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Report, puntata in anteprima a P.Chigi? Arriva la smentita: “Non lo vediamo in onda, figurarsi in anticipo”

Fonti del governo dopo le indiscrezioni di stampa: "Assurdo che si sia costretti a smentire l'ennesima notizia inventata, ora l'Usigrai ne chieda conto"

Palazzo Chigi - Fotogramma

"È assurdo che si sia costretti a smentire l'ennesima notizia inventata dalla stampa, segnatamente dal Fatto Quotidiano che oggi, 27 ottobre, ha scritto che Palazzo Chigi sarà informato in anticipo sui contenuti della puntata di Report in onda stasera. Tranquillizziamo l'Usigrai: Report non lo vediamo in onda, figuriamoci in anteprima, e di domenica, a Palazzo Chigi". Così fonti di P.Chigi in una nota.

"Ora però ci aspettiamo dall'Usigrai - proseguono le stesse fonti -, uno dei sindacati dei giornalisti del servizio pubblico, che crediamo abbia a cuore la credibilità della categoria, chieda conto di questa menzogna scritta da alcuni colleghi della carta stampata".

La nota dell'Usigrai

Prima della smentita il sindacato Rai aveva chiesto una smentita alla Rai. "Report visionato a Palazzo Chigi prima della messa in onda? La Rai smentisca", si leggeva nella nota. "Solo nella tv di stato di un Paese illiberale potrebbe accadere una cosa del genere. Per questa ragione, a tutela dell'autonomia e indipendenza del servizio pubblico, ci aspettiamo una ferma smentita di quanto riportato dai quotidiani circa l'eventualità che la puntata di Report che andrà in onda stasera sia portata in visione, dal direttore degli Approfondimenti, Corsini, a Palazzo Chigi prima della sua messa in onda. La Rai in crisi di ascolti e di risorse ha bisogno di un vertice in grado di rilanciarla e non di dirigenti che rispondano a questo o quel partito prima che ai cittadini che pagano il canone".

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Politica

In Senato si lima regolamento per cani e gatti, intanto è...

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A casa Rosa, al Portuense, via vai di politici che seppelliscono i loro amici a quattro zampe, il primo fu Mussolini con la gallina dei figli

In Senato si lima regolamento per cani e gatti, intanto è boom di richieste per cimitero animali Roma

Si accelera in Senato per il via libera agli animali da compagnia -cani e gatti, almeno per il momento- che verranno dotati di passi per gli uffici di Palazzo Madama. I questori Nastri, De Poli e Meloni martedì tornano a riunirsi, cercando di trovare la formula che accontenti tutti. Ma, al di là dei necessari dettagli, pare che la Politica non possa e non voglia rinunciare ad avere al fianco, anche nei Palazzi, il proprio amato cagnolino o gattino. "Non mi stupisce affatto questa novità, sapesse quanti sono i politici, anche senatori, che sono mie clienti, ieri uno di loro è venuto a trovare il suo animale che sta qui da un po' di tempo... .", dice all'AdnKronos Luigi Molon, 76enne proprietario di Casa Rosa, dimora nella zona del Portuense a Roma, l'unico cimitero italiano autorizzato alla sepoltura degli animali, con tanto di nome e lapide. Nella struttura, il veterinario oggi in pensione, ospita un migliaio di spoglie degli amati quattro zampe.

"Negli ultimi dieci anni è stato un boom di politici che sono arrivati per poter dare sepoltura a cani e gatti", spiega. "Ce ne sono alcuni -racconta- che vengono almeno una volta al mese a trovare chi hanno lasciato qui, spesso tra le lacrime". Nomi non se ne fanno. "E' una forma di privacy che voglio tutelare", replica, chiedendo di non insistere. Ma sui numeri Molon non si tira indietro: "C'è un politico che ha fatto seppellire 22 tra cani e gatti, un altro ne ha poi quattro....", dice in un elenco che non si ferma alle dita di una mano.

Negli anni tanti sono stati i cani e gatti dei vip della politica a trovare l'eterno riposo qui. La prima sepoltura fu però pre-repubblicana, di regime: "Nel '23 -ricorda Molon- mio padre Antonio, che era il veterinario di Mussolini, si occupò di tumulare la gallina del Duce, con cui giocavano i figli Romano, Vittorio e Bruno". Sempre a Casa Rosa, riposano in eterno i cani di Casa Savoia. Poi non mancarono i presidenti della Repubblica, come Leone e Pertini: il primo lasciò qui gli amati gatti, l'ex partigiano invece il suo barboncino gigante di nome Trick. A Casa Rosa vengono tumulati anche altri animali, meno mansueti, che al Senato non vedremo di sicuro. "Un cliente mi ha portato un leone, un altro una tigre, ma almeno era cucciola, mentre il leone non so proprio come poteva averlo a casa...".

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Politica

Meloni: “Nessuno Stato di diritto può tollerare...

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La premier nel nuovo libro di Bruno Vespa: "Accanimento su Arianna perché non ha tutele, ma è senza scheletri"

Giorgia Meloni - (Afp)

“Le inchieste dicono che il dossieraggio su di me è cominciato già alla fine del governo Draghi quando si capiva che sarei potuta andare al governo. Sulla vicenda dei dossieraggi mi aspetto che la magistratura vada fino in fondo, perché, nella migliore delle ipotesi, alla base di questo lavoro c’era un sistema di ricatto ed estorsione, ma nella peggiore siamo davanti al reato di eversione. Nessuno Stato di diritto può tollerare una cosa del genere”. Così Giorgia Meloni nel nuovo libro di Bruno Vespa in uscita il 30 ottobre (Hitler e Mussolini. L’idillio fatale che sconvolse l’Europa), in cui torna anche sul tema dei dossier.

”Perché tanto accanimento su sua sorella Arianna? – chiede Vespa - È la persona che il bancario di Bari ha spiato più di tutte… “Quando è uscita questa notizia - racconta la presidente del Consiglio -, mia sorella mi ha mandato la foto dell’estratto del suo conto in banca. C’erano 2100 euro. Mi ha scritto: “Se me l’avessero chiesto, lo avrei detto io quanto avevo sul conto”, con la faccina che ride. Credo che si accaniscano su Arianna perché non ha le tutele che posso avere io, ma colpire lei è come colpire me. Purtroppo per loro, hanno a che fare con un’altra persona che non ha scheletri nell’armadio”.

Governo

“Chi viene scelto dal popolo per governare deve poterlo fare con un orizzonte di legislatura”, ha detto ancora Meloni. “Vorrei il dialogo ma così la vedo dura. Poi, comunque, dovrebbe far sorridere che un partito che si definisce democratico dica che devi passare sui loro corpi per rafforzare la democrazia in Italia. Ormai non mi stupisco. Mi prendo serenamente gli attacchi della sinistra perché ho l’ardire di sostenere che gli italiani dovrebbero avere il diritto di eleggere direttamente il presidente del Consiglio togliendo questo potere alle dinamiche del palazzo”, ha aggiunto.

Qualcuno sostiene che lei sta pensando alle elezioni anticipate per capitalizzare il consenso. “Dicono un sacco di cose, tendenzialmente false. Ho smesso di leggere la rassegna stampa quando mi sono resa conto che almeno la metà delle cose che si scrivono non vengono scritte per raccontare un fatto, come dovrebbe essere, ma piuttosto per tentare di determinarne uno. È un tentativo di condizionamento al quale non mi presto", ha affermato ancora Meloni.

Legge elettorale

Il punto debole della riforma del premierato è la mancanza di una credibile proposta di legge elettorale? “Penso che quello della legge elettorale sia un tema di competenza parlamentare e poi non ho amato i governi che tentavano di apparecchiarsi la legge elettorale scrivendo norme cucite addosso a loro stessi (anche se poi non funzionavano mai) e non utilizzerò lo stesso metodo. In materia di confronto sulla legge elettorale sono estremamente disponibile con tutti. Le norme devono essere giuste per tutti, soprattutto per i cittadini, non utili ad alcuni"

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Politica

Usa, Follini: “Contro perdita influenza Occidente...

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Il punto di vista di Marco Follini per Adnkronos

Marco Follini

"Spira un forte vento di destra nelle nostre contrade, quelle che una volta si sarebbero dette occidentali. Una destra intesa come domanda di sicurezza, illusione di potenza, pretesa di forza, velleità di blindatura dei nostri confini (e magari anche delle nostre certezze). Un tentativo di sentirsi ancora dalla parte vincente ora che avanza nel mondo la sfida di un sud globale che non riconosce più né il nostro primato né le nostre ragioni.

Si potrebbe fare il conto dei casi e dei paesi mettendo in fila le storie degli ultimi mesi e quelle che magari si profilano all’orizzonte. Ma non è questo il punto. Può capitare che la destra conquisti la Casa Bianca con Trump di qui a qualche giorno. E può capitare anche che le forze xenofobe che abbiamo visto all’opera nelle ultime sfide europee guadagnino ulteriore terreno. Eppure non sarà il conto delle bandiere che sventolano sui pennoni delle nostre capitali a darci la misura del problema. Che non è più, ormai, il derby tra destra e sinistra. Ma è la natura dei nostri stati d’animo, delle nostre paure, delle nostre prospettive. E anche, ovviamente, la natura della destra.

Abbiamo conosciuto, dalle nostre parti, destre capaci di infondere fiducia. Reagan e la Thatcher furono due leader intransigenti, volitivi, vissuti all’epoca come troppo assertivi eppure capaci, tutti e due, di trovare al dunque una misura più equilibrata. Erano espressione di una vitalità fiduciosa, alimentata dall’ambizione di lasciare nel mondo l’impronta di un’occidente che di lì a poco avrebbe provocato la caduta del muro di Berlino e l’implosione del sistema sovietico. Non mancava loro lo spirito della controversia. Ma erano controversie che poggiavano sull’ottimismo. E l’ottimismo le guidava verso esiti costruttivi.

Ora invece la radicalizzazione a destra poggia più che altro sulle paure. E immagina di dissolvere queste paure nell’illusione che un proclama stentoreo, una faccia feroce, un grido bellicoso possano magicamente riequilibrare la bilancia delle forze. Rischia così di affermarsi, da quella parte, un modello politico che unisce senza rendersene ben conto parole d’ordine fin troppo bellicose e comportamenti a cui la debolezza delle forze impone poi un limite inesorabile.

Quello che sto cercando di dire -da uomo di centro- è che esiste destra e destra. E per quanto quella parte sembra stia prendendo il sopravvento, resta da capire quali delle sue figure e delle sue maschere siano destinate a prevalere. Tema che agita le coscienze in Francia e in Germania, dove i due establishment di Stato e di governo stanno pericolosamente traballando. E che dovrebbe aprire un confronto anche da noi tra le forze di maggioranza che si contendono l’egemonia con argomenti non sempre così reciprocamente amichevoli.

E’ questo il bivio di fronte a cui si troverà la Meloni. Non tanto la scelta tra Salvini e Tajani, poiché nessuno dei due può insidiarne il primato. Ma la scelta ben più importante tra una destra che si fa sospingere dai venti di tempesta che spirano in tanta parte del mondo e una destra invece più pensosa, più riflessiva, più consapevole del fatto che il disordine epocale nel quale rischiamo di trovarci non si risolve con un eccesso di baldanza. E tanto più di una baldanza a cui non corrisponde più la forza che si pensava di avere alle spalle.

E’ l’Occidente, ormai, il nostro grande rovello politico. Il suo isolamento, la sua perdita di influenza, il suo smarrimento nel trambusto di tutte le crisi che stiamo attraversando. Sono in molti, a destra, che si illudono di trovare soluzioni semplici a problemi così complicati. Se invece qualcuno, anche da quelle parti, proverà prima o poi a misurarsi sulla complicazione in cui ci troviamo avrà fatto un buon servizio. Anche a sé stesso". (di Marco Follini)

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