Tumori, Ail: ‘Cosa fai dopo la vita?’ la campagna per lasciti testamentari
Dal 2017 raccolti oltre 15,2 mln di euro per cura e assistenza a pazienti oncoematologici
La vita delle oltre 500 mila persone che in Italia ogni anno lottano contro un tumore del sangue può essere cambiata anche grazie a un lascito solidale. È il messaggio della campagna di comunicazione dedicata ai lasciti ‘Cosa fai dopo la vita?’ di Ail, Associazione italiana contro le leucemie, i linfomi e il mieloma, che celebra la vita, attraverso il racconto commovente di un’amicizia che cresce nel corso di tanti anni, fino a culminare nella decisione matura e condivisa di fare un grande dono. Ail trasforma le donazioni dai lasciti solidali in cura e assistenza. Dal 2017 ad oggi sono stati raccolti in tutta Italia oltre 15,2 milioni di euro grazie alla generosità di chi ha indicato l’associazione nel proprio testamento. Queste donazioni hanno contribuito in maniera rilevante a sostenere le una serie di attività. Un lascito solidale - come testimoniano le storie della campagna con protagoniste Nives e Franca Maria - non è solo una buona azione, è un impegno che la persona assume con la comunità e con il futuro, consapevole di lasciare qualcosa di molto importante dopo di sé: una opportunità di guarigione e di speranza a chi soffre e lotta contro un tumore del sangue.
I lasciti solidali rappresentano una risorsa preziosa che Ail impiega per finanziare in tutta Italia progetti di ricerca di alto valore scientifico e sanitario e attività di assistenza, contribuendo in maniera significativa ai progressi della ricerca clinica, allo sviluppo di nuove terapie e ad assicurare in tutte le fasi della malattia l’assistenza ai malati e ai loro familiari e caregiver. Nel 2023, dettaglia una nota: la sede nazionale e le 83 sezioni Ail hanno finanziato 146 progetti di ricerca di cui, tra gli altri, 45 sulle leucemie, 19 sui linfomi, 13 sul mieloma, 6 su qualità di vita, 3 in ambito psico-oncologico; 77 sezioni hanno supportato 111 dipartimenti/strutture offrendo copertura ai costi di personale, strutture, acquisto di attrezzature e farmaci; 30 sezioni hanno partecipato al progetto di supporto alla mobilità sanitaria finanziato dalla sede nazionale Ail, sono stati effettuati 5.186 viaggi fuori provincia.
E ancora: 38 sezioni Ail con case di accoglienza per pazienti e familiari, e 88 unità immobiliari hanno ospitato 1.117 pazienti e 1.278 familiari per complessivamente 62.898 notti offerte; hanno beneficiato di supporto psicologico 4.535 pazienti/familiari grazie alle attività di 52 sezioni Ail; 33.001 cure domiciliari (29.302 adulti e 3.699 pediatrici) supportati da 31 sezioni e , infine, grazie a 53 sezioni 820 pazienti hanno usufruito del servizio navetta casa-ospedale all’interno della provincia.
I dati della recente indagine ‘Valori, donazioni e lasciti solidali’, realizzata da Walden Lab-Eumetra per il Comitato Testamento Solidale - comitato di organizzazioni non-profit, tra cui Ail, nato per promuovere la cultura del testamento solidale in Italia - rivelano che gli italiani alla domanda ‘quale valore vorreste lasciare a chi verrà dopo di noi’ fanno riferimento a valori come conoscenza, unità della famiglia, amore, libertà. Proprio a questi valori - informa l’Associazione - si ispira il sostegno ai pazienti che Ail, porta avanti da 55 anni. La conoscenza attraverso la ricerca scientifica conduce a nuove cure; l’amore dei 17.000 volontari al servizio dei malati; l’unione della famiglia mantenuta grazie ai numerosi servizi di assistenza delle 83 sezioni provinciali AIL; la possibilità di poter condurre una vita degna di essere vissuta anche durante le terapie.
Scegliere di fare un lascito ad Ail è molto semplice, è sufficiente la redazione di un testamento scritto di proprio pugno che permette di decidere come destinare i propri beni. Donare anche poco contribuisce a fare grandi cose. Nella maggior parte dei casi i testatori, principalmente donne, lasciano le proprie volontà scrivendo di proprio pugno un testamento olografo e scelgono di devolvere parte del proprio patrimonio a favore di più Enti non profit. Fare ‘testamento solidale’, in concreto, significa nominare nel proprio testamento, in qualità di erede o di legatario, una o più associazioni, organizzazioni, enti del terzo settore. È un gesto semplice e non vincolante a favore delle future generazioni, che può essere modificato in qualsiasi momento, senza ledere ai diritti degli eredi, rispettando le quote stabilite per legge.
Non sono necessari ingenti patrimoni, perché per sostenere il lavoro quotidiano di associazioni impegnate in cause umanitarie e scientifiche, anche un piccolo contributo può davvero fare la differenza. Si può decidere di lasciare anche solo una piccola somma di denaro o un bene mobile (opera d’arte, gioiello), un bene immobile (appartamento), il trattamento di fine rapporto (Tfr) o anche azioni ed altri titoli d’investimento. È possibile farlo in qualsiasi momento, scegliendo se scriverlo di proprio pugno (testamento olografo) o farlo redigere da un notaio alla presenza di testimoni (testamento pubblico). Entrambi questi testamenti produrranno effetto solo al momento dell’apertura della successione, e sarà sempre possibile modificarli, annullarli o sostituirli. La legge tutela gli eredi e riserva, comunque, ai soggetti definiti 'legittimari' - ovvero al coniuge o al soggetto unito civilmente e ai figli - una quota di eredità (quota di legittima), di cui il testatore non può disporre liberamente.
Cronaca
Salute, scienziati chiedono task force nazionale e reti...
Presentato alla Camera documento per nuova alleanza multidisciplinare contro emergenze ambientali e sanitarie
Una task force nazionale e delle reti regionali. E' la formula proposta per promuovere la One Health in tutta Italia da una Faculty di oltre 90 scienziati nel documento 'One Healthon, la rete della salute' elaborato da 'Forum One Health: laboratorio di idee', che viene presentato oggi alla Camera con un convegno nazionale a cui partecipano clinici, scienziati, rappresentati delle istituzioni e giornalisti. Secondo gli esperti, contro le emergenze ambientali e sanitarie è quindi necessaria, da subito, una nuova alleanza multidisciplinare tra specialisti di ambiti diversi per una 'rete della salute' in grado di realizzare interventi coordinati sulla base di percorsi ed indicatori condivisi. Il modello organizzativo e di lavoro deve essere quello delle reti oncologiche regionali che, dove attivate, hanno dimostrato ottimi risultati.
Il progetto nazionale, promosso per favorire la prevenzione, la ricerca, l'innovazione e la corretta comunicazione - spiega una nota - ha l'obiettivo di realizzare la One Health attraverso il confronto interno tra gli specialisti e un dialogo con le istituzioni. Il documento programmatico è infatti il frutto dell'attività di 8 tavoli di lavoro tematici, che nei mesi scorsi hanno prodotto un elenco di possibili proposte. "Il Forum nasce con l'intento di individuare progettualità condivise e realizzare azioni concrete - afferma Rossana Berardi, professore ordinario di Oncologia Università politecnica delle Marche, direttrice Clinica Oncologica Aou Marche, coordinatrice scientifica progetto One Healthon e presidente di One Health Foundation - La scienza e la ricerca hanno dimostrato come sia possibile ridurre il forte impatto delle malattie non trasmissibili. Bisogna intervenire sugli stili di vita, sull'inquinamento ambientale e puntare ad un miglioramento generale dell’assistenza sanitaria. E' questo l'approccio One Health che intendiamo portare avanti, ma per farlo vanno create una regia nazionale e delle reti dislocate sui diversi territori”.
Del resto, "cambiamenti climatici, inquinamento, possibili nuove pandemie o emergenze sanitarie globale come l'antibiotico-resistenza sono solo alcune delle sfide che dobbiamo affrontare - prosegue Giuseppe Quintavalle, commissario Asl Roma 1, referente Rapporti istituzionali e Area centro del progetto One Healthon - E' richiesta una sempre maggiore programmazione, collaborazione e anche un impegno comune per promuovere la cura, la ricerca e soprattutto la prevenzione. E' poi necessario un approccio multidisciplinare soprattutto nelle diverse aziende sanitarie dove devono lavorare team che includano medici, veterinari, ecologi e anche esperti in formazione e comunicazione".
Un esempio organizzativo "virtuoso della nuova sanità - sottolinea Berardi - è quello fornito dalle reti oncologiche regionali. Il cancro è una delle malattie più diffuse nel nostro Paese, per un totale di oltre 3 milioni di persone coinvolte direttamente. Le reti, dove sono state messe nelle condizioni reali di funzionare, hanno prodotto ottimi risultati per pazienti, caregiver e anche il resto della cittadinanza. Favoriscono infatti un migliore coordinamento delle attività di presa in carico del malato. Inoltre, abbattono le criticità che possono verificarsi nelle diverse strutture sanitarie sia ospedaliere che territoriali. Infine, il processo di digitalizzazione della sanità può favorire la One Health attraverso il ricorso a sistemi informatici interoperabili. Fondamentale è la condivisione dei dati sanitari elettronici integrati con quelli extra-sanitari. Anche in questo modo è possibile disporre di un tempestivo accesso a informazioni per monitorare costantemente la sanità pubblica".
Oltre a Berardi e Quintavalle, hanno coordinato i tavoli Attilio Bianchi, Mauro Boldrini, Vincenzo Caputo, Roberto Danovaro, Alessandro Delle Donne e Nicla La Verde.
Cronaca
Malattie rare, ok Ue a benralizumab per Egpa, granulomatosi...
Studio indica remissione clinica per 6 pazienti su 10 e interruzione corticosteroidi nel 41%
E' stato approvato nell'Unione europea benralizumab come trattamento aggiuntivo per pazienti adulti con granulomatosi eosinofila con poliangite (Egpa) recidivante o refrattaria. La Egpa è una rara vasculite immunomediata che può causare danni in differenti organi e, se non trattata, può risultare fatale. L'approvazione della Commissione europea - si legge in una nota diffusa da AstraZeneca - segue le raccomandazioni del Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell'Agenzia europea del farmaco Ema e si basa sui risultati positivi dello studio Mandara di fase 3, pubblicati sul 'The New England Journal of Medicine'.
Si tratta del primo studio comparativo di non inferiorità tra farmaci biologici nei pazienti con Egpa. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere una singola iniezione sottocutanea di benralizumab 30mg, oppure 3 iniezioni sottocutanee di mepolizumab 100mg ogni 4 settimane. Quasi il 60% dei pazienti trattati con benralizumab ha raggiunto la remissione clinica, percentuale paragonabile a quella dei pazienti trattati con mepolizumab. I dati hanno inoltre mostrato come il 41% dei pazienti trattati con benralizumab abbia interrotto completamente la terapia con corticosteroidi orali (Ocs), rispetto al 26% nel braccio mepolizumab.
"Questa nuova indicazione - spiega Cristiano Caruso, specialista in Allergologia e immunologia clinica, Fondazione policlinico universitario A. Gemelli di Roma, sperimentatore dello studio Mandara e partner dell'Egpa Study Group - rappresenta un importante traguardo nel trattamento dei pazienti affetti da Egpa, una patologia rara, complessa e di forte impatto sulla qualità di vita. Lo studio ci fornisce solide evidenze dei benefici di benralizumab in pazienti affetti da Egpa, dimostrando come, proprio grazie al suo peculiare meccanismo di azione capace di spegnere l'infiammazione eosinofilica, consenta il raggiungimento della remissione clinica in un numero elevato di pazienti, riducendo nel contempo la dipendenza da corticosteroidi orali, responsabili di effetti collaterali gravi a lungo termine. Queste evidenze sottolineano il ruolo importante che benralizumab potrà avere nell'armamentario terapeutico per il trattamento della granulomatosi eosinofila con poliangite. L'approvazione europea di benralizumab per il trattamento dell’Egpa rappresenta un'opportunità importante per la cura dei pazienti affetti da tale patologia e auspichiamo possa essere presto una realtà concreta anche in Italia".
La granulomatosi eosinofila con poliangite "è una malattia sistemica complessa che, proprio per la sua natura - illustra Francesca R. Torracca, presidente Apacs, Associazione pazienti sindrome di Churg Strauss - Egpa - fa sì che chi ne è affetto subisca un impatto rilevante sulla propria quotidianità non solo dal punto di vista fisico, ma anche sociale, psicologico e lavorativo. I sintomi con cui la malattia esordisce sono spesso sovrapponibili a quelli di altre patologie respiratorie a maggiore prevalenza, e questo rende spesso difficile arrivare a una diagnosi la cui tempestività, invece, è fondamentale per migliorare la prognosi e, di conseguenza, la qualità di vita dei pazienti. Come associazione siamo costantemente impegnati nel fornire un supporto concreto alle persone affette da Egpa, promuovendo la conoscenza della patologia, la sensibilizzazione e lo sviluppo di una rete di centri di riferimento sul territorio nazionale, affinché tutti i pazienti possano avere accesso a cure sempre più efficaci e personalizzate. Avere a disposizione una nuova opzione terapeutica per il controllo dell'Egpa rappresenta pertanto un ulteriore passo nella storia della patologia che permetterà ai pazienti di migliorare aspettativa e qualità di vita".
L'approvazione europea di benralizumab per il trattamento dei pazienti adulti con Egpa "definisce un momento di svolta nella gestione terapeutica dei pazienti che ne sono affetti - commenta Raffaela Fede, direttore medico AstraZeneca Italia - I risultati dello studio Mandara segnano un passo fondamentale per il trattamento di questa patologia rara e complessa, aprendo le porte a nuove prospettive di cura per offrire una speranza tangibile ai pazienti e migliorarne sensibilmente la qualità di vita. Un risultato importante, che ribadisce il nostro costante impegno nella ricerca grazie all'implementazione di programmi di sviluppo di molecole come benralizumab, con l'obiettivo di portare soluzioni terapeutiche in aree, come quella delle patologie rare, caratterizzate da un importante bisogno clinico non ancora soddisfatto. Siamo pertanto orgogliosi di mettere a disposizione di pazienti e Comunità scientifica benralizumab, proponendo soluzioni innovative e personalizzate per affrontare le sfide uniche di questa malattia".
Il profilo di sicurezza e tollerabilità di benralizumab nello studio è risultato coerente con il profilo già noto del farmaco. Circa la metà dei pazienti con Egpa presenta asma grave eosinofilica (Sea) con esordio in età adulta e spesso mostra sintomi sinusali e nasali. Benralizumab è il secondo farmaco biologico approvato per il trattamento di questa malattia. Attualmente è approvato come trattamento aggiuntivo per la Sea in più di 80 Paesi, tra cui Stati Uniti, Giappone, Unione europea e Cina. E' inoltre approvato nei bambini e negli adolescenti dai 6 anni in su negli Stati Uniti e in Giappone. A settembre benralizumab è stato approvato per la Egpa negli Stati Uniti.
Cronaca
Formazione, Osservatorio Stem Deloitte: “Aziende in...
Per il 75% delle imprese le Stem saranno fondamentali per garantire l’innovazione continua e per il 55% nel guidare la trasformazione digital
Dal punto di vista delle imprese, le competenze Stem sono molto ricercate e le caselle disponibili difficilmente coperte: secondo la terza edizione dell’Osservatorio Stem 2024 - Empowering the multiple transitions through Stem skills realizzato da Deloitte, infatti, più di un’azienda su due conferma di aver avuto difficoltà a reperire le risorse necessarie in questo campo. Le competenze più ricercate sono nell’ambito di ingegneria (63% delle grandi aziende e 47% delle medio-piccole), seguito da scienza (51% grandi e 46% medio-piccole) e tecnologia (55% grandi e 42% medio-piccole). Inoltre, circa un’azienda su tre ritiene che trovare e trattenere le risorse con competenze Stem sia complesso anche a causa della competizione internazionale, mentre 6 su 10 affermano che occorrono salari più competitivi per attrarre questi profili. Per il 75% delle imprese le Stem saranno fondamentali per garantire l’innovazione continua e per il 55% nel guidare la trasformazione digitale.
Rispetto alla media, i professionisti Stem, che lavorano nell’ambito delle discipline scientifico-tecnologiche, attribuiscono una forte priorità alla “possibilità di lavorare in un contesto internazionale e dinamico” (il 29% contro un 17% di chi non ha scelto questi ambiti) e alla “integrità etica e sostenibilità ambientale/sociale dell’azienda” (18% contro 11%). Secondo il rapporto, inoltre, per circa 1 giovane occupato su 3, la scelta dell’impiego è guidata dalle prospettive economiche e di carriera e da una maggiore flessibilità e migliore equilibrio vita-lavoro. Otto giovani lavoratori su 10 invece prevedono, entro tre anni, cambiamenti lavorativi, di ruolo, attività o azienda; per circa un terzo del campione, inoltre, il futuro lavorativo è all’estero.
Secondo i giovani lavoratori, i settori in cui le Stem possono offrire un maggiore contributo sono scienza, salute e medicina (43%), autonomia energetica (38%) e intelligenza artificiale/machine learning (32%). Sei Stem-workers su 10 ritengono utile un approccio formativo multidisciplinare che coniughi discipline tecnico-scientifiche e umanistiche.