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Cancro al retto, Siena (UniMi): “Un 1 caso su 4 si può evitare la chirurgia”

Il principal investigator dello studio No-Cut: "Importante nella diagnosi identificare se è Msi o Mss"

 - (Fotogramma)

Nel momento in cui c'è una diagnosi di carcinoma del retto localmente avanzato, cioè o molto grosso o con linfonodi contigui interessati dal tumore, "la prima cosa da fare è assicurarsi che venga verificato se si tratta di tumore Msi o Mss, perché se è Msi (dall'inglese, instabilità dei microsatelliti) devo fare l'immunoterapia, ma se si tratta di tumore al retto localmente avanzato Mss (stabilità dei microsatelliti) ci sono delle novità da considerare". Come dimostrano "i risultati dello studio 'No-Cut', recentemente presentato al Congresso europeo di oncologia (Esmo), nel tumore del retto localmente avanzato Mss una persona su 4 può avere remissione completa senza chirurgia del retto". Così Salvatore Siena, direttore del Dipartimento Oncologico dell'Ospedale Niguarda e professore di Oncologia medica all'Università degli Studi di Milano, spiega all'Adnkronos Salute, come principal investigator dello studio, le ultime novità nella cura di uno dei tumori più diffusi.

Le neoplasie "del grosso intestino, cioè del colon e del retto, sono le seconde neoplasie più frequentemente diagnosticate in Italia - ricorda Siena - Ogni anno, nel nostro Paese, ci sono circa 38mila nuovi casi di carcinoma del colon e 14mila nuove diagnosi di carcinoma del retto, più o meno equamente distribuiti fra uomini e donne. Se tempo fa la malattia si manifestava negli anziani, ultimamente si registra un aumento dell'incidenza per il tumore del grosso intestino in giovani con meno di 40 anni". Attualmente queste neoplasie "rappresentano la seconda/terza causa di morte", nonostante "i progressi nei trattamenti e delle campagne di diagnosi precoce, di screening: se non ci fossero, sarebbe molto peggio". Per capire l'impatto delle patologie nella vita delle persone, si deve ricordare che, se il colon "è deputato principalmente alle funzioni fisiologiche della digestione e del mantenimento del metabolismo - precisa lo specialista - il retto è costituito da una serie di strutture sfinteriche per svolgere la funzione di evacuazione. L'intervento chirurgico per l'eliminazione del tumore a questo livello è quindi molto più invasivo, con sequele più invalidanti sulla qualità di vita, anche dal punto di vista sociale, specie nel caso in cui si debba amputare il retto e si debba posizionare una stomia, noto come 'sacchetto'".

E' possibile fare una prevenzione primaria, "che consiste nel miglioramento degli stili di vita, nel preferire la dieta mediterranea, evitando le carni conservate e l'eccessivo consumo della carne rossa, che non deve essere tolta dalla dieta - chiarisce l'oncologo - Esiste poi una prevenzione secondaria, cioè la diagnosi precoce con le campagne di screening organizzate dalle autorità regionali con analisi del sangue occulto delle feci, tra i 50 e 69 anni. In base all'esito si può prevedere la colonscopia per indagare la presenza di tumori maligni o di adenomi, noti come polipi, che sono benigni, ma che si possono asportare per evitare che diventino maligni".

Oggi, illustra Siena, i trattamenti del cancro al retto sono "la chirurgia, la radioterapia, la chemioterapia, l'immunoterapia e le terapie a bersaglio molecolare. Vengono utilizzate a seconda che si tratti di tumore Msi o Mss e dello stadio, cioè dell'estensione della malattia. Nello stadio iniziale (1-2), la terapia di scelta è la chirurgia. Negli stadi 3 cosiddetti localmente avanzati, ossia per tumori molto grossi, quelli che noi chiamiamo T4, o con interessamento linfonodale loco regionale, cioè vicino al retto, la terapia dipende dalle caratteristiche del tumore. Se ha una instabilità microsatellitare (Msi), condizione che interessa il 5-7% delle diagnosi, si può ricorrere all'immunoterapia, perché tale condizione rende il cancro suscettibile a questa cura. Nel caso la caratteristica molecolare sia di stabilità microsatellitare (Mss), il 95% dei casi, il trattamento è multimodale e consiste in radioterapia, chemioterapia e chirurgia. Ma ci sono delle novità perché nel 26% dei casi si può evitare l'intervento chirurgico, come dimostra lo studio No-Cut che ha coinvolto 4 istituti italiani - il Niguarda di Milano come capofila, l'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, l'Istituto oncologico veneto (Iov) di Padova e il Giovanni XXIII di Bergamo - ed è stato finanziato da Airc Ets e Fondazione Oncologia Niguarda Ets".

Scopo dello studio, "che ha interessato 180 persone con carcinoma del retto medio e basso - prosegue lo specialista - era di verificare quanto osservato a livello di casistica retrospettiva e cioè che, in presenza di remissione clinica dopo radio-chemioterapia, l'omissione della chirurgia non pregiudicasse la recidiva a distanza. In questi pazienti, dopo i primi 2 trattamenti, invece di procedere con la chirurgia, si è fatta una rivalutazione. In presenza di remissione clinica completa", valutata con opportuni test, "non si è proceduto alla chirurgia. Tale situazione si è verificata in un paziente su 4 e, attualmente, abbiamo pazienti in remissione da 5 anni". Un simile risultato è stato possibile "grazie all'alleanza fortissima tra medici, ricercatori e pazienti - sottolinea l'oncologo - Senza il loro coraggio non sarebbe stato possibile verificare che l'omissione della chirurgia non mette in pericolo la persona per una recidiva a distanza". La ricerca ora "è focalizzata nell'identificare, attraverso la biopsia liquida, la presenza nel sangue di marcatori che possono individuare le persone che vanno in remissione completa e che non necessitano della chirurgia".

Ci sono però novità anche per i tumori Msi. "Uno studio recente ha infatti mostrato che l'impiego di 9 iniezioni di immunoterapia con dostarlimab, che è disponibile in Italia, determina una remissione completa. In questi pazienti non c'è bisogno né di chemio, né di radio, né di chirurgia - rimarca Siena - Appena abbiamo saputo di questi risultati, un lavoro americano del 2022, abbiamo subito attivato uno studio real-world, quindi dalla vita reale, pubblicato su 'Esmo Open', che evidenzia un 96% di remissioni complete, senza chemio, senza radio e senza chirurgia". Alla luce di questi risultati diventa sempre più importante, "in fase di diagnosi, conoscere le caratteristiche del tumore - Msi o Mss - ma anche recarsi in centri altamente specializzati - conclude - per una presa in carico completa".

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.

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Salute e Benessere

Ecco dove risiede la memoria episodica, passo avanti contro...

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I risultati di uno studio del Cnr e della Scuola normale superiore di Pisa in collaborazione con l'università di Amsterdam

Un'immagine relativa al cervello umano (Foto )

Un altro passo avanti contro l'Alzheimer da una ricerca che indaga l'importante ruolo della corteccia entorinale laterale del cervello nella memoria episodica. "Abbiamo dimostrato", attraverso un modello sperimentale, che "la formazione dei ricordi è associata all'aumento del numero di neuroni attivi" in quest'area. Inoltre, "abbiamo potuto verificare che gli stessi neuroni si riattivano durante il recupero del ricordo dell'esperienza specifica, mentre il loro silenziamento inibisce la capacità di richiamare il ricordo stesso", spiegano Francesca Tozzi e Stefano Guglielmo del laboratorio di biologia Bio@sns della Scuola normale superiore di Pisa, evidenziando i risultati della ricerca coordinata dall'Istituto di neuroscienze del Cnr (Cnr-In) della città toscana e in collaborazione con la Vrije Universiteit di Amsterdam.

La ricerca

La ricerca è stata recentemente pubblicata sulla rivista 'Cell Reports', e indaga il ruolo della corteccia entorinale laterale nella memoria episodica, dimostrando che l'inibizione dei neuroni presenti in questa area del cervello ne compromette le prestazioni, mentre la loro stimolazione facilita significativamente il richiamo di questa tipologia di memoria, che consente di ricordare le esperienze vissute. Comprendere questi meccanismi neurobiologici potrà fornire - spiegano i ricercatori - nuove prospettive nella lotta contro le patologie che coinvolgono il deterioramento cognitivo, come l'Alzheimer.

La memoria episodica

La memoria episodica rappresenta una funzione fondamentale del cervello, dal momento che consente di creare e richiamare ricordi complessi che integrano informazioni su cosa è accaduto, quando e dove. "Questi risultati indicano che la corteccia entorinale laterale gioca un ruolo cruciale nel circuito cerebrale responsabile della memoria della nostra vita, della formazione e nel recupero dei ricordi, o engrammi, legati alle esperienze personali", evidenzia Nicola Origlia del Cnr-In, coordinatore del gruppo di ricerca.

"Il deterioramento della memoria episodica è uno dei primi segnali di malattie neurodegenerative come l'Alzheimer ed è spesso accompagnato da alterazioni nella funzionalità di questa area cerebrale. Conoscere i processi neurobiologici che sono alla base della formazione e del recupero dei ricordi potrà fornire nuovi elementi utili per contrastare lo sviluppo di queste malattie, impattando positivamente sulla nostra salute", conclude Origlia.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato dall’agenzia Adnkronos. Sbircia la Notizia Magazine non è responsabile per i contenuti, le dichiarazioni o le opinioni espresse nell’articolo. Per qualsiasi richiesta o chiarimento, si prega di contattare direttamente Adnkronos.
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Salute e Benessere

Scoppia il caso Gemmato: Fratelli d’Italia fa...

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Il sottosegretario nel mirino della minoranza per la convenzione dell'Asl Bari con Therapia Srl, il centro medico di cui l'esponente di Fdi possiede il 10%

Marcello Gemmato - Fotogramma

Fratelli d'Italia fa quadrato attorno al sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, finito nel mirino delle opposizioni per il caso della Therapia Srl, centro medico in provincia di Bari di cui l'esponente di Fdi possiede il 10% e che sul sito propone di affidarsi ai suoi servizi "senza dover attendere i lunghi tempi del Servizio sanitario pubblico". La società in questione, che gestisce tre poliambulatori medici e diagnostici, tra l'altro ha stipulato con l'Asl di Bari una convenzione della durata di tre anni "per la concessione di delega alla produzione ed utilizzo di emocomponenti per uso topico di origine autologa". Tale atto, come si legge in un documento scaricabile dal sito dell'Asl, è stato recepito con una deliberazione del direttore generale dell'Azienda sanitaria locale Luigi Fruscio adottata il 24 luglio 2024.

Interpellato dall'Adnkronos, Gemmato rimanda al contenuto del suo post su Facebook dove rispedisce al mittente le accuse di conflitto di interessi.

"Una sinistra bugiarda e rancorosa che non sa più a cosa appigliarsi", attacca il sottosegretario di Fratelli d'Italia, secondo il quale "le polemiche stanno a zero". "Ho il 10% di una società senza averne alcuna responsabilità di gestione (figuriamoci poi dei contenuti del sito internet)", prosegue il parlamentare pugliese, che puntualizza: "Non esiste alcun conflitto di interessi come certifica il Garante della concorrenza; con il governo Meloni e il ministro Schillaci ci stiamo occupando del problema delle liste di attesa creato dalla mala gestione di decenni di sinistra al governo", conclude Gemmato allegando la lettera con il parere dell'Autorità garante della concorrenza e del marcato.

Opposizioni all'attacco: "Si dimetta"

Le opposizioni però invocano un passo indietro del sottosegretario. Per la segretaria del Pd Elly Schlein, Gemmato "non può rimanere al suo posto" alla luce di un "palese conflitto di interessi": la leader dem chiede alla premier Giorgia Meloni di chiarire sulla nomina del sottosegretario. Sulla stessa lunghezza d'onda anche Avs e Movimento 5 Stelle, con Giuseppe Conte che tuona contro il "conflitto d'interessi" di Gemmato, il quale a suo giudizio starebbe "facendo pubblicità, da socio proprietario di una clinica privata" per dire "che da lui le file non ci sono, a differenza della sanità pubblica".

FdI fa quadrato

Il partito di Gemmato però si schiera compatto con il sottosegretario. Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione di Fdi, parla di sinistra "oltre il ridicolo": "Invece di chiedersi perché non vengono scelti dagli italiani ed elaborare una proposta credibile, pensano di risolvere tutto attaccando e delegittimando personalmente qualcuno di centrodestra", scrive in una nota il deputato. Per il capogruppo di Fdi alla Camera Tommaso Foti "la sinistra sceglie un nuovo bersaglio su cui scagliare le proprie frustrazioni e incapacità nella gestione della sanità pubblica". Nei confronti di Gemmato arriva solidarietà anche da parte del presidente dei senatori meloniani Lucio Malan, il quale ricorda come il governo Meloni abbia "stanziato fondi senza precedenti per la sanità, anche per risolvere la grana delle liste d'attesa dovuta a troppi anni di inefficienze e tagli della stessa sinistra che oggi vorrebbe fare la morale".

'Convenzione' con l'Asl di Bari, cosa dice Therapia Srl

Interpellate sulla delibera del direttore generale dell'Asl di Bari, fonti di Therapia Srl precisano che "il termine convenzione si riferisce al protocollo attraverso il quale la Asl, ai sensi del D.M. 2 novembre 2015 recante 'Disposizioni relative ai requisiti di qualità e sicurezza del sangue e degli emocomponenti', art. 20 comma 7, disciplina la modalità con cui questo servizio può essere espletato e autorizza la struttura sanitaria in oggetto alla produzione ed utilizzo di emocomponenti per uso topico di origine autologa".

"Trattandosi di prestazioni particolarmente delicate (prelievo di sangue e trasfusioni)", proseguono le stesse fonti, "le Asl hanno attuato un'attività di vigilanza severa su tutte le strutture sanitarie che effettuano tali servizi. Therapia quindi - si sottolinea - non riceve alcun compenso dalla Asl, non essendo un'azienda accreditata, ma al contrario riconosce ai servizi trasfusionali le tariffe previste dalla vigente normativa".

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Salute e Benessere

Un veleno potentissimo, cos’è la sindrome causata...

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Di cosa si tratta, in che forma si presenta e i sintomi della grave intossicazione che ha portato alla morte di un'anziana a Roma

Pronto soccorso - Fotogramma

All'origine di tutto c'è un batterio: Clostridium botulinum, il botulino. O meglio le tossine rilasciate da questo microrganismo e da altri clostridi, microrganismi anaerobi che si possono trovare nel suolo o nella polvere sotto forma di spora. Sono loro che provocano il botulismo, grave intossicazione che può scatenare una sindrome neuro-paralitica e avere conseguenze letali, portando a paralisi respiratoria e asfissia. L'ultima vittima finita all'attenzione delle cronache è un'anziana morta a Roma, per avvelenamento da botulino. Il caso a settembre. La donna aveva mangiato insieme alla figlia - finita in terapia intensiva - una zuppa di carciofi acquistata al supermercato, e la procura di Roma ha aperto un fascicolo d'indagine per omicidio colposo a carico di ignoti.

"Il più potente veleno conosciuto" in quale forma si presenta?

Le tossine botuliniche, come si spiega in un focus su 'Epicentro', il portale di epidemiologia dell'Istituto superiore di sanità (Iss), sono considerate per l'uomo "il più potente veleno conosciuto", con una dose letale stimata in 1 nanogrammo (ng)/kg.

Il botulismo si presenta sotto varie forme: alimentare, infantile, da ferita, negli adulti, si legge in un approfondimento sul sito dell'Irccs Humanitas. Vista la pericolosità, evidenziano gli esperti, è necessario intervenire rapidamente, anche se i sintomi nella fase iniziale sono spesso simili a quelli di disturbi meno gravi, come una gastroenterite.

Il botulismo alimentare è la più nota e comune forma di botulismo, si verifica quando la contaminazione interessa conserve sott'olio, carne o pesce in scatola, salumi. L'intossicazione è causata dall'accumulo delle tossine prodotte dai clostridi nell'intestino.

I sintomi si manifestano generalmente dopo 18 o 36 ore dal momento in cui la tossina viene a contatto con l'organismo. In alcuni casi possono passare anche molti giorni, fino a 8, prima di lamentare i segni della tossinfezione.

I sintomi del botulismo

Quali sono i sintomi? Nella fase iniziale ci possono essere diarrea, dolori addominali, nausea e vomito, quindi qualcosa di molto simile a una gastroenterite, fanno notare gli esperti di Humanitas. Ma in realtà la situazione progredisce poi molto rapidamente, e precipita, portando a difficoltà a deglutire e parlare, alterazione della vista, visione annebbiata o sdoppiata (diplopia), secchezza della bocca, palpebre cadenti, problemi di respirazione, difficoltà a muovere i muscoli facciali, paralisi.

Come si previene?

In Italia, ripercorre Epicentro, il botulismo è una malattia a notifica obbligatoria dal 1975. Nel 1990, a seguito della riorganizzazione del sistema informativo delle malattie infettive e diffusive, è stato inserito tra le malattie di classe I, per le quali è richiesta la segnalazione da parte del medico all'azienda sanitaria entro 12 ore dalla formulazione del sospetto clinico, percorso attraverso il quale il caso arriva all'attenzione del sistema di sorveglianza nazionale esistente per la patologia.

Come si previene il botulismo? La prevenzione - si legge nell'approfondimento di Humanitas - si attua evitando di consumare cibi sulla cui preparazione e conservazione non si hanno garanzie, e cibi scaduti. Le conserve fatte in casa, ad esempio, sono maggiormente rischiose di quelle di produzione industriale. Sono ritenute sicure le conserve di alimenti acidi, come passata di pomodoro e sott'aceto, con alte concentrazioni di zucchero come marmellate e confetture, sale, conserve in salamoia. In tutti i casi valgono le regole di igiene personale, regolare e scrupolosa. E quando ci si procura una ferita è sempre necessario disinfettarla accuratamente.

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