Trump fa causa alla Cbs per 10 miliardi: “Intervista a Harris falsificata”
Secondo il candidato repubblicano, l'emittente avrebbe modificato una risposta della vicepresidente
Donald Trump ha fatto causa all'emittente americana Cbs per 10 miliardi di dollari, sostenendo che l'intervista a Kamala Harris per il programma '60 minutes' sia stata falsificata per mettere la candidata democratica in buona luce con una chiara "interferenza elettorale". La causa per il risarcimento danni è stata depositata presso il tribunale distrettuale statunitense di Amarillo, nel Texas settentrionale, presieduto dal giudice Matthew Kacsmaryk, che secondo il 'Guardian' avrebbe un passato di sentenze favorevoli verso la destra americana.
Trump ritiene che alla Cbs debba essere tolta la licenza a trasmettere notizie a causa dell'intervista dello scorso 7 ottobre, che a suo dire presentava una versione diversa e più concisa della risposta della vicepresidente a una domanda su Israele e la guerra a Gaza rispetto a quella apparsa nel trailer. Nell'intervista finale, Harris - alla domanda se il premier israeliano Benjamin Netanyahu avesse ascoltato i consigli degli Stati Uniti - ha risposto: "Non smetteremo di perseguire ciò che è necessario per gli Stati Uniti: essere chiari sulla nostra posizione riguardo alla necessità di porre fine a questa guerra". Un montaggio alternativo, presente nelle promozioni precedenti alla trasmissione, mostrava una risposta più lunga e meno chiara da parte di Harris, in evidente difficoltà nell'esposizione dellla propria posizione.
Nel documento presentato da Trump in tribunale si afferma che la Cbs è colpevole di "atti di interferenza partitica e illegale sugli elettori attraverso una distorsione maliziosa, ingannevole e sostanziale delle notizie". Il candidato repubblicano afferma che il montaggio aveva lo scopo di "confondere, ingannare e fuorviare il pubblico" e "far pendere la bilancia a favore del partito democratico mentre le accese elezioni presidenziali del 2024... si avvicinano alla loro conclusione".
La memoria legale di 19 pagine include un catalogo di affermazioni sulla falsa riga delle dichiarazioni pubbliche spesso fatte da Trump. Ad esempio, si afferma che Harris - che viene ripetutamente indicata come Kamala, piuttosto che con il suo cognome - ha "spodestato" Biden in un "colpo di stato politico antidemocratico". "La Cbs e altre organizzazioni mediatiche tradizionali si sono date da fare per far eleggere Kamala", si legge. Un portavoce della Cbs ha dichiarato a The Hill che l'azione di Trump è "completamente priva di fondamento".
Esteri
New Orleans e Las Vegas, strage ed esplosione Tesla...
Il presidente Usa: "Al momento non ci sono prove". Anche l'Fbi cauta, "ma non escludiamo niente". Ecco i punti di collegamento tra il massacro e il Cybertruck saltato in aria
Esiste un collegamento tra la strage di New Orleans e l'esplosione del Cybertruck Tesla a Las Vegas? "Al momento non ci sono prove che i due attacchi" delle scorse ore in Usa "siano in qualche modo legati tra loro". Parola del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che frena così le ipotesi di un filo a tenere stretti i due eventi negli Usa.
Le parole del capo della Casa Bianca arrivano dopo quelle, altrettanto caute, dell'Fbi sulle news circolate sui media americani. "A questo punto non c'è un collegamento definitivo tra l'attacco qui e quello a Las Vegas", ha infatti spiegato in conferenza stampa a New Orleans il vice assistente direttore dell'anti-terrorismo dell'Fbi Christopher Raia, sottolineando che entrambe le indagini sono "alle prime fasi". "Noi stiamo seguendo ogni possibile pista - ha poi aggiunto - e non escludiamo niente".
Fort Bragg, l'Afghanistan, l'app: i possibili legami
Ma quale sarebbe il legame tra la Tesla Cybertruck esplosa davanti al Trump International Hotel di Las Vegas e l'attentato contro la folla a New Orleans il giorno di Capodanno?
Secondo quanto riferito da alcune fonti a Denver7 Investigates, l'uomo alla guida del pick-up esploso, Matthew Alan Livelsberger, militare dell'Esercito di stanza in Germania che era tornato in licenza in Colorado, per un periodo avrebbe prestato servizio proprio nella stessa base militare di Shamsud-Din Jabbar, il terrorista che con la sua auto ha ucciso almeno 15 persone in Bourbon Street.
Secondo le stesse fonti il 42enne Jabbar, che è stato nell'Esercito tra il 2005 e il 2015, e il 37enne Livelseberger, che la Cbs era rientrato in licenza in Colorado dalla Germania dove era ancora di stanza, sono stati nello stesso periodo a Fort Bragg.
Non solo, i due avrebbero anche servito in Afghanistan contemporaneamente. Un'altra coincidenza su cui stanno lavorando gli inquirenti è il fatto che entrambi hanno affittato i veicoli usati per gli attacchi con la stessa app, Turo, che permette di affittare auto direttamente da proprietari privati. In una dichiarazione, un portavoce della società ha tuttavia affermato che "nessuno dei due sospettati aveva precedenti penali che li potevano identificare come una minaccia per la sicurezza".
Queste le tre coincidenze sulle quali gli investigatori starebbero effettuando le necessarie verifiche, ma che al momento non costituirebbero alcuna prova di un effettivo legame tra l'autore della strage e il protagonista dell'esplosione, che - ha spiegato Biden - si sarebbe suicidato prima che il Cybertruck Tesla saltasse in aria.
Il presidente ha ordinato intanto al suo team di continuare a mettere a disposizione ogni risorsa per le forze dell'ordine federali, statali e locali in modo che possano completare le loro indagini il più rapidamente possibile.
Esteri
Cecilia Sala, la madre incontra Meloni: “Fiducia è...
La premier ha parlato con i genitori della giornalista, colloquio telefonico con il padre Renato Sala e incontro a Palazzo Chigi con la mamma, Elisabetta Vernoni
"La fiducia è tanta, stanno lavorando. Io sono un po' come Cecilia, sono un po' un soldato: aspetto e rispetto il lavoro che stanno facendo". Sono le parole di Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro avuto a Palazzo Chigi con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Cecilia Sala è stata arrestata in Iran ed è detenuta in carcere da quasi 2 settimane.
"La premier ha fatto un salto di qualità dalle rassicurazioni comprensibili che ricevo sempre. È stata più precisa e puntuale ed è questo che io volevo e questo ho avuto", ha detto la madre della giornalista.
Ai giornalisti che le hanno chiesto se fosse soddisfatta dell'incontro con Giorgia Meloni, ha risposto: "Ovviamente sì, in questo momento. Questo incontro mi ha fatto bene, mi ha aiutato, avevo bisogno di guardarsi negli occhi, anche tra mamme, su cose di questo genere...".
"È ovvio che ieri c'è stato un cambio di umore forte", ha aggiunto alludendo alla telefonata con la figlia e alle condizioni carcerarie, "però, sì assolutamente". "Dormo per terra in cella e mi hanno tolto anche gli occhiali", aveva raccontato Cecilia Sala nella telefonata di ieri alla madre.
"Lì non esistono le celle singole, esistono le celle di detenzione per i detenuti comuni e poi le celle di punizione, diciamo, e lei è in una di queste evidentemente: se uno dorme per terra, fa pensare che sia così...", ha detto Elisabetta Vernoni ai cronisti. "La prima cosa sono condizioni più dignitose di vita carceraria e poi decisioni importanti e di forza del nostro Paese per ragionare sul rientro in Italia, di cui io non piango, non frigno e non chiedo tempi, perché sono realtà molto particolari", ha aggiunto dopo l'incontro con la premier.
"Le condizioni carcerarie per una ragazza di 29 anni, che non ha compiuto nulla, devono essere quelle che non la possano segnare per tutta la vita", ha spiegato. "Poi se pensiamo a giorni o altro... io rispetto i tempi che mi diranno, ma le condizioni devono essere quelle di non segnare una ragazza che è solo un'eccellenza italiana, non lo sono solo il vino e i cotechini". Le hanno detto qualcosa sui tempi? "Qualche cosa - ha risposto -, ma cose molto generiche, su cui adesso certo attendo notizie più precise".
L'attesa delle telefonate
Elisabetta Vernoni ha confermato che dopo la telefonata di ieri non ce ne sono state altre. "Le telefonate - ha spiegato - non sono frequenti. E' stata la seconda dopo la prima in cui mi ha detto che era stata arrestata, poi c'è stato l'incontro con l'ambasciatrice, ieri è stato proprio un regalo inaspettato. Arrivano così inaspettate" le telefonate "quando vogliono loro. Quindi io sono lì solo ad aspettare".
Nella telefonata di ieri "avrei preferito notizie più rassicuranti da parte sua e invece le domande che ho fatto... gliel'ho chiesto io, non me lo stava dicendo, le ho chiesto se ha un cuscino pulito su cui appoggiare la testa e mi ha detto 'mamma, non ho un cuscino, né un materasso'".
Il caso Cecilia Sala
Sala è accusata di aver violato "le leggi della Repubblica islamica dell'Iran". Entrata in Iran con visto giornalistico il 14 dicembre, la giornalista si trova in isolamento nel carcere di Evin da 15 giorni. Questo pomeriggio si è tenuto un vertice di circa un'ora a Palazzo Chigi sul caso. Al tavolo la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, il sottosegretario alla Presidenza, Alfredo Mantovano e l'intelligence italiana. La mamma di Cecilia Sala, Elisabetta Vernoni, è intanto a Palazzo Chigi per incontrare la premier Meloni.
Nel corso del pomeriggio, Giorgia Meloni ha parlato con entrambi i genitori di Cecilia Sala: oltre all'incontro a Palazzo Chigi con la madre, Elisabetta Vernoni, la premier ha avuto anche un colloquio telefonico con il padre Renato Sala.
Esteri
Ucraina, amb.polacco a Roma: “Per pace duro lavoro di...
"Credo fermamente che la nuova amministrazione del presidente Trump manterrà il suo coinvolgimento nella sicurezza globale e quindi anche in quella europea"
Per raggiungere "una pace giusta" in Ucraina serve "il duro lavoro di tutti", la Polonia, da ieri alla guida della Ue, lavorerà perché i 27 continuino a sostenere Kiev, consapevole che la presidenza di turno del Consiglio dell'Unione Europea "non ha una bacchetta magica". Lo dice in un'intervista all'Adnkronos l'ambasciatore Ryszard Schnepf, capo della missione diplomatica polacca a Roma.
"Mi auguro vivamente che si possa arrivare a un accordo per una pace giusta. La presidenza polacca si adopererà per un permanente e instancabile sostegno politico, militare e finanziario dell'Ue all'Ucraina e alla sua ricostruzione e aumenterà la pressione sulla Russia e sui suoi delegati affinché pongano fine all'aggressione in corso il prima possibile - afferma l'ambasciatore - Ma è anche vero che una presidenza del Consiglio dell'Ue non ha una bacchetta magica. Ci sarà bisogno di duro lavoro da parte di tutti".
Schnepf, che è stato anche ambasciatore a Washington ed ha una formazione di storico, commenta poi le parole del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, secondo cui l’Europa da sola non può aiutare l’Ucraina, ma servono anche gli Stati Uniti. "Le possibilità dell’Unione Europea sono più grandi di quanto pensiamo, ma per affrontare le sfide globali, e il conflitto in corso ne fa parte, è necessaria la collaborazione transatlantica - sostiene l'ambasciatore - Credo fermamente che la nuova amministrazione del presidente Trump manterrà il suo coinvolgimento nella sicurezza globale e quindi anche in quella europea".
Infine, il diplomatico parla dell'ipotesi di una forza di peacekeeping da dispiegare eventualmente in Ucraina una volta che ci sarà un accordo: "Come ha detto ultimamente il nostro premier Donald Tusk, in quanto civiltà occidentale dobbiamo fare tutto per fare sì che l'Ucraina esca da questa guerra senza perdite, nel rispetto del territorio, dei confini e della sicurezza per il futuro. L'obiettivo da raggiungere è quello di una pace giusta, duratura, complessiva". "E non sono solamente slogan - scandisce Schnepf - Ne va della nostra sicurezza, cioè della sicurezza europea. E’ fondamentale che il futuro accordo sia sostenibile e che sia controllabile. La presidenza polacca lavorerà sulle possibili soluzioni assieme ai partner europei, ma anche con altri paesi a cui sta a cuore il futuro dell’Ucraina e la stabilità del mondo".
GAS: "Siamo sicuri e tranquilli. L’Europa non è più dipendente dal gas russo" e Mosca non può più ricattare i Paesi europei, assicura poi Schnepf, nel secondo giorno di stop alle forniture di gas russo all'Europa via Ucraina: "Dopo lo scoppio della guerra su vasta scala della Russia contro l'Ucraina, l'Unione Europea si è adoperata per ridurre la dipendenza dai vettori energetici russi cercando fonti alternative. È un dato di fatto". "La Russia - sottolinea l'ambasciatore - ha speso miliardi per la costruzione del gasdotto Nord Stream al fine di aggirare l'Ucraina e ricattare l'Europa orientale con la minaccia di tagliare le forniture di gas. E adesso è l'Ucraina ad aver fermato la capacità della Russia di esportare direttamente il gas nell'Ue".
UE-USA: E' "un peccato" che tra Stati Uniti ed Unione Europea, dopo la vittoria di Donald Trump al voto per la Casa Bianca, si parli di dazi, risponde l'ambasciatore alla domanda se sia preoccupato per le misure commerciali che la nuova amministrazione ha minacciato di prendere contro i prodotti europei. "Fino a non molto tempo fa si discuteva della creazione di un’area di libero scambio transatlantico. Credo che sia un peccato che oggi si discuta, invece, di nuovi dazi - dice il diplomatico - Siamo assolutamente per la coesione del mondo transatlantico. Sono convinto che l’Unione Europea risponderà in modo positivo alle aspettative degli Stati Uniti e prenderà decisioni che faciliteranno le relazioni commerciali tra di noi".
UE: E' la sicurezza una delle priorità della presidenza polacca dell'Unione Europea. "La Polonia ha presentato un ambizioso piano di presidenza del Consiglio dell'Unione Europea. E il nostro motto “Sicurezza, Europa!” riflette le sfide che il nostro continente deve affrontare. In questo contesto mi lasci sottolineare che la sicurezza è uno dei valori più apprezzati, sia dagli individui che dalle nazioni", sostiene Schnepf. Quello della sicurezza, sottolinea, "è un bisogno direi primordiale, esistenziale degli esseri umani, dei gruppi sociali e, infine, degli Stati. La sicurezza è una condizione sine qua non per le nostre democrazie. Poniamoci una domanda: possiamo vivere bene senza sentirci al sicuro? Esiste la libertà senza il senso di sicurezza? Possiamo immaginarci lo sviluppo economico si possa verificare se si mantiene nella società uno stato di paura?".