Israele, attacco a Iran: “Raid su obiettivi militari”. Esplosioni a Teheran
Le Idf: "Raid di precisione contro obiettivi militari". Casa Bianca: "Sono azioni di difesa". Teheran: "Danni limitati"
Israele ha colpito l'Iran. Le forze di difesa israeliane (Idf) oggi 26 ottobre hanno compiuto raid aerei in risposta all'attacco missilistico condotto dall'Iran il primo ottobre e a tutte le azioni che Teheran ha compiuto dal 7 ottobre 2023. L'attacco israeliano, condotto con oltre 100 caccia e articolato in due ondate nell'arco di circa 5 ore, ha preso di mira obiettivi militari e ha coinvolto anche l'area di Teheran: nel mirino basi, impianti di produzione di missili e sistemi di difesa aerea.
L'annuncio
"In risposta a mesi di continui attacchi dal regime iraniano contro lo Stato di Israele, sono in corso bombardamenti mirati su obiettivi militari in Iran da parte delle forze di difesa israeliane", l'annuncio del portavoce delle Idf, Daniel Hagari attorno all'1 italiana.
"Il regime iraniano e i suoi alleati nella regione attaccano incessantemente Israele dal 7 ottobre – su sette fronti – anche con attacchi diretti dal suolo iraniano". In questo contesto, "come ogni altro Paese sovrano al mondo, lo Stato di Israele ha il diritto e il dovere di rispondere. Le nostre capacità difensive e offensive sono pienamente mobilitate. Faremo tutto il necessario per difendere lo Stato di Israele e il popolo di Israele".
L'attacco è stato approvato all'unanimità dal gabinetto di sicurezza. Durante i raid, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha seguito le operazioni da un bunker nella base militare di Kirya, a Tel Aviv, con il ministro della Difesa Yoav Gallant, come mostrato da una foto diffusa dall'ufficio del premier.
Missione compiuta
Attorno alle 5 ora italiana, le 6.30 di Teheran, Israele ha dichiarata conclusa l'azione. Le Idf hanno reso noto di aver completato attacchi aerei "precisi e mirati" su obiettivi militari. "L'attacco di rappresaglia è stato completato e la missione è stata portata a termine", hanno affermato le Idf. "I nostri aerei sono tornati a casa sani e salvi".
L'aeronautica militare ha colpito "impianti di produzione di missili" che, a suo dire, erano stati utilizzati per produrre i missili che l'Iran ha lanciato contro Israele nell'ultimo anno. Colpite "schiere di missili terra-aria e ulteriori capacità aeree iraniane, che avevano lo scopo di limitare la libertà di operazione aerea di Israele in Iran".
"Ora posso confermare che abbiamo concluso la risposta israeliana agli attacchi dell'Iran contro Israele", ha affermato Hagari. "Abbiamo condotto attacchi mirati e precisi su obiettivi militari in Iran, sventando minacce immediate allo Stato di Israele. Le Forze di difesa israeliane hanno portato a termine la loro missione", ha affermato. Se l'Iran dovesse iniziare "un nuovo ciclo di escalation", Israele sarà "obbligato a rispondere".
"Il nostro messaggio è chiaro: tutti coloro che minacciano lo Stato di Israele e cercano di trascinare la regione in un'escalation più ampia pagheranno un prezzo elevato", ha affermato. "Abbiamo dimostrato oggi di avere sia la capacità che la determinazione per agire con decisione e siamo preparati all'attacco e alla difesa, per difendere lo Stato di Israele e il popolo di Israele".
Teheran: "Danni limitati"
L'Iran, all'alba, ha denunciato "danni limitati". L'agenzia Irna ha riportato che Israele "ha attaccato parti di centri militari nelle province di Teheran, Khuzestan e Ilam". L'offensiva "è stata intercettata e contrastato con successo" dal "sistema di difesa aerea integrato" di Teheran.
La rappresaglia, secondo una fonte militare israeliana interpellata dalla Cnn, non ha colpito le infrastrutture energetiche iraniane ma "obiettivi che potrebbero averci minacciato in passato o che potrebbero minacciarci in futuro", ha detto un funzionario alla Nbc.
La cronaca dell'attacco
L'Iran ha chiuso il suo spazio aereo con un provvedimento valido fino alle 9 del mattino locali. A Teheran, a partire dall'1 italiana (le 2.30 locali), sono state avvertite almeno 6 esplosioni. Secondo l'agenzia iraniana Fars, sono state prese di mira diverse basi militari nell'area della capitale mentre per l'agenzia Tasnim non sono state segnalati esplosioni o incendi nella principale raffineria a sud di Teheran.
Nel corso della notte, attorno alle 2.30 italiane, la situazione nei due aeroporti di Teheran è tornata "normale" secondo la tv di Stato: "L'attività all'aeroporto internazionale Imam Khomeini e all'aeroporto Mehrabad è normale e i voli continuano come da programma".
L'emittente Press Tv, citando fonti della sicurezza, ha affermato che "diverse esplosioni" udite nella capitale sono state provocate dall'attivazione dei sistemi di difesa aerea.
Attorno alle 3 della notte italiana, il canale israeliano News 12 ha annunciato una "seconda ondata" di raid, concentrati anche sulla città di Shiraz, nel centro-sud dell'Iran. Alle 4 italiane, le 5.30 circa in Iran, di nuovo in azione le sirene antiaeree a Teheran.
Nella notte italiana, nuovo raid israeliano su Beirut: almeno 6 morti nella capitale del Libano. Sarebbero 7 i feriti, secondo quanto riferisce il governo libanese dopo l'attacco aereo.
Segnalate esplosioni anche in Siria, a Damasco e nella città di Homs.
Casa Bianca: "Raid Israele sono azioni di difesa"
Gli attacchi di Israele all'Iran sono "autodifesa". Lo afferma la Casa Bianca. "Comprendiamo che Israele stia conducendo attacchi mirati contro obiettivi militari in Iran come esercizio di autodifesa e in risposta all'attacco missilistico dell'Iran contro Israele il 1° ottobre", ha detto Sean Savett, portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca. "Vi rimandiamo al governo israeliano per ulteriori informazioni sulla loro operazione", ha concluso.
Gli Stati Uniti non hanno preso parte ai raid contro l'Iran, come ha affermato un alto funzionario dell'amministrazione del presidente Joe Biden citato dalla 'Cnn'. La Casa Bianca, riferisce Fox News, è stata informata da Israele pochi minuti prima dell'attacco.
Esteri
Ucraina-Russia, Kim produce altri missili per Putin
Le immagini satellitari documentano lo sforzo di Pyongyang per aumentare la produzione di armi utilizzate da Mosca
Dopo le munizioni e i soldati, Kim Jong-un promette altri missili a Vladimir Putin. Il sostegno della Corea del Nord alla guerra che la Russia sta conducendo da oltre 1000 giorni contro l'Ucraina è sempre più ampio e sale di livello. Da oltre un anno, Pyongyang fornisce munizioni e artiglieria alle forze armate russe. Da circa un mese, migliaia di militari nordcoreani combattono accanto ai russi nella regione di Kursk, invasa sin da agosto dall'Ucraina.
I missili di Kim per Putin
La Corea del Nord adesso lavora per ampliare un impianto utilizzato per la fabbricazione di missili impiegati dalla Russia. E' quanto emerge da una ricerca di un think tank con sede negli Stati Uniti rilanciata dalla Cnn, da immagini satellitari che indicano come i nordcoreani stiano 'allargando' uno stabilimento nella città di Hamhung con la costruzione di un secondo edificio per l'assembleggio finale dei missili e di alloggi per i dipendenti. Tutto mentre continua a rafforzarsi l'asse Mosca-Pyongyang e mentre arrivano le notizie su una visita in Corea del Sud del ministro ucraino della Difesa in cerca di aiuti per Kiev.
Secondo i ricercatori del James Martin Center for Nonproliferation Studies del Middlebury Institute of International Studies, il sito in questione fabbrica sia missili Kn-23 (Hwasong-11A e la Russia, evidenzia la rete americana, ne ha lanciati circa 60 quest'anno contro l'Ucraina) che missili Kn-24 (Hwasong-11B). Qui è stato spesso in visita il leader nordcoreano Kim Jong-un. I nordcoreani lo chiamano 'Stabilimento 11 Febbraio'.
"Sembra sia un tentativo di aumentare la capacità su questa linea di produzione", ragiona con la Cnn Sam Lair del Center for Nonproliferation Studies, che racconta come la 'crescita' dell'impianto sia iniziata nel 2020 e come il nuovo edificio, probabilmente per l'assemblaggio dei missili, indichi che "non stanno solo migliorando un elemento della linea di produzione, ma piuttosto stanno cercando di ampliarla".
Le foto satellitari
Secondo Lair, che si basa sull'analisi di immagini satellitari di ottobre di Planet Labs, la Corea del Nord starebbe anche aumentando la forza lavoro. "Appena fuori dal perimetro di sicurezza dell'impianto, vediamo quelli che sembrano essere nuovi appartamenti in costruzione - dice - Nelle immagini satellitari vediamo le fondamenta". Il sito, sottolinea, fa parte del complesso Ryongsong Machine Complex che fabbrica anche armamenti per i militari nordcoreani.
I media ufficiali nordcoreani avevano immortalato qui Kim durante una visita dell'agosto 2023, ma quelle immagini - evidenzia la Cnn - sono sparite dalle pagine dei siti web nordcoreani. E intanto Kim continua a insistere sul potenziamento dell'arsenale del Paese eremita. Dall'inizio di quest'anno, secondo le denunce delle autorità ucraine raccolte dalla rete americana, gli attacchi con missili nordcoreani hanno fatto almeno 28 morti e 213 feriti. Nel mirino di attacchi missilistici, gli ucraini affermano che un terzo degli armamenti utilizzati dai russi per colpire il loro Paese sono nordcoreani.
Ucraina-Corea del Sud, contatto
Intanto, scrive l'agenzia Yonhap, il ministro ucraino della Difesa Rustem Umerov, alla guida di una delegazione scelta per i colloqui con il presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol, mantiene il riserbo dopo le indiscrezioni su una presunta richiesta di aiuti militari alla Corea del Sud. E l'ufficio di Yoon conferma un incontro con la delegazione ucraina guidata da Umerov per condividere informazioni d'intelligence sulla "crescente cooperazione militare" tra Russia e Corea del Nord, con il conflitto in Ucraina che va avanti da oltre mille giorni, innescato dall'invasione russa avviata il 24 febbraio di due anni fa.
Esteri
Ue, von der Leyen bis in carica con 370 voti: minimo...
La maggioranza è del 53,77% sui voti espressi, la più bassa di sempre. Il voto sulla Commissione 'spappola' i gruppi parlamentari
Malgrado le trattative febbrili della vigilia, la Commissione von der Leyen bis non ha raggiunto la soglia dei 401 voti a favore, quelli che aveva preso la presidente poco più di tre mesi fa. Il pallottoliere a Strasburgo ieri si è fermato ben al di sotto: il nuovo esecutivo Ue è stato eletto dal Parlamento Europeo con 370 voti a favore, 282 contrari e 36 astenuti, su 688 votanti. La maggioranza è del 53,77% sui voti espressi, la più bassa di sempre, e appena del 51,46% se la si calcola sul numero dei componenti dell’Aula (719). Si tratta però di calcoli che lasciano il tempo che trovano, poiché bastava la maggioranza relativa, cioè un voto favorevole in più di quelli contrari (gli astenuti sono ininfluenti).
E’ un fatto politico, tuttavia, che dal 18 luglio scorso ad oggi, dopo l'apertura all'Ecr avvenuta nel frattempo, il collegio scelto dalla presidente rieletta ha preso ben 31 voti in meno. Trecentosettanta voti a favore sono il minimo storico, da quando la Commissione viene eletta dal Parlamento. La von der Leyen uno era stata approvata con 461 voti a favore, 157 contrari e 89 astensioni, nel novembre del 2019. Il numero di voti favorevoli ricevuti ieri è il più basso mai registrato: la Commissione Santer nel 1995 aveva ottenuto 417 sì; il collegio guidato da Romano Prodi ne aveva presi 510; la Barroso uno 478, la Barroso due 488, la Commissione Juncker 423.
Il voto sul von der Leyen bis 'spappola' i gruppi parlamentari
Come se non bastasse, il voto sulla nuova Commissione ha spaccato molti gruppi parlamentari, che si sono “spappolati”, secondo la definizione dell’eurodeputato Cinquestelle Gaetano Pedullà. Il Ppe ha votato massicciamente a favore, inclusi gli italiani di Forza Italia, ma ha perso il Pp spagnolo, impegnato in una ‘corrida’ contro la vicepresidente Teresa Ribera, del Psoe, e gli sloveni dell'Sds, il partito dell’ex premier Janez Jansa, che hanno votato contro, più 2 astenuti. Il grosso dei Socialisti e Democratici ha votato a favore della nuova Commissione, incluso il Pd, ma il gruppo ha registrato 25 contrari (tra cui due indipendenti eletti con il Pd, Cecilia Strada e Marco Tarquinio) e ben 18 astenuti.
Compatti i Patrioti, che hanno votato tutti contro, inclusa la Lega e gli ungheresi di Fidesz. Tutti no anche dai membri della Left, inclusi gli italiani del M5S e di Avs. Si sono schierati per il no anche i deputati dell'Europa delle Nazioni Sovrane, il gruppo di Alternative fuer Deutschland, la destra della destra. I Liberali di Renew hanno votato massicciamente a favore, con sei astenuti. I Conservatori dell'Ecr, come annunciato dal copresidente Nicola Procaccini che ha confermato la libertà di voto per i suoi eurodeputati (come era avvenuto nel 2019), si sono divisi: tra i favorevoli Fratelli d'Italia, i belgi dell'N-Va e i cechi dell'Ods; tra i contrari i polacchi del Pis; si contano anche 4 astenuti. Tra i Conservatori, sono più gli eurodeputati che hanno votato contro (39) la nuova Commissione rispetto a quelli a favore (33).
Spaccati i Verdi: tra i 27 favorevoli spiccano i Gruenen tedeschi, prima delegazione del gruppo; tra i contrari, una ventina, figurano anche gli italiani Ignazio Marino, Benedetta Scuderi e Leoluca Orlando. Ci sono anche sei astenuti. I voti di una stretta maggioranza degli ecologisti sono arrivati dopo che Ursula von der Leyen ha annunciato di aver nominato l’ex copresidente del gruppo Philippe Lamberts come proprio consulente per il Green Deal.
Il voto dalla prospettiva italiana
Guardando al voto attraverso il prisma della politica italiana, che a queste latitudini può risultare ingannevole perché nel Parlamento Europeo le dinamiche sono diverse da quelle nazionali, si sono spaccate sia la maggioranza che l’opposizione. Nella prima, Fdi e Fi hanno votato sì, la Lega no; nella seconda, il Pd ha votato sì, tranne due indipendenti, gli altri hanno votato contro. Sia il capodelegazione di Fdi Carlo Fidanza che quello del Pd, Nicola Zingaretti, hanno negato che i voti contrari alla Commissione espressi, rispettivamente, dalla Lega e dal M5S costituiscano un problema politico per i rispettivi partiti. Von der Leyen, dopo il voto, ha fatto buon viso a cattivo gioco: oggi, ha detto, “è un buon giorno per l’Europa. Il voto dimostra che il centro tiene”. Per Letizia Moratti, di Forza Italia, non ci sono “rischi di instabilità” per la nuova Commissione e i numeri sono imparagonabili con quelli di cinque anni fa perché “il mondo sta cambiando rapidamente”.
Di fatto, però, la maggioranza è uscita numericamente indebolita dall’apertura all’Ecr decisa da Manfred Weber, leader del Ppe, e assecondata da Ursula von der Leyen, con la nomina a vicepresidente esecutivo di Raffaele Fitto. Ciò nonostante, c’è chi sostiene che l’obiettivo dell’operazione non sia numerico, bensì eminentemente politico: quello di dividere le destre, sottraendo a quel fronte una parte dell’Ecr, quella al governo e quindi dialogante per definizione, oggi costituita da Fratelli d’Italia, dai cechi dell’Ods e dall’N-Va, che dovrebbe arrivare al potere in Belgio con Bart de Wever. E’ anche un fatto, come ha ricordato Nicola Procaccini, copresidente dell’Ecr, che nel Parlamento Europeo “non ci sono vincoli di maggioranza”, dato che le maggioranze si formano di volta in volta sui singoli dossier.
Fitto, anche ieri attaccato ripetutamente in Aula da sinistra, ha affermato via social che ora occorre "lavorare" in modo unitario, per il bene dell'Ue. Il capodelegazione del Pd Nicola Zingaretti, dal canto suo, si è augurato un “radicale ripensamento” della strategia da parte di Manfred Weber, visto che la maggioranza, anziché allargarsi, si è ristretta, perdendo molti pezzi per strada. Il politico bavarese ha rivendicato in Aula la sua strategia, definendo AfD, Fidesz e il Rassemblement National dei “nemici politici”, e promettendo che non permetterà loro di distruggere “la mia Europa”. E’ un fatto, comunque, che nel Parlamento uscito dalle europee dello scorso giugno la destra pesa eccome e condiziona il processo legislativo: Zingaretti ha invitato a ricordare sempre che nell’Aula ci sono “duecento” deputati “di estrema destra”, che si fanno sentire.
E continueranno a farsi sentire, ha assicurato Carlo Fidanza, capodelegazione di Fdi: “Giocheremo la nostra partita su ogni singolo dossier, perché sappiamo che i numeri qui dentro sono cambiati”, ha detto. "I programmi, le lettere di missione, tutto quello che è stato fino ad oggi non dico che è come se non esistesse più, ma rimane un punto di riferimento che dovrà calarsi nella realtà democratica di un'Aula che ha dei numeri diversi”. E Procaccini, chiudendo un punto stampa dopo il voto, non ha nascosto la propria soddisfazione: “Andiamo a fare un brindisi: ce lo siamo meritato”, ha detto ai membri della sua delegazione.
Esteri
Italia-Francia, celebrato terzo anniversario Trattato...
Il 'Trattato di cooperazione rafforzata tra la Repubblica francese e la Repubblica italiana' ha l'obiettivo di definire un quadro stabile per la cooperazione tra i due Paesi in diversi settori:
Le università Luiss Guido Carli e Sciences Po, in collaborazione con The European House – Ambrosetti e con la Cattedra BNL - BNP Paribas 'Relazioni italo-francesi per l'Europa', hanno celebrato oggi il terzo anniversario del Trattato del Quirinale all’Ambasciata di Francia in Italia, a Palazzo Farnese.
Firmato a Roma il 26 novembre 2021, il 'Trattato di cooperazione rafforzata tra la Repubblica francese e la Repubblica italiana' ha l'obiettivo di definire un quadro stabile per la cooperazione tra i due Paesi in diversi settori: dagli affari esteri ed europei alla sicurezza e difesa, dalle politiche migratorie alla cooperazione economica, industriale e digitale, dalla governance dello spazio alla formazione, ricerca e innovazione. Nell’ambito del Trattato, sono stati citati i Dialoghi italo-francesi per l'Europa: iniziativa accademica lanciata nel 2018 da Luiss e Sciences Po in collaborazione con The European House Ambrosetti, come esempio positivo e modello di promozione della cittadinanza europea.
“In un momento di crescenti tensioni geopolitiche, celebrare l’anniversario del Trattato del Quirinale, che rafforza la cooperazione tra Italia e Francia nella promozione dei valori condivisi di pace, libertà, rispetto dei diritti e sviluppo socioeconomico, assume un significato di particolare rilevanza”, ha dichiarato la professoressa Paola Severino, Presidente della Luiss School of Law. “La Luiss è impegnata in prima linea nel formare una nuova generazione di leader europei, consapevoli e responsabili, come dimostra la promozione dei Dialoghi italo-francesi per l’Europa con Sciences Po. Iniziative come questa testimoniano la vitalità e l’importanza di questo percorso comune”, ha continuato.
“Il Trattato del Quirinale è molto più di un simbolo. È uno strumento per collaborazioni concrete, non solo per i nostri due paesi ma per l’Europa, che resta la nostra bussola e dove abbiamo interessi convergenti. A tal riguardo, l’evento di oggi è molto significativo: mira proprio a far dialogare le forze vive dei nostri paesi su un tema decisivo per il nostro futuro comune”, ha sottolineato l’Ambasciatore francese, Martin Briens.
“Di fronte alle ‘fratture’ - ecologica, digitale e geopolitiche - del mondo contemporaneo, la cooperazione universitaria tra la Francia e l’Italia è un asset indispensabile in Europa”, ha affermato Luis Vassy, Direttore di Sciences Po. “I Dialoghi del Trattato del Quirinale sono una dimostrazione di questa ambizione. Ringrazio i partner impegnati al nostro fianco in questo progetto, Luiss e The European House - Ambrosetti, con i quali condividiamo i valori di eccellenza e l’obiettivo di formare dei cittadini consapevoli perché siano i protagonisti del mondo di domani”.
Nel corso dell’evento dal titolo: 'Il Trattato del Quirinale e la competitività delle imprese nell’era della transizione ecologica', si sono articolate due sessioni di lavoro dedicate a tematiche di grande attualità: da una parte, la transizione energetica e il suo impatto sui mercati, dall’altra le competenze e la centralità del sistema dell’istruzione per la formazione professionale. L’incontro è stato aperto dai messaggi del Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, del Presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, seguiti dai saluti dell’Ambasciatore di Francia in Italia, Martin Briens, dell’Ambasciatrice d'Italia in Francia, Emanuela d’Alessandro, del Presidente della Luiss, Luigi Gubitosi e del Direttore di Sciences Po, Luis Vassy.
Le due tavole rotonde hanno visto la partecipazione di esponenti dal mondo accademico e delle imprese, impegnati nel proficuo dialogo tra Italia e Francia nei rispettivi ambiti: Stefano Buono, CEO di Newcleo, Marc Lazar, Professore emerito di Sciences Po e titolare della cattedra BNL-BNP Paribas “Relazioni franco-italiane in Europa” alla Luiss, Stefano Manzocchi, Professore di Economia Internazionale e Prorettore per la Ricerca della Luiss, Lorenzo Mottura, Executive Vice President Strategy, Corporate Development & Innovation, Edison, Paola Severino, Presidente Luiss School of Law. All’evento, concluso dall’intervento del Rettore della Luiss Paolo Boccardelli, sono state coinvolti anche i rappresentanti degli studenti e degli Alumni dei due Atenei.