Alle Terme di Diocleziano le sculture dell’artista inglese Tony Cragg
Da domani al 4 maggio
Dal 9 novembre 2024 al 4 maggio 2025 il Museo Nazionale Romano presenta alle Terme di Diocleziano Tony Cragg. Infinite forme e bellissime, a cura di Sergio Risaliti e Stéphane Verger: una grande mostra personale dell’artista inglese, tra i più celebri esponenti della scultura contemporanea, noto per aver sperimentato fin dagli anni Settanta forme sorprendenti accanto a materiali e tecniche inedite. La mostra, organizzata da Bam – Eventi d’Arte, esce dallo spazio del museo per irradiarsi nelle piazze della città, grazie alla collaborazione con Municipio I Roma Centro. (Fotogallery)
“La mostra di Tony Cragg alle Terme di Diocleziano si preannuncia tra le più interessanti della prossima stagione culturale romana – dichiara Stéphane Verger – organizzata in collaborazione con Roma Capitale. Cragg ci consegna opere cariche di una forza che il tempo non disperderà, come le collezioni del Museo che le ospita; le sue sculture campeggiano nelle Grandi Aule e confermano la prestigiosa vocazione delle Terme di Diocleziano ad ospitare i protagonisti della scultura contemporanea”.
"Per la terza volta nella mia carriera ho avuto l’onore di poter collaborare con Tony Cragg – sottolinea Sergio Risaliti –. E per la terza volta le sue opere si sono confrontate con spazi fortemente connotati dalla storia e dall’arte del nostro passato. Cragg ha una sensibilità speciale e una conoscenza della storia dell’arte solida, e per questo riesce a entrare in sintonia con gli ambienti che accolgono le sue sculture, riuscendo a far risuonare le sue forme nei nuovi contesti senza provocare disagio e cacofonia. Questo è il segno che la sua ispirazione viene da lontano, anche se è decisamente radicata nel presente e con torsioni di tempo che legano il passato più remoto al futuro più distante.Incontrando le sue magnifiche invenzioni scultoree siamo come trascinati in una dimensione spazio-temporale che si avvita senza inizio e fine, connettendo l’origine e le geometrie delle strutture naturali con le infinite potenzialità della creatività umana. Ammiro da sempre questa sua generosità e intensità, che si dispiega e si rinnova continuamente nella ricerca di forme sempre inedite e sconcertanti, assieme a tecniche e materiali che lui studia e sperimenta con la curiosità e sapienza di uno scienziato-alchimista."
“Le sculture di Tony Cragg negli spazi pubblici di Roma – dichiara Giulia Silvia Ghia, Assessore alla Cultura, politiche Educative e Giovanili e allo Sport di Roma – rappresentano una straordinaria fusione tra arte contemporanea e contesto urbano storico, offrendo un'esperienza estetica che sfida le aspettative tradizionali e acquista nuovi significati, grazie al dialogo tra il passato classico e il presente contemporaneo.Le opere di Tony Cragg, spesso caratterizzate da forme biomorfe e sinuose, rappresentano un deciso contrasto con la geometria e la solidità dell'architettura classica e rinascimentale di Roma, creando così una tensione visiva che arricchisce l'esperienza del pubblico.”
Tony Cragg. Infinite forme e bellissime porta negli ambienti carichi di storia delle Terme di Diocleziano – con le sue Aule imponenti, coperte da volte amplissime – ben diciotto sculture, di medie e grandi dimensioni, realizzate negli ultimi due decenni in bronzo, legno, travertino, fibra di vetro e acciaio: forme seducenti, perturbanti, misteriose – che ora rinviano al mondo minerale e vegetale, ora alla geologia e alla biologia, evocando le onde del mare, le strutture geometriche di una pianta o di una conchiglia – che adesso entrano in dialogo con gli spazi archeologici del complesso monumentale.
La ricerca artistica di Tony Cragg è da sempre concentrata sulle infinite possibilità del disegno e della scultura, in un confronto inarrestabile con la natura, con i suoi processi creativi e le sue strutture evolutive. Infinite forme e bellissime, una frase topica di Charles Darwin, evoca l’inarrestabile entusiasmo dell’artista di fronte alla ricchezza delle architetture della vita, dal microcosmo al macrocosmo, da una parte, e alla meraviglia che suscita il pensiero stesso, mai pago di affondare nella conoscenza della realtà, nell’inesauribile ricchezza di forme e modelli, di strutture e processi generativi che il mondo naturale ci mette davanti agli occhi: una ricchezza cui corrisponde il fare dell’artista, in particolare quello dello scultore, che può ‘pensare’ e creare nuove forme senza porsi limiti nell’utilizzo di mezzi e materiali. Un fecondo scambio di intuizioni e immagini tra naturale e artificiale, tra modelli biomorfici e virtuali, che derivano dall’osservazione delle composizioni organiche e delle strutture cristalline dei minerali, fino a coinvolgere forme elaborate digitalmente e prodotti nati artificialmente in laboratorio: dall’archeologia alla geologia, dalla storia dell’arte alla biologia. Nel titolo risuona così l’entusiasmo dello scienziato Darwin per le forme naturali i suoi processi evolutivi che così si esprimeva: “Vi è qualcosa di grandioso in questa concezione della vita, con le sue molte capacità, che inizialmente fu data a poche forme o ad una sola e che, mentre il pianeta seguita a girare secondo la legge immutabile della gravità, si è evoluta e si evolve, partendo da inizi così semplici, fino a creare infinite forme estremamente belle e meravigliose”.
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Eni, Ciarrocchi: “In Kenya il nostro modello di...
A Ecomondo la quarta edizione del Forum Africa Green Growth
“Una giusta transizione energetica non avverrà mai se non prendiamo in debita considerazione la sostenibilità economica e sociale del processo e i risultati in termini di benefici per tutti gli stakeholder coinvolti lungo la filiera, tra cui comunità locali, investitori, aziende e governi. La transizione energetica, una 'giusta transizione' per Eni, non riguarda solo l'innovazione; è un impegno a trasformare il modo in cui produciamo e consumiamo energia, assicurando che nessuno venga lasciato indietro”. Così Luigi Ciarrocchi, direttore Ccus, Forestry & Agro-feedstock di Eni, al Forum Africa Green Growth a Ecomondo. Esempio di giusta transizione, spiega Ciarrocchi, sono le iniziative Agro-feedstock in Kenya che mirano a sviluppare un approvvigionamento sostenibile di materie prime di origine agricola per la produzione di biocarburanti.
Ad oggi, in Kenya, Eni ha già ultimato due impianti di lavorazione che producono olio vegetale da ricino, residui agroindustriali e forestali, coinvolgendo oltre 100mila agricoltori in 16 contee che coltivano ricino in aree degradate identificate dal ministero dell'agricoltura del Kenya, altre colture energetiche in rotazione come cartamo e crambe, e raccolgono residui forestali. Nell'ambito di queste iniziative, Eni ha avviato partnership con organizzazioni internazionali, come l'International Finance Corporation, il Fondo per il clima italiano del ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica italiano, Cdp e l'Organizzazione internazionale del lavoro delle Nazioni Unite (Ilo).
"Stiamo supportando gli agricoltori kenioti - spiega Ciarrocchi - fornendo loro sementi di qualità e fertilizzanti, un accesso stabile al mercato, formazione e supporto tecnico, consentendogli di migliorare le rese ottenute in campo" e "creando benefici economici che rimangano all'interno del paese, fornendo una fonte affidabile di reddito per gli agricoltori, promuovendo la creazione di posti di lavoro e la diversificazione economica in quelle aree rurali, dove spesso la dipendenza dalle attività agricole tradizionali e di basso valore è elevata".
Il modello Eni
Eni ha sviluppato un modello di integrazione verticale per la produzione di biocarburanti, focalizzandosi sulla produzione di olio vegetale da coltivazioni su terreni degradati e in rotazione, come previsto dalla Direttiva sulle energie rinnovabili (RED) dell'Unione Europea, e dalla valorizzazione di residui agroindustriali e forestali. La coltivazione è affidata ad agricoltori locali, che coltivano i propri terreni; l'estrazione dell'olio vegetale dalle materie prime avviene in impianti industriali realizzati da Eni o utilizzando quelli di terze parti, a seconda della disponibilità e della maturità industriale del Paese; i sottoprodotti di lavorazione vengono recuperati.
"Nel complesso, le iniziative Agro-feedstock di Eni prevedono di coinvolgere oltre 700.000 agricoltori entro il 2027, principalmente in Africa, per rigenerare 1 milione di ettari di terreni abbandonati e degradati e contribuire alla sicurezza alimentare con la produzione di circa 1 milione di tonnellate di mangimi e fertilizzanti", dice Luigi Ciarrocchi, aggiungendo che "iniziative simili sono state avviate dal 2022 in Costa d'Avorio, Mozambico, Angola, Italia, Kazakistan e Vietnam".
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Il principe William: “Il 2024 è stato l’anno...
Negli stessi mesi le diagnosi di cancro della moglie Kate e del padre Carlo
Se per Elisabetta II fu il 1992 l"annus horribilis", per il principe William il vero "anno orribile è stato il 2024, il più duro di tutta la mia vita". In Sudafrica per la presentazione del premio 'Earthshot' a Città del Capo, il principe di Galles ha definito l'anno in corso "brutale" a causa delle battaglie contro il cancro sia da sua moglie, la principessa Kate, che da suo padre, re Carlo. Elisabetta, invece, nel suo peggior anno, come dichiarò lei stessa nel discorso per i suoi 40 di regno, dovette vedersela con gli annunci ufficiali di separazione dalle rispettive mogli dei figli Carlo e Andrea e con il divorzio della secondogenita Anna, oltre con l'incendio della sua amata residenza nel Castello di Widsor.
Parlando con i giornalisti, William, ha aggiunto che "cercare di superare tutto il resto e tenere tutto sotto controllo è stato davvero difficile. Ma sono orgoglioso di mia moglie, sono orgoglioso di mio padre, per aver gestito le cose come hanno fatto. Ma, da un punto di vista familiare e personale, è stato brutale".
Quanto alla responsabilità di essere l'erede al trono, il principe di Galles ha ammesso che "non mi piace avere anche questa responsabilità. Preferisco la libertà di poter costruire qualcosa come Earthshot. E' questo è il futuro per me. È molto importante, con il mio ruolo e la mia piattaforma, che io faccia qualcosa di buono, che io aiuti la vita delle persone e che io faccia qualcosa che sia veramente significativo. In questo senso, l'Earthshot è il culmine, se vogliamo, di tutto ciò messo insieme".
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‘The Scoop Jazz Band’: la ‘news’ è...
Dal Messaggero al Sole 24Ore fino a Sky Tg24, dal 2010 cronisti con la passione per il jazz e il blues hanno creato un ensemble. Il 21 novembre il gruppo romano al Cotton Club di Roma
Meglio uno scoop o una hit? E' il grande dilemma della 'Scoop Jazz Band', band romana nata dall'idea di un gruppo di talentuosi giornalisti uniti dalla passione del jazz e del blues. L'idea nasce nel 2010 per iniziativa di Dino Pesole, editorialista del Sole24ore, Antonio Troise, vice direttore del Quotidiano del Sud, Romano Petruzzi, consulente del lavoro, e Stefano Sofi, già giornalista del Messaggero. Ospite dell'Adnkronos insieme ad altri componenti della band (Massimo Leoni, cronista e commentatore politico per Skytg24, Stefano Abitante e Sebastiano Forti, musicisti professionisti) il gruppo racconta cosa unisce la professione giornalistica e il jazz: "Il giornalismo è un esercizio professionale complesso che richiede esercizio, competenza e una grande dose di improvvisazione, tutte cose che ritroviamo nel jazz", spiega Dino Pesole.
La band propone un repertorio misto di successi del repertorio standard jazz e classici blues e swing con reinterpretazioni originali, sia sul versante ritmico che su quello melodico. "Lavorare in un giornale è un po' come lavorare in una band, ognuno fa il suo pezzo e alla fine il prodotto finale è il risultato collettivo che troviamo in edicola o in tv", dice Antonio Troise all'Adnkronos. "Sono due mestieri nei quali si improvvisa molto spesso", scherza Massimo Leoni, volto di Sky Tg24. Ma è "una gran fortuna, sia umana che professionale, poter condividere la passione per la musica dopo 34 anni al Messaggero", assicura Stefano Sofi. Anche dal punto di vista dei musicisti, il connubio è prospero. "Lavorare con i giornalisti è meglio, per certi aspetti -spiega Stefano Abitante, trombettista- Tra noi si crea una grande alchimia e non c'è la competitività che talvolta esiste tra musicisti, mai uno screzio".
La Scoop Jazz Band, raccontano i protagonisti, ha un seguito di pubblico molto affezionato, dato anche dalla rete di conoscenze che i cronisti hanno intessuto negli anni della loro attività lavorativa, ed ha all'attivo moltissime esibizioni di rilievo, come quella alla Camera dei Deputati nel 2019 e quella a Castel Gandolfo davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. "La giornata era dedicata alla disabilità, chiedemmo al portavoce del presidente che musica preferissero e ci chiese di far ballare il pubblico. Ci trovammo davanti circa 600 ragazzi che ballavano. Fu molto emozionante", raccontano all'Adnkronos.
Ed ora, i 'cronisti crooner' non si fermano: imbracciate percussioni, tromba e voce, insieme agli altri componenti della band (Donatella Cambuli alla voce, Guido Cascone alla batteria, Antonello Mango al basso e Michelangelo Marinelli al sax Baritono), il 21 novembre saranno infatti al Cotton Club di Roma, mentre a dicembre suoneranno all'Arciliuto, gioiellino nel centro della Capitale.
L'ironia non manca, le esperienze alle spalle nemmeno, ma quando chiedi i sogni nel cassetto alla Scoop Jazz Band, fioccano risposte entusiaste: "Suonare ancora insieme per altri trent'anni", dice qualcuno. "Avere i Maneskin come gruppo spalla nel prossimo concerto", ironizza qualche altro. "Suonare in una grande capitale europea, ad Istanbul già l'abbiamo fatto", aggiunge un altro ancora. E alla domanda se sia meglio uno scoop o una hit, la risposta dei cronisti è unanime: "Meglio una hit della Scoop!".
(di Ilaria Floris)