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Porti, Carlone (Guardia costiera): “Sostenibilità e semplificazione temi cruciali”

"Cruciale transizione verso un trasporto a basse emissioni"

Nicola Carlone, comandante Generale del Corpo delle capitanerie di porto, Guardia Costiera

“La sostenibilità e la semplificazione nei porti sono temi cruciali per il futuro dell'industria marittima e della logistica e alla base del nostro operato per i prossimi anni”. Lo ha detto l’ammiraglio Nicola Carlone, comandante Generale del Corpo delle capitanerie di porto, Guardia Costiera, in occasione dell’assemblea pubblica di Confitarma, la Confederazione italiana armatori, che si sta svolgendo a Napoli sul tema ‘la nave del futuro’.

“Proprio da Napoli - continua Carlone - spiegheremo i processi che ci accingiamo a portare avanti per supportare l’armamento con i nuovi carburanti e allo stesso tempo per velocizzare i processi per permettere un miglioramento dei rapporti tra la nave, il porto e tutti gli attori coinvolti compresa la logistica. Non basta la posizione geografica favorevole nel Mediterraneo per essere competitivi".

La decarbonizzazione, aggiunge, "è un elemento fondamentale dei porti e per il futuro degli armatori che devono scommettere sulle navi del futuro e su tecnologie più sostenibili, che includono il metano liquido e l’idrogeno. La transizione verso un trasporto a basse emissioni è cruciale non solo per la sostenibilità ambientale - conclude - ma anche per garantire la competitività la conformità alle normative del futuro. Bisogna far trovare i nostri porti pronti per questi nuovi prodotti e la sfida riguarda anche l’armamento che - conclude - deve scommettere sulle navi del futuro”.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Economia

Casa, indagine SoloAffitti: metà inquilini lascia...

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Problemi insolvenza, 62% dei locatari in ritardo con il canone

Casa, indagine SoloAffitti: metà inquilini lascia abitazione senza aver pagato l’affitto

Un inquilino su due lascia l’immobile senza aver pagato l’affitto e la percentuale di chi paga in ritardo, in Italia, è del 62%. Questa la fotografia scattata da un’indagine di SoloAffitti, gruppo che opera da oltre 25 anni nel mercato della protezione della rendita immobiliare, abbinando ai 30.000 contratti di locazione conclusi ogni anno, servizi di tutela che intervengono in caso di mancato pagamento del canone da parte dell’inquilino. Registrando ciascuna delle segnalazioni di morosità ricevute nel corso degli anni, il Gruppo ha costruito la banca dati di inquilini morosi più grande d’Italia, dall’analisi della quale emerge oggi il profilo dell’inquilino insolvente. La maggior parte degli inquilini che interrompono il pagamento del canone d’affitto è di genere maschile (68,8%) ed è concentrata nelle fasce d’età 40-49 anni (31,7%), 50-59 anni (25,4%) e 30-39 anni (22,8%); la morosità tende a scendere per inquilini più “anziani” (12,1% per la fascia d’età 60-69 e 6,3% per gli ultrasettantenni), ed è molto contenuta nella fascia d’età 18-29 anni (1,8%). A differenza di quanto si potrebbe pensare, dunque, la morosità è legata principalmente alla fascia d’età attiva e lavorativa, generalmente associata al raggiungimento della stabilità economica e all’aumento del reddito.

Altro dato inaspettato riguarda la distribuzione percentuale della morosità per fasce di canone di locazione previsto dal contratto d’affitto: la stragrande maggioranza delle segnalazioni di morosità (il 63,9%) è infatti concentrata nella fascia più bassa di canone, fino a 500 euro, mentre il 29,9% riguarda canoni compresi fra 501 e 750 euro e solo il 6,3% riguarda canoni superiori ai 750 euro mensili. Inferiore è il canone da pagare, dunque e maggiore sembra essere la probabilità di un mancato pagamento. Inoltre, il numero medio di inquilini che hanno abitato l’immobile in 10 anni è di 4,7. E 9,8 è il numero delle mensilità perse in 10 anni a causa della morosità degli inquilini. Infine, 1.800 euro l’importo medio di spese legali sostenute in 10 anni per solleciti e azioni di sfratto.

L’attuale situazione di mercato – sottolinea Silvia Spronelli, Ceo di SoloAffitti - vede un forte squilibrio fra una domanda di case in affitto in forte crescita (+229% solo nell’ultimo anno secondo l’Ufficio Studi SoloAffitti) e un’offerta inadeguata a soddisfare la richiesta. Le case in realtà ci sarebbero: sono oltre 6 milioni, infatti, gli immobili residenziali di proprietà di persone fisiche potenzialmente destinabili all’affitto, cioè non abitati dal proprietario e non concessi in uso gratuito a parenti. Uno dei motivi per i quali questi immobili vengono tenuti sfitti risiede proprio nel timore dei proprietari di incappare in inquilini morosi, paura che si è acuita negli ultimi anni come conseguenza del blocco degli sfratti attuato nel periodo Covid. Secondo l’Ufficio Studi SoloAffitti, la paura della morosità rappresenta oggi la causa del mancato affitto degli immobili nel 30% dei casi, insieme al timore di non poter rientrare in possesso dell’immobile in caso di necessità e alla volontà di tenere libero l’immobile per esigenze future.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Economia

Energia, così le tecnologie pulite batteranno gli...

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Il valore del mercato dei prodotti a basse emissioni triplicherà fino a raggiungere quello del greggio, rileva l’ultimo rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia. Anche gli scambi commerciali cresceranno fino a 600 miliardi, 50% in più rispetto al gas naturale oggi. E i ricavi degli export cinesi di prodotti green supereranno quelli del petrolio di Arabia Saudita ed Emirati Arabi

Fatih Birol - IAEA IMagebank

Il mercato globale delle principali tecnologie pulite è destinato a triplicare, superando i 2 mila miliardi di dollari entro il 2035 – un valore comparabile a quello dell'attuale mercato del greggio. È quanto si apprende dal nuovo rapporto Energy Technology Perspectives 2024, presentato dall’Associazione internazionale per l’energia (Iea) nella figura del suo direttore esecutivo Fatih Birol.

Il rapporto si concentra su sei prodotti tecnologici (pannelli solari, pale eoliche, auto elettriche, batterie, elettrolizzatori e pompe di calore) cruciali per la transizione. Nel 2016 il valore di quel mercato era di circa 200 miliardi di dollari. Oggi supera i 700 miliardi, e secondo le proiezioni Iea, basate sulla velocità attuale e le politiche in atto, il valore triplicherà al 2035 raggiungendo i 2.100 miliardi di dollari.

Anche la competitività dei costi di queste tecnologie “migliora quasi di giorno in giorno”. Mentre in termini di flussi commerciali, “prevediamo che gli scambi cresceranno in modo sostanziale, triplicando tra oggi e il 2035 e arrivando a sfiorare i 600 miliardi di dollari: il 50% in più rispetto al commercio di gas naturale di oggi”, rileva Birol. “Questo dimostra in che direzione si sta muovendo il commercio globale: più tecnologia e meno materie prime”.

La sfida per governi e industrie è la competizione tra i Paesi, sempre più intensa: da vedere fino a che punto aumenteranno le barriere commerciali, le implicazioni per la transizione energetica pulita, e quanto le economie più piccole risentiranno della competizione tra i giganti economici, continua il direttore dell’Iea.

“Il rapporto testimonia che le politiche energetiche, industriali e commerciali sono sempre più intrecciate. I Paesi che saranno in grado di armonizzare questi tre elementi ne trarranno sicuramente beneficio in termini di performance economica”.

L’esempio lampate è la Cina. Secondo il rapporto Iea, nel 2035 i ricavi delle esportazioni cinesi di prodotti a energia pulita supererà i ricavi attuali dell’export di petrolio dei due maggiori produttori, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Del resto, sottolinea Birol, oggi la Cina produce circa il 70% dei prodotti fondamentali per la transizione.

Guardando solo al fotovoltaico, il solo impianto in costruzione nella provincia cinese di Shanxi sarà sufficiente a produrre una quantità di moduli tale da coprire l'intera domanda dell'Unione europea. Uno degli indicatori del fatto che Pechino – la prima a muoversi con una politica industriale decisa – “dominerà il commercio [di prodotti a tecnologia pulita] per almeno i prossimi 10 anni”.

Il terreno di gioco è la competizione tra giganti economici. Oltre alla Cina, gli Stati Uniti “hanno fatto grandi passi avanti” con gli incentivi del pacchetto Ira e anche l’India fa progressi sul solare. “Sono certo che l'Ue presenterà presto un pacchetto simile per far progredire l'industria dell’energia pulita” – un riferimento al Clean Industrial Deal promesso da Ursula von der Leyen entro i primi cento giorni dall’insediamento della nuova Commissione.

Guardando ai progetti europei avviati o in fase di avviamento, sarebbe a portata l’obiettivo europeo delineato dal Net Zero Industry Act: arrivare al 2030 potendo coprire il 40% del fabbisogno interno di tecnologie a zero emissioni con la produzione locale. Il pronostico è di Araceli Fernandez Pales, co-autrice del rapporto, che evidenzia come la dimensione del mercato europeo delle sei tecnologie chiave è già pari a 120 miliardi di dollari, “non più lontane dai 270 miliardi del mercato relativo al motore a combustione interna”.

Nonostante la competizione globale feroce, l’Europa ha “punti di forza molto importanti” nel campo dell’energia pulita. L’eurozona è il secondo mercato unico più grande al mondo e c’è forte enfasi da parte dei legislatori che genera domanda di tecnologie e materiali puliti, rileva l’esperta alla presentazione del rapporto: c’è possibilità di sviluppare “sinergie” tra industrie, con vaste ricadute su settori laterali.

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Economia

Inaugurata Foresta Levissima, progetto di riforestazione in...

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L’iniziativa contribuisce non solo al recupero delle foreste, ma anche al ripristino della biodiversità e alla tutela del delicato equilibrio ambientale della zona

Inaugurata Foresta Levissima, progetto di riforestazione in Val di Fiemme

Tra il 28 e il 30 ottobre del 2018, la Tempesta Vaia ha colpito duramente il patrimonio forestale italiano, devastando aree boschive, 14 milioni di alberi totali nell’area Nord-Est italiana. Oggi, in occasione del sesto anniversario, Levissima rinnova il suo impegno nella rigenerazione ambientale dei territori colpiti.

Nel territorio d’origine della sua acqua, Levissima ha avviato insieme al Consorzio Forestale Alta Valtellina, il Comune di Valdisotto e l’Università degli Studi di Milano un importante progetto per la rigenerazione delle zone colpite, e da quest’anno ha allargato il suo impegno anche alla Val di Fiemme, in Trentino-Alto Adige. Un’iniziativa di bonifica e rimboschimento che porta avanti insieme ad un partner di rilievo come Vaia, giovane startup locale, nata proprio con la missione di restituire al territorio in cui risiede ciò che ha perduto dopo la tempesta.

Con Vaia, infatti, è stata inaugurata la 'Foresta Levissima' in Val di Fiemme: un progetto di riforestazione che copre 4 ettari di uno dei territori più colpiti dalla tempesta, con l’obiettivo di piantare 6.000 nuovi alberi. L’iniziativa contribuisce non solo al recupero delle foreste, ma anche al ripristino della biodiversità e alla tutela del delicato equilibrio ambientale della zona. Il progetto di riforestazione è reso possibile anche grazie alla partecipazione attiva dei cittadini attraverso la piattaforma di sostenibilità Rigeneriamo Insieme, creata per coinvolgere le persone nella salvaguardia dell’ambiente e permettere a chiunque di contribuire in modo concreto alla tutela degli ecosistemi montani e del pianeta.

In particolare, ogni acquisto, tramite piattaforma, del Vaia Cube, un amplificatore per smartphone realizzato artigianalmente con il legno degli alberi abbattuti dalla tempesta, consente la piantumazione di un nuovo albero. Un semplice gesto che rende ciascun cittadino parte attiva nel processo di rigenerazione del patrimonio naturale.

“L'anniversario della Tempesta Vaia è per noi un'occasione concreta per rinnovare il nostro impegno verso la riforestazione e la tutela ambientale - ha affermato Elena Limido, Senior Brand Manager di Levissima - Il progetto Rigeneriamo Insieme e la Foresta Levissima fanno parte del nostro impegno per ridurre l’impatto sul pianeta, attraverso azioni semplici ma concrete, tangibili, che possano fare la differenza sul lungo termine, a partire proprio dalla tutela delle foreste, polmoni verdi del nostro pianeta”.

L’iniziativa rappresenta un altro passo nel percorso di sostenibilità di Levissima, che da anni investe in progetti di sensibilizzazione e tutela dell'ambiente, a partire dall’ecosistema montano e dai territori in cui ha origine la sua acqua, in collaborazione con partner locali. Il progetto di piantumazione di quest’anno è solo l’inizio di un percorso che vedrà crescere, anno dopo anno, il numero di alberi piantati, con l’obiettivo di ripristinare integralmente le aree devastate dalla Tempesta Vaia.

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