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Malattie emorragiche, Grandone (UniFg) ‘associazioni strategiche per intercettare bisogni pazienti’

Al congresso nazionale Siset

Malattie emorragiche, Grandone (UniFg) 'associazioni strategiche per intercettare bisogni pazienti'

"Le associazioni dei pazienti sono partner molto importanti per noi: dialogando con i pazienti siamo in grado di intercettarne meglio i bisogni, sia per quanto riguarda l'aspetto trombotico che per l'aspetto emorragico. Poi c'è anche l'aspetto sociale, perché molte di queste patologie prevedono trattamenti prolungati o follow-up, cioè monitoraggi continui. Questi pazienti talvolta hanno difficoltà a individuare centri di riferimento e interlocutori attenti alle varie fasi della loro vita, come, per esempio, il rimborso di alcune prestazioni e il follow-up delle condizioni croniche. Oggi c'è molto bisogno di concentrarsi sul territorio e sviluppare le strutture per un’adeguata presa in carico di questi pazienti. E' necessario formare reti che richiedono l'interazione di tutti: amministratori, società scientifiche e associazioni pazienti". Lo ha detto Elvira Grandone, associata di Ginecologia dell'Università di Foggia, al XXVIII Congresso nazionale della Società italiana per lo studio dell’emostasi e della trombosi (Siset) a Roma.

"La commissione Ceet (Commissione esperto in emostasi e trombosi ), una neonata commissione della Siset, vuole promuovere la conoscenza e l'importanza degli esperti in emostasi e trombosi - spiega Grandone - Una delle principali mission è appunto la collaborazione stretta con i pazienti. Inoltre mira a un dialogo con gli amministratori e vuole attrarre l'attenzione degli stessi amministratori alla necessità di istituire in maniera formale, presso alcuni ospedali e anche sul territorio, centri di riferimento per tutti i pazienti con condizioni patologiche relative sia alla trombosi che all'emorragia".

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Cronaca

Malattie emorragiche, Gresele (UniPg): “Quella di...

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Al Congresso nazionale della Siset

Malattie emorragiche, Gresele (UniPg):

"La ricerca di base è un aspetto estremamente importante per migliorare le condizioni dei nostri pazienti. La Società italiana per lo studio dell'emostasi e della trombosi ha sempre dedicato uno spazio rilevante alla ricerca di base e la ricerca italiana ha dato contributi molto importanti a questo settore. Tramite la ricerca di base sono stati compresi dei meccanismi di malattia relativi alle malattie emorragiche. Pensiamo ai progressi che sono stati fatti negli ultimi anni nel campo dell'emofilia con lo sviluppo di terapie alternative, come la terapia sostitutiva. La ricerca di base ha identificato esattamente i target molecolari sui quali agire permettendo di sviluppare, ad esempio, degli anticorpi bispecifici monoclonali che permettono di mettere insieme artificialmente alcune molecole mancanti nel paziente emofilico che viene vicariato da questa capacità di queste molecole bispecifiche di unire dei fattori coagulativi che altrimenti non sarebbero capaci di interagire". Così Paolo Gresele, ordinario di Medicina interna del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Perugia, durante il XXVIII Congresso nazionale Siset a Roma.

"Pensiamo alla ricerca nel campo dei nuovi antitrombotici. Gli inibitori del fattore 11 - ha detto Gresele - derivano da osservazioni di ricerca di base che hanno permesso di comprendere esattamente quale è il ruolo di questo fattore, il cui significato fisiologico era fino a poco tempo fa abbastanza elusivo e quindi di sviluppare nuovi farmaci che, probabilmente, saranno il futuro della terapia antitrombotica in alcuni campi di malattia".

"Il simposio di apertura del Congresso Siset - ha sotttolineato lo specialista - è stato dedicato all'intelligenza artificiale, che oggi è già una realtà nell'analisi delle grandi masse di dati. Le tecniche omiche e le tecniche multi-omiche, che permettono attualmente di studiare nel dettaglio i meccanismi di malattia e di capire perché esiste un'eterogeneità tra paziente e paziente all'interno di una stessa malattia, sono rese possibili solo ed esclusivamente attraverso l'utilizzo di tecniche di intelligenza artificiale e, in un futuro non lontano, queste tecniche permetteranno di compiere in maniera molto più agevole studi clinici, di acquisire informazioni sulla valenza prognostica di alcune osservazioni, di alcuni marcatori per i pazienti e, in ultima analisi, di giungere a diagnosi di precisione che, al momento attuale, sono molto più complesse. Nel campo dell'emostasi e della trombosi sono attesi degli sviluppi molto importanti grazie all'intelligenza artificiale".

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Cronaca

Long covid nascosto, lo scopre l’intelligenza...

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L'algoritmo sviluppato dagli scienziati Usa ha riscontrato i sintomi nel 22,8% della popolazione

Un laboratorio

L'intelligenza artificiale in soccorso della medicina per un''operazione verità' sul Long Covid, quel mix di sintomi in parte ancora misteriosi che molte persone contagiate da Sars-CoV-2 continuano a lamentare anche quando l'infezione vera e propria è ormai un lontano ricordo. Tosse cronica, affaticamento, mente annebbiata sono solo alcune delle facce con cui si presenta la sindrome post-virus, una condizione ben più diffusa di quanto oggi si riesca a comprendere.

A confermarlo sono i ricercatori americani del Mass General Brigham, che hanno messo a punto un algoritmo Ai capace di 'stanare' nelle cartelle cliniche i casi di Long Covid sommerso. Il nuovo approccio, basato sulla cosiddetta fenotipizzazione di precisione e descritto su 'Med', suggerisce che "il 22,8% manifesta i sintomi del Long Covid": quasi 1 persona su 4, contro meno di 1 su 10 come indicavano ricerche precedenti. "Una cifra che potrebbe dipingere un quadro più realistico del tributo a lungo termine che paghiamo alla pandemia", affermano gli autori dello studio, finanziato dagli Usa attraverso gli Nih e da istituzioni/enti in Germania.

Il ruolo dell'Ai

"Il nostro strumento di Ai potrebbe trasformare un processo diagnostico nebuloso in qualcosa di nitido e mirato, dando ai medici la possibilità di dare un nome a una condizione difficile" da inquadrare e riconoscere, spiega l'autore senior Hossein Estiri, responsabile della ricerca sull'intelligenza artificiale presso il Center for Ai and Biomedical Informatics of the Learning Healthcare System (Caibils) del Mass General Brigham e professore associato di medicina alla Harvard Medical School.

"Con questo lavoro potremmo finalmente essere in grado di vedere il Long Covid per quello che è veramente e, cosa ancora più importante, capire come trattarlo". Lo studio indica infatti che "la prevalenza del Long Covid potrebbe essere notevolmente sottovalutata", e grazie all'algoritmo Ai potrebbe contribuire a "una strategia di assistenza personalizzata" e a "ridurre le disuguaglianze e i pregiudizi" che 'viziano' il processo diagnostico della sindrome post-Covid.

Estiri e colleghi sono partiti determinando un criterio per la diagnosi di Long Covid: il quadro patologico non poteva essere spiegato altrimenti, si associava a una precedente infezione da Sars-CoV-2 e persisteva per almeno 2 mesi nell'ambito di un follow-up di 12 mesi. L'algoritmo di intelligenza artificiale è stato sviluppato estraendo dati anonimizzati dalle cartelle cliniche di quasi 300mila pazienti in 14 ospedali e 20 centri sanitari comunitari del network Mass General Brigham. Per individuare il Long Covid l'Ai ha utilizzato un metodo elaborato e fornitole dagli stessi ricercatori, detto appunto fenotipizzazione di precisione: esaminava le singole cartelle per identificare sintomi collegati a Covid-19, quindi li monitorava nel tempo per distinguerli da altre malattie. La mancanza di respiro, ad esempio, può derivare da patologie preesistenti come insufficienza cardiaca o asma: solo quando ogni altra possibile opzione era stata scartata, l'Ai segnalava il paziente come affetto da Long Covid.

I risultati dello studio

Ed ecco i risultati: "Mentre altri studi diagnostici hanno suggerito che circa il 7% della popolazione soffre di Long Covid, il nuovo approccio indica una stima molto più alta", che sfiora il 23% e "appare più in linea con i trend nazionali", riferiscono gli scienziati.

I ricercatori hanno calcolato che il loro strumento era "circa il 3% più accurato" rispetto al codice diagnostico ufficiale Icd-10. Codice, quest'ultimo, che fra l'altro tende intercettare il Long Covid soprattutto nei gruppi di popolazione con un miglior accesso all'assistenza sanitaria, rischiando di discriminare le persone più svantaggiate. Quelle "spesso emarginate negli studi clinici", evidenzia Estiri, mente l'Ai potrebbe contribuire a far sì che "non siano più invisibili". E per "i medici, che sono sottoposti a carichi di lavoro intensi e si trovano spesso a doversi districare fra sintomi e anamnesi, incerti su quali fili tirare dentro una rete contorta - osserva Alaleh Azhir, co-autore principale dello studio, internista al Brigham Women's Hospital e membro fondatore del Mass General Brigham - avere uno strumento basato sull'intelligenza artificiale, che può fare questo lavoro per loro e con metodo, potrebbe cambiare le carte in tavola".

Gli autori precisano che il loro studio ha dei limiti, uno fra tutti quello di essere stato condotto solo su pazienti del Massachusetts. Tuttavia intendono mettere a disposizione il loro algoritmo di Ai a medici e sistemi sanitari a livello globale. Studi futuri potrebbero esplorarne l'applicazione anche in coorti di pazienti con condizioni specifiche, come la broncopneumopatia cronica ostruttiva Bpco o il diabete. "Oltre ad aprire le porte a una migliore assistenza clinica, questo lavoro potrebbe gettare le basi per future ricerche sui fattori genetici e biochimici alla base dei vari sottotipi di Long Covid", prospettano gli scienziati. "Le domande sul vero impatto di questa sindrome, finora eluse, adesso sembrano avere risposte più a portata di mano", chiosa Estiri.

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Cronaca

Verso il 25 novembre, allestita una panchina rossa...

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Verso il 25 novembre, allestita una panchina rossa nell'Oasi Wwf di Castel Romano

In avvicinamento alla Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne del 25 novembre, tutto il mese diventa foriero di discussioni e proposte a favore dell'equilibrio di genere e dell'empowerment delle donne e delle giovani donne. Da oggi è stata allestita nell’Oasi affiliata Wwf di Castel Romano una panchina rossa gigante, simbolo dell’impegno del Centro McArthurGlen della Capitale contro ogni forma di violenza e discriminazione. Moltissime lavoratrici hanno partecipato attivamente all’iniziativa scattando una foto indossando una maglietta rossa con la scritta #liberediscegliere.

Nella stessa giornata, Castel Romano Designer Outlet e Differenza Donna hanno scelto di dedicare un incontro pubblico al cambiamento di cui le donne sono portatrici nel mondo del lavoro, con il talk #libere di scegliere, come cambia il lavoro con la visione delle donne, oltre stereotipi e discriminazione. L’incontro ha visto confrontarsi sette donne legate a vario titolo al tema dell’empowerment e della valorizzazione del ruolo delle donne – Elisa Ercoli, presidente dell'associazione Differenza Donna, Ludovica Lisi, learning & development manager McArthurGlen, Titti di Salvo, presidente Municipio IX Roma Capitale, Maya Vetri, assessora alla cultura e alle politiche di genere Municipio Roma VIII, Ilaria Gaspari, filosofa e scrittrice e Valentina Melis, attrice ed attivista. Ha moderato l’incontro la giornalista Luisa Rizzitelli.

Si è discusso di nuove sfide per sostenere l’empowerment femminile e valorizzare le competenze, la partecipazione, i talenti delle donne e la loro piena realizzazione come ruolo guida, a tutti i livelli, in ogni spazio e ambito della società. Un’opportunità di scambio, di rilancio e di confronto per far emergere azioni, punti di vista e prospettive nuove sulla consapevolezza dell’impulso che le donne possono dare alla crescita economica e sociale generando impatto con effetti positivi.

“Siamo orgogliosi di tornare a sederci a un tavolo di discussione con l’Associazione Differenza Donna, che da anni lavora a fianco di tutte le donne in difficoltà per restituire loro dignità e libertà”, ha dichiarato Ludovica Lisi, learning & development manager McArthurGlen. “Nella nostra azienda apprezziamo la diversità e celebriamo le differenze: ci impegniamo a costruire una cultura in cui le nostre opinioni e i contributi di tutte e di tutti siano ascoltati e rispettati. Creare consapevolezza delle diversità intese come unicità e promuovere l’inclusione è tra le priorità di McArthurGlen. Alle donne va riconosciuto definitivamente un ruolo strategico nella vita sociale e lavorativa del nostro Paese: dobbiamo sostenerle e coltivare la cultura del cambiamento”.

“Riteniamo che la partecipazione di Differenza Donna, in eventi e occasioni di formazione e consapevolezza voluti da grandi realtà imprenditoriali, sia un momento prezioso per chi ci accoglie e ci ascolta” ha detto Elisa Ercoli, presidente di Differenza Donna. “L’azienda che ci ospita oggi sa perfettamente che solo aziende consapevoli e protagoniste di un vero cambiamento culturale possono dirsi vicine al contrasto alla violenza maschile contro le donne. Gesti simbolici come l’installazione di una panchina rossa, ma soprattutto gli incontri e gli scambi con chi lavora, donne e uomini, sono una chiave fondamentale per lanciare messaggi di sostegno a chi subisce violenza. Sono però anche un atto di vera responsabilità sociale ormai necessario e doveroso. Sappiamo che il Centro McArthurGlen vuole fare la sua parte ed è per questo che, con convinzione e gratitudine, siamo state qui oggi”

A chiusura degli interventi, l’attrice e attivista Valentina Melis ha interpretato un intenso brano dal suo spettacolo Stai zitta! Tratto dall’omonimo saggio di Michela Murgia.

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