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Difesa, Meloni: “Investire di più ma no costi su cittadini”. Draghi mette nel mirino 2%: “Si può fare”

Con l'arrivo di Trump alla Casa Bianca cresce il pressing sull'Ue. Italia tra 6 Paesi in ritardo. Nodo patto di stabilità

Giorgia Meloni - (Afp)

Il problema ha un nome o meglio una percentuale: 2%. Con l'arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca cresce il pressing degli States sull’Europa affinché metta mano al portafoglio e centri il limite minimo del 2% del Pil per le spese per la difesa e per l’Alleanza atlantica. Un traguardo che vede non solo l'Italia fanalino di coda assieme ad altri 5 Paesi 'inadempienti', ma fotografa una Roma che arranca ancor più con il ritorno dei paletti del Patto di stabilità. La partita è aperta ed è dura da portare a casa. La premier Giorgia Meloni, oggi a Budapest per il Consiglio europeo informale, si dice "assolutamente convinta che l'Europa e l'Italia debbano riuscire a garantire la loro maggiore indipendenza e autonomia anche investendo di più in difesa". Ma, mette in chiaro, "servono gli strumenti per poterlo fare. Questo è un grande dibattito che riguarda il Patto di stabilità e che l'Italia ha posto: ci sono nel nuovo Patto delle aperture ma va fatto molto di più e penso che sia un altro di quei dibattiti che bisognerà riaprire".

Più risorse alla difesa, dunque, ma con una mano tesa a chi non vuole disattendere gli impegni presi. E con una premessa che per la presidente del Consiglio è d'obbligo: "Al di là della volontà - dice - c'è poi quello che si può fare e le risorse vanno individuate in qualche modo. L'unica cosa che non sono disposta a fare è prendermela con i cittadini italiani, i lavoratori. Noi spendiamo le risorse su priorità reali, non gettiamo soldi dalla finestra e quindi su scelte strategiche che io condivido bisogna dire anche come si fa ad aiutare gli Stati membri a trovare le risorse".

Numeri alla mano, l'Italia è ben distante da quel 2% deciso nel lontano 2014, inchiodata all'1,57% nel 2025. Per centrare l'obiettivo del 2, servirebbero 10 miliardi l’anno. Insomma non bruscolini, con una coperta corta e le risorse aggiuntive -l'aggravante su cui fa leva il governo- richieste dal nuovo patto di stabilità. Per l'ex premier Mario Draghi, oggi a Budapest, è possibile comunque tagliare il traguardo facendo tutti i compiti a casa. "È possibile - si dice infatti convinto - spendere il 2% del Pil per la difesa rispettando il Patto di stabilità, bisognerà prendere tutta una serie di decisioni: oggi bisogna decidere cosa fare perché questa è la nuova situazione".

Draghi mette nel mirino 2%: "Si può fare"

Su cui grava anche il ritorno del tycoon alla guida degli Usa. "Non c'è alcun dubbio che la presidenza Trump farà grande differenza nelle relazioni tra gli Stati Uniti e l'Europa", riconosce Draghi, che tuttavia vede luci e ombre: "Non necessariamente tutte in senso negativo, ma certamente noi dovremo prenderne atto". Anche rispolverando quello "spirito unitario" che in Europa sembra smarrito, perché "andare in ordine sparso", mette in guardia l'ex numero uno della Bce, di certo non aiuterebbe nessuno: "Siamo troppo piccoli, non si va da nessuna parte".

Per Draghi, comunque, la sfida del 2% è a portata di mano. Il governo non sembra pensarla allo stesso modo. Solo ieri il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, amato anche da Draghi per il suo pragmatismo, ha ammesso che si tratta di un obiettivo "molto ambizioso e non del tutto compatibile sotto il profilo, in particolare, delle coperture con il quadro vigente della governance europea". Tradotto: per farcela, ammesso si possa, le regole vanno ammorbidite.

L'opinione di Perego e Cirielli

"Bisogna scorporare le spese per la difesa dal Patto di stabilità - dice all'Adnkronos il sottosegretario alla Difesa Matteo Perego di Cremnago -. L'elezione di Trump può essere uno stimolo affinché la Ue diventi un attore geopolitico globale, sia sulla politica estera che sulla difesa. Occorre uno sforzo per un piano industriale europeo" ma "senza lo scorporo delle spese sarà difficile arrivare al 2% del Pil. E' nell'interesse europeo che queste spese vengano scorporate". Anche perché, osserva l'esponente di Fi, "un'Europa che investe di più nella difesa può incidere negli equilibri geopolitici. La politica di Trump va colta come un'opportunità per l'Europa".

La pensa allo stesso modo il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli, esponente di Fratelli d'Italia. Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, osserva sempre all'Adnkronos il vice di Tajani alla Farnesina, "è una sfida: gli Usa giustamente vogliono che l'Europa faccia la sua parte ma è giusto che sia così. Aveva iniziato questo ragionamento anche Biden nel corso della sua amministrazione". Tanto che lo stesso ministro della Difesa Guido Crosetto, nei mesi scorsi, aveva riconosciuto che chi non avrebbe fatto i compiti a casa (leggi ancora una volta 2%, ndr) sarebbe stato trattato come "un paria", al netto del nome del neo Presidente degli States.

Quanto al diktat del 2% del Pil rispettando il patto di stabilità, "Draghi non aveva il Patto di stabilità, ora è facile parlare - dice ancora Cirielli -. Il tema è che abbiamo in eredità un forte carico di interessi passivi: con i tassi della Bce più alti, con il Patto che si è 'ristretto', per fare nuovi investimenti importanti serve essere più flessibili. E comunque, il dossier delle spese militari andrà affrontato non dai singoli Stati ma dalla Ue, speriamo con un'ottica intelligente".

La posizione di Lupi e Borghi

Per Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati, "più che l’Italia è l’intera Unione Europea che deve rafforzare il proprio ruolo e la propria capacità di difesa. Dobbiamo affrontare questa nuova fase sia come una sfida sia come un’opportunità. L’Europa, come sostengono anche Giorgia Meloni e Mario Draghi, deve tornare ad essere protagonista anche nel dialogo con gli Usa, deve incidere di più sul piano internazionale e deve essere in grado di attuare politiche economiche di lungo respiro, con investimenti strategici per sostenere la crescita. C’è la necessità e l’opportunità di una svolta - rimarca Lupi all'Adnkronos - occorre saperla cogliere per costruire finalmente un’Unione Europea più unita e più forte".

Per Enrico Borghi, capogruppo Iv al Senato, "il tema di una 'europeizzazione' del nostro sistema di difesa e sicurezza non è di oggi. Peraltro è stato descritto con grande efficacia nel rapporto Draghi, che ha posto l’accento sulla sovranità europea in questa materia per risolvere sovrapposizioni e per evitare l’eccessiva suddivisione di fondi e progetti che non consente al comparto di avere la giusta dimensione (finanziaria, industriale e militare). L’elezione di Trump può, e credo debba avere, un effetto di accelerazione", sottolinea il componente del Copasir.

Borghi, sentito dall'Adnkronos, snocciola i numeri. “La spesa militare totale nei paesi Ue nel 2023 - dice - è stata di 313 miliardi di dollari, circa un terzo di quella degli Stati Uniti (916 miliardi) e di poco superiore alla Cina (296 miliardi). Nei fatti la spesa militare europea non è così bassa. È il triplo di quella della Russia che, secondo le stime Sipri, nel 2023 è aumentata del 24% a 109 miliardi di dollari, per la guerra con l’Ucraina, quella di Kiev +51% a 64,8 miliardi". "Il problema è che è una spesa frammentata -osserva - mentre il campo industriale europeo del settore è caratterizzato soprattutto da operatori nazionali che agiscono in mercati nazionali relativamente piccoli. Per questo servono i campioni europei del settore, che siano in grado di attrarre i fondi di venture capital e di fare efficienza e innovazione spinta. E poi c’è il tema dei bond europei per la difesa e della deroga ai patti di stabilità dei singoli paesi per gli investimenti nel settore".

E in una Ue in cui crescono destre sovraniste, la difesa comune europea "diventa il vero e proprio banco di prova che ci dirà se siamo stati all’altezza di questa fase storica. Lo diceva già De Gasperi 70 anni fa, e solo così potremo garantire effettivamente la sicurezza dell’Europa e la sua autorevolezza sul piano diplomatico". Ma la strada appare in salita e irta di ostacoli. Tanto più che quel numerino croce e delizia -il 2%- potrebbe addirittura lievitare. Il neo segretario generale della Nato Mark Rutte ha più volte ammesso che la percentuale pattuita in seno all'Alleanza ormai 10 anni fa non basterà per finanziare i piani di difesa regionali approvati dalla Nato. Tanto che nelle ultime riunioni dell'Alleanza si è parlato anche del 2,5% del Pil. Ma ogni giorno la sua pena, insegna un antico adagio. Tradotto: meglio concentrarsi sul grattacapo, non da poco, del 2%.

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Umbria, Zaffini (FdI): “Centrodestra realizzerà...

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“Il centrodestra sul ciclo dei rifiuti ha operato un piano di programmazione pluriennale che prevede la chiusura del ciclo attraverso la realizzazione dell'impianto di termovalorizzazione di ultima generazione, ad altissima tecnologia”. Lo afferma ai microfoni dell’AdnKronos Franco Zaffini, presidente della X commissione Affari Sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato, a proposito del prossimo appuntamento elettorale in Umbria.

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Umbria, Zaffini (FdI): “Occupazione in crescita con giunta...

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“L'occupazione in Umbria ha registrato risultati assolutamente straordinari con un tasso di occupazione che nel 2023 è cresciuto di 1.6 punti percentuali rispetto al 2022, superiore alla media sia del centro Italia che dell'Italia nel suo complesso. Il nostro tasso di disoccupazione registra un dato positivo che nel 2023 è intorno al 6%. Dati sull'occupazione, in generale e giovanile, in particolare, molto rassicuranti che potremo consolidare nei prossimi cinque anni di governo regionale”. Così Franco Zaffini, presidente della X commissione Affari Sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato, ai microfoni dell’AdnKronos a proposito del prossimo appuntamento elettorale in Umbria.

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Umbria, Zaffini (Fdi): “Cittadini sceglieranno tra...

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Il riferimento è alla candidata del centrosinistra, Stefania Proietti

Umbria, Zaffini (Fdi):

"I cittadini dell'Umbria dovranno scegliere tra chi programma seriamente il futuro e chi dall'oggi al domani si rimangia le firme". Così Franco Zaffini, senatore di Fratelli d’Italia e presidente della commissione Affari sociali, Sanità, Lavoro pubblico e Privato, Previdenza sociale del Senato, all’Adnkronos nell’ambito dello speciale "Regioni al voto" dedicato al prossimo appuntamento elettorale in Umbria. Un affondo, quello di Zaffini, riferito alla candidata del centrosinistra, Stefania Proietti: "Da sindaco di Assisi ha firmato per sottoscrivere la realizzazione del termovalorizzatore. Adesso è contraria", dice.

Il centrodestra sul ciclo dei rifiuti "ha operato un piano di programmazione pluriennale che prevede la chiusura del ciclo attraverso la realizzazione dell'impianto di termovalorizzazione di ultima generazione, ad altissima tecnologia – spiega ancora Zaffini –. Le discariche dell'Umbria sono tutte piene e addirittura sono anche ampliate al loro massimo livello, come ha fatto sempre evidentemente il centrosinistra prima di noi. Ormai la tecnologia che sostiene questo tipo di impianti ci tranquillizza rispetto ai rischi ambientali che invece sono enfatizzati e moltiplicati dalla mancanza della chiusura del ciclo. Tutto ciò che va in discarica, che poi è a volte addirittura il tal quale, comporta un impatto sull'ambiente decine di volte peggiore rispetto a un moderno impianto di termovalorizzazione e a un moderno ciclo dei rifiuti che prevede tutte le fasi e cioè: raccolta, differenziazione, smaltimento differenziato, cioè riuso, e chiusura del ciclo con il residuo. L'umido in agricoltura e il secco nel termovalorizzatore. Tutto questo l'Umbria lo può fare anche in virtù delle sue dimensioni ridotte che consentono di gestire perfettamente il ciclo dei rifiuti". (Video)

Zaffini si sofferma poi sulle strategie a sostegno dei comparti economici della regione, a cominciare dal settore agricolo e delle piccole e medie imprese umbre: "L'Umbria è caratterizzata da un territorio vario, con un'importante presenza di territorio montano quindi bisognerà utilizzare al meglio le risorse che consentono di aiutare l'impresa agricola nelle aree interne e marginali. Molto importante sarà utilizzare al meglio le risorse che determinano il passaggio di padre in figlio dell'attività e dell'impresa agricola", le sue parole.

Altro tema caldo, l’occupazione giovanile: "L'amministrazione regionale ha operato molto sul versante dell'occupazione giovanile, dell'imprenditoria, dell'auto imprenditoria, delle start up ad alta tecnologia caratterizzate, appunto, da impresa giovanile. In generale, l'occupazione in Umbria ha registrato risultati assolutamente straordinari con un tasso di occupazione che nel 2023 è cresciuto di 1.6 punti percentuali rispetto al 2022, superiore alla media sia del centro Italia che dell'Italia in totale - ricorda Zaffini –. Il numero dei disoccupati è molto diminuito, circa 4000 unità nel 2022. Il nostro tasso di disoccupazione registra un dato positivo che nel 2023 è intorno al 6%, con una media del Centro Italia del 6.3 e una media nazionale del 7.8. Dati sull'occupazione, molto rassicuranti. Anche questo aspetto potremo consolidarlo nei prossimi cinque anni di governo regionale". (Video)

Infine, un passaggio sulla sanità regionale: "La sanità umbra sta andando benino. Sconta il quadro che ha ricevuto il centrodestra in Umbria che è un quadro di massima problematicità per quello che attiene alle professioni sanitarie, alla distribuzione dei Lea e alle liste d’attesa. Abbiamo trovato circa 82 mila prestazioni in lista d'attesa. A oggi sono meno di 40mila. Un buon risultato ottenuto dal governo di centrodestra della regione. Va fatto ancora molto e molto altro lo faremo nei prossimi cinque anni", conclude il senatore.

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