Lady Diana, ‘the dancing queen’, in un libro i ricordi della sua insegnante
Anne Allan, autrice di 'Dancing With Diana' è un'ex danzatrice del London City Ballet. "La corte non voleva far sapere che prendeva lezioni di danza per non dare di lei un'immagine frivola e fatua - rivela in una intervista - 'Era innamoratissima e convinta che il suo matrimonio con il principe Carlo avrebbe funzionato. Non fu così'"
"La principessa del Galles adorava la danza. Un segreto che aveva coltivato per anni. Nessuno doveva saperlo, nulla doveva trapelare, secondo il dictat della corte. Lady Diana sarebbe diventata un giorno regina e sapere che prendeva delle lezioni di danza avrebbe dato della futura 'queen' un'immagine fatua, di frivolezza". Escono in Inghilterra le 'memorie' di Anne Allan, ex danzatrice del London City Ballet, dal titolo 'Dancing With Diana'. Per otto anni, un'ora a settimana, Allan ha seguito la madre del futuro re del Regno Unito nel suo training tersicoreo.
In una intervista al settimanale francese 'Point de Vue', l'autrice racconta che quello che l'ha realmente colpita di lady D è stata "la sua timidezza, il non sentirsi assolutamente a proprio agio, ma c'era in lei la volontà di superare le sue paure. All'inizio non è stato facile, pensavo ad un protocollo più rigido, ma la principessa del Galles in fondo era una allieva come le altre. Si parlava, si rideva insieme, era una giovane donna che sapeva sorridere di se stessa". Un legame esclusivo, il loro, una straordinaria intesa, fatta di silenzi e piccoli segreti. "Sono stata una delle prime a sapere che aspettava il suo primo figlio, il principe William - ricorda Anne Allan - Mi chiese di non divulgare la notizia. Tutto quello che ci dicevamo rimaneva chiuso all'interno della sala di danza. Forse per questo il nostro rapporto era cosi speciale".
Numerose le foto (ma anche alcuni vecchi filmini) che ritraggono la principessa del Galles mentre adolescente accenna ad alcuni passi di danza. Indimenticabile il valzer ballato in coppia con John Travolta, il 9 novembre 1985, quando era in visita ufficiale alla Casa Bianca con il principe Carlo, il pas de deux con il grande danzatore inglese Wayne Sleep ad una gala benefico organizzato alla Royal Albert Hall nel 1985, che destò scalpore e curiosità. Lady D amava poi inseguire Tersicore anche dietro le quinte, intrattenendosi spesso dopo gli spettacoli con gli artisti o con i giovani allievi di scuole e accademie.
E continua nei suoi ricordi Anne Allan. "La principessa del Galles si confidava spesso durante le nostre lezioni - spiega ancora- Non sopportava più la pressione della stampa. Non riusciva a capire quale potesse essere l'interesse, la curiosità nei suoi confronti. Aveva solo 20 anni all'epoca, in fondo la sua professione era quella di vestire i panni della principessa del Galles, lo voleva fare nel migliore dei modi, senza commettere errori. Forse a suo dire quello che la stampa desiderava. La danza? Una grande passione per lei- prosegue l'ex danzatrice del London City Ballet- Un giorno mi confessò che amava 'esibirsi' nei corridoi del palazzo di Kensington e che il principe Carlo non riusciva a capire questo suo amore per Tersicore, pensava fosse qualcosa di futile, inutile".
Un matrimonio senza happy end quello tra la principessa del Galles e l'erede al trono. "Lady D era innamoratissima del principe Carlo - risponde a 'Point de Vue' l'autrice di 'Dancing With Diana'- Voleva essere alla sua altezza, renderlo felice e orgoglioso di lei, pensava che si potesse sempre fare meglio. Ed era soprattutto convinta che il matrimonio avrebbe funzionato, che le cose sarebbero cambiate, ma nn fu così. Un giorno la principessa Diana mi confessò, 'ho l'impressione che Carlo desideri che ognuno di noi faccia la propria vita. Non perde occasione di correre ad incontrare Camilla'. Una donna autentica, generosa, carismatica - conclude- Amava la danza, è vero, ma nel suo cuore c'era posto solo per i principini William e Harry".
Cultura
Addio a Renzo Bistolfi, brillante autore di gialli di...
Aveva 70 anni. Tutti i suoi romanzi sono pubblicati dalla casa editrice Tea
Lo scrittore Renzo Bistolfi è morto all'età di 70 anni. Narratore di storie drammatiche, popolate di personaggi vividi e affascinanti, è stato un brillante autore di gialli di provincia ambientati spesso nella sua Liguria.
I funerali si sono svolti nella chiesa di San Nicola a Sestri Ponente (Genova) dove viveva. La casa editrice Tea, che pubblica i suoi libri, ha annunciato la scomparsa dello scrittore "rimpiangendone la distinzione, l'ironia e lo stile inconfondibili, e ricordandone i molti, amatissimi romanzi".
La vita e le opere
Nato a Genova nel 1954, dal 1981 Bistolfi ha vissuto a Milano, dove ha lavorato come manager in una società internazionale. Tornato a vivere in Liguria, dal 2007 ha cominciato a scrivere e pubblicare le storie che lo hanno sempre appassionato, ispirato dai romanzi di Georges Simenon, che considerava un vero maestro.
Il suo primo romanzo, 'I garbati maneggi delle signorine Devoto. Ovvero un intrigo a Sestri Ponente' è uscito per Tea nel 2015. Tutti i suoi successivi romanzi sono pubblicati da Tea: 'Il coraggio della signora maestra. Ovvero, Storia partigiana di ordinario eroismo', 'Lo strano caso di Maria Scartoccio. Ovvero, Un brutto fatto di cronaca a Sestri Ponente', 'Il segreto del commendator Storace. Ovvero, Quando si dice morire sul più bello', 'Le spedizioni notturne delle Zefire', 'L'ultima briscola. Ovvero quando i nodi vengono al pettine', 'Il dubbio delle signorine Devoto, ovvero Come spennare le oche senza farle gridare', 'In vacanza con zia Colomba, Quel signore così per bene Ovvero, Tanto rumore per nulla'. (di Paolo Martini)
Cultura
Fraffrog: “I social sono opportunità ma gli affetti...
La youtuber si racconta: dal suo canale, che oggi conta oltre un milione e mezzo di iscritti, alla nuova sfida della casa editrice Gigaciao, fondata insieme a Sio, Dado e Giacomo Bevilacqua
"I social sono una grande opportunità ma non bisogna distaccarsi dal mondo reale: le persone che si hanno accanto sono la cosa più importante". Così Francesca Presentini, in arte Fraffrog, illustratrice, fumettista e youtuber, racconta all'Adnkronos come è iniziata la sua avventura online e quali sono le insidie che si nascondono dietro la possibilità di un facile successo. Nata a Cortona nel 1993, Fraffrog ha iniziato la sua carriera per gioco nel 2010 durante un San Valentino di noia. "Era il 14 febbraio, avevo 16 anni e mi annoiavo molto. Allora ho deciso che la cosa più sensata da fare fosse aprire un canale YouTube per caricare i miei fotomontaggi. Ho fatto un fotomontaggio di Hilary Duff trasformandola in un avatar del film Avatar e così è iniziato tutto", racconta. Da allora la famosa youtuber ne ha fatta di strada e oggi il suo canale per far avvicinare i giovani al mondo del disegno e della creatività conta oltre un milione e mezzo di iscritti.
Una carriera che l'ha portata a esplorare diverse forme artistiche. "La cosa che mi piace di più è proprio la somma di tutte le cose che faccio. Mi piace molto passare da una cosa all'altra e creare un contenuto multimediale che unisca tante forme di intrattenimento e comunicazioni differenti, come il disegno, l'animazione, la scrittura, il voiceover e la musica". Un lavoro che adesso porta avanti con team: "Negli anni ho imparato molto il lavoro di squadra". Ma da bambina Fraffrog sognava di diventare una scrittrice: "Ero una grande lettrice e pensavo che il mio futuro si potesse declinare in un'unica direzione". Ma poi sono arrivati internet, l'editing, i video, l'illustrazione e l'animazione: "Grazie a tutte queste forme di espressione mi sono resa conto che, in realtà, quello che desideravo non era incanalabile in un solo percorso".
Molti dei suoi video sono recensioni di prodotti di cancelleria, una passione che Fraffrog coltiva con attenzione, selezionando accuratamente i brand con cui collabora e privilegiando la trasparenza con il suo pubblico. "Ci tengo molto che quando siano collaborazioni sia esplicitato", precisa, ribadendo di acquistare e recensire molti prodotti in autonomia, mantenendo sempre un atteggiamento critico e onesto. Un capitolo importante della sua carriera è rappresentato da Gigaciao, la casa editrice fondata un anno e mezzo insieme a Sio, Dado e Giacomo Bevilacqua. "E' difficile fare un bilancio perché per la prima volta mi sono dovuta confrontare con tante cose nuove, come non essere più soltanto l'autore, ma anche l'editore".
Un'esperienza che Fraffrog definisce "entusiasmante. E' stato bellissimo essere a contatto con tantissimi professionisti esperti del loro settore, ho imparato tantissimo e si è rafforzato tantissimo il legame di amicizia che già c'era con tutti gli altri colleghi". L'intento di questa nuova casa editrice è quello di affrontare temi importanti come diversità, uguaglianza e bullismo. "Ci piacerebbe raccontare queste storie senza paternalismi. I giovani hanno bisogno sicuramente di un supporto, di una guida, di un aiuto, però hanno bisogno anche di qualcuno che riesca a vedere le cose col loro sguardo".
Consapevole delle difficoltà che i giovani affrontano oggi, tra la pressione dei social media e la costante esposizione a modelli irrealistici, Fraffrog si impegna a creare contenuti che offrano un punto di riferimento e alimentino passioni positive. "Per i ragazzi penso che sia tanto difficile crescere in questo momento. Viviamo un periodo molto complesso e per questo c'è bisogno di attenzione anche nella creazione di contenuti". Secondo la youtuber, "bisogna dare loro un punto di riferimento che sia una passione o qualcosa a cui si possano aggrappare".
A proposito dell'influenza dei social, e in particolare del cyberbullismo, l'artista invita i ragazzi a non sentirsi sbagliati e a dare valore alle relazioni reali, pur riconoscendo le opportunità offerte dal mondo digitale "Internet ha tantissimo da offrire ma contate tanto sulle persone che avete vicino. Le persone che ho attorno sono il punto saldo della mia", conclude, ribadendo l'importanza di trovare un equilibrio tra il virtuale e il reale, tra le opportunità online e la solidità dei rapporti umani. di Loredana Errico
Cultura
Pompei, il Dna riscrive la storia delle persone sepolte...
Con dati genetici ricostruite relazioni familiari, sesso e discendenza di 14 abitanti sepolti dalla cenere, ritratto di una colonia romana cosmopolita
Sono passati secoli, eppure i corpi sepolti sotto la cenere di Pompei parlano ancora. E lo fanno grazie al Dna antico raccolto dai famosi calchi degli sfortunati abitanti della colonia romana, che ancora oggi tengono vivo l'immaginario di quella tragedia. C'è per esempio un adulto che tiene in braccio un bambino, indossa un braccialetto d'oro. Tradizionalmente si è interpretata questa scena ipotizzando come se fossero madre e figlio. In realtà le evidenze del Dna mostrano che "erano un maschio adulto e un bambino, non imparentati fra loro", racconta David Reich, dell'università di Harvard, citando uno dei risultati illustrati nello studio pubblicato su 'Current Biology'.
Quando nel 79 d.C. il complesso vulcanico attivo nell'Italia meridionale noto come Somma-Vesuvio eruttò, seppellendo la piccola città, ricoprì tutto con uno strato di cenere che conservò molti dei corpi. Il Dna antico raccolto riscrive la loro storia. Una storia che gli studiosi hanno cominciato a mettere insieme dalla riscoperta nel 1700 della città un tempo dimenticata. Nel dettaglio, il Dna rivela che i sessi di questi individui analizzati e le relazioni familiari non corrispondono alle interpretazioni tradizionali che erano state formulate in gran parte da ipotesi moderne. "I dati scientifici che forniamo non sempre sono in linea con le ipotesi comuni", afferma Reich. Fra gli esempi portati dal ricercatore c'è anche quello di "una coppia di persone che si pensava fossero sorelle, o madre e figlia, e invece includeva almeno un maschio genetico. Queste scoperte sfidano le ipotesi tradizionali".
I ricercatori avevano sentito le storie di Pompei e si sono resi conto che il Dna antico e gli isotopi di stronzio usati per datare i campioni avrebbero potuto aiutarli a comprendere meglio le diversità e le origini dei residenti di Pompei. Il team - che comprende anche Alissa Mittnik, università di Harvard, e David Caramelli, università di Firenze - ha estratto il Dna da resti scheletrici altamente frammentati mescolati ai calchi in gesso, concentrandosi su 14 degli 86 calchi che sono in fase di restauro. L'approccio usato ha permesso di determinare con precisione le relazioni genetiche, il sesso e da chi discendono quei 14 abitanti vittime del vulcano. I dati genetici hanno offerto informazioni, in diversi casi in contrasto con le ipotesi basate esclusivamente sull'aspetto fisico e sul posizionamento dei calchi, che hanno permesso di mettere a fuoco anche la discendenza dei pompeiani, rivelando che avevano background genomici diversi. Discendevano principalmente da immigrati recenti dal Mediterraneo orientale. La scoperta evidenzia la natura cosmopolita dell'Impero romano, secondo i ricercatori.
"I nostri risultati hanno implicazioni significative per l'interpretazione dei dati archeologici e la comprensione delle società antiche", afferma Mittnik. "Ed evidenziano l'importanza di integrare i dati genetici con le informazioni archeologiche e storiche per evitare interpretazioni errate basate su ipotesi moderne. Questo studio sottolinea anche la natura diversificata e cosmopolita della popolazione di Pompei, che riflette modelli più ampi di mobilità e scambio culturale nell'Impero romano".
Per gli autori serve dunque un approccio multidisciplinare che comprenda l'analisi genetica per capire e conoscere appieno il passato di Pompei e non solo. "Questo studio - conclude Caramelli - illustra quanto possano essere inaffidabili le narrazioni basate su prove limitate, che spesso riflettono la visione del mondo dei ricercatori dell'epoca".