Italo Bocchino: “Premierato utile, Italia immune da ogni rischio di deriva autoritaria”
"Gli italiani vogliono il presidenzialismo e l'uomo forte perché tutte le persone normali vogliono l'uomo forte e responsabilizzato. Mi sembra normale che uno voglia un uomo o una donna forti per farsi rappresentare. Non c'è nessun rischio di deriva nel fascismo perché il fascismo è morto, sepolto e storicizzato". Lo ha detto Italo Bocchino, direttore editoriale de Il Secolo d'Italia, presentando a Bari il suo libro 'Perché l'Italia è di destra. Contro le bugie della sinistra' nella Biblioteca della Fondazione Tatarella.
"Il presidenzialismo oggi riconvertito in premierato dalla proposta Meloni - ha aggiunto, rispondendo alle domande del giornalista Lino Patruno - farà nascere la terza Repubblica. Questa nascerà il giorno in cui verrà approvato definitivamente la legge sul premierato che è la soluzione a molti mali del nostro Paese. La sinistra ha introdotto la democrazia diretta nel sistema italiana. Oggi è contro ma i loro governi hanno fatto l'elezione diretta dei sindaci e dei presidenti della Regione. L'Italia - ha concluso Bocchino - è immune da ogni rischio di deriva autoritaria".
"Il linguaggio e gli atteggiamenti devono essere repubblicani", ha sottolineato Bocchino. "E' necessario che ci siano linguaggi e atteggiamenti, soprattutto in alcune frange, che non diano adito a nessun fraintendimento ma il fatto che una ragazza di 45 anni, peraltro con la sua storia personale, debba essere additata di voler restaurare il fascismo in Italia è veramente ridicolo, con i risultati che ha portato grazie al lavoro e alla sua credibilità".
"La vittoria di Trump è la copia della vittoria della Meloni. Qual è il modello? Il popolo che si ribella all'elite e vota un esponente della destra, sapendo che ha gli attributi per difendere la sovranità del popolo", ha spiegato ancora Italo Bocchino
Politica
Difesa, Meloni: “Investire di più ma no costi su...
Con l'arrivo di Trump alla Casa Bianca cresce il pressing sull'Ue. Italia tra 6 Paesi in ritardo. Nodo patto di stabilità
Il problema ha un nome o meglio una percentuale: 2%. Con l'arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca cresce il pressing degli States sull’Europa affinché metta mano al portafoglio e centri il limite minimo del 2% del Pil per le spese per la difesa e per l’Alleanza atlantica. Un traguardo che vede non solo l'Italia fanalino di coda assieme ad altri 5 Paesi 'inadempienti', ma fotografa una Roma che arranca ancor più con il ritorno dei paletti del Patto di stabilità. La partita è aperta ed è dura da portare a casa. La premier Giorgia Meloni, oggi a Budapest per il Consiglio europeo informale, si dice "assolutamente convinta che l'Europa e l'Italia debbano riuscire a garantire la loro maggiore indipendenza e autonomia anche investendo di più in difesa". Ma, mette in chiaro, "servono gli strumenti per poterlo fare. Questo è un grande dibattito che riguarda il Patto di stabilità e che l'Italia ha posto: ci sono nel nuovo Patto delle aperture ma va fatto molto di più e penso che sia un altro di quei dibattiti che bisognerà riaprire".
Più risorse alla difesa, dunque, ma con una mano tesa a chi non vuole disattendere gli impegni presi. E con una premessa che per la presidente del Consiglio è d'obbligo: "Al di là della volontà - dice - c'è poi quello che si può fare e le risorse vanno individuate in qualche modo. L'unica cosa che non sono disposta a fare è prendermela con i cittadini italiani, i lavoratori. Noi spendiamo le risorse su priorità reali, non gettiamo soldi dalla finestra e quindi su scelte strategiche che io condivido bisogna dire anche come si fa ad aiutare gli Stati membri a trovare le risorse".
Numeri alla mano, l'Italia è ben distante da quel 2% deciso nel lontano 2014, inchiodata all'1,57% nel 2025. Per centrare l'obiettivo del 2, servirebbero 10 miliardi l’anno. Insomma non bruscolini, con una coperta corta e le risorse aggiuntive -l'aggravante su cui fa leva il governo- richieste dal nuovo patto di stabilità. Per l'ex premier Mario Draghi, oggi a Budapest, è possibile comunque tagliare il traguardo facendo tutti i compiti a casa. "È possibile - si dice infatti convinto - spendere il 2% del Pil per la difesa rispettando il Patto di stabilità, bisognerà prendere tutta una serie di decisioni: oggi bisogna decidere cosa fare perché questa è la nuova situazione".
Draghi mette nel mirino 2%: "Si può fare"
Su cui grava anche il ritorno del tycoon alla guida degli Usa. "Non c'è alcun dubbio che la presidenza Trump farà grande differenza nelle relazioni tra gli Stati Uniti e l'Europa", riconosce Draghi, che tuttavia vede luci e ombre: "Non necessariamente tutte in senso negativo, ma certamente noi dovremo prenderne atto". Anche rispolverando quello "spirito unitario" che in Europa sembra smarrito, perché "andare in ordine sparso", mette in guardia l'ex numero uno della Bce, di certo non aiuterebbe nessuno: "Siamo troppo piccoli, non si va da nessuna parte".
Per Draghi, comunque, la sfida del 2% è a portata di mano. Il governo non sembra pensarla allo stesso modo. Solo ieri il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, amato anche da Draghi per il suo pragmatismo, ha ammesso che si tratta di un obiettivo "molto ambizioso e non del tutto compatibile sotto il profilo, in particolare, delle coperture con il quadro vigente della governance europea". Tradotto: per farcela, ammesso si possa, le regole vanno ammorbidite.
L'opinione di Perego e Cirielli
"Bisogna scorporare le spese per la difesa dal Patto di stabilità - dice all'Adnkronos il sottosegretario alla Difesa Matteo Perego di Cremnago -. L'elezione di Trump può essere uno stimolo affinché la Ue diventi un attore geopolitico globale, sia sulla politica estera che sulla difesa. Occorre uno sforzo per un piano industriale europeo" ma "senza lo scorporo delle spese sarà difficile arrivare al 2% del Pil. E' nell'interesse europeo che queste spese vengano scorporate". Anche perché, osserva l'esponente di Fi, "un'Europa che investe di più nella difesa può incidere negli equilibri geopolitici. La politica di Trump va colta come un'opportunità per l'Europa".
La pensa allo stesso modo il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli, esponente di Fratelli d'Italia. Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, osserva sempre all'Adnkronos il vice di Tajani alla Farnesina, "è una sfida: gli Usa giustamente vogliono che l'Europa faccia la sua parte ma è giusto che sia così. Aveva iniziato questo ragionamento anche Biden nel corso della sua amministrazione". Tanto che lo stesso ministro della Difesa Guido Crosetto, nei mesi scorsi, aveva riconosciuto che chi non avrebbe fatto i compiti a casa (leggi ancora una volta 2%, ndr) sarebbe stato trattato come "un paria", al netto del nome del neo Presidente degli States.
Quanto al diktat del 2% del Pil rispettando il patto di stabilità, "Draghi non aveva il Patto di stabilità, ora è facile parlare - dice ancora Cirielli -. Il tema è che abbiamo in eredità un forte carico di interessi passivi: con i tassi della Bce più alti, con il Patto che si è 'ristretto', per fare nuovi investimenti importanti serve essere più flessibili. E comunque, il dossier delle spese militari andrà affrontato non dai singoli Stati ma dalla Ue, speriamo con un'ottica intelligente".
La posizione di Lupi e Borghi
Per Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati, "più che l’Italia è l’intera Unione Europea che deve rafforzare il proprio ruolo e la propria capacità di difesa. Dobbiamo affrontare questa nuova fase sia come una sfida sia come un’opportunità. L’Europa, come sostengono anche Giorgia Meloni e Mario Draghi, deve tornare ad essere protagonista anche nel dialogo con gli Usa, deve incidere di più sul piano internazionale e deve essere in grado di attuare politiche economiche di lungo respiro, con investimenti strategici per sostenere la crescita. C’è la necessità e l’opportunità di una svolta - rimarca Lupi all'Adnkronos - occorre saperla cogliere per costruire finalmente un’Unione Europea più unita e più forte".
Per Enrico Borghi, capogruppo Iv al Senato, "il tema di una 'europeizzazione' del nostro sistema di difesa e sicurezza non è di oggi. Peraltro è stato descritto con grande efficacia nel rapporto Draghi, che ha posto l’accento sulla sovranità europea in questa materia per risolvere sovrapposizioni e per evitare l’eccessiva suddivisione di fondi e progetti che non consente al comparto di avere la giusta dimensione (finanziaria, industriale e militare). L’elezione di Trump può, e credo debba avere, un effetto di accelerazione", sottolinea il componente del Copasir.
Borghi, sentito dall'Adnkronos, snocciola i numeri. “La spesa militare totale nei paesi Ue nel 2023 - dice - è stata di 313 miliardi di dollari, circa un terzo di quella degli Stati Uniti (916 miliardi) e di poco superiore alla Cina (296 miliardi). Nei fatti la spesa militare europea non è così bassa. È il triplo di quella della Russia che, secondo le stime Sipri, nel 2023 è aumentata del 24% a 109 miliardi di dollari, per la guerra con l’Ucraina, quella di Kiev +51% a 64,8 miliardi". "Il problema è che è una spesa frammentata -osserva - mentre il campo industriale europeo del settore è caratterizzato soprattutto da operatori nazionali che agiscono in mercati nazionali relativamente piccoli. Per questo servono i campioni europei del settore, che siano in grado di attrarre i fondi di venture capital e di fare efficienza e innovazione spinta. E poi c’è il tema dei bond europei per la difesa e della deroga ai patti di stabilità dei singoli paesi per gli investimenti nel settore".
E in una Ue in cui crescono destre sovraniste, la difesa comune europea "diventa il vero e proprio banco di prova che ci dirà se siamo stati all’altezza di questa fase storica. Lo diceva già De Gasperi 70 anni fa, e solo così potremo garantire effettivamente la sicurezza dell’Europa e la sua autorevolezza sul piano diplomatico". Ma la strada appare in salita e irta di ostacoli. Tanto più che quel numerino croce e delizia -il 2%- potrebbe addirittura lievitare. Il neo segretario generale della Nato Mark Rutte ha più volte ammesso che la percentuale pattuita in seno all'Alleanza ormai 10 anni fa non basterà per finanziare i piani di difesa regionali approvati dalla Nato. Tanto che nelle ultime riunioni dell'Alleanza si è parlato anche del 2,5% del Pil. Ma ogni giorno la sua pena, insegna un antico adagio. Tradotto: meglio concentrarsi sul grattacapo, non da poco, del 2%.
Politica
M5S verso ‘Nova’, tutti i quesiti da porre a...
Il Movimento 5 Stelle pubblica l'elenco dei temi che saranno votati e presentati all'Assemblea. Dalla prossima settimana, spazi di dibattito pubblico in cui tutti potranno intervenire
"Abbiamo iniziato ad agosto con i vostri 22mila contributi e i 145 quaderni degli attori, poi la parola è passata ai 360 tra iscritti, non iscritti e giovanissimi estratti a sorte in rappresentanza della nostra comunità, che hanno realizzato un confronto deliberativo con oltre 22 ore di discussione. Riceviamo e pubblichiamo, per ciascun tema, i report di questo lungo e importante confronto deliberativo". Lo scrivono dal Movimento 5 stelle.
"Il prossimo appuntamento è la pubblicazione dei quesiti che saranno posti al voto dell’assemblea degli iscritti tramite consultazione in rete. Ma non è finita qui: dalla prossima settimana ci saranno ulteriori spazi di dibattito pubblico in cui tutti voi potrete ulteriormente intervenire, una vera e propria maratona che ci accompagnerà all’evento conclusivo 'Nova' nella splendida cornice del Palazzo dei congressi di Roma il 23 e 24 novembre", concludono.
Poteri garante: da 'ruolo onorifico' a 'riassegnare funzioni'
Tra i temi più importanti discussi dai 360 del confronto deliberativo, c'è sicuramente quello che riguarda i poteri del garante, di Beppe Grillo, che devono essere rivisti in base a due varianti, si legge nel report, "eliminare il riferimento statutario all’insindacabilità del suo giudizio", e "attribuire alla carica di garante un ruolo esclusivamente onorifico".
Ma c'è anche l'opzione sull'eliminazione della figura del garante, con tre diversi varianti: "non riassegnare le sue funzioni a nessun altro soggetto", "riassegnare le sue funzioni al Comitato di Garanzia", "riassegnare le sue funzioni a un organo collegiale democraticamente eletto e con un mandato a tempo determinato".
Per modificare le modalità di nomina del garante, invece, le proposte sono di modificarne il mandato, "rendendolo a tempo determinato e prevedere un numero massimo di mandati consecutivi al pari degli altri ruoli interni".
Nodo del simbolo
Tra i temi anche quello del simbolo. Dal report pubblicato, le proposte sono diverse. Per quanto riguarda la modifica, le varianti sono "modificare integralmente il simbolo", "eliminare dal simbolo esistente la dicitura 'ilblogdellestelle.it'", "apportare al simbolo modifiche che riflettano battaglie politiche attuali, e adattarlo a campagne di comunicazione differenti".
Per la semplificazione, invece, della procedura per modificarlo, si potrebbe fare "su iniziativa degli organi decisionali salvo approvazione dell’Assemblea degli iscritti", o "modificare il simbolo su iniziativa di un organo competente in materia di comunicazione (da costituire)".
Nome
Per quanto riguarda il nome del Movimento 5 stelle, la proposta è solo una, quella di "modificare il nome, in quanto non più rappresentativo delle caratteristiche attuali del Movimento".
Numero dei mandati
Quanto al limite dei due mandati, le proposte venute fuori dal confronto deliberativo del processo costituente del Movimento 5 stelle puntano a diverse soluzioni. La prima è quella di "eliminare il limite dei due mandati, anche per le cariche interne del Movimento".
Poi c'è l'idea di "modificare la regola sul limite dei due mandati, con diverse varianti" come l'"abbassamento a uno del numero massimo di mandati", "nessun limite per le cariche di presidente di regione e sindaco (salvo quelli previsti dalla legge, massimo due mandati consecutivi)", "aumento a tre del numero massimo di mandati complessivi nei livelli regionale, nazionale o europeo", "due mandati per ciascun livello amministrativo", "introduzione dell’obbligo di una pausa di 5 o 10 anni al termine del secondo mandato, decorso il quale sia possibile ricandidarsi", "calcolo dei mandati svolti solo per i mandati portati a termine", "possibilità di deroghe al limite dei due mandati, che siano proposte dai vertici o dal basso e ratificate con una votazione dell’Assemblea degli Iscritti, oppure con una votazione tra rappresentanti dei Gruppi territoriali", "con l’introduzione di un limite al numero di eletti su cui è possibile determinare una deroga"; "con la verifica dell’assenza di candidati più meritevoli del portavoce uscente come ragione per una deroga", "con l’introduzione, al termine di ogni mandato, di una valutazione del lavoro svolto dall’eletto/a, in modo da ammettere o meno la ricandidatura" e infine "eliminazione del limite per il livello comunale".
Politica
Perché all’Italia serve una strategia di sicurezza...
Presentato alla Camera, alla presenza del ministro Crosetto, il position paper della fondazione guidata da Luciano Violante
All'Italia serve una strategia di sicurezza nazionale. È questa l’idea che oggi ha riunito esperti e istituzioni alla Camera, per discutere del position paper della Fondazione Leonardo. La presentazione è stata introdotta dal discorso del ministro della Difesa Guido Crosetto, al quale è seguita una tavola rotonda coordinata dal presidente della Fondazione Leonardo (e dell’Associazione Futuri Probabili) Luciano Violante. Hanno partecipato il direttore di Limes, Lucio Caracciolo, il presidente Mundys, Giampiero Massolo, il presidente European Nuclear Society, Stefano Monti.
Alla redazione del Paper hanno contribuito, con il coordinamento di Luciano Violante, Danila Aprea, Andrea Battiston, Marco Casu, Francesca Piazza, Vincenzo Pisani, Lapo Pistelli, Enrico Savio. Ha collaborato anche Luca De Angelis, direttore generale per le nuove tecnologie abilitanti al Mimit, e il prefetto Stefano Laporta, presidente ISPRA, con i ricercatori dell’istituto.
Il paper non affronta il tema della sicurezza militare, "perché si tratta di un’area strategica valutata prevalentemente all’interno di organismi e di esigenze di carattere internazionale". Gli autori specificano che "la sicurezza non consiste solo nella difesa militare, anche se il rischio della guerra appare oggi meno lontano di ieri. La sicurezza comprende anche la libertà dei cittadini di vivere le proprie scelte, la certezza di una formazione adeguata alle necessità del lavoro e della vita, la possibilità di disporre dei beni e dei servizi essenziali, di energia, alimenti, ambiente sicuro senza costrizioni politiche e senza condizionamenti economici o sociali".
Contesto e Obiettivi della Strategia
L'Italia è l'unico paese del G7 a non avere una strategia di sicurezza nazionale, dopo che nel 2023 anche la Germania ha pubblicato la propria. Secondo il paper, questa strategia deve essere chiara e aggiornata, che affronti le sfide globali, l'instabilità politica e la competizione internazionale. L'assenza di una visione strategica è attribuita alla transitorietà dei governi e alla mancanza di coerenza nelle politiche. L'obiettivo è costruire una strategia unitaria che tuteli la stabilità e i valori democratici, contrastando il crescente disordine geopolitico.
Mutevoli Equilibri Globali e Dimensione della Competizione
L'età dell'incertezza globale, con le minacce di guerra e la competizione economica da parte di attori come la Cina, ha messo in evidenza l'inadeguatezza dei tradizionali modelli di sicurezza. La globalizzazione ha portato vantaggi, ma ha esposto i Paesi a rischi, come si è visto durante la pandemia di Covid-19. Per rimanere competitiva, l'Unione Europea deve diventare un attore globale, difendendo la sua posizione anche in settori strategici come l'energia e la tecnologia.
Il Ruolo dell’Italia nella Geopolitica Moderna
L'Italia, per posizione geografica, può essere un ponte tra Europa, Africa e Medio Oriente, facendo leva su settori come l’energia e il commercio marittimo. La strategia deve includere un'attenzione speciale per il Mediterraneo, che rappresenta un'area di cruciale importanza geopolitica e commerciale.
Il Piano Mattei e le Relazioni con l'Africa
Il "Piano Mattei" mira a rafforzare le relazioni Italia-Africa, puntando su una cooperazione paritaria in settori come sanità, energia e infrastrutture. Questo piano vuole favorire la stabilità regionale e contrastare l'influenza crescente di altri Paesi come Cina e Russia in Africa. L'Italia ambisce a diventare un hub energetico del Mediterraneo, collaborando con Paesi africani produttori di energia per garantire la sicurezza delle forniture energetiche.
Priorità per la Sicurezza Nazionale
Tra le priorità dell'Italia si evidenziano:
• La difesa dei valori democratici, contrastando l’autoritarismo crescente e le ingerenze esterne.
• La lotta al crimine organizzato e la protezione delle infrastrutture critiche.
• Lo sviluppo di tecnologie digitali, con particolare attenzione alla cybersecurity e all'autonomia tecnologica.
• La promozione di un'energia sostenibile e di un sistema di approvvigionamento energetico sicuro.
• Una politica spaziale per garantire l’accesso sicuro e lo sviluppo tecnologico nel dominio spaziale.
La Dimensione Marittima
Essenziale è anche una strategia per il mare, che vede l'Italia come un attore centrale nella sicurezza marittima del Mediterraneo. Con una lunga costa, l'Italia ha un ruolo naturale nella gestione dei traffici marittimi e nella protezione delle rotte energetiche. La recente creazione di un "Piano del Mare" e la proposta di una legge per la sicurezza delle attività subacquee mostrano la volontà di gestire in modo integrato le risorse e le infrastrutture marittime.
Formazione e Innovazione
Per garantire la sicurezza futura, l'Italia deve puntare anche sulla formazione di capitale umano specializzato e sulla promozione dell’innovazione in settori chiave. Investire in nuove tecnologie e potenziare la ricerca scientifica sono elementi fondamentali per competere nel contesto globale.