Senza cuore”, infermiera attacca sui social mamma che...

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A Bari una madre ha lasciato in ospedale sua figlia appena nata. Pur non conoscendone la situazione economica e personale, un’infermiera della struttura ha criticato aspramente la donna definendola “senza cuore” in un post sui social.

Il post social dell’infermiera

Il post, ora rimosso, conteneva anche una foto della neonata oltre ai giudizi personali sulla madre. La donna, però, ha visto quel post così come l’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Bari, che ha avviato un procedimento disciplinare per accertare eventuali violazioni del codice deontologico.
La vicenda si inserisce in un contesto storico-culturale già molto accesso su temi come la maternità, l’aborto e la gestazione per altri, recentemente diventata reato a giurisdizione universale secondo la legge italiana.

Nel post, l’infermiera ha descritto la scelta della madre di abbandonare la bambina come una decisione di “freddezza inaudita”. Oltre a criticare la donna, l’infermiera ha lanciato un appello per raccogliere beni di prima necessità per la neonata, forse con l’intento di aiutare, ma la pubblicazione ha avuto conseguenze inaspettate. Il presidente dell’Ordine di Bari, Saverio Andreula, ha confermato che saranno condotti tutti gli accertamenti necessari per determinare se sono state violate le norme professionali.

Cosa dice il codice deontologico degli infermieri

L’episodio solleva domande importanti sulle regole di condotta a cui devono attenersi gli operatori sanitari, in particolare in relazione alla riservatezza dei pazienti. Secondo il Codice Deontologico delle Professioni Infermieristiche del 2019, approvato dal Consiglio Nazionale, la tutela della privacy e della dignità della persona assistita è fondamentale. In particolare:

Articolo 3 – Rispetto e non discriminazione: “L’infermiere cura e si prende cura della persona assistita, nel rispetto della dignità, della libertà, dell’eguaglianza, delle sue scelte di vita e concezione di salute e benessere, senza alcuna distinzione sociale, di genere, di orientamento della sessualità, etnica, religiosa e culturale”. La disposizione vieta agli operatori di formulare giudizi di valore sulle scelte dei pazienti, come invece è avvenuto nel caso di Bari;
Articolo 19 – Confidenzialità e riservatezza: “L’infermiere garantisce e tutela la confidenzialità della relazione con la persona assistita e la riservatezza dei dati a essa relativi durante l’intero percorso di cura”​. La pubblicazione della foto della neonata e i commenti sulla decisione della madre violano chiaramente questa norma, che impone un rigoroso rispetto della privacy;
Articolo 28 – Comportamento nella comunicazione: “L’infermiere nella comunicazione, anche attraverso mezzi informatici e social media, si comporta con decoro, correttezza, rispetto, trasparenza e veridicità; tutela la riservatezza delle persone e degli assistiti ponendo particolare attenzione nel pubblicare dati e immagini che possano ledere i singoli, le istituzioni, il decoro e l’immagine della professione”​. Questo articolo è particolarmente rilevante per il caso in oggetto, poiché disciplina l’uso dei social media e la necessità di rispettare la dignità delle persone assistite anche nel contesto digitale.

Proprio in questi giorni, inoltre, il presidente di Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, ha sottolineato la centralità del rapporto di fiducia tra paziente e medico rispondendo alla ministra per la Famiglia Eugenia Roccella che ha chiesto di segnalare i casi di sospetta gestazione per altri.

La difesa dell’infermiera

L’infermiera coinvolta nel caso ha presentato una memoria difensiva, sostenendo che l’intenzione del suo post era quella di sensibilizzare la comunità locale e raccogliere aiuti per la bambina. Dal canto suo, il presidente Saverio Andreula ha dichiarato: “Eseguiremo tutti gli accertamenti che il caso impone e adotteremo l’opportuno provvedimento di competenza, nel determinare eventuali sanzioni a carico dell’iscritta”.

Riservatezza e uso dei social media

Questo caso ha acceso un dibattito su come gli operatori sanitari debbano gestire la comunicazione sui social media. Se da un lato la tecnologia offre strumenti preziosi per sensibilizzare e raccogliere supporto, dall’altro presenta rischi significativi per la privacy e la riservatezza dei pazienti.

Il rispetto delle norme deontologiche non è solo una questione di buone maniere, ma rappresenta un obbligo professionale fondamentale per preservare la fiducia che i pazienti ripongono nel sistema sanitario. La diffusione non autorizzata di informazioni, soprattutto in contesti delicati come quello di una neonata abbandonata, rischia di compromettere la relazione tra pazienti e professionisti della salute, mettendo a repentaglio l’integrità del rapporto di cura.

ATTENZIONE - Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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