Elezioni Usa, non solo America: il mondo aspetta la scelta tra Trump e Harris
L'elezione dell'uno o dell'altra potrà avere profonde conseguenze globali: tra Ucraina, Medio Oriente, Europa, Nato e Cina, quali sono le posizioni dei due candidati sulla politica estera
Il mondo non vota per il presidente degli Stati Uniti, ma dovrà vivere con le profonde conseguenze globali che l'elezione di Kamala Harris o di Donald Trump potrà avere. Conseguenze per i conflitti in corso, in Ucraina e in Medio Oriente, per alleanze chiave come la Nato, i rapporti con gli alleati europei, e per contro Paesi avversari come la Russia e competitori come la Cina. Vediamo le posizioni dei due candidati a confronto sui dossier più caldi di politica estera.
Gaza e Libano
Sia Harris che Trump sono convinti che la guerra a Gaza, dopo oltre un anno, debba finire, ma hanno posizioni diverse su come questo debba avvenire. La democratica sostiene i negoziati che l'amministrazione Biden porta avanti da mesi, che prevede un ritiro delle forze israeliane dalla Striscia e un "chiaro percorso" verso la formazione dello stato palestinese, nell'ambito della soluzione dei due Stati costantemente ribadita da Joe Biden.
Durante la campagna elettorale ha anche assunto una posizione più netta rispetto all'amministrazione di sostegno alla popolazione di Gaza per le 43mila vittime, le sofferenze, la fame e la distruzione che sta vivendo. Ma non sostiene le richieste di uno stop all'invio di armi Usa ad Israele, cosa che le potrebbe creare problemi con il voto della sinistra dem e degli arabo americani.
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Trump, invece, non si oppone alla vittoria militare di Israele a Gaza e non esclude una qualche forma di controllo o occupazione israeliana della Striscia, con il ritorno di coloni. Nella sua prima amministrazione non ha dato un sostegno attivo alla formazione dello Stato palestinese, ordinando il trasferimento dell'ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme e riconoscendo il controllo israeliano del Golan, occupato dalla Siria nella guerra dei sei giorni nel 1967.
Con un conflitto ormai da un mese allargato non solo a Hezbollah ma all'intero Libano, la politica verso l'Iran dei due candidati è importante, soprattutto alla luce del rischio di un conflitto aperto con Israele, dopo i recenti lanci di missili tra i due Paesi. Harris condanna l'appoggio dell'Iran ad Hezbollah e Hamas, ma Trump rivendica di aver abbandonato l'accordo sul nucleare con Teheran, firmato nel 2015 da Barack Obama, che non faceva abbastanza per fermare le "influenze negative" dell'Iran con il sostegno dei gruppi anti-Israele nella regione. L'abbandono del trattato ha permesso all'Iran di andare avanti con l'arricchimento dell'uranio, ingrediente chiave delle armi atomiche a cui Teheran punta.
Ucraina e Russia
Queste elezioni potranno fare una netta differenza sul conflitto in Ucraina. Gli ucraini temono che, in caso di vittoria Trump, che non ha esitato a dire che è colpa di Volodymyr Zelensky l'invasione russa e nel dibattito di settembre non ha voluto dire se vuole la vittoria ucraina, li costringerebbe ad una pace veloce favorevole a Mosca, e per questo sperano nella vittoria di Harris e nella continuazione del sostegno militare Usa.
Trump da parte sua sin dall'inizio del conflitto, che con lui alla Casa Bianca, dice, non sarebbe mai scoppiato visto il suo rapporto con Vladimir Putin, afferma di essere in grado di chiuderlo nel giro di pochi giorni. Harris, invece, ha detto che se Trump fosse stato presidente al momento dell'invasione, "Putin ora sarebbe seduto a Kiev" e che la presunta affinità tra il tycoon e l'uomo forte di Mosca è un suo segnale di debolezza.
Trump non ha mai fornito dettagli su come intende mettere fine al conflitto, ma nei giorni scorsi il Financial Times ha scritto che il suo team lavora ad un piano per congelare la guerra, minimizzare il coinvolgimento degli Stati Uniti e trasferire sui Paesi europei gran parte dell'onere economico e la 'supervisione' del processo di pace. Questo significherebbe creare zone autonome e zone smilitarizzate su entrambi i lati del confine e senza che l'Ucraina entri nella Nato, soddisfacendo quindi richieste di Putin.
Con il quale, secondo le rivelazioni di un nuovo libro di Bob Woodward, Trump avrebbe parlato almeno sette volte da quando ha lasciato la Casa Bianca. Il Cremlino ha smentito questi contatti, ma, ad una domanda diretta, l'ex presidente ha risposto: "Non rilascio commenti in proposito, ma se avessi avuto quei colloqui, sarebbe stata una mossa intelligente"
Europa e Nato
Agli occhi degli alleati europei Harris arriva con la rassicurazione di far parte dell'amministrazione di Joe Biden che ha indirizzato la sua politica transatlantica allo slogan "America is back", l'America è tornata, dopo gli anni di Trump. Ma allo stesso tempo c'è una certa dose di incertezza su come, all'eventuale prova dei fatti, la democratica, che finora non ha preso decisioni di politica estera in proprio, si potrà muovere nello scenario geopolitico.
Sull'altro versante, gli alleati europei invece conoscono bene sulla loro pelle l'atteggiamento di Trump, gli attacchi continui all'Unione Europea - -con alcune eccezioni, come per esempio Viktor Orban, il premier sovranista ungherese vicino a Putin - e anche alla stessa Nato, tanto che alcuni esprimono apertamente il timore che una nuova presidenza Trump possa affrontare il tabù di un'uscita Usa dall'Alleanza.
Anche in uno dei suoi ultimi comizi, lunedì scorso in Pennsylvania, Trump - che è stato un grande sostenitore della Brexit - ha avuto parole ironiche verso "l'Ue, con tutti quei piccoli Paesi che si mettono insieme", minacciando di far pagare agli europei "un grande prezzo" in termini di dazi, se continueranno a "non comprare le nostre auto, i nostri prodotti agricoli, mentre vendono milioni e milioni di auto negli Usa". C'e' però da sottolineare quella che Politico definisce una "difficile verità", cioè che a prescindere da chi vinca, Trump o Harris, il 5 novembre "l'Europa ha già perso" dal momento che "l'interesse americano nel continente è andato diminuendo dalla fine della Guerra Fredda e nessuno dei due candidati potrà riportare l'era transatlantica dell'inizio degli anni novanta".
Cina
Trump e Harris hanno entrambi assunto una posizione severa nei confronti della Cina, la principale rivale nel commercio, nella difesa e nelle alleanze geopolitiche. Accusano Pechino di furto di proprietà intellettuali e di fornire in modo iniquo sussidi all'industria tech e manufatturiera a svantaggio del business americano.
Se rieletto, Trump promette di riprendere la 'guerra dei dazi' condotta contro la Cina quando era alla Casa Bianca, arrivando a tariffe fino al 60% sui prodotti cinesi. Ma al contempo, non nasconde l'ammirazione per Xi Jinping, come quella che nutre per tutti gli uomini forti e con un potere assoluto che lui, ha ammesso, vorrebbe avere anche se solo per un giorno. Il tycoon ha definito il presidente cinese "intelligente", ammirando il modo in cui governa "con il pugno di ferro": "Lui è per la Cina, io per gli Usa, ma a parte questo ci vogliamo bene".
Harris dovrebbe mantenere le restrizioni commerciali imposte da Biden, che ha mantenuto ed aumentato alcuni dei dazi di Trump, compresi quelli del 100% per i veicoli elettrici, il 50% per i pannelli solari e il 25% per le batterie Ev. Ma critica il piano di tariffe a tappetto dell'avversario, affermando che queste alla fine si traducono in un tassa sui consumatori. La democratica continuerà il rafforzamento dei legami diplomatici con i Paesi dell'Asia Pacifico per contrastare l'influenza cinese nella regione, ed ha espresso il sostegno al mantenimento dello status quo a Taiwan, uno dei punti di tensione tra Washington e Pechino. Mentre il meno prevedibile approccio alla politica estera di Trump potrebbe creare tensioni con gli alleati asiatici, senza contare che non è chiaro come intende gestire le relazioni con Taiwan. Durante la sua prima amministrazione, Washington ha aumentato la vendita di armi e la cooperazione militare con l'isola. Ma allo stesso tempo, il tycoon ha detto che Taipei dovrebbe pagare gli Usa per la protezione militare.
Esteri
Ucraina, missili contro uomo forte di Kim Jong-Un? Chi è il...
Il raid con missili Storm Shadow contro un centro di comando nel Kursk
L'Ucraina ha cercato di eliminare l'uomo forte di Kim Jong-un in Russia? Le forze armate di Kiev hanno mercoledì hanno lanciato missili anglofrancesi Storm Shadow contro un centro di comando nel Kursk, la regione russa che gli ucraini hanno parzialmente occupato da agosto. Ed è nel Kursk che, da settimane, sono arrivati migliaia di soldati nordcoreani, inviati da Kim Jong-un per sostenere la guerra di Vladimir Putin.
Il contingente asiatico è guidato da Kim Yong-Bok, più alto ufficiale militare nordcoreano dispiegato in Russia. E' una figura misteriosa anche in un Paese che è solito trattare i propri militari come celebrità. E' possibile che Kiev abbia provato a colpire un centro di comando per decapitare l'ala nordcoreana delle forze nemiche? Vladimir Putin, in un discorso alla nazione, ha dichiarato che il raid ucraino ha prodotto vittime solo all'esterno del centro: "Chi comanda non è rimasto ferito".
Chi è il generale misterioso
Kim raramente è stato visto - o anche solo menzionato - in pubblico, presumibilmente perché il suo ruolo alla guida delle forze speciali della Corea del Nord gli imponeva di mantenere un basso profilo per nascondere la sua identità. Ne ha parlato il Wall Street Journal, secondo cui l'invio in Ucraina di un 'fedelissimo' del leader supremo Kim Jong-Un, è l'ennesimo segnale dell'impegno di Pyongyang a sostenere l'alleato russo.
Dopo che da giorni circolavano le immagini di un 'generale misterioso' alla guida degli 11.000 soldati nordcoreani, i funzionari di Kiev e Seul ne hanno confermato l'identità e la presenza in Russia. Si tratta di Kim Yong-bok, formalmente vice-capo di Stato Maggiore dell'esercito, che si ritiene abbia il compito di integrare le truppe nordcoreane nell'esercito russo, di assorbire le conoscenze sul campo di battaglia da riportare in patria e di stabilire la pipeline per i futuri dispiegamenti. Il database governativo della Corea del Sud sull'élite nordcoreana, che include informazioni dettagliate su più di 680 ufficiali, di Kim sa solo il suo nome e il suo incarico. Non sono ancora noti la sua età, la sua città natale o qualsiasi altro dettaglio biografico.
Il 'debutto' nel 2015
Il nome di Kim era stato menzionato dai media statali nordcoreani per la prima volta nel 2015, quando venne promosso a capo delle forze speciali. Un anno dopo venne eletto nel principale organo politico del Paese, il Comitato centrale del Partito dei lavoratori. La sua ascesa è diventata più chiara in occasione di una riunione del luglio 2020 in cui Kim Jong Un regalò ai massimi generali delle pistole commemorative.
Nella foto di gruppo, il generale, con la pistola in mano, è seduto a una sola persona di distanza dal leader nordcoreano. Tuttavia, la sua identità è scivolata nuovamente nell'oscurità fino allo scorso marzo, quando è stato reso pubblico il suo attuale ruolo di figura numero 3 dell'Esercito Popolare.
Generale a tre stelle, è oggi una delle 10 figure militari più importanti della Corea del Nord ma gli esperti ritengono che una campagna di successo in Russia potrebbe catapultarlo ancora più in alto. La sua identità è stata tenuta relativamente nascosta perché l'unità di forze speciali da lui comandata - ritenuta la più grande al mondo, con circa 200.000 uomini - è incaricata d'intraprendere missioni segrete in caso di guerra nella penisola coreana, ha dichiarato Jeon Kyung-joo, ricercatrice presso il Korea Institute for Defense Analyses.
Kim, Kim e Putin
La Corea del Nord ha iniziato a mostrare pubblicamente il generale Kim dopo la visita di giugno del presidente russo Putin a Pyongyang, quando i due Paesi hanno concordato un patto di mutua difesa. Da allora Kim è diventato uno dei 'bracci destri' pubblici del leader nordcoreano Kim Jong Un.
I due hanno visitato le zone colpite dalle inondazioni, osservato l'addestramento delle forze speciali e assistito alle esercitazioni di artiglieria. Nelle immagini Kim era quasi sempre mostrato mentre prendeva nota in piedi accanto al leader supremo. Secondo Michael Madden, esperto di Nordcorea presso il think tank americano Stimson Center, “Kim Jong Un sta dicendo ai russi: 'Sto mandando uno dei miei uomini migliori. Siede proprio accanto a me”.
Esteri
Putin: “Guerra globale, Russia risponderà a...
Il presidente russo: "Lanciato un nuovo missile balistico. Abbiamo il diritto di colpire chi fornisce missili a Kiev". Il presidente ucraino: "Escalation continua"
La guerra tra Ucraina e Russia diventa "un conflitto globale". Vladimir Putin, al termine di una giornata cruciale, dopo giorni di silenzio si rivolge alla nazione con un discorso di 7 minuti che apre un nuovo capitolo nell''operazione speciale' iniziata oltre 1000 giorni fa e annunciata dal presidente russo con un messaggio pronunciato dalla stessa scrivania.
Il discorso di Putin
Putin parla dopo un attacco speciale condotto dalla Russia, che nelle prime ore del 21 novembre lancia un missile nell'area della città ucraina di Dnipro. Per Kiev, si tratta di un missile balistico intercontinentale (Icbm): sarebbe un debutto assoluto per un'arma di questo tipo. La versione ucraina, però, non appare del tutto convincente: perché usare un missile intercontinentale, con circa 6000 km di gittata, per colpire un obiettivo distante centinaia di km e già raggiunto in passato con altre armi?
E' Putin, nella serata russa, a fornire le risposte. Con un messaggio di quasi 8 minuti, il leader del Cremlino illustra l'azione compiuta con un nuovo missile balistico a medio raggio battezzato 'Oreshnik' (nocciola), una prima risposta agli attacchi che la Russia ha subito negli ultimi giorni. Le forze armate ucraine hanno utilizzato missili americani Atacms per colpire l'area di Bryansk. Poi, con missili Storm Shadow, hanno preso di mira un centro di comando nella regione di Kursk.
"Il conflitto è diventato globale"
"Prosegue l'escalation del conflitto provocato in Ucraina dall'Occidente", esordisce Putin. Washington e Londra hanno autorizzato Kiev ad utilizzare missili a lungo raggio forniti da Usa e Regno Unito: "Tali sistemi non possono essere impiegati senza la partecipazione diretta di specialisti di quei paesi", dice Putin. "Il conflitto, quindi, ha assunto carattere globale", sentenzia il presidente russo prima di soffermarsi sugli attacchi.
"La nostra difesa aerea li ha respinti. A Bryansk sono caduti detriti di missili Atacms che non hanno provocato vittime o danni gravi", afferma. Il raid contro un centro di comando nell'area del villaggio di Maryino, nella regione di Kursk, ha provocato vittime tra il personale delle unità di sicurezza all'esterno della struttura. "Chi comanda il personale operativo non è stato ferito ed è al suo posto", evidenzia Putin.
"Il nuovo missile contro Dnipro"
Quindi, la risposta russa. "Le nostre forze armate hanno lanciato un attacco combinato contro una struttura del comparto militare-industriale dell'Ucraina. Uno dei più recenti sistemi missilistici a medio raggio è stato testato in situazioni di combattimento. E' un nuovo missile che i nostri ingegneri hanno chiamato Oreshnik. L'obiettivo era un sito del complesso militare-industriale, uno dei più grandi e noti dai tempi dell'Unione Sovietica. L'obiettivo è stato centrato dal missile che non era armato con testata nucleare", il resoconto del presidente.
"I missili occidentali non cambieranno il risultato dell'operazione speciale", aggiunge, sottolineando che i paesi occidentali non saranno in grado di intercettare armi come il nuovo missile testato contro Dnipro.
"Non c'è al momento nessun modo di contrastare tali sistemi. I missili attaccano gli obiettivi a una velocità di 10 Mach, 2,5-3 chilometri al secondo", precisa, puntando costantemente il dito contro gli Usa. "Gli Stati Uniti stanno spingendo il mondo intero verso un conflitto globale. Abbiamo sempre cercato uno sviluppo pacifico degli eventi, ma siamo pronti per un altro scenario. In caso di escalation, la Russia risponderà in maniera decisa e proporzionale".
La Russia, dice Putin, ha il diritto di usare le sue armi contro siti militari di quei Paesi che autorizzano l'uso delle loro armi contro le nostre installazioni. Il ministero della Difesa russo ha confermato l'impiego di missili americani e britannici contro obiettivi in Russia. "Siamo pronti per qualsiasi sviluppo. Se c'è ancora qualcuno che ha dei dubbi, non deve averli. Ci sarà sempre una risposta".
Zelensky: "Il mondo fermi Putin"
"Il mondo deve reagire, Putin va fermato", è la replica, a stretto giro, del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. "Putin ha ammesso di aver già compiuto il secondo passo quest'anno per espandere questa guerra, per un'escalation. È stato utilizzato un nuovo missile balistico. Putin ha colpito la nostra città di Dnipro, una delle città più grandi dell'Ucraina. E' il secondo passo della Russia verso l'escalation in un anno. Il primo passo del genere è stato il coinvolgimento della Corea del Nord nella guerra contro l'Ucraina, con un contingente di almeno 11.000 soldati", dice facendo riferimento alla presenza di militari asiatici nel Kursk.
"Putin ha compiuto entrambi questi passi, ignorando tutti quelli che nel mondo chiedono che la guerra non si espanda. Non gli importa cosa chiedono la Cina, il Brasile, i paesi europei, l'America, tutti gli altri paesi del mondo. Putin è l'unico che ha iniziato questa guerra, una guerra completamente immotivata, e che sta facendo di tutto per portarla avanti per più di mille giorni".
"Kiev ha il diritto di usare missili Usa e Gb"
"Il missile balistico lanciato contro l'Ucraina è l'ennesima prova che la Russia non vuole assolutamente la pace. E Putin mente quando dice che il presunto uso di armi a lungo raggio da parte dell'Ucraina è stato un nostro nuovo passo. Non è la prima volta che usiamo queste armi. E ne abbiamo pieno diritto secondo le norme del diritto internazionale. Abbiamo lo stesso diritto all'autodifesa che ha qualsiasi altra nazione.Quando i missili russi colpiscono le nostre città, quando l'Ucraina viene attaccata ogni notte dai droni Shahed iraniani, quando un contingente della Corea del Nord viene schierato al nostro confine, Putin non solo prolunga la guerra, ma semplicemente sputa ogni volta in faccia a coloro nel mondo che vogliono davvero il ripristino della pace".
"Il mondo deve reagire, in questo momento manca una forte reazione. Putin è molto sensibile a tutto questo, vi sta tenendo d'occhio, cari partner. È ovvio a tutti chi è l'unico colpevole di questa guerra, chi ha iniziato questa guerra il 24 febbraio 2022 e investe tutte le sue risorse per garantire che la guerra continui. La guerra deve essere fermata", ribadisce il presidente ucraino.
"Ma se non c'è una forte reazione alle azioni della Russia, allora Putin pensa sia possibile andare avanti. È necessario che Putin paghi un prezzo per le sue ambizioni malate. Dobbiamo reagire, bisogna fare pressione e costringere la Russia a una vera pace, che è raggiungibile solo con la forza. Altrimenti, ci saranno attacchi russi senza fine, minacce e destabilizzazione, e non solo contro l'Ucraina", conclude.
Esteri
Mandato arresto Netanyahu e Gallant, Crosetto:...
Il ministro a Porta a Porta: "Se venisse in Italia dovremmo arrestarlo, ma non per una decisione politica"
Il ministro della Difesa Guido Crosetto commenta oggi a Porta a Porta, in onda stasera su RaiUno, la sentenza della Corte Penale Internazionale, che ha emesso un mandato di arresto contro il premier Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant, ex ministro della Difesa israeliano. "Ritengo sia una sentenza sbagliata - dice -, che ha messo sullo stesso piano il presidente israeliano e il ministro della Difesa israeliano con il capo degli attentatori, quello che ha organizzato e guidato l'attentato vergognoso che ha massacrato donne, uomini, bambine e rapito persone a Israele, che è quello da cui è partita la guerra. Sono due cose completamente diverse".
"Da una parte - prosegue Crosetto - c'è un atto terroristico fatto da un'organizzazione terroristica che colpisce nel profondo cittadini inermi, dall'altra c'è un Paese che a seguito di quest'atto va e cerca di estirpare un'organizzazione criminale terroristica. Poi, se vogliamo giudicare come Israele si è mosso a Gaza, quanto della forza usata fosse necessaria da usare, quanto dei danni collaterali, che fa senso chiamare in questo modo, con delle vittime innocenti, quante migliaia ci sono state e quante linee rosse siano superate, è un altro discorso".
"Non penso che la Corte Penale Internazionale dovesse intervenire con questa sentenza a tre. Ciò detto, se arrivassero in Italia dovremmo arrestarli perché noi rispettiamo il diritto internazionale". Nel caso di un arrivo di Netanyahu o Gallant in Italia, spiega il ministro della Difesa, "noi dovremmo applicare le disposizioni della Corte Penale internazionale alla quale aderiamo: quindi, se venissero in Italia dovremmo arrestarli, ma non per decisione politica, non c'entra nulla la decisione politica, per applicazione di una normativa internazionale".