Trump torna alla Casa Bianca, ecco il programma: cosa farà dal primo giorno
Dalle vendette all'attuazione delle promesse elettorali, cosa c'è da aspettarsi dal tycoon
Donald Trump il prossimo 20 gennaio tornerà da presidente degli Stati Uniti alla Casa Bianca con la promessa di "salvare l'America" e riportarla "all'età dell'oro", con un'agenda che potrebbe trasformare il governo, la politica estera e di sicurezza, la politica economica ed interna come non è stato fatto mai da nessun presidente dell'era moderna.
Trump, che ha vinto con un'ampia maggioranza le elezioni dopo essere stato messo sotto impeachment due volte durante il suo primo mandato, una volta per aver cercato di sovvertire i risultati elettorali del 2020, ed è stato il primo ex presidente ad essere condannato in un processo penale statale, ha detto chiaramente che il programma della sua seconda amministrazione sarà più radicale di quello della prima.
La vendetta contro il 'deep state'
Senza contare le 'vendette' che intende attuare contro tutto il 'deep state' che lo ha contrastato durante il suo primo mandato, e perseguito negli ultimi quattro anni. "Vendetta per me significa che metà del dipartimento di Giustizia sarà licenziato, non che sarà messo in prigione", ha detto un ex collaboratore di Trump. E il primo della lista sarà il procuratore speciale, Jack Smith che lo ha incriminato.
Anche perché con ogni probabilità non avrà accanto esponenti del vecchio establishment repubblicano che hanno resistito alle sue idee più estremiste. E perché con un Senato controllato dai repubblicani, e forse anche la Camera dove ancora però i risultati sono incerti, potrà avere mano libera al Congresso. Ecco i principali cambiamenti che Trump potrà fare sin dal primo giorno della sua amministrazione, giorno in cui ha detto che vorrebbe comportarsi "da dittatore" con un riferimento ad un uso aggressivo dell'autorità esecutiva.
Immigrazione
Dopo una campagna elettorale incentrata sul pugno di ferro contro l'immigrazione, con toni razzisti e xenofobi, la questione sarà dal primo giorno al centro della presidenza Trump. "Tutte le politiche che il presidente Trump aveva adottato per assicurare il confine, lui potrà semplicemente rimetterle in vigore, non sarà necessario un atto del Congresso", ha già detto subito dopo la vittoria il suo consigliere Jason Miller, riferendosi a misure tese a chiudere il confine, come la deportazione dei minori non accompagnati, e al Remain in Mexico che imponeva ai richiedenti asilo di aspettare in Messico la risposta. E persino il muslim ban, il divieto di ingresso legale a cittadini di Paesi a maggioranza islamica, oltre che, naturalmente, la ripresa della costruzione del Muro.
Trump stesso poi ha promesso ad ogni comizio che "dal primo giorno avvierà il programma più ampio di deportazioni della storia americana". Cosa che intende fare ampliando i procedimenti veloci, senza possibilità di appello, di rimpatrio, ora possibili solo per chi viene fermato sul confine, per deportare chiunque venga fermato in tutto il Paese che non può dimostrare di essere stato più di due anni negli Usa. Verranno poi utilizzati fonti del bilancio del Pentagono per costruire dei grandi campi di detenzione in Texas dove rinchiudere i migranti prima della deportazione.
La massiccia campagna di deportazioni - Trump parla di 13 milioni di migranti senza documenti - avrebbe infatti enormi costi finanziari, è stato stimato almeno 315 miliardi di dollari, e logistici. E richiederebbe la collaborazione delle autorità locali con quelle federali, cosa che potrebbe creare problemi in città e stati a guida democratica. Nei giorni scorsi, è stato rivelato che il team di Trump sta valutando misure per negare fondi federali ai dipartimenti di polizia con non collaboreranno con le politiche di deportazioni.
Infine Trump ha più volte detto che firmerà un ordine esecutivo per vietare la concessione automatica della cittadinanza americana ai figli di migranti senza documenti che nascondo negli Usa, un tentativo di cancellare con un colpo di penna secoli di 'ius soli', essenza stessa della storia dell'America terra di immigrati ed opportunità, che sicuramente provocherebbe ricorsi legali.
Energia e clima
"Drill, baby, drill": questo, ha promesso Trump, sarà il suo slogan sin dal primo giorno per aumentare le trivellazioni e la produzione petrolifera americana, che è già a livelli record. Per quanto riguarda le politiche ambientali e di lotta ai cambiamenti climatici, il suo sito parla di "abrogare tutte le misure di Biden che stanno brutalizzando i lavoratori del settore auto americano", riferendosi all'abolizione dei limiti delle emissioni delle auto che incentivano la produzione delle auto elettriche e anche di quelli per gli impianti industriali. Trump intende anche smontare i progetti per lo sviluppo dell'energia eolica. Infine, visto che l'ha già fatto una volta Trump potrebbe di nuovo ritirare dagli accordi di Parigi, svincolando gli Stati Uniti dal patto globale per la riduzione delle emissioni.
Politica estera
Con la promessa di tornare ad "una politica estera che metta gli interessi dell'America al primo posto", Trump farà un'inversione netta della politica dell'amministrazione Biden, orientata alle alleanze internazionali ed al sostegno dell'Ucraina nella sua guerra contro la Russia. Durante la campagna elettorale ha detto che potrà negoziare un accordo per mettere fine alla guerra ancora prima dell'Inauguration Day, con negoziati che lui potrà concludere - ripete dallo scoppio della guerra - in appena 24 ore.
Affermazioni che sono fonte di preoccupazione per gli alleati europei e per Kiev che temono che Trump possa spingere per una pace con Vladimir Putin, da lui in diverse occasioni lodato come "un genio", che permetta alla Russia di mantenere il territori conquistati. Trump intende poi usare anche il suo personale rapporto ed intesa politico-ideologica con Benjamin Netanyahu per accelerare la conclusione dei conflitti in Medio Oriente.
Gli alleati occidentali sono anche molto preoccupati per la ripresa del rapporto conflittuale che Trump ha avuto con la Nato, soprattutto per la questione del mancato rispetto del vincolo del 2% del pil per la Difesa da parte di Paesi che, ha detto recentemente, non si sentirebbe tenuto a difendere in caso di attacco. Bisogna notare che il Congresso, uscente, che lo scorso anno ha approvato una legge che impedisce al presidente di ritirarsi dall'Alleanza Atlantica senza l'approvazione del Senato o un atto del Congresso. Infine, c'e' la questione dei dazi che Trump intende mettere sui prodotti non solo della 'competitor' Cina, anche su quelli degli alleati Gb e della Ue, che sta creando grande nervosismo in Europa.
Politica interna
Il ritorno di Trump al potere potrà avere un enorme impatto per i milioni di americani che hanno l'assistenza sanitaria grazie all'Obamacare, che Trump cercò di abrogare durante la sua prima amministrazione. I costi dell'Obamacare potrebbero andare alle stelle se Trump o il Congresso repubblicano non rinnoveranno i sussidi federali.
Inoltre potrebbero esserci anche limitazioni al Medicare, l'assistenza sanitaria per i pensionati, e il Medicaid, quella per i più poveri che dovranno dimostrare di lavorare o studiare per poter avere l'assistenza. Si sta anche valutando di abrogare anche una delle misure con cui Biden ha dato a Medicare il potere di rinegoziare il prezzo dei medicinali, per tutelare malati e casse pubbliche. Con un gesto teso a soddisfare la destra cristiana che l'ha sostenuto in massa, Trump potrebbe dal primo giorno anche adottare misure contro quella che ha definito "la follia transgender", revocando le misure varate da Biden per proteggere gli studenti transgender e vietando alle donne transgender di competere negli sport femminili.
Sul fronte della Sanità, che secondo alcuni Trump potrebbe affidare a Robert Kennedy noto per le sue tesi complottiste antivax, c'e' tra gli esperti di Sanità pubblica il timore che Trump possa, come ha minacciato di fare, tagliare i fondi alle scuole che impongono l'obbligo vaccinale. Infine, la grande incognita dell'aborto: anche se si è detto contrario ad una legge che lo restringa a livello nazionale, Trump avrà ampio potere di limitarlo anche solo con ordini esecutivi, o facendo vietare dalla Fda i farmaci usati per l'interruzione di gravidanza.
Esteri
Ucraina-Russia, Zelensky: “Guerra può finire nel...
Il presidente ucraino e l'incognita della nuova amministrazione Usa: "Voglio sentire le proposte di Trump"
L'Ucraina punta su Donald Trump per chiudere la guerra con la Russia nel 2025. Mentre Vladimir Putin spaventa l'Europa con il nuovo missile Oreshnik che "può colpire ovunque" nel Vecchio Continente, Kiev attende l'insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti per una svolta negoziale che apra la strada alla pace. Trump, com'è noto, da mesi si dice convinto di poter portare Ucraina e Russia al tavolo per una rapida intesa.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky continua a dirsi fiducioso che la guerra con la Russia possa finire nel 2025 e che "a gennaio avremo un piano", ribadisceai media stranieri a margine della terza conferenza internazionale 'Grain from Ukraine'.
Cosa ha detto Zelensky
"Per quanto riguarda il momento in cui la guerra finirà... finirà quando la Russia deciderà di farla finire. Quando gli Stati Uniti assumeranno una posizione più forte. Quando il Sud globale si schiererà con l'Ucraina e a favore della fine della guerra", dice Zelensky, sottolineando di essere fiducioso che questi sviluppi si verificheranno prima o poi e che verranno prese delle decisioni.
"Sarà un percorso difficile, ma sono convinto che abbiamo tutte le possibilità di raggiungere questo obiettivo l'anno prossimo - afferna - capiamo che la Russia non sarà d'accordo con tutti questi passi, ma c'è la Carta delle Nazioni Unite e tutte le nostre azioni si basano su di essa. Speriamo che siano sostenute dai nostri partner".
"Voglio sentire le proposte di Trump"
L'incognita maggiore per Zelensky - e allo stesso tempo la principale speranza - è la nuova amministrazione Usa. È necessario ascoltare le proposte d Trump sul piano per porre fine al conflitto. "Siamo aperti - dice Zelensky -; lo dirò ancora una volta, e tra l'altro, ai leader dei paesi africani, asiatici e arabi... Siamo pronti a vedere le loro proposte. Voglio anche vedere quelle del nuovo presidente degli Stati Uniti d'America. Penso che avremo queste proposte a gennaio e che avremo un piano per porre fine a questa guerra".
"Sono sicuro che l'anno prossimo avremo tutte le possibilità di porre fine alla guerra - aggiunge il presidente ucraino - Ci sono passi appropriati per questo... Comprendiamo che la Russia non farà tutti questi passi. Ma esiste una carta delle Nazioni Unite e tutti i nostri passi basati sulla Carta delle Nazioni Unite saranno sostenuti dai partner".
Il messaggio (quotidiano) da Mosca
Putin, particolarmente loquace negli ultimi giorni con 2 messaggi, tace lasciando spazio ai proclami di Dmitry Medvedev, ex presidente e attuale numero 2 del Consiglio di sicurezza. Il presidente, dopo il lancio di un nuovo missile a medio raggio contro il territorio ucraino, ha avvertito in particolare l'Europa: "Possiamo colpire ovunque", ha detto come reazione alle azioni condotte da Kiev, che ha colpito il territorio russo con missili americani (Atacms) e britannici (Storm Shadow).
A stretto giro, tocca a Medvedev indicare la soluzione ideale del conflitto per i parametri russi: "Se il blocco Nato smette di soffiare sul fuoco della guerra in Ucraina, questo conflitto può finire senza alcun ulteriore costo per l'umanità", dice Medvedev.
Esteri
Netanyahu, Crosetto: “Linea governo è approfondimento...
Il ministro della Difesa sul mandato emesso dalla Corte penale internazionale: "A primo acchito sembra una sentenza più politica che tecnica". Salvini: "Non è Netanyahu il criminale"
Sul mandato di arresto emesso dalla Corte penale internazionale (Cpi) per il premier israeliano Benjamin Netanyahu, "la linea del governo è quella di approfondire le motivazione della sentenza che a primo acchito sembra una sentenza più politica che tecnica". Dopo le parole della premier Giorgia Meloni, a ribadirlo è il ministro della Difesa Guido Crosetto prima di intervenire alla convention di Centro Popolare e Noi Moderati, in corso a Napoli.
"Ma la cosa che ha colpito di più e che io ho detto sin dal primo momento - ha aggiunto il ministro - è che abbiamo trovato inaccettabile e assurdo mettere sullo stesso piano i leader di un'organizzazione terroristica che ha attaccato innocenti con chi guida legittimamente uno stato democratico e si sta difendendo".
La linea Meloni
Rimettendo ordine dopo una serie di prese di posizione non univoche all'interno dell'esecutivo, tanto che il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini nella mattinata aveva manifestato la convinzione che la premier avrebbe trovato "una sintesi", Meloni ieri sera ha indicato la linea del governo italiano sul caso.
"Approfondirò in questi giorni - ha spiegato Meloni - le motivazioni che hanno portato alla sentenza della Corte penale internazionale. Motivazioni che dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica. La presidenza italiana del G7 intende porre il tema all’ordine del giorno della prossima ministeriale Esteri che si terrà a Fiuggi dal 25 al 26 novembre. Un punto resta fermo per questo Governo: non ci può essere una equivalenza tra le responsabilità dello Stato di Israele e l'organizzazione terroristica Hamas", ha sottolineato la presidente del Consiglio.
Salvini insiste: "Non è Netanyahu il criminale"
''Conto che si trovi una soluzione perché sicuramente non è Netanyahu il criminale di guerra. Diciamo che i terroristi islamici sono il problema per l'Italia e per il mondo, e quindi conto che il problema non si ponga mai'', ha intanto insistito oggi il ministro Salvini.
Parlamentari e Ong italiani a dicembre a L'Aja: "Sostegno a Cpi, Italia non si sottragga"
Intanto, venerdì 13 dicembre prossimo, una delegazione composta da deputati e deputate dell’Intergruppo parlamentare per la pace tra la Palestina e Israele, europarlamentari italiani e rappresentanti delle Ong italiane, si recherà a L'Aja per una serie di incontri presso la Corte penale internazionale (Cpi).
La visita, prevista da tempo, avviene dopo l’emissione dei mandati di arresto da parte della Corte nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, dell’ex ministro della Difesa Yoav Gallant e dell’attuale leader di Hamas Mohammed Deif, la cui morte è ancora incerta, per crimini di guerra e contro l’umanità.
"L’obiettivo della visita –dichiarano i parlamentari dell'Intergruppo- è di prendere atto del lavoro della Corte, delle difficoltà e degli ostacoli che sta incontrando nello svolgimento delle proprie attività, oltre ad esprimere pieno sostegno alla Corte, che opera al solo scopo di affermare la legalità internazionale, nonostante pressioni e circostanze molto difficili".
"È fondamentale che l’Italia, Paese in cui fu firmato lo Statuto di Roma che ha istituito la Cpi, dia un chiaro e inequivocabile segnale di vicinanza alla Corte. Il lavoro della Corte va rispettato in tutti i suoi passaggi: indagini, mandato d’arresto e sentenza. Il nostro Governo non può sottrarsi ai suoi obblighi internazionali e, per evitare ogni complicità con chi è ricercato per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, è necessario che prenda chiaramente le distanze dall’operato di Netanyahu e dei suoi ministri, dando piena attuazione al mandato d’arresto della Corte, che rappresenta un obbligo per ciascun Stato parte", concludono i parlamentari e le parlamentari dell'intergruppo per la pace tra la Palestina e Israele, coordinato dalla deputata del Movimento 5 Stelle Stefania Ascari.
Esteri
Ucraina-Russia, Medvedev: “Armi nucleari? Opzione...
Il vice capo del Consiglio di sicurezza russo: "Guerra finirà se Nato smette di alimentarla". Per il Pentagono, migliaia di soldati nordcoreani combatteranno "presto" contro le forze ucraine
Il conflitto in Ucraina potrà finire senza ulteriori costi in termini di vite umane se la Nato smetterà di alimentarlo. Ad assicurarlo è il vice capo del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, in un'intervista al canale televisivo Al Arabiya.
"Se il blocco Nato smette di soffiare sul fuoco della guerra in Ucraina, questo conflitto può finire senza alcun ulteriore costo per l'umanità", ha detto Medvedev. Commentando quindi la possibilità che la Russia utilizzi armi nucleari, come minacciato dal presidente Vladimir Putin, Medvedev ha osservato che si tratta di un'"opzione estrema".
Pentagono: "Presto migliaia di nordcoreani contro forze ucraine"
Gli Stati Uniti prevedono intanto che migliaia di soldati nordcoreani di stanza in Russia combatteranno "presto" contro le forze ucraine. A dichiararlo è stato il capo del Pentagono Lloyd Austin.
Il segretario alla Difesa statunitense stima infatti che circa 10mila militari dell'esercito nordcoreano si trovino nella regione russa di Kursk, che confina con l'Ucraina ed è in parte occupata dalle forze di Kiev, e siano "integrati nelle formazioni russe".
"Sulla base di ciò che sono stati addestrati" a fare e "di come sono stati integrati nelle formazioni russe, mi aspetto di vederli presto impegnati in combattimento", ha detto Austin ai giornalisti dalle Figi, dove si trova in visita, precisando di non avere conoscenza di "alcuna informazione significativa" di soldati nordcoreani "attivamente impegnati in combattimento" ad oggi.