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Parla il capotreno ferito a Genova: “Sputi e calci, poi 4 coltellate”

"Voglio tornare a lavorare sui treni, dopo la guarigione"

Stazione dei treni, repertorio (Fotogramma)

Tanto spavento e dolore, ma il capotreno Rosario Ventura - ferito a Genova da un giovane che lo ha accoltellato - tornerà a lavorare sui treni. "Intendo tornarci sì, dopo la guarigione" dopo essere stato dimesso dall'ospedale, dove era stato ricoverato in seguito all'accoltellamento alla stazione di Genova Rivarolo. "Posso dire che per fortuna non sono stati lesi tendini o organi vitali. Si tratta di ferite che dovrebbero guarire senza conseguenze. Voglio davvero ringraziare tutti per il supporto morale ricevuto in questo momento difficile''.

L'aggressione

''Ieri ero a bordo del treno e, dopo la partenza dalla stazione di Sampierdarena, ho iniziato a fare il mio giro di controlli. Mi sono imbattuto quindi nei due passeggeri sprovvisti di biglietto: il ragazzo usava il telefonino senza considerarmi, mentre la ragazza mi ha risposto: 'Noi non paghiamo il biglietto, arriviamo tranquillamente a destinazione. Non ci interessa niente'. Si è girato, quindi, anche il ragazzo, ribadendomi: "Sì, noi arriviamo dove vogliamo, faccia pure ciò che vuole, chiami pure la Polizia, noi non paghiamo nessun biglietto". A quel punto ho invitato i ragazzi a pagare il titolo di viaggio, che ammontava a 1,60 euro. Loro, però, mi hanno risposto di nuovo in modo arrogante, confermando di non voler pagare''.

"Tornato dai ragazzi, li ho pregati di pagare il biglietto o di scendere. In quel momento, quindi, la ragazza mi si è avvicinata e ha iniziato a sputarmi addosso, sul petto per la precisione. Il ragazzo, invece, si è messo a sputare addosso a una signora che stava prendendo le mie difese. Mentre mi voltavo per verificare come stesse questa signora, la ragazza mi ha rifilato un calcio sulla schiena e uno schiaffo al volto''. ''Sono quindi sceso giù dal treno per raggiungere il ragazzo, nel frattempo sceso sulla banchina. Quest'ultimo, a quel punto, mi ha colpito con una testata sulla fronte, provocandomi una ferita, mentre la ragazza continuava a darmi degli schiaffi sul volto, da dietro. A un tratto, notavo che il ragazzo aveva messo una mano nella tasca, tirando fuori un coltello. Ho deciso così istintivamente di girarmi sul lato sinistro, dove poi ho effettivamente ricevuto quattro coltellate: una alla scapola sinistra e tre al braccio sinistro. All'inizio non mi ero reso conto che i fendenti mi avessero colpito, ero convinto che la giacca avesse attutito il colpo. Ero tranquillo, dal momento che non avvertivo dolore. Nel vedere i ragazzi che nel frattempo fuggivano, ho iniziato a rendermi conto che perdevo tanto sangue dalla manica della giacca. A quel punto, mi sono aperto la giacca vedendo una grande quantità di sangue: le gambe non reggevano più, così mi sono accasciato per terra. È in quel momento che qualche viaggiatore ha chiamato i soccorsi''.

Come sta il capotreno

''Sto bene, mi sto riprendendo. Non mi ero reso conto dei colpi che mi aveva dato, mi sono reso conto del coltello solo quando mi ha colpito. Ho 18 punti: 7 nella scapola, 11 nel braccio'' ha detto, poi, Rosario Ventura, il capotreno accoltellato nella stazione di Genova Rivarolo, alle telecamere di '4 di Sera', il programma condotto da Paolo Del Debbio su Retequattro. ''Secondo me quella foto a terra arrivava dall'interno del treno. Lì per lì non ho avuto nemmeno la forza di chiamare la polizia, niente. Ho parlato soltanto coi miei responsabili, di dire dell'ambulanza e basta. Poi mi hanno aiutato i viaggiatori sia all'interno che fuori (dal treno, ndr.)''.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Esteri

Siria, la moglie di Assad gravemente malata: “Ha la...

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Lo riferisce The Telegraph, secondo il quale l'ex first lady di origine britannica è stata isolata per ridurre al minimo il rischio di infezione

Asma al-Assad - (Fotogramma)

Asma al-Assad, moglie del deposto presidente siriano Bashar al-Assad, starebbe combattendo contro la leucemia e avrebbe una probabilità di sopravvivenza del 50%. Lo riferisce The Telegraph, secondo il quale l'ex first lady di origine britannica è stata isolata per ridurre al minimo il rischio di infezione e sta seguendo un trattamento.

Asma aveva già combattuto contro il cancro al seno nel 2019, da cui era guarita dopo un anno di cure. Ma si ritiene che la sua leucemia sia ricomparsa dopo un periodo di remissione. La presidenza siriana aveva annunciato a maggio di quest'anno che all'allora first lady era stata diagnosticata una leucemia mieloide acuta, un cancro aggressivo del midollo osseo e del sangue.

Nata a Londra nel 1975 da genitori siriani, Asma al-Assad ha una doppia cittadinanza britannica e siriana. Ha conseguito lauree in informatica e letteratura francese al King's College di Londra prima di intraprendere una carriera nell'investment banking. Asma ha sposato Bashar al-Assad nel dicembre 2000. La coppia ha tre figli: Hafez, Zein e Karim.

L'8 dicembre, in seguito a un'offensiva ribelle guidata da Hayat Tahrir al-Sham (HTS) contro il regime di Damasco, la famiglia è fuggita dalla Siria e si è rifugiata in Russia. Sembra che Asma abbia cercato di esiliarsi a Londra con i suoi figli da quando è iniziata la rivolta siriana, ma il ministro degli Esteri inglese David Lammy ha dichiarato che l'ex first lady siriana non benvenuta nel Regno Unito.

I resoconti suggeriscono che abbia anche chiesto il divorzio dal presidente siriano detronizzato perché "insoddisfatta" della sua vita a Mosca. Tuttavia, il Cremlino ha respinto le indiscrezioni, affermando che " non corrispondono alla realtà".

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Esteri

Ucraina, Lavrov: “Una tregua ora sarebbe...

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Il ministro degli Esteri russo: "Abbiamo bisogno di accordi giuridici definitivi"

Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov - (Afp)

La Russia gela le speranze di una tregua in Ucraina. "Un cessate il fuoco è una strada che non porta da nessuna parte", ha detto in una intervista a giornalisti russi e stranieri il ministro degli Esteri Serghei Lavrov, secondo il quale "sono necessari degli accordi affidabili".

"Sulla questione molto è stato detto. Ne ha parlato anche il Presidente russo. Non ci accontenteremo di chiacchiere. Finora abbiamo sentito parlare della necessità di arrivare a un cessate il fuoco, ma nessuno nasconde che l'obiettivo di una tregua è quello di guadagnare tempo per continuare a inondare l'Ucraina di armi e consentire alle forze ucraine di raggrupparsi, di mobilitare personale e osì via”, ha osservato.

“Il cessate il fuoco è un vicolo cieco”, ha sottolineato Lavrov. “Abbiamo bisogno di accordi definitivi e giuridicamente vincolanti che documentino le condizioni per garantire la sicurezza della Russia e, naturalmente, gli interessi legittimi dei nostri vicini, ma in un modo basato sul diritto internazionale, che renderà impossibile la violazione di tali accordi”, ha aggiunto.

Qatar, Arabia saudita o Emirati località possibili per vertice Trump-Putin

La Russia prova intanto a definire le condizioni per il vertice fra Donald Trump e Vladimir Putin che non è ancora stato fissato e prima ancora dell'insediamento del Presidente americano eletto. Il quotidiano Izvestia cita esperti secondo cui le località più probabili sono in Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Paesi neutrali, impegnati da tempo in uno sforzo di mediazione fra Mosca e Kiev sulla facilitazione degli scambi di prigionieri di guerra (ma anche sul ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, ndr) e che non hanno aderito alla Corte penale internazionale. Izvestia precisa che pur se la Svizzera ha confermato la sua disponibilità a ospitare un vertice Trump-Putin, non potrebbe andare bene perché per Mosca non è più un Paese neutrale. Scarse probabilità anche che la riunione si tenga in un Paese europeo. Ma non si esclude la Turchia.

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Cronaca

Torino, papà dona parte del suo fegato e salva la figlia di...

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L’intervento all’ospedale Molinette della Città della Salute

Torino, papà dona parte del suo fegato e salva la figlia di 11 mesi

Come regalo di Natale un papà greco di 31 anni ha donato parte del suo fegato salvando così la figlia di 11 mesi affetta da una grave cirrosi epatica scompensata, esito del fallimento di due precedenti interventi chirurgici eseguiti in Grecia nel tentativo di riparare la malformazione da cui era affetta, l’atresia delle vie biliari. E’ successo all’ospedale Molinette di Torino dove nei giorni scorsi è stato eseguito il primo trapianto di fegato pediatrico in Piemonte, nell’ambito di una specifica collaborazione attiva tra Italia e Grecia, sotto l’egida del Centro Nazionale Trapianti (Cnt) di Roma. L’Hellenic Transplant Organization di Atene ha inviato richiesta al Cnt di Roma di attivazione dell’accordo tra Italia e Grecia, valido per lo scambio di pazienti con necessità di trapianto e di organi idonei per trapianto.

Il Centro Regionale Trapianti del Piemonte-Valle d’Aosta, interpellato dal CNT, ha inoltrato la richiesta al professor Renato Romagnoli, direttore del Dipartimento Trapianti della Città della Salute che ha dato subito parere favorevole alla presa in carico ed al trasferimento della bambina e dei suoi familiari a Torino.

Lo scorso agosto la bimba è arrivata all’ospedale Infantile Regina Margherita dove è stata presa in cura dal dottor Pierluigi Calvo direttore della Gastroenterologia pediatrica e una volta completate le necessarie pratiche burocratiche e le valutazioni mediche di bilancio per trapianto, la bimba è stata inserita nella lista d’attesa nazionale italiana per trapianto di fegato pediatrico.

Dopo una ventina di giorni senza aver ricevuto valide offerte di donazione di fegato da soggetto deceduto, il papà della bimba ha deciso di donare la parte di fegato necessaria per salvare la vita della sua bimba e con il supporto della Direzione sanitaria dell'ospedale Molinette le pratiche di autorizzazione del trapianto con donazione da vivente sono state espletate in tempi record. Entrambi gli interventi (di prelievo di fegato sinistro dal papà e di trapianto nella bimba) si sono svolti in contemporanea presso il blocco operatorio della Chirurgia Trapianto Fegato dell’ospedale Molinette. Le procedure chirurgiche sono durate circa 16 ore. Molto complesso è’ stato l’impianto del fegato nella piccola paziente (di meno di 8 kg di peso), in quanto la severa ipoplasia della sua vena porta ha richiesto la sostituzione con prelievo ed autotrapianto di vena giugulare della bambina stessa.

Dopo una degenza della bimba di 5 giorni in terapia intensiva presso la Rianimazione Centrale delle Molinette, attualmente entrambi i pazienti operati stanno bene. Il papà è stato dimesso. La bimba è degente presso l’Area Semintensiva Chirurgica del professor Romagnoli. "La sanità piemontese si conferma un punto di riferimento di eccellenza per la sanità italiana ed anche internazionale, soprattutto nel campo dei trapianti. Un grande applauso ai nostri professionisti ed al papà che, con un grande gesto, ha salvato la vita della piccola figlia come miglior dono di Natale”, commenta l’assessore regionale, Federico Riboldi e il dg della Città della Salute, Giovanni La Valle aggiunge: “ancora una volta una grande Azienda ospedaliero-universitaria italiana come la Città della Salute di Torino è riuscita in tempi rapidi a dare una risposta efficace ad un così grave problema di salute di una bambina proveniente da un altro Paese dell'Unione Europea".

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