Anticiclone in arrivo: meteo stabile, nebbie persistenti e qualche problema di smog nelle pianure
Le ultime settimane ci hanno portato un bel po’ di maltempo, ma ora le cose stanno cambiando. Un nuovo anticiclone si sta rafforzando, questa volta anche in quota, il che significa che ci aspetta un periodo di stabilità piuttosto garantita. Niente più vortici ciclonici a disturbarci, ormai si sposteranno verso l’area iberica, lasciando al massimo qualche pioggia isolata sulle nostre Isole maggiori. Ma attenzione, la stabilità non significa solo belle giornate: ci faranno infatti compagnia anche nebbie, nubi basse e un po’ di smog, specialmente nelle aree pianeggianti e densamente popolate.
Ora che l’atmosfera si uniformerà, anche in quota, avremo una sincronia lungo tutta la colonna d’aria. In parole povere, meno contrasto tra caldo e freddo, niente più spinte alla formazione di nuvole pesanti e nessuna precipitazione intensa. Tuttavia, è l’umidità che potrebbe diventare un problema: è già bella alta di suo e con la pressione che sale tenderà a concentrarsi negli strati bassi dell’atmosfera. Insomma, aspettatevi nebbie sempre più insistenti, specialmente nelle grandi pianure interne e nelle valli, che potrebbero persino diventare persistenti in alcune zone. Nel frattempo, le aree collinari e montuose vedranno un clima decisamente atipico per la fine di ottobre, caratterizzato da tanto sole e temperature piuttosto miti.
Vediamo più nel dettaglio cosa aspettarci nei prossimi giorni
Meteo martedì: Cominciamo con il Nord e il medio alto Adriatico, dove avremo foschie, nebbie e nubi basse in pianura, con una parziale dissoluzione durante il giorno, ma attenzione: lungo il corso del Po queste nebbie potrebbero essere davvero persistenti. Sole pieno sulle Alpi e sul resto della Penisola, con qualche nube a dare fastidio sulle Isole maggiori e sul medio-basso Adriatico, ma senza precipitazioni. Le temperature? Stazionarie e sopra le medie del periodo, quindi ci godremo ancora un po’ di quel caldo atipico che sembra non volerci lasciare. I venti saranno di scirocco sulle Isole e di maestrale altrove, con mari mossi soprattutto sui bacini più occidentali e sull’Adriatico, mentre gli altri saranno più tranquilli.
Meteo mercoledì: Anche qui, lo scenario non cambia di molto: foschie, nebbie e nubi basse continueranno a caratterizzare le pianure del Nord e il medio alto Adriatico, con qualche resistenza persino nelle ore diurne. Ancora tanto sole sulle Alpi e sulle altre zone peninsulari, mentre sulle Isole maggiori avremo qualche disturbo nuvoloso, con possibilità di fenomeni sporadici in Sardegna. Le temperature resteranno stabili e superiori alla media, mentre i venti continueranno ad essere sciroccali sulle Isole e di maestrale altrove. Per quanto riguarda i mari, la situazione rimarrà invariata: mossi quelli occidentali e l’Adriatico, più calmi gli altri.
Meteo giovedì: Giovedì ci porta una situazione molto simile, con foschie, nebbie e nubi basse che persisteranno in pianura al Nord, nelle valli del Centro e sul medio alto Adriatico. Anche qui, non aspettatevi grandi cambiamenti: sole sulle Alpi e nelle altre aree, mentre sulle Isole maggiori potremmo vedere qualche nuvola e qualche fenomeno isolato in Sardegna. Le temperature resteranno stazionarie, con un possibile lieve calo al Nord, ma comunque superiori alle medie stagionali. I venti saranno sempre di scirocco sulle Isole maggiori e di maestrale altrove e i mari si manterranno mossi a Ovest e sull’Adriatico meridionale.
In sostanza, l’arrivo dell’anticiclone ci garantirà qualche giorno di stabilità e bel tempo, almeno per chi si trova lontano dalle aree più soggette alla nebbia. Per chi vive nelle grandi pianure, però, la nebbia potrebbe diventare una presenza piuttosto scomoda e con essa anche il rischio di inquinamento atmosferico in aumento. Godiamoci il sole dove c’è, ma non dimentichiamoci di fare attenzione all’aria che respiriamo, soprattutto nelle aree più urbanizzate.
Attualità
Tradizione messicana del 27 ottobre: il ritorno degli...
C’è questa storia, una di quelle che ti fanno fermare un attimo e pensare. Il 27 ottobre è una data particolare, un po’ magica se vogliamo. Non è che la segni sul calendario, o che tutti ne parlino, ma vale la pena sapere cosa succede in quel giorno. Secondo una vecchia tradizione messicana, gli animali che abbiamo amato e che non ci sono più, tornano. Solo per una notte, ma tornano davvero. Cani, gatti, coniglietti, uccellini… quei piccoli compagni di vita che ci hanno fatto ridere, ci hanno consolato e che, quando se ne sono andati, hanno lasciato un vuoto enorme. Ecco, loro tornano. Giusto per farci un saluto.
Adesso, parliamoci chiaro. La perdita di un animale domestico non è una cosa da poco. Anzi, chi ne ha avuto uno sa quanto fa male. Per qualcuno è come perdere un familiare. E no, non è un’esagerazione. Chi non ci è passato magari non lo capisce, ma per chi ha condiviso anni con un cane, un gatto, o qualunque altro amico peloso, beh, è come perdere un pezzo di sé. Quel vuoto che rimane non lo riempi facilmente. E allora, quando senti di questa leggenda, ti viene quasi da sorridere, anche solo un po’.
Si parla del Ponte dell’Arcobaleno, un posto bellissimo dove, secondo la leggenda, vanno tutti gli animali quando se ne vanno da questo mondo. Lì non c’è più sofferenza, non c’è malattia. Solo prati verdi, colline infinite, aria profumata e tanto gioco. È un’immagine che consola, diciamoci la verità. Pensare che i nostri amici siano lì, felici e sereni, mentre aspettano il giorno in cui ci rivedremo, è qualcosa che ci fa stare meglio.
Ma la parte più bella di tutta questa storia è che, secondo la tradizione messicana, c’è un giorno – il 27 ottobre – in cui tutti gli animali possono tornare per una notte. A casa. Tornano dai loro umani, quelli che li hanno amati tanto e che, sì, continuano a pensare a loro ogni singolo giorno. Questa tradizione viene dagli aztechi, che consideravano il cane una sorta di guida spirituale, anche nell’aldilà. Insomma, il cane era il compagno di viaggio delle anime. Ed è da lì che viene questa credenza che, una volta all’anno, i nostri amici possano tornare tra noi.
E allora cosa si fa per accoglierli? In Messico c’è questa usanza bellissima. Si preparano degli altari, chiamati ofrendas. Sopra ci si mette una foto del nostro animale – quella che magari già teniamo in bella vista, sullo scaffale o sul comodino. Poi c’è una ciotola d’acqua, un piatto con il loro cibo preferito, magari anche un giocattolo. Quello con cui facevano avanti e indietro per la casa, che si portavano ovunque. E poi una candela, accesa per tutta la notte, o anche solo per un po’, giusto per indicare loro la strada. Così, possono trovare di nuovo la via di casa, ritrovare la famiglia che li ha amati.
La cosa bella è che non c’è spazio per la tristezza. No, niente lacrime. È un momento per ricordare, per sorridere. È un modo per sentirli di nuovo vicini, anche solo per qualche ora. Un modo per dire: “Ehi, non ti ho mai dimenticato”. Pensare che, ovunque siano, i nostri animali stanno bene, corrono felici e magari per quella notte tornano qui, con noi. Anche solo per sentirci, per farci sentire che sì, quel legame non si è mai spezzato.
Quindi ecco il punto. Il 27 ottobre, se volete partecipare a questa tradizione, preparate qualcosa per loro. Non serve chissà che. Una foto, un po’ d’acqua, il loro cibo preferito, una candela. È un gesto semplice, ma pieno di significato. Non è solo per loro, ma anche per noi. Per ricordare quei momenti belli, per sentirci di nuovo vicini e per non dimenticare mai quanto ci hanno dato.
E chissà, magari quella notte, quando tutto è tranquillo, sentirete qualcosa. Un rumore, un soffio d’aria che sembra più caldo, o quel silenzio che sembra carico di presenze. Forse sarà solo la nostra immaginazione, o forse no. Ma in fondo, che importa? È il pensiero che conta. L’amore non se ne va mai, resta lì e anche se loro non ci sono più fisicamente, quel legame non muore. E il 27 ottobre è il momento perfetto per ricordarcelo.
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Valle dei Segni Wine Trail: torna il grande weekend tra...
L’ultimo weekend di ottobre promette di portare nuovamente in scena la Valle dei Segni Wine Trail, un appuntamento che, dopo il successo dello scorso anno, torna con la stessa energia – se non di più – a far parlare di sé come evento di riferimento dell’autunno in Valcamonica. Un mix perfetto di sport, cultura e, ovviamente, buon vino. Perché diciamocelo, cosa c’è di meglio di una corsa tra la natura, con lo scenario spettacolare delle montagne e una tappa nelle cantine locali?
Dunque, preparatevi: questo evento non è solo per i runner incalliti, ma anche per chi ha voglia di immergersi in un’esperienza che unisce la storia, il paesaggio e il gusto in un unico percorso avventuroso. Partiamo dall’aspetto sportivo, sì, ma qui non si tratta solo di chilometri e sudore. È anche un’occasione per riscoprire il cuore autentico della Valcamonica, tra vecchi sentieri e antiche mulattiere che hanno visto passare generazioni e raccontano storie di una valle che ha tanto da offrire.
Tre gare, tre avventure diverse, per tutti i gusti e livelli di preparazione. La sfida più dura, l’ultra trail di ben 55 km, partirà sabato 26 ottobre alle 8 del mattino, da Capo di Ponte fino a Darfo Boario Terme. Un tracciato tosto, con un dislivello di 2.500 metri: roba per chi ama mettere alla prova i propri limiti. Poi c’è la half trail, sempre sabato, ma alle 10: un percorso di 18 km con 950 metri di dislivello, per chi cerca qualcosa di impegnativo ma, diciamo, senza spingersi all’estremo. E infine, per i più tranquilli (o per chi vuole solo godersi l’aria della valle senza esagerare), domenica 27 ottobre alle 15 ci sarà il Lago Moro Short Trail, un percorso di 8 km, con anche una versione non competitiva.
E non finisce qui. Perché, oltre alla parte sportiva, la manifestazione propone una vera immersione nella storia e nella cultura della Valcamonica. Lungo i percorsi si attraversano luoghi che raccontano il passato di questa terra, come le incisioni rupestri degli antichi Camuni, patrimonio mondiale dell’Unesco. E poi c’è il Santuario dell’Annunciata, che sembra quasi sospeso in un punto panoramico da sogno. L’obiettivo di tutto questo? Farvi vivere davvero il territorio, entrare in contatto con la sua anima, fatta di storia scritta sulle pietre e di una natura che lascia senza fiato.
Ma attenzione, perché le sorprese non si fermano alle gare. Giovedì 24 e venerdì 25 ottobre sono in programma anche tanti eventi di contorno, per chi vuole immergersi nello spirito della valle e scoprire di più su cultura e tradizioni locali. L’organizzazione ha pensato a tutto, e per chi vuole pianificare il proprio weekend nei dettagli, il sito ufficiale dell’evento – valledeisegniwinetrail.it – offre tutte le informazioni necessarie.
Quindi, se avete voglia di una fuga d’autunno che mescola sport, storia e vino (che non guasta mai), la Valle dei Segni Wine Trail è decisamente l’evento da segnare in calendario. Non importa che siate degli atleti in cerca di adrenalina, dei semplici amatori, o dei curiosi pronti a vivere un’esperienza diversa: la Valcamonica vi aspetta, con il suo fascino unico e le sue storie scolpite nella roccia.
Attualità
Trieste, 70 anni di ritorno all’Italia: la città che...
Questa mattina Trieste si è svegliata con il cuore rivolto al passato e lo sguardo proiettato verso il futuro. Siamo qui per celebrare il 70° anniversario del ritorno di Trieste all’Italia, un momento storico che ancora oggi si sente nelle strade, tra i vicoli di questa città che sa essere culla e ponte tra culture. Era il 26 ottobre del 1954 quando entrò in vigore il famoso Memorandum di Londra, con cui Trieste tornava ufficialmente sotto la bandiera italiana, segnando la fine di un’epoca travagliata e il recupero di un’identità tanto attesa.
Oggi, in Piazza dell’Unità d’Italia, si è svolta la cerimonia ufficiale con la presenza di figure di spicco: Ignazio La Russa, presidente del Senato, e Luca Ciriani, ministro per i Rapporti con il Parlamento, tra gli altri. E non potevano mancare le Frecce Tricolori, con la loro esibizione che ha fatto vibrare i cuori dei presenti, portando nel cielo di Trieste i colori di una nazione che sente profondamente l’importanza di questa giornata.
Ma cosa rappresenta oggi Trieste per l’Italia? A rispondere è stato il presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, che con un messaggio per la vigilia della ricorrenza, da oltreoceano dove si trova in missione negli Stati Uniti, ha parlato con toni molto chiari: «Di strada ne è stata fatta moltissima—ha detto—e Trieste oggi è tornata non solo a far parte dell’Italia, ma ne è anche uno degli elementi di spicco». Ha voluto sottolineare quanto la città giuliana non solo guardi al futuro con ambizione, ma lo faccia apportando un valore aggiunto straordinario, fatto di cultura, dialogo e apertura al mondo. Trieste, secondo Fedriga, «ha radici profondamente italiane, ma sa anche dialogare con chiunque, creando connessioni e valorizzando il proprio ruolo internazionale».
E qui, forse, sta il vero cuore di questa celebrazione. Non è solo una giornata per ricordare un evento storico, ma è soprattutto un momento per riflettere su cosa significhi, oggi, essere triestini. Una città che per decenni è stata simbolo di divisione e ora si presenta come luogo di incontro, una porta sull’Europa e un ponte verso il Mediterraneo. È questo lo spirito che si vuole celebrare: non la semplice riconquista di un territorio, ma l’affermazione di una città viva, che sa progettare il proprio futuro.
E non manca la componente più umana, quella che forse è meno raccontata nei libri di storia, ma che vive nei ricordi delle persone che quelle strade le hanno percorse. Il senatore Roberto Menia, componente del Comitato 10 Febbraio, ha voluto parlare del significato personale di questo anniversario: «Sono un figlio del XXI secolo, ma Trieste ha segnato il completamento del nostro Risorgimento nazionale—ha detto—e ha vissuto in prima linea tragedie come le foibe, l’esodo e la contesa tra mondo libero e comunismo». Non parole facili da sentire, ma necessarie, perché Trieste è anche questo: una città che ha conosciuto il dolore, ma che non ha mai smesso di guardare avanti.
Oggi Trieste si racconta come una piattaforma logistica al centro dell’Europa, una città orgogliosa della sua storia, della sua lingua, della sua cultura, e soprattutto del suo ruolo da protagonista in Italia. Non è solo la destra a voler ricordare questa storia—come ha aggiunto Menia, la destra ha avuto il merito di preservare il ricordo delle tragedie delle foibe e dell’esodo, istituendo il 10 febbraio come Giorno del Ricordo—ma è un’intera comunità a tenere viva la memoria.
Oggi abbiamo celebrato non solo un anniversario, ma un’identità che vive e dialoga con il mondo. E Trieste, ancora una volta, ci mostra come la storia possa essere un trampolino per il futuro, senza dimenticare le radici che ci tengono saldi alla terra che ci ha cresciuto.