Houthi, il gruppo ‘esce’ dallo Yemen: con la Russia alle spalle è minaccia globale
L'analisi dei miliziani sul Wall Street Journal: "Da combattenti in sandali a rock star, tratto benefici da guerra a Gaza"
Gli Houthi dello Yemen, che l'Iran è da anni accusato di sostenere, hanno tratto beneficio dalla 'discesa in campo' nel conflitto a Gaza. E' la conclusione di funzionari e analisti occidentali citati dal Wall Street Journal. Da gruppo armato locale a "rock star" delle milizie. Ed è un quadro "allarmante", soprattutto per lo 'zampino' degli Houthi fuori dai confini yemeniti, ma anche per il "crescente coinvolgimento" di Mosca in Yemen con mosse russe che sembrerebbero essere in risposta al sostegno americano a Kiev.
Dall'inizio del conflitto a Gaza, lo scorso anno dopo l'attacco di Hamas in Israele, gli Houthi hanno lanciato droni e missili contro più di 80 mercantili nel Mar Rosso. E se nell'ultimo mese l'"asse della resistenza" ha sofferto una serie di duri colpi per le operazioni israeliane, con Hamas e Hezbollah che si sono ritrovati con leadership "decapitate", oltre alla risposta israeliana all'attacco missilistico iraniano del primo ottobre, gli Houthi hanno continuato anche questa settimana ad attaccare navi nel Mar Rosso, ultima dimostrazione - secondo il giornale - di come l'escalation nella regione sembri rafforzare un attore, un tempo minore, sostenuto dalla Repubblica Islamica.
Dallo Yemen all'estero: 'manodopera' per altri conflitti
Gli Houthi e i loro arsenali sono finiti nel mirino di operazioni di Usa e alleati, anche israeliane, ma i raid americani - scrive il giornale - non hanno fatto molto per annientare le capacità del gruppo. Così, secondo le fonti occidentali del Wsj, gli Houthi si stanno persino 'allargando' rapidamente all'estero, prestando manodopera per altri conflitti nel mondo e creando legami internazionali con una serie di attori in Medio Oriente, Africa e anche in Russia.
"Una delle conseguenze sfortunate del conflitto a Gaza è che - sintetizza l'inviato speciale Usa per lo Yemen, Timothy Lenderking - gli Houthi hanno raddoppiato i contatti con gli attori maligni nella regione e oltre". In un'intervista parla di un trend "molto allarmante" e assicura che gli Stati Uniti sono in contatto con i partner nella regione. No comment dagli Houthi, che dal 2014 controllano la capitale yemenita Sana'a.
Gli sviluppi di dieci anni fa spinsero a intervenire l'Arabia Saudita e altri Paesi, la coalizione militare guidata da Riad. Di fronte all''asse sunnita', l'Iran - patria dello sciismo - ha risposto con l'invio di altre armi e l'addestramento dei ribelli sciiti Houthi. Passati quasi dieci anni, evidenzia il giornale, gli Houthi facevano i conti con una crisi finanziaria in peggioramento e con il malcontento per il mancato pagamento di stipendi. E quando è scoppiato il conflitto a Gaza gli Houthi hanno iniziato a lanciare missili e droni con l'obiettivo di colpire Israele e la navigazione internazionale nel Mar Rosso. Una mossa che - osserva Mohammed Albasha, analista che vive negli Usa ed è esperto di sicurezza in Medio Oriente - ha dato al gruppo "una rinnovata legittimità interna e nella regione", come "difensore di Gaza nel più ampio conflitto israelo-palestinese".
"Da combattenti in sandali a rock star"
E in terra yemenita il reclutamento è andato ad aumentare. "Gli Houthi si sono trasformati da combattenti in sandali a rock star", spiega Michael Knights, cofondatore della piattaforma Militia Spotlight, che studia le milizie sostenute dall'Iran in Medio Oriente. Il Wsj cita un recente rapporto Onu, redatto da un gruppo di esperti, con prove della cooperazione degli Houthi con gruppi stranieri, in particolare centri operativi congiunti in Iraq e Libano, e con la conclusione che gli Houthi si stanno trasformando da "un gruppo armato locale con capacità limitata a potente organizzazione militare". Tra gli analisti c'è chi sostiene che l'attenzione della campagna militare israeliana concentrata su altri gruppi sostenuti dall'Iran abbia 'avvantaggiato' gli Houthi e, secondo Albasha, dopo l'uccisione dello storico leader degli Hezbollah libanesi, Hasan Nasrallah, in un raid israeliano a Beirut il 27 settembre scorso, "gli Houthi si sono fatti rapidamente avanti per riempire il vuoto politico e militare all'interno dell'asse della resistenza".
Non solo. Secondo Lenderking, è "abbastanza estesa" la cooperazione degli Houthi con gli al-Shabaab della Somalia e i due gruppi, lancia l'allarme, parlano di come "minacciare" ulteriormente "la libertà di navigazione nel Mar Rosso". Stando al rapporto Onu citato dal giornale, gli Houthi hanno anche acconsentito al trasferimento di droni, ordigni esplosivi e altri armamenti ad al Qaeda nella penisola araba (Aqap) e con il gruppo parlano di attacchi congiunti al governo yemenita con sede ad Aden e contro obiettivi in mare. Uno sviluppo che preoccupa Arabia Saudita, Oman e Gibuti, come evidenzia Lenderking.
Le armi dalla Russia
E gli Houthi stanno anche cercando di trovare nuove strade per forniture di armi e finanziamenti all'estero, anche da Mosca, scrive il Wsj che torna su Vitkor Bout, noto come "il mercante della morte". Nei giorni scorsi il giornale aveva scritto che sarebbe coinvolto in un traffico di armi con gli Houthi e il Cremlino aveva subito parlato di "fake news".
Bout, dal 2008 in un carcere americano, è tornato in Russia nel 2022 in seguito a uno scambio di prigionieri con gli Stati Uniti e, insiste oggi il giornale, sta cercando di vendere fucili d'assalto agli Houthi. L'articolo parla del crescente coinvolgimento di Mosca in Yemen e, citando un funzionario della sicurezza occidentale, di una nave da guerra russa che ad aprile ha trasferito dal porto di Hodeidah un comandante dei Pasdaran iraniani responsabile per i programmi di droni e missili in Yemen. Sul comandante Abdul Reza Shahlai, accusato di aver complottato l'uccisione dell'ambasciatore saudita a Washington, c'è una taglia Usa da 15 milioni di dollari. Non solo, come scrive ancora il Wsj citando fonti americane, la Russia ha fornito agli Houthi dati mentre attaccavano navi occidentali nel Mar Rosso e valuta la consegna di missili antinave. Mosca, conclude Lenderking, "usa lo Yemen come modo per vendicarsi degli Stati Uniti".
Esteri
Zelensky contro Usa, Nato e alleati. Russia esulta:...
Non solo Alleanza atlantica e Stati Uniti per il ritardo nella consegna delle armi, il presidente ucraino critica anche l'Occidente per la reazione "nulla" all'arrivo delle truppe di Kim. E Mosca attacca
Non solo Nato e Usa per il ritardo nella consegna delle armi, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky critica anche l'Occidente per la non-reazione all'arrivo delle truppe nordcoreane mandate da Kim Jong-un in Russia. Le dure parole del leader di Kiev arrivano in un'intervista rilasciata ai media sudcoreani, colloquio durante il quale ha anche affermato di essere in particolare "sorpreso dal silenzio della Cina" su questo dispiegamento. Pyongyang ha inviato migliaia di militari in Russia: in totale, dovrebbero essere circa 12mila. Le prime unità avrebbero raggiunto la regione russa di Kursk, invasa dalle forze di Kiev all'inizio di agosto, e sarebbero pronte ad entrare in azione.
"Penso che la reazione su questa questione sia stata nulla", ha detto Zelensky, che solo poche ore prima aveva già alzato la voce contro Stati Uniti e Alleanza Atlantica per gli aiuti centellinati e i divieti imposti in una fase decisamente critica del conflitto. Mosca infatti continua intanto a compiere progressi sul fronte nel Donetsk mentre l'esercito di Kiev è surclassato in termini di armamenti.
"Le truppe nordcoreane non hanno ancora iniziato a combattere, ma è questione di giorni, non di mesi", ha poi sottolineato ai media sudcoreani mentre gli Usa parlano di 8mila soldati di Pyongyang già dispiegati a Kursk. "Quando saranno schierati, saranno spinti in prima linea e subiranno pesanti perdite", ha detto ancora il presidente ucraino, secondo cui "la Russia cerca di minimizzare la mobilitazione delle proprie truppe, una questione politicamente delicata per Putin a livello nazionale" perché "danneggia il suo indice di gradimento". Per Zelensky, "la maggioranza" in Russia non sostiene la mobilitazione.
A esultare intanto per l'evidente difficoltà del leader ucraino è, ovviamente, la Russia. Secondo il rappresentante di Mosca presso le Nazioni Unite, Vasili Nebenzia, il “crollo” delle truppe ucraine in prima linea sarebbe infatti dovuto principalmente alla perdita di “ogni legittimità” da parte del presidente Zelensky.
"La ragione principale del crollo delle truppe ucraine in prima linea è che la gente ha semplicemente smesso di credere a quell'ex attore, che già da maggio ha perso ogni legittimità", le parole di Nebenzia in riunione del Consiglio di Sicurezza riprese dalla Tass. Il rappresentante russo ha quindi sottolineato che "anche Washington e i suoi alleati" si sono già resi conto di questa situazione e stanno iniziando a capire che "il problema del regime di Zelensky non è che non ha abbastanza armi e munizioni", ma che ha perso la fiducia della sua stessa popolazione.
La critica e il messaggio agli Usa
"Prima del summit di Washington" a luglio, "i nostri partner hanno detto che non erano pronti ad accogliere l'Ucraina nella Nato ma avrebbero fornito 6 o 7 sistemi di difesa aerea per proteggere i nostri cieli. Non abbiamo ancora ricevuto questi sistemi e abbiamo avuto solo il 10% del pacchetto varato dal Congresso degli Stati Uniti nel 2014. Non è questione di denaro ma di burocrazia e logistica", aveva detto due giorni fa Zelensky nella sua critica agli Usa.
"Riteniamo che la Russia riceva tra i 10 e 12 miliardi di dollari al mese" tra aiuti e operazioni che sfuggono alle sanzioni. "Se consideriamo il sostegno che l'Ucraina ha ricevuto durante la guerra da tutti i partner, vedrete che è inferiore a quello che ha ricevuto la Russia perché le sanzioni funzionano ma non al 100%", affermava.
C'è un motivo particolare, poi, che induce Zelensky a esprimere una dose di malcontento supplementare. Il New York Times ha diffuso la notizia secondo cui Kiev avrebbe chiesto invano agli Usa la fornitura di missili Tomahawk. "Era un'informazione riservata", spiegava. La richiesta di missili Tomahawk con una gittata di 2.400 chilometri faceva parte del "pacchetto di deterrenza non nucleare" segreto incluso nel piano di vittoria dell'Ucraina.
Esteri
Harris-Trump, è testa a testa in Georgia e North Carolina:...
La dem e il tycoon praticamente appaiati nei due Stati 'battleground' del sud che potrebbero rivelarsi decisivi per la vittoria finale
Kamala Harris e Donald Trump sono praticamente appaiati in Georgia e North Carolina, due Stati 'battleground' del sud che potrebbero rivelarsi decisivi per la vittoria finale. E' quanto emerge da nuovi sondaggi condotti da Ssrs per la Cnn, secondo i quali Trump è in vantaggio su Harris 48% a 47% tra i 'probabili elettori' in Georgia, mentre lo scenario si ribalta in North Carolina.
I distacchi tra i due candidati si trovano all'interno del margine di errore e quindi non c'è un chiaro favorito in alcuno dei due Stati. Il North Carolina ha votato repubblicano nelle ultime tre elezioni presidenziali, anche se nel 2020 Trump ha vinto su Biden di poco più di un punto percentuale. Quattro anni fa in Georgia, invece, Biden sconfisse Trump con un margine inferiore a un punto, dando ai democratici la prima vittoria dopo quella di Bill Clinton nel 1992.
Sono intanto oltre 60 milioni gli elettori che hanno già votato in 47 Stati e nel Distretto di Columbia, dove si trova la capitale Washington, riferisce la Cnn, precisando che si tratta di circa il 38% dei circa 158 milioni di voti espressi nel 2020. Secondo l'emittente, 10 Stati hanno già superato il 50% dei voti totali di quattro anni fa, guidati dalla Georgia, dove i voti espressi sono già oltre due terzi.
Esteri
Netanyahu avverte: “Israele può raggiungere qualsiasi...
Secondo il NYT per la Guida suprema dell'Iran "non rispondere significa ammettere la sconfitta". Ma arriva l'avvertimento del premier israeliano alla cerimonia di chiusura del corso per ufficiali delle Idf
La Guida suprema dell'Iran, l'ayatollah Ali Khamenei, ha ordinato al Supremo consiglio per la sicurezza nazionale del Paese di prepararsi ad attaccare Israele. Lo ha riferito il New York Times, citando tre funzionari iraniani. Khamenei, scrive il giornale americano, ha preso la decisione dopo aver esaminato un rapporto dettagliato di comandanti militari sull'entità dei danni provocati dal raid israeliano della scorsa settimana alla capacità di produzione missilistica del Paese, ai sistemi di difesa aerea intorno a Teheran, alle infrastrutture energetiche critiche e a un porto situato nel sud.
La portata dell'attacco di Israele e i quattro soldati iraniani uccisi negli attacchi aerei sono "troppo grandi per essere ignorati" e secondo i funzionari citati, "non rispondere significherebbe ammettere la sconfitta".
L'avvertimento di Netanyahu
Ma il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, durante un discorso pronunciato alla cerimonia di chiusura del corso per ufficiali delle Idf ha messo in guardia: "Oggi Israele ha più libertà di azione in Iran di quanta ne abbia mai avuta" e "può raggiungere qualsiasi luogo in Iran se necessario", ha dichiarato.
"L'obiettivo principale che ho fissato è impedire (che l'Iran si doti di, ndr) armi nucleari", ha osservato Netanyahu, citato dal sito di Haaretz. Il primo ministro ha anche parlato del rapporto tra il suo governo e la Casa Bianca, sostenendo di "apprezzare la politica degli Stati Uniti, ma quando è necessario, dico di no".
Se ci fosse una rappresaglia dell'Iran per l'attacco subito da Israele, gli Stati Uniti sosterranno lo Stato ebraico ha intanto riferito ieri la Casa Bianca, chiedendo a Teheran di non rispondere alla rappresaglia israeliana.
L'intelligence israeliana ritiene intanto che l'Iran si stia preparando ad attaccare lo Stato ebraico dal territorio iracheno nei prossimi giorni, possibilmente prima delle elezioni presidenziali statunitensi in programma il 5 novembre, hanno riferito due fonti israeliane ad Axios, secondo le quali per l'intelligence israeliana l'attacco dovrebbe essere condotto utilizzando un gran numero di droni e missili balistici.
Lanciare un attacco attraverso le milizie filo-iraniane in Iraq e non direttamente dal territorio iraniano - nota il portale di notizie - potrebbe essere un tentativo da parte dell'Iran di evitare un'altra rappresaglia israeliana, la terza, contro obiettivi strategici nella Repubblica islamica.
Idf: abbattuti 2 droni partiti da Iraq
Intant l'Idf fa sapere che sistemi di difesa aerea israeliani hanno abbattuto due droni partiti dall'Iraq, precisando che i due aerei senza pilota sono stati intercettati prima che entrassero nello spazio aereo israeliano e sono stati abbattuti vicino alla zona del Mar Morto.
Iran: "Risposta sarà brutale"
Nonostante l'avvertimento, l'Iran ha avvertito che risponderà in modo “brutale” all'attacco israeliano contro le sue installazioni militari, e Israele “se ne pentirà”, riporta l'agenzia di stampa iraniana Tasnim. “La recente azione del regime sionista, che ha attaccato parti del nostro Paese, è stata un atto disperato, e la Repubblica islamica dell'Iran risponderà in un modo brutale che farà rimpiangere Israele”, le parole di Mohammad Mohammadi Golpayegani, capo dello staff della Guida Suprema iraniana Ayatollah Ali Khamenei.
Il Paese risponderà in modo "definitivo e doloroso" probabilmente prima delle elezioni presidenziali degli Stati Uniti, ha detto ieri una fonte di alto rango alla Cnn. "La risposta della Repubblica islamica dell'Iran all'aggressione del regime sionista sarà definitiva e dolorosa", ha affermato la fonte. Sebbene la fonte non abbia fornito una data esatta per l'attacco, ha affermato che "probabilmente avverrà prima del giorno delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti".
Tregua in Libano, le condizioni di Netanyahu
Un qualsiasi accordo di cessate il fuoco con Hezbollah ''deve garantire la sicurezza di Israele'', ha detto intanto il primo ministro israeliano durante l'incontro a Gerusalemme con i due inviati degli Stati Uniti per il Medioriente, Amos Hochstein e Brett McGurk.
"Il primo ministro ha chiarito che la questione principale non sono le carte per questo o quell'accordo, ma la determinazione e la capacità di Israele di garantire l'applicazione dell'accordo e di prevenire qualsiasi minaccia alla sua sicurezza da parte del Libano", ha affermato l'ufficio di Netanyahu in una nota al termine delll'incontro.