Elezioni Usa 2024, Trump vince in Kentucky, Indiana e West Virginia. Vermont a Harris
Ecco dove si impongono i due candidati alla Casa Bianca. Harris in testa in Pennsylvania
Chiusi i primi seggi nelle elezioni americane 2024. Gli Usa vanno al voto per eleggere il nuovo presidente: nella sfida tra Donald Trump e Kamala Harris si comincia a delineare un quadro via via più chiaro man mano che si procede con lo spoglio.
Trump guida per il momento la corsa per la Casa Bianca con oltre 100 voti elettorali, mentre manca un quarto d'ora alla chiusura dei seggi in un altro round di stati, che mettono in palio 163 voti. Secondo il calcolo dell'Ap Trump ha 101 voti, contro 71 di Kamala Harris, mentre il conto della Cnn è di 105 a 27. Fox parla di 111 voti per il candidato repubblicano contro i 72 della candidata dem. Vince chi arriva a 270 dei 538 voti del Collegio elettorale.
I risultati stato per stato
Trump, come ampiamente previsto, si impone in Kentucky secondo le proiezioni Cnn aggiudicandosi gli 8 grandi elettori in palio. Il candidato repubblicano conquista anche l'Indiana e i suoi 11 grandi elettori e vince in West Virginia (4 grandi elettori).
Secondo la proiezione di Fox News, Trump vince anche in South Carolina (9 grandi elettori), e si aggiudica la Florida e i suoi 30 voti elettorali, secondo le proiezioni della Cnn. Il tycoon vince anche in Alabama, Oklahoma, Missouri e Tennessee, per un totale di 37 voti elettorali, secondo le proiezioni della Cnn, e conquista l'Arkansas e i suoi 6 voti elettorali, secondo le proiezioni della Cnn.
Mentre Harris vince nel Vermont, che vale 3 grandi elettori e, secondo le proiezioni della Cnn, nel Massachusetts, Maryland e District of Columbia. Stando alle proiezioni di Fox News, Harris si aggiudica anche il Connecticut (7 grandi elettori) e Rhode Island (4 grandi elettori). Ancora, secondo le proiezioni dell'Associated Press, Harris vince nel New Jersey (14 grandi elettori), Illinois (19) e Delaware (3 grandi elettori).
Harris è inoltre in testa in Pennsylvania, lo stato senza il quale non si può vincere la corsa per la Casa Bianca. Con il 5% delle schede scrutinate, la candidata democratica ha il 77,4% delle preferenze, contro il 21,4% di Trump. La Pennsylvania vale 19 voti elettorali. Mentre con il 53% delle schede scrutinate, Trump è saldamente in testa in Georgia, dove ha il 55,5% dei voti, contro il 43,9% di Harris.
Quando verrà annunciato il vincitore
Le operazioni di spoglio, come hanno detto e ripetuto le autorità dei vari Stati, dovrebbero procedere in maniera più spedita rispetto alle elezioni 2020. Non è scontato, però, che nella notte italiana si arrivi alla proclamazione di un vincitore. Nel campo dem, come hanno evidenziato in particolare alcune figure vicine a Harris, si teme un annuncio anticipato di Trump che potrebbe dichiararsi vincitore e condizionare quindi le operazioni di voto in alcuni degli Stati che chiuderanno i seggi più tardi.
Esteri
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Obama invita alla pazienza, lo staff di Harris si prepara intanto all'eventualità che Trump tenti di dichiarare la vittoria prima che sia decretato un vincitore
Primi seggi chiusi negli Usa, dove si sta ancora votando per le elezioni presidenziali americane 2024. Ma al di là dei primi risultati in arrivo da alcuni Stati, per avere la certezza sul vincitore nella sfida tra Kamala Harris e Donald Trump per la Casa Bianca bisognerà attendere ancora a lungo, probabilmente almeno altre 24 ore: difficilmente infatti i dati ufficiali arriveranno in breve tempo. E quasi certamente non durante la lunga election night.
Procedure più veloci per il voto per posta e spoglio più rapido rispetto al 2020, quando per i risultati ufficiali ci sono voluti ben 4 giorni, ma nessuno sembra comunque aspettarsi tempi brevissimi. Di sicuro non l'ex presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, che su X ha invitato a rispettare il lavoro del personale nei seggi e ad avere pazienza nell'attesa dei conteggi delle schede. "Ci sono voluti diversi giorni per contare ogni scheda nel 2020, ed è molto probabile che neanche stasera sapremo l'esito" delle elezioni, le parole di Obama.
Sul fronte dem, i collaboratori della vicepresidente Kamala Harris aspettano e si preparano all'eventualità che Trump tenti di dichiarare la vittoria prima che sia decretato un vincitore. A questo scopo hanno elaborato opzioni per le risposte, ma ciò che faranno alla fine sarà determinato da come e quando agirà l'ex presidente. Due consiglieri di Harris hanno intanto detto alla Cnn che non permetteranno che le affermazioni di Trump restino senza risposta. La campagna ha in programma di essere "molto aggressiva".
La vicepresidente si è intanto recata a sorpresa nella sede del Comitato Nazionale Democratico a Washington per ringraziare coloro che stanno telefonando per sostenere la sua campagna. La candidata democratica ha parlato al telefono con diverse persone e le ha incoraggiate ad andare a votare.
"Sto bene", si è potuto sentire Harris dire a un elettore al telefono. "Volevo solo sapere come stai e assicurarmi che tu sappia dove puoi andare a votare oggi, se non l'hai già fatto". "Grazie infinite e grazie per essere stati attivi nel partecipare a questo processo molto, molto importante e a fondamento della nostra democrazia... Non potremmo farcela senza persone come voi", il ringraziamento di Harris.
"Stasera otterremo una grande vittoria", ha intanto detto convinto Donald Trump, con indosso il cappellino rosso d'ordinanza con lo slogan 'Make America Great Again' in un video pubblicato su TikTok. "I repubblicani stanno facendo davvero molto bene", ha aggiunto.
Esteri
Israele, terremoto nel governo: Netanyahu licenzia Gallant
Silurato il ministro della Difesa sostituito da Katz. In migliaia in piazza contro la decisione del premier israeliano
Terremoto nel governo israeliano. Mentre continuano i raid con morti e feriti su Gaza, in Cisgiordania e nel sud del Libano, il premier Benjamin Netanyahu ha licenziato il ministro della Difesa Yoav Gallant e lo ha sostituito con Israel Katz, già ministro degli Esteri. Al posto di Katz, la guida del ministero degli Esteri è stata affidata a Gideon Saar. Netanyahu avrebbe informato Gallant della sua rimozione appena 10 minuti prima dell'annuncio pubblico.
In migliaia sono scesi in piazza contro la decisione del premier. Il presidente israeliano Isaac Herzog ha messo in guardia contro qualsiasi sconvolgimento politico, mentre il Paese combatte guerre su più fronti. "L'ultima cosa di cui lo Stato di Israele ha bisogno in questo momento è uno sconvolgimento e una rottura nel mezzo della guerra. La sicurezza dello Stato di Israele deve essere al di sopra di ogni considerazione", ha affermato Herzog, aggiungendo che "il ruolo della leadership è quello di agire con grande responsabilità in questo momento".
Perché Netanyahu ha licenziato Gallant
Netanyahu ha motivato la decisione di rimuovere Gallant parlando di ''sfiducia reciproca'' che si è sviluppata gradualmente tra i due. Una condizione che ''non consente una normale gestione della guerra'' che Israele sta combattendo nella Striscia di Gaza e in Libano, ha aggiunto Netanyahu. "Purtroppo, anche se nei primi mesi della guerra c'era fiducia e c'era un lavoro molto fruttuoso, negli ultimi mesi questa fiducia si è incrinata tra me e il ministro della Difesa", ha affermato Netanyahu.
Il premier israeliano ha spiegato che i due non erano d'accordo sulla gestione della guerra e che Gallant ha preso decisioni e fatto dichiarazioni in contraddizione con le decisioni del governo. "Ho fatto molti tentativi per colmare queste lacune, ma continuavano ad ampliarsi", ha detto. Lacune che "sono anche giunte a conoscenza della popolazione in un modo inaccettabile e, cosa ancora peggiore, sono giunte a conoscenza del nemico: i nostri nemici ne hanno tratto un sacco di benefici", ha sottolineato.
Le parole di Gallant e Katz
La ''sicurezza dello Stato di Israele è sempre stata, e rimarrà sempre, la missione della mia vita'', le prime parole di Gallant dopo essere stato rimosso. Gallant ha dichiarato in una conferenza stampa di essere stato licenziato per tre questioni che lo mettevano in contrasto con Netanyahu: "La mia ferma posizione sulla coscrizione universale, l'impegno a restituire gli ostaggi e la richiesta di una commissione statale d'inchiesta sul fallimento del 7 ottobre". "È possibile restituire gli ostaggi", ha aggiunto Gallant, "ma ciò implica dei compromessi. Lo stato di Israele può fare quei compromessi".
"Ringrazio il primo ministro Netanyahu per la fiducia riposta in me nominandomi ministro della Difesa", ha dichiarato Katz su X. "Lavoreremo insieme per portare la vittoria alle forze di sicurezza", ha affermato, "e per raggiungere gli obiettivi della guerra: il ritorno di tutti gli ostaggi come missione di valore più importante, la distruzione di Hamas a Gaza, la sconfitta di Hezbollah in Libano, il contenimento dell'aggressione iraniana e il ritorno dei residenti del nord e del sud alle loro case in sicurezza".
Altri licenziamenti in vista?
Secondo indiscrezioni uscite sulla stampa israeliana, Netanyahu starebbe valutando di licenziare anche i capi delle Idf e dello Shin Bet. Indiscrezioni che però il primo ministro ha prontamente smentito: "Le notizie secondo cui ho intenzione di licenziare il capo dell'esercito e i quello dello Shin Bet sono false e mirano a seminare divisione e discordia".
L'ufficio del premier ha reso noto che Netanyahu ha parlato con il capo di stato maggiore delle Idf, Herzi Halevi, con il capo dello Shin Bet, Ronen Bar, e con il direttore del Mossad, David Barnea, rassicurando i suoi interlocutori dopo aver licenziato Gallant.
Reazioni e proteste
Gallant era ''un ostacolo alla vittoria assoluta'' di Israele, ha commentato il ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir accogliendo con favore la decisione del premier israeliano. "Il primo ministro ha fatto bene a rimuoverlo dal suo incarico", ha affermato Ben Gvir, che in più occasioni aveva chiesto di rimuovere Gallant. "Non era possibile ottenere una vittoria assoluta" con Gallant in carica, ha aggiunto.
Mentre il leader dell'opposizione israeliano Yair Lapid ha definito la rimozione di Gallant nel bel mezzo della guerra "un atto di follia", affermando su X che "Netanyahu sta tradendo i soldati della sicurezza israeliana e delle Idf per una vergognosa sopravvivenza politica". "Il governo di destra privilegia gli evasori della leva rispetto a coloro che la servono", ha affermato Lapid, invitando i sostenitori del suo partito Yesh Atid "e tutti i patrioti sionisti a scendere in piazza stasera per protestare".
Anche Yair Golan, leader del partito democratico israeliano, ha chiesto alla popolazione di scendere in piazza e uno sciopero generale dopo il licenziamento del ministro della Difesa. Golan ha chiesto alle università e ai college di chiudere, ai luoghi di lavoro di non riaprire e ha invitato la popolazione israeliana a protestare.
L'Hostages and Missing Families Forum ha condannato la decisione del primo ministro israeliano di rimuovere il ministro della Difesa, affermando che altro non è se non ''un altro tentativo di affossare l'accordo sugli ostaggi". Il gruppo, che rappresenta le famiglie delle persone prese in ostaggio il 7 ottobre, ha chiesto al nuovo ministro della Difesa Katz di ''esprimere un impegno esplicito per la fine della guerra e di portare a termine un accordo per l'immediato ritorno di tutti i rapiti''. "Il licenziamento del ministro della Difesa è una prova delle scarse priorità del governo israeliano", ha aggiunto il Forum su X, affermando che "gli obiettivi militari nella Striscia di Gaza sono stati raggiunti" e che Israele deve ora ottenere un "accordo per il rilascio di tutti i rapiti e la fine della guerra".
In tutto il Paese proteste contro la rimozione del ministro della Difesa israeliano. Circa 1.000 manifestanti si sono radunati vicino alla residenza di Netanyahu a Gerusalemme. Migliaia di persone in piazza a Tel Aviv, centinaia si sono radunati ad Haifa. I manifestanti hanno bloccato l'autostrada Ayalon di Tel Aviv in entrambe le direzioni.
La reazione di Usa e Italia
Un portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca ha elogiato Gallant e ha affermato che l'amministrazione Biden continuerà a collaborare con il suo successore, ma ha evitato di criticare direttamente la decisione di Netanyahu di licenziarlo. "Il ministro Gallant è stato un collaboratore importante in tutte le questioni relative alla difesa di Israele. Come stretti partner, continueremo a lavorare in collaborazione con il prossimo ministro della Difesa di Israele", ha detto il portavoce al Times of Israel.
Poco prima, un altro funzionario statunitense aveva dichiarato al Times of Israel che la decisione di Netanyahu di licenziare Gallant il giorno delle elezioni presidenziali statunitensi indicava che il premier voleva evitare la reazione di Washington sulla controversa decisione di licenziare il suo ministro della Difesa nel bel mezzo di una guerra.
''Sono dispiaciuto, triste e preoccupato per la scelta di sostituire il Ministro Gallant alla guida del Ministero della Difesa israeliano. La sua serietà, la sua onestà intellettuale e la sua disponibilità anche a confronti duri ma sempre rispettosi mancheranno a me ma ancor di più ad Israele'', ha scritto su X il ministro della Difesa, Guido Crosetto. ''La sua visione del futuro ed il suo reale impegno per creare le condizioni della fine del conflitto e della liberazione degli ostaggi rappresentavano per me una speranza e mi spingevano ad impegnarmi per aiutarlo perché ciò avvenisse. Da oggi sarà più difficile anche alimentare la speranza. Almeno per me''.
Esteri
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Le elezioni presidenziali americane del 2024 non sono solo una sfida tra Donald Trump e Kamala Harris. I risultati decideranno ovviamente il nuovo presidente. Ma oltre ad assegnare il controllo della Casa Bianca, determineranno la composizione del Senato, della Camera dei rappresentanti. E definiranno la linea su temi chiave in molti Stati. Ma cosa succede alla chiusura delle urne? I primi risultati nelle ore successive potrebbero non essere determinanti e, nonostante le ripetute rassicurazioni su uno spoglio più veloce rispetto al 2020, potrebbe essere necessario aspettare giorni o settimane per proclamare il vincitore.
Gli stati infatti decidono le proprie procedure elettorali e l'ordine in cui contano i voti anticipati, per posta e il giorno delle elezioni varia, così come la rapidità con cui alcune città, contee e regioni comunicano i loro risultati.
Quanti voti servono per vincere
Per vincere bisogna arrivare al numero magico di 270 voti per avere la maggioranza nel Collegio Elettorale. Come è noto, ad ogni stato corrisponde un numero di grandi elettori: sono loro a scegliere il presidente.
È estremamente improbabile che conosceremo il vincitore del concorso presidenziale la notte delle elezioni. I funzionari negli uffici elettorali che contano i voti e certificano i risultati delle elezioni determinano il vincitore. La certificazione avviene giorni o addirittura settimane dopo le elezioni.
Quasi tutti gli Stati adottano un sistema "winner-takes-all"(il vincitore prende tutto), dove il candidato che ottiene la maggioranza dei voti popolari in uno stato conquista tutti i suoi voti elettorali. Le uniche eccezioni sono rappresentate da Maine e Nebraska, in cui i voti elettorali sono assegnati in modo proporzionale.
7 Stati chiave e 13 contee decisive
Dalla nostra mezzanotte, con i primi risultati da Indiana e Kentucky, fino alle 6 del mattino, con quelli di Alaska e Hawaii di mercoledì, inizia la lunga maratona dell'election night americana. I sondaggi continuano a descrivere il duello come un testa a testa all'ultimo voto, anche se non si prevede che si dovranno aspettare cinque giorni, come 4 anni fa con Joe Biden.
Harris e Trump si stanno scontrando su sette stati decisivi: Michigan, Pennsylvania e Wisconsin, i tre stati dei Grandi Laghi che formano il "muro blu" che il tycoon ha infranto nel 2016 ma che il presidente Joe Biden ha conquistato nel 2020, e Arizona, Georgia, Nevada e North Carolina, i quattro campi di battaglia della Sun Belt.
Ma da tenere d'occhio per le sorti del duello sono 13 le contee di questi Stati: secondo una mappa elettorale del Cook Political Report ripresa da Axios, tre sono in Pennsylvania, due in Georgia, North Carolina, Wisconsin e Michigan, ed una sia in Arizona che in Nevada.
Come funziona il Collegio elettorale e chi sono i grandi elettori
Il risultato del voto più importante non è quello nazionale, ma di collegio. Il sistema del collegio elettorale è il meccanismo con cui viene eletto il presidente negli Stati Uniti, diverso dal voto popolare 'diretto' comune in Europa.
Ecco come funziona: ognuno dei 50 stati americani ha un certo numero di Grandi Elettori, basato sulla sua rappresentanza al Congresso, cioè numero di senatori più il numero di rappresentanti. In totale ci sono 538 Grandi Elettori (100 senatori e 435 deputati). A questi, secondo quanto previsto dal XXI emendamento si aggiungono gli elettori eletti dal Distretto di Columbia, che sono in numero pari al numero di elettori previsto dallo Stato meno popoloso dell'Unione, attualmente tre. Quando gli elettori votano, stanno in realtà scegliendo i Grandi Elettori, che poi voteranno il candidato presidente che ha vinto il voto popolare nello Stato di cui sono rappresentanti. Per vincere un candidato deve ottenere almeno 270 voti elettorali.
Ogni stato ha un numero di grandi elettori pari alla somma dei suoi senatori (sempre due) e dei rappresentanti alla Camera, che variano in base alla popolazione. La California, ad esempio, ha 54 elettori; il Texas ne ha 40, mentre gli scarsamente popolati Alaska, Delaware, Vermont e Wyoming ne hanno solo tre ciascuno. La maggior parte sono funzionari eletti a livello locale o leader di partito, ma i loro nomi non compaiono sulle schede elettorali.
Cosa succede il 16 dicembre e il 6 gennaio
Dopo le elezioni di novembre, i grandi elettori si riuniscono il lunedì dopo il secondo mercoledì di dicembre (quest'anno il 16) nei rispettivi stati per votare formalmente per il presidente e il vicepresidente. Il 6 gennaio il Congresso degli Stati Uniti procede all'apertura della buste e al conteggio dei voti che ciascun grande elettore ha espresso. È possibile che un candidato vinca la presidenza senza ottenere la maggioranza dei voti popolari, come accaduto nel 2016, quando Donald Trump ha ottenuto 306 voti elettorali, ben più dei 270 necessari, pur non avendo la maggioranza del voto popolare, andato a Hillary Clinton. Questo sistema ha lo scopo di bilanciare il potere tra stati più e meno popolosi, sebbene susciti critiche per il rischio di distorcere la volontà popolare complessiva.