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Georgia, cresce in Europa influenza ultra conservatrice. Focus non anti-Ue ma contro aiuti a Kiev

Georgia, cresce in Europa influenza ultra conservatrice. Focus non anti-Ue ma contro aiuti a Kiev

Un buon punto di partenza da cui osservare l'espansione dell'influenza politica in Europa del movimento che ha in Donald Trump e Vladimir Putin un riferimento, quantomeno ideologico, è la Conservative Political Action Conference (Cpac), tradizionale appuntamento che, da tre anni, ha uno spin off in Europa, in Ungheria. Alla sua prima edizione, nel 1974, l'allora governatore della California Ronald Reagan chiedeva l'unità dei conservatori, ma l'appuntamento si è via via più radicalizzato fino a diventare l'attuale "Trump Show".

I temi di ispirazione populista sono oramai noti: battaglia contro i diritti Lgbtq, l'ideologia woke e la globalizzazione, promozione dei valori della famiglia tradizionale e della nazione, contrasto all'immigrazione, denuncia di un presunto asse progressista finanziato da attori vari, fra cui George Soros, gli Stati Uniti, l'Unione europea, ong varie. Meno apparente, ma portante in questa fase, è lo stop degli aiuti e del sostegno all'Ucraina. "Una coalizione delle forze per la pace e contro la globalizzazione si è costituita alla terza convention conservatrice", la conclusione della Cpac europea del 2023.

"Ora la destra internazionale, dall'Europa agli Stati Uniti unisce le forze per le elezioni" del prossimo 5 novembre, la conclusione della Cpac Hungary, in cui non sono state citate le ricadute europee di questa unione di forze. Alla conferenza organizzata la scorsa primavera a Budapest dal Centro per i diritti fondamentali, un think tank finanziato con fondi pubblici, ha partecipato, oltre che il padrone di casa, il Premier Viktor Orban, anche il Premier della Georgia, Irakli Kobakhidze.

Non è un caso che il Premier ungherese, oggi e domani a Tbilisi accompagnato dai ministri degli Esteri, dell'Economia e delle Finanze, si sia congratulato con Kobakhidze e con il Partito Sogno Georgiano - che in questi anni non ha condannato l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, non ha aderito al regime di sanzioni internazionali contro Mosca e non partecipa agli aiuti a Kiev - per la "travolgente vittoria" alle elezioni legislative di sabato. E che lo abbia fatto solo poco dopo la chiusura delle urne, sulla sola base degli exit poll diffusi dal partito al potere, di segno opposto ad altri favorevoli alla coalizione delle forze di opposizione europeiste.

Kobakhidze, in una riunione del governo questa mattina, ha assicurato che "l'integrazione all'Ue è l'obiettivo più importante" della Georgia di Sogno georgiano, anticipando un rilancio delle relazioni già a partire dall'inizio del prossimo anno. Ma è stato il suo partito a varare le leggi 'russe' che hanno portato l'Unione europea a constatare la scorsa estate l'arresto di fatto del processo di adesione.

A Budapest a maggio erano intervenuti anche l'ex Premier polacco, Mateusz Moriaweck e il leader dell'estrema destra olandese, Geert Wilders. Trump aveva inviato un suo messaggio. Nell'edizione dello scorso anno si erano presentati fra gli altri il leader del partito della libertà austriaco Herbert Kickl e l'ex Premier della Repubblica Ceca, Andrej Babis, che con il suo Partito Ano sta risalendo in popolarità in vista delle elezioni legislative nel suo Paese del 2025.

L'ex Premier e tycoon ceco è meno caratterizzato ideologicamente rispetto a Orban, in linea con innovazione del movimento ultra conservatore in Europa. Alcuni esponenti non si presentano più necessariamente come antagonisti all'Unione europea. Come è accaduto in Moldova, dove nessuno dei candidati alle recenti elezioni presidenziali in opposizione all'europeista Maia Sandu si è espresso esplicitamente contro il processo di adesione del Paese, o in Georgia, come ha voluto far intendere oggi il Premier. Il gioco è più sottile e investe il sostegno reale che i Paesi saranno disposti a garantire all'Ucraina.

Babis, già Premier fra il 2017 e il 2021, non nasconde la sua ammirazione per Trump. Con lui Presidente negli Usa non ci sarebbe stata una guerra in Ucraina. Una sua vittoria a novembre porterebbe la pace, ha detto. Il partito Ano (Azione dei cittadini insoddisfatti) ha aderito al gruppo di Fidesz al Parlamento europeo, Patrioti per l'Europa. "Il movimento Ano è solo un fantoccio di Orban. Hanno chiaramente trovato amici fra i nazionalisti filorussi e xenofobi", ha denunciato il ministro degli Esteri ceco in una intervista a Politico.

Ano ha vinto le recenti elezioni regionali, in dieci delle 13 regioni in cui si è votato, con la popolarità del Premier Petr Fiala, conservatore ma sostenitore dell'Ucraina, ai minimi. Babis rimane popolare, malgrado il suo coinvolgimento in numerosi scandali. E dalla sconfitta alle elezioni del 2021 ha iniziato a seguire la retorica ultraconservatrice, dalle accuse all'Ue per i prezzi dell'energia in aumento a mettere in discussione gli aiuti all'Ucraina. "E' chiaro dagli sviluppi nella Repubblica Ceca che il movimento Ano promuoverà il nazionalismo", ha spiegato l'ex vice Presidente del Parlamento europeo, Dita Charanzová, che insieme ad altri ha lasciato il partito lo scorso anno.

Due dei sei eurodeputati di Ano si sono astenuti dal voto di settembre sulla risoluzione non vincolante che chiede ai Paesi membri di approvare l'autorizzazione a Kiev all'uso di missili a lungo raggio contro obiettivi in Russia. Gli altri quattro non si sono neanche presentati in aula per il voto. Identica dinamica al voto dello scorso luglio sul proseguimento del sostegno dell'Ue all'Ucraina.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Esteri

Ucraina, così Trump vuole mettere fine alla guerra: ecco il...

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Se tornerà alla Casa Bianca, il tycoon intende porre rapidamente fine al conflitto 'congelandolo'

Zelensky e Trump - (Afp)

Congelare la guerra tra Ucraina e Russia, minimizzare il coinvolgimento degli Stati Uniti e trasferire sui Paesi europei gran parte dell'onere economico e la 'supervisione' del processo di pace. Questo è il piano di Donald Trump qualora venisse rieletto presidente degli Stati Uniti, secondo il Financial Times. Il candidato repubblicano da mesi ripete che metterà fine alla guerra in poche ore, portando Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky al tavolo delle trattative. Lì, dice Trump, il presidente russo e quello ucraino troveranno un accordo.

Il piano

Il quotidiano finanziario scrive che, secondo il team dell'ex presidente, il conflitto può essere risolto creando zone autonome e zone smilitarizzate su entrambi i lati del confine e senza che l'Ucraina entri nella Nato. Stando al giornale, ai Paesi europei sarà chiesto di assumere il ruolo di garanti del processo di pace, mentre la partecipazione degli Stati Uniti e della Nato sarà minima.

I consiglieri di Trump, si legge sempre sul Ft, ritengono inoltre che non spetti agli Usa assumersi l'onere finanziario del mantenimento della pace e ritengono che questa responsabilità sia dei Paesi europei. Il programma di Trump esclude anche la partecipazione a eventuali operazioni di peacekeeping.

Questo approccio solleva preoccupazioni tra gli alleati europei secondo i quali l'eventuale rinuncia degli Stati Uniti ad avere un ruolo attivo nella sicurezza della regione potrebbe indebolire la posizione della Nato. Alcuni membri dell'Alleanza temono che una riduzione dell'influenza degli Stati Uniti possa portare a una divisione all'interno dell'Ue e della Nato, soprattutto se alcuni Paesi dovessero divergere nei loro approcci sulla crisi ucraina. Allo stesso tempo, non c'è unità nel Partito Repubblicano riguardo a tale strategia.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Esteri

Elezioni Usa, Biden vota nel Delaware: “Harris...

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Ha espresso la propria preferenza a New Castle in anticipo per le presidenziali. Testa a testa tra i due sfidanti per la Casa Bianca

Joe Biden dopo aver votato (Afp)

A una settimana dall'election day la sfida per la Casa Bianca continua a essere un testa a testa tra Kamala Harris e Donald Trump. Joe Biden ha votato oggi a New Castle nel Delaware in anticipo per le presidenziali. Il presidente americano è rimasto in fila con altri elettori per diversi minuti prima di entrare nel seggio. Dopo aver votato, alla domanda se per lui fosse un momento 'dolce amaro' - fino a pochi mesi fa sarebbe stato il suo il nome sulla scheda - ha risposto che era 'dolce'. E, poi, si è detto nuovamente convinto che la vicepresidente Kamala Harris vincerà le elezioni.

Gli ultimi sondaggi

L'ultimo sondaggio elettorale negli Usa dà la Harris in vantaggio di due punti su Trump. Una distanza minima che conferma come quello del 5 novembre sarà un duello accanito. Secondo i numeri di Abcnews la democratica infatti ha il 49% contro il 51% del repubblicano tra tutti gli elettori registrati, mentre il vantaggio della vice presidente cresce un poco, 51% contro il 47%, tra i probabili elettori. La forza di Trump, viene confermato, è nel voto rurale, dei maschi bianchi senza laurea, mentre il Tycoon continua a guadagnare terreno tra i giovani maschi. La Harris ha la meglio tra gli elettori ispanici, rafforzato quello delle donne dei sobborghi delle grandi città e rimane forte con gli elettori afroamericani.

Miliardari e Ceo abbassano i toni con Trump

Aumenta il numero dei miliardari e Ceo, anche quelli che in passato hanno criticato l'ex presidente Donald Trump, che hanno scelto di adottare un profilo basso, evitando di prendere posizioni. Come hanno fatto i proprietari di Washington Post e Los Angeles Times, Jeff Bezos e Patrick Soon-Shiong, che hanno bloccato l'endorsement dei giornali per Harris, con quello che viene interpretato come un tentativo di non inimicarsi il Tycoon, che non fa mistero delle vendette e punizioni che infliggerà una volta tornato alla Casa Bianca.

Consiglieri di Trump rivelano che in queste ultime settimane sono stati contattati da imprenditori e manager. "Ho detto loro di impegnarsi il più velocemente possibile perché il tempo sta scadendo, se sei qualcuno che ha sostenuto Harris, che non si è fatto sentire, avrai la strada in salita", ha detto esplicitamente uno di loro, spiegando che sono stati messi al lavoro anche "lobbisti nel tentativo di mettersi in contattato con noi".

Già nel primo mandato, Trump ha sfruttato il potere federale per punire una serie di nemici nel mondo del business, e durante questa campagna ha più volte esortato Ceo a donare generosamente per ottenere poi politiche loro favorevoli.

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Esteri

Israele, Netanyahu: “Iran sta creando bombe nucleari...

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Il premier: "Lo Stato di Israele è il vero ostacolo sul cammino dell'Iran, stiamo ostacolando le sue cattive intenzioni"

Netanyahu - Agenzia Fotogramma / Ipa

L'Iran ha intenzione di fabbricarsi una "scorta'" di bombe nucleari con l'obiettivo di distruggere Israele. Lo ha dichiarato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu alla Knesset due giorni dopo che le Idf ha bombardato obiettivi militari in Iran. "L'Iran sta cercando di sviluppare una riserva di bombe nucleari per distruggerci, equipaggiate con missili a lungo raggio, missili intercontinentali che l'Iran sta cercando di sviluppare", ha detto Netanyahu. "L'Iran potrebbe minacciare il mondo intero in qualsiasi momento", ha aggiunto.

"Lo Stato di Israele - ha spiegato Netanyahu nella sessione odierna al Parlamento israeliano - è il vero ostacolo sul cammino dell'Iran e noi stiamo ostacolando le sue cattive intenzioni''. Il premier ha quindi aggiunto che Israele ha attaccato "le industrie che sono fabbriche della morte" dell'Iran e le ha danneggiate. Il premier israeliano ha poi ringraziato gli Stati Uniti per la loro collaborazione e ha detto che Israele continuerà a dialogare con gli americani, sottolineando che ''prenderemo le decisioni in base ai nostri interessi".

Il ministro israeliano della Difesa, Yoav Gallant, invece ha spiegato che, dopo i raid aerei israeliani contro i siti militari iraniani, "il nemico è indebolito, sia nella sua capacità di produrre missili che nella sua capacità di difendersi. Questo cambia gli equilibri di potere".

L'esperto: "Iran sta valutando le nuove condizioni geopolitiche"

La risposta dell'Iran alla recente rappresaglia israeliana sarà "estremamente complessa", anche per le pressioni dei governi che spingono perché si chiuda questa fase di attacchi e contrattacchi tra Teheran e Tel Aviv, ma in ogni caso sarà "ponderata e mai frutto della fretta". Lo afferma in un'intervista all'Adnkronos Afifeh Abedi, ricercatrice di Politica estera presso il Center for Strategic Research (Csr) di Teheran, uno dei principali think tank della Repubblica islamica, secondo cui l'Iran sta valutando le "nuove condizioni" geopolitiche dato che molti Paesi sia mediorientali che occidentali "hanno condannato gli attacchi e chiesto uno sforzo internazionale per interrompere il ciclo" di rappresaglie.

Come dimostrato dalle operazioni 'Vera Promessa' e 'Vera Promessa 2', l'Iran ha chiarito che "risponderà proporzionalmente a qualsiasi attacco", premette Abedi, lasciando intendere anche la possibilità che questa volta gli ayatollah accolgano gli appelli alla moderazione. Visto anche che "l'Iran ha risposto adeguatamente a questi attacchi" di sabato scorso e che gli abitanti della Repubblica islamica continuano a "vivere normalmente".

Il governo di Teheran ritiene, tuttavia, che "se non rispondesse alle azioni aggressive di Israele che hanno violato la sua integrità territoriale e la sua sovranità, dovrà affrontare di nuovo l'impudenza del regime sionista", sottolinea l'analista, che ricorda come dopo l'uccisione del leader politico di Hamas a Teheran, Ismail Haniyeh, l'Iran non abbia reagito per oltre due mesi, continuando a chiedere la fine della guerra a Gaza e la condanna per "le operazioni terroristiche di Israele a Teheran" tramite canali legali e diplomatici.

"Nonostante le promesse occidentali di un cessate il fuoco, la guerra si è estesa al Libano, provocando gli attacchi terroristici del regime contro Hezbollah, il martirio di Hassan Nasrallah e del generale iraniano Abbas Nilforoushan", evidenzia l'analista, secondo cui "il problema principale" per Teheran è che gli Stati Uniti "preparano e forniscono armi e piani per gli attacchi del regime sionista, nonostante tutte le dichiarazioni sulla non interferenza nell'aggressione di Israele contro l'Iran e l'enfasi sugli sforzi diplomatici per porre fine al conflitto".

"Dal punto di vista dell'Iran, anche se decidesse di esercitare moderazione su richiesta dei suoi vicini e dei partner regionali ed extra-regionali, non vi è alcuna garanzia che vengano impedite le azioni aggressive di Israele o che vengano punite le azioni terroristiche di questo regime", conclude.

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