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De Luca-Pd, scontro su terzo mandato. Campania approva legge. Nazareno: “Non sarà candidato”

La proposta sulla legge regionale ha ottenuto 34 voti favorevoli. Cirielli: "Il governo la impugnerà"

De Luca e Schlein

Scontro tra Pd e Vincenzo De Luca sul terzo mandato del governatore dela Campania. Il Partito democratico ribadisce il no, ma il presidente della Regione tira dritto.

Il voto della Campania

Con 34 voti favorevoli il Consiglio Regionale della Campania ha approvato la legge regionale che consentirà il terzo mandato. In particolare, il Consiglio ha approvato la proposta di legge "disposizioni in materia di ineleggibilità alla carica di presidente della giunta regionale, in recepimento dell'articolo 2, comma 1, lettera f) della legge 2 luglio 2004, n. 165" che, recependo la norma nazionale, apre di fatto la strada a un ipotetico terzo mandato per il governatore della Campania Vincenzo De Luca.

Schlein: "Pd contro il terzo mandato

"Come ho già detto, il punto è molto chiaro: il Pd è contrario al terzo mandato. Lo prevede già la legge nazionale. E riteniamo che quel limite sia equilibrato. Possono votare tutte le leggi regionali che vogliono ma questo non cambia la posizione del Pd che è contrario al terzo mandato", dice la segretaria dem Elly Schlein alla festa del Domani.

"Come è stato per Bonaccini e Decaro, le regole valgono le tutti. Si rischia di perdere senza Vincenzo De Luca? Prima del consenso viene il buonsenso e Bonaccini e Decaro ci hanno aiutato a crescere una nuova classe dirigente. Da parte nostra non ci sarà il supporto al terzo mandato, ma vogliamo costruire insieme una proposta per la Campania e vogliamo lavorarci con il Pd campano e la coalizione. Se tutti insieme lavoriamo" per una nuova proposta "torneremo a vincere di nuovo in Campania", afferma.

 

Il no del Nazareno

"Prendiamo atto del voto del Consiglio regionale della Campania che di fatto apre alla possibilità di un terzo mandato per l'attuale Presidente della Regione", afferma in una nota Igor Taruffi, Responsabile Organizzazione nella segreteria nazionale del Pd.

"Deve però essere chiaro che il voto espresso oggi non sposta di un millimetro la posizione del Pd nazionale sul limite dei due mandati per le cariche monocratiche. Al di là del voto di oggi quindi Vincenzo De Luca non sarà il candidato Presidente sostenuto dal Pd alle prossime elezioni regionali".

Cirielli: "Governo la impugnerà"

''Premesso che parlo non come esponente del governo ma come politico perchè non seguo la materia, io penso che il governo impugnerà'' questa legge perchè è una ''normativa regionale chiaramente in contrasto con quella nazionale'' ha detto il viceministro degli Esteri e deputato di Fdi, Edmondo Cirielli, parlando in Transatlantico, a Montecitorio.

De Magistris: "Con ok a legge su terzo mandato, in campo almeno tre candidati"

"La Campania potrebbe diventare un nuovo laboratorio politico con il voto prima alle Regionali e, poi, alle Comunali e sarà decisiva per equilibri in generale per le politiche" dice all'Adnkronos l'ex sindaco di Napoli, Luigi De Magistris. "Se un partito come il Pd perde la Liguria, dove sbaglia un calcio di rigore, poi vediamo come andrà in Umbria ed Emilia Romagna, e la Campania, che comunque è saldamente nelle mani del centrosinistra e può perderla per uno scontro nello stesso partito c’è problema politico, si rompe così schema centrosinistra e centrodestra. La fotografia di adesso, se vogliamo dare serietà alle parole di Schlein e De Luca, che ci saranno almeno tre candidati alle Regionali. In Campania non c’è più neppure il campo largo".

"Il 2 novembre, il giorno che è stata approvata in commissione la legge per il terzo mandato ho pensato che il campo largo è diventato un camposanto", aggiunge l'ex sindaco di Napoli. "L'approvazione della proposta di legge porta a un’affermazione netta di De Luca, è un segnale inequivocabile, Schlein aveva fatto una riunione con i consigliere del Pd indicando la linea che è stata sconfessata, mi pare una prova di forza vincente del presidente De Luca, che aveva annunciato da tempo la volontà di ricandidarsi e ha ottenuto voti significativi per il terzo mandato. E' un fatto politico, questa legge consente solo a lui di ricandidarsi", continua l'ex pm. "A questo punto, avendo ascoltato anche la Schlein, c’è una frattura insanabile tra De Luca, ancora più legittimato sul piano formale, a ricandidarsi e il suo partito che è contrario al terzo mandato".

“Per ora De Luca ha mantenuto una coerenza e ha vinto, per Schlein c’è coerenza a parole e sconfitta nei fatti. La segretaria del Pd, per ragioni di coerenza, ora dovrebbe portare la sua battaglia fino in fondo e prendere delle decisioni per dare seguito alla sua linea di innovazione e cambiamento. Una fase di mediazione non c’è, De Luca si è fatto la legge, si ricandiderà”, incalza De Magistris, che sul terzo mandato nota: “Sono contrario al divieto legislativo per i sindaci e i presidenti di regioni, sono le uniche autorità politiche in Italia elette direttamente dal popolo, piuttosto questo discorso dovrebbe essere fatto su scala nazionale, abbiamo parlamentari che diventano una casta a vita, da nominati, non si capisce perché non lo possa fare il sindaco”, spiega De Magistris.

“Come sindaco mi sarei candidato per la terza volta a Napoli, certo poi a me piace il ricambio generazionale, ma per legge non sono a favore e trovo legittimo che chi abbia fatto più mandati voglia continuare a fare proprio lavoro e farsi giudicare da elettori”. Sulla Campania "contendibile" alle Regionali del prossimo anno, l’ex sindaco evidenzia: "C’è uno scenario interessante, ho sempre pensato che si debba uscire da blocchi del centrosinistra e del centro destra, nelle segreterie nazionali dei partiti, a Roma, stanno decidendo come spartirsi il presidente della Regione Campania e il sindaco di Napoli, dovrebbero pensare che in alcune realtà non ci sono solo partiti, ma anche movimenti, reti civiche, collettivi, associazioni. Avevano fatto i conti senza i territori, chi fa questi ragionamenti, avrà brutte delusioni, i territori vanno conosciuti, non si decide il futuro nei talk show o nelle stanze ammuffite delle segreterie dei partiti”.

Zaia e il terzo mandato

"Non c’è alcuna ipotesi di modificare lo Statuto regionale per togliere il vincolo dei due mandati e permettermi un terzo mandato” ha risposto, invece, il presidente della Regione Veneto Luca Zaia a una domanda postagli a margine della conferenza stampa odierna a Palazzo Balbi sul tema.

“Non c’è nessun progetto in vista - ha aggiunto il governatore veneto - ma noto che, se si volesse, ci sarebbero i tempi utili per fare un cambiamento di rotta a livello nazionale in previsione delle prossime elezioni che però non si sa ancora quando si terranno. Poi, se questa è la decisione, ossia quello di mantenere il vincolo, immagino che con coerenza la si manterrà anche nei prossimi anni, perché altrimenti non sarà una decisione, ma una presa in giro, perché già ora si sa che ci sono tre governatori, io, De Luca e Emiliano, che non si candideranno, ma poi il prossimo anno ce ne saranno altri di governatori in scadenza”.

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Politica

**Università: Conte, ‘tagli, precariato e diritto...

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"Nel contesto di tagli e deleterie riforme che stanno colpendo la nostra università e la nostra ricerca, ho incontrato le organizzazioni sindacali e le associazioni studentesche, dei dottorandi e dei ricercatori. Insieme ai capigruppo nelle commissioni Cultura di Camera e Senato, Antonio Caso e Luca Pirondini, e ai rappresentanti del nostro network giovani, ho ascoltato il loro grido di allarme, che è stato unanime, molto chiaro e ha chiamato in causa gravi criticità. A partire dai drastici tagli del fondo universitario, che porterà metà dei nostri atenei a rischio default, passando dalla riforma del cosiddetto 'pre-ruolo' che porterà all’aumento del precariato, che già oggi pesa sul futuro del nostro personale universitario e dei nostri ricercatori, fino a un rinnovo di contratto di settore per il quale non è stato previsto un euro in manovra". Lo scrive in una nota Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 Stelle.

"Senza dimenticare l’allarme lanciato dagli studenti - aggiunge -, tra il caro affitti che impedisce loro di trovare un alloggio dignitoso e i tagli che mettono a rischio il diritto allo studio, che si sta sempre più trasformando in un privilegio per pochi. L’atteggiamento di questo governo è inaccettabile e ben opposto rispetto all’attenzione da noi mostrata quando eravamo al governo. L’università italiana occupa le ultime posizioni in tutte le classifiche europee e questo significa che non siamo competitivi e che non riusciremo a trattenere le nostre eccellenze. Ovviamente è sempre attuale la scusa della coperta corta, ma è corta perché il governo punta alle spese militari e non ha il coraggio di tassare gli extraprofitti di banche e industrie delle armi. Inoltre abbiamo un Esecutivo incapace di spendere le risorse del Pnrr".

"Per tutti questi motivi, lanciamo un appello alla ministra Bernini: si fermi e cambi drasticamente rotta. Siamo ancora in tempo per salvare l’università e la ricerca italiana, ma il tempo sta scadendo", conclude Conte.

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Politica

Fratelli d’Italia, si accende dibattito su fiamma...

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Ciriani apre a cambio logo, Rampelli dice no. La figlia di Almirante: "La tolgano, tanto è una presa in giro..."

Il simbolo di Fratelli d'Italia

Spegnere la fiamma tricolore o lasciarla divampare ancora? Per un giorno Fratelli d'Italia torna a discutere del proprio simbolo, dopo le parole del ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, che per il futuro non esclude un addio allo storico simbolo eredità del Msi. "Se vogliamo andare avanti, e noi certamente vogliamo guardare avanti cioè al futuro, allora arriverà anche il momento di spegnere la fiamma", spiega Ciriani accendendo il dibattito interno. In tanti in Transatlantico a Montecitorio si chiedono le ragioni delle dichiarazioni di Ciriani, un fedelissimo di Giorgia Meloni, pubblicate dal 'Foglio' ma frutto di un'intervista rilasciata a Stresa venerdì scorso: "Ha lanciato il sasso nello stagno su input della premier per vedere l'effetto che fa" o è stata una "uscita a titolo personale?".

Ciriani accende il dibattito

Il tema fa discutere e divide. C'è chi considera quella di Ciriani una 'fuga in avanti' da derubricare a boutade, e chi, invece, la legge come uno spunto di riflessione politica che inevitabilmente porterà ad affrontare e risolvere una volta per tutta e senza traumi il tabù legato al dilemma 'fiamma sì, fiamma no', che Guido Crosetto aveva sollevato nel gennaio 2019 quando era coordinatore del partito di via della Scrofa ("In futuro si può anche togliere"), provocando un polverone di polemiche.

Il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, parlando con l'Adnkronos, si iscrive al partito di coloro che vedono come il fumo negli occhi lo spegnimento della fiamma: "Parliamo di una storia antica che ha vinto, diversamente da altre che sono state sotterrate in pochi decenni. Quasi il 30 per cento degli italiani - ricorda il padre dei 'Gabbiani' - ha messo una croce sul nostro simbolo, che contiene la fiamma tricolore, non mi pare che i cittadini si pongano questo problema. Anzi, forse ci scelgono anche perché abbiamo la fiamma, bella ma nemmeno troppo originale. In tanti la usano nel proprio logo".

Rampelli contrario

Fratelli d'Italia, osserva Rampelli, "nasce senza fiamma, poi l'abbiamo recuperata, più per stroncare una congiura di alcuni ex colonnelli di An che volevano sabotarci che per convinzione. Ma ora c'è e penso sia logico lasciarla". Anche il senatore Roberto Menia è dello stesso avviso: "Sono entrato in Parlamento da missino e continuo a considerare la fiamma tricolore il simbolo della mia vita, un simbolo integerrimo che ha dimostrato sempre purezza. Mi rappresentava 40 anni fa e mi rappresenta tuttora". Ma sono molti gli esponenti di spicco del partito ad aprire a una modifica del simbolo: "Anche il mondo finirà prima o poi...", è la battuta che il presidente del Senato Ignazio La Russa regala ai cronisti. Fu, del resto, proprio La Russa a depositare nel 2012 uno dei primi vessilli di Fdi senza la fiamma, ma con la dicitura "centrodestra nazionale" accompagnata da un cordino tricolore.

"Quando l'argomento dovesse essere posto nelle competenti sedi politiche, non vi sarà difficoltà ad affrontarlo", dichiara il capogruppo alla Camera Tommaso Foti: parole che trovano la condivisione di Riccardo De Corato, Manlio Messina ed Emanuele Loperfido, che mostra fiero sulla giacca la spilla con la fiamma ma si dice pronto a rinunciarvi. Si trincera dietro il più classico dei no comment, invece, l'ex leader di An Gianfranco Fini, interpellato telefonicamente.

Cosa guadagna e cosa perde il partito

In vista di un possibile ritocco al simbolo di Fdi la domanda è d'obbligo: cosa perderebbe (o guadagnerebbe) Fratelli d'Italia in caso di addio alla fiamma tricolore? Si tratterebbe di una mossa vantaggiosa o controproducente? Il giurista Gabriele Maestri, esperto di simboli di partito, la vede così: "I militanti dalla storia più lunga - osserva il blogger, parlando con l'Adnkronos - potrebbero sentire mutilata quell'esperienza politica, non vedendo più il simbolo delle origini, ma difficilmente abbandonerebbero il partito solo per questo".

Per i simpatizzanti di Fdi che hanno iniziato a votare Meloni in un secondo momento, invece, il superamento della fiamma potrebbe essere un elemento positivo: "I militanti e gli elettori arrivati in seguito, potrebbero non avvertire nessun particolare cambiamento concreto; anzi, apprezzerebbero soprattutto il venir meno di un argomento utilizzato spesso contro Fdi, con l'idea di costruire anche sul piano grafico un partito conservatore contemporaneo", prosegue Maestri, ricordando come in origine il simbolo di Fdi non contenesse la fiamma:

"Il partito era nato senza. La fiamma fu chiesta alla Fondazione An per evitare che altri utilizzassero quel simbolo: ora, oltre dieci anni dopo averne ottenuto l'uso, quel bisogno probabilmente si è affievolito". Il futuro è tutto da scrivere: "Sarebbe interessante immaginare se si troverà un simbolo nuovo, magari lavorando sul leone dei Conservatori e riformisti europei, o se si rinuncerà del tutto a raffigurare quelle idee politiche", conclude Maestri.

La figlia di Almirante attacca

''Può sembrare assurdo, tutto sommato a me sta bene che tolgano la fiamma, perché così almeno finisce questa presa in giro...'', dice all'Adnkronos Giuliana de' Medici Almirante, figlia dello storico leader missino Giorgio e di Donna Assunta.

''Ci stanno prendendo in giro con questa fiammella, la lasci stare -avverte Giuliana dè Medici, attuale segretario generale della Fondazione Almirante- chi ormai non ha più niente a che vedere con il Movimento sociale italiano né nel modo di essere e di fare, né per le idee che portano avanti. Almeno usciamo da questo equivoco finalmente, una volta per tutte''.

Per la figlia dell'ex leader missino chi vuol spegnere la fiamma, vuol dimenticare il passato e la figura di Almirante. ''A questo punto -si sfoga- è inutile dire che la fiamma è di An o di Fdi. La fiamma è di tutti quelli che ci credono e ne portano avanti i valori. Ho letto le dichiarazioni di Ciriani. Lui dice di esser un missino. Io ci sono nata in questo partito ma francamente non me lo ricordo... Questa proposta che ha fatto non mi sembra una sua idea, ma un'apripista, della serie: buttiamola lì e vediamo che succede... Il ministro ha menzionato Pinuccio Tatarella, definendolo il padre di questa nuova destra ma vorrei ricordare semplicemente che l'unico vero padre della destra italiana è un signore che si chiama Giorgio Almirante, che ha vissuto per l'Msi, ha lavorato tutta la sua vita per questo partito, l'ha fondato e portato avanti arrivando ad avere anche 100 parlamentari''.

''Almirante -rammenta Giuliana deì Medici- aveva contro i giornali, l'opinione pubblica e allora rischiavano la pelle, non come questi che vanno in giro con l'auto blu. C'è una profonda differenza tra quelli dell'Msi e quelli di oggi, proprio dal punto di vista culturale. Tutto il rispetto per Tatarella che è stato un grande dirigente di partito, ma non possono dimenticarsi di Almirante, mi sembra un'assurdità. La Meloni non l'ha mai nominato negli ultime tre anni. Questa si chiama ingratitudine e significa anche non avere una visione politica, perché non possono dimenticare e vergognarsi del passato. Almirante ha sempre guardato avanti, non indietro. La smettessero, quindi, con questa storia, lasciassero stare la fiamma. Lascino stare non solo la fiamma ma anche i beni che mio padre ha lasciato... Ricordo che la sede di via della Scrofa è stata comprata da Almirante. Io nella Fondazione Almirante ho trovato mucchi di cambiali a firma di mio padre e anche di mia madre, e allora di che parliamo?''.

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Politica

Flop Lega Regionali, Salvini a Zaia: “Priorità nostro...

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Confronto a tratti serrato nel Federale: "Ho chiesto a tutti di aumentare l'mpegno". Congresso della Lega lombarda il 15 dicembre

Matteo Salvini (Fotogramma)

Il leader della Lega Matteo Salvini assicura di guardare avanti, dopo la debacle in Emilia-Romagna e in Umbria. "Politicamente ho chiesto di aumentare lo sforzo, l'impegno e le sedi e quindi trasformare due evidenti sconfitte in due future vittorie" dice ai giornalisti che lo attendono fuori dalla Sala Salvadori della Camera. Il federale, che all'ordine del giorno aveva anche il tema dello 'Sviluppo del Gruppo Patrioti a Bruxelles', si rivela un brain-storming - a tratti serrato - sulle ragioni di una sconfitta che, assicura ai suoi Matteo Salvini, non si aspettava in Umbria.

I toni del segretario assomigliano a quelli di una lavata di testa vera e propria, con Salvini che non ha digerito il fatto che in Umbria la Lega ha eletto solo Enrico Melasecche, fermandosi al 7,7%. "Se prendi trenta voti, avrebbe detto Salvini, allora meglio correre per le comunali...". Bisognava lavorare meglio e di più, è il succo del suo intervento. Al centro della discussione con i suoi colonnelli, Matteo Salvini, porta poi anche il tema delle prossime tornate elettorali. I presenti raccontano di un Luca Zaia, collegato da remoto, che ricorda come la Lega debba tenere ben presenti i temi identitari, con un invito a concentrarsi sul voto nella sua Regione, previsto nel 2025.

Qui, sarebbe stato il senso delle parole del Doge, se perdiamo va tutto a rotoli, finisce tutto. Al governatore, Salvini ha assicurato che terrà il punto con gli alleati, che il Veneto avrà un candidato leghista in corsa per Palazzo Balbi. Ai giornalisti fuori dal federale poi dirà come la soluzione sarebbe stata il via libera al terzo mandato, ma di fronte alla bocciatura della norma bisognerà cercare altri candidati: "Io continuo a ritenere che negare la possibilità di riscegliere un bravo sindaco o un governatore è un errore".

Collegato con il federale interviene un altro big della Lega, il ministro Giancarlo Giorgetti, con cui Salvini ha condiviso i temi della manovra, su cui è intervenuto inizialmente anche il capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari. "Abbiamo condiviso alcune necessità di miglioramento -ha spiegato il leader della Lega al termine della riunione-. "C'e' il tema sicurezza, quello dell'aumento delle pensioni e il tema flat tax, che sono i tre temi principali. Su questo stiamo lavorando". Continua pure la battaglia per la riduzione del canone Rai "vedremo se in manovra", ha fatto sapere Salvini.

Infine si fa il punto sui prossimi congressi regionali della Lega, a partire da quello della Lega lombarda, che si terrà il 15 dicembre, con la sfida tra l'attuale capogruppo al Senato, Massimiliano Romeo e il leader dei giovani, Luca Toccalini. Con Salvini che però spinge per un candidato unitario. Restano fuori dal tavolo leghista di oggi i 'Gazebo sulla Giustizia del 14 e 15 dicembre' e la questione del gruppo dei patrioti in Ue, che erano all'ordine del giorno.

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